AUTISMO TRA DIAGNOSI, SERVIZI E TRATTAMENTI EDUCATIVI
riflessioni sullo stato delle cose in autismo visto da un educatore
Antonio Rotundo
Premetto che quanto segue ha il solo scopo di contribuire al confronto, nel modo più realistico, senza pregiudizi e dal punto di vista di un educatore. Mi auguro che queste riflessioni vengano accolte in tal senso e risultino effettivamente utili, soprattutto a chi lavora nel quotidiano con le persone autistiche.
AUTISMO, QUALE?
Ci sono ancora poche certezze e molti dubbi e soprattutto tanta confusione a tutti i livelli. Nel rapporto individuale con la famiglia è necessario essere delicati e
discreti, ma nello stesso tempo chiari e precisi. Nei convegni e, soprattutto, nei corsi di formazione è indispensabile invece presentare in modo inequivocabile le poche certezze condivisibili che possono guidare familiari e operatori a seguire il percorso più corretto.
Si parla quasi sempre di autismo nei suoi aspetti più peculiari, facendo riferimento al DSM IV o all' ICD 10, mai sottolineando con forza che i casi cosiddetti "puri" sono pochi e che la maggioranza è anche affetta da ritardo mentale più o meno grave o gravissimo.Le persone con le quali lavoriamo nel quotidiano sono molto spesso anche gravemente ritardate, con vari altri problemi presenti non solo nel loro repertorio comportamentale ma anche organico e neurologico.
Dimenticarsi di tutta questa complessità non giova alle persone autistiche né a coloro che con queste lavorano. Ancora oggi una diagnosi corretta difficilmente si riscontra nella documentazione delle persone handicappate in genere e autistiche in particolare, la percentuale di confusione sale paurosamente quanto più è elevata l'età della persona. Inoltre le persone con autismo ad alto funzionamento raramente vengono diagnosticate correttamente ma sono quasi sempre ritenute soltanto difficili e problematiche o bizzarre. Quanti fallimenti anche per
queste persone che si trovano ad essere inserite con molta superficialità in un circuito scolastico e lavorativo "normali". In questi casi risulta chiaro come si può fraintendere l'handicap autistico.
Molti, anche genitori, per l'evidente intelligenza della persona non le riconoscono alcun tipo di difficoltà se non la scarsa o cattiva volontà!
Ci sono ancora poche certezze in merito alla diagnosi di autismo. E in queste sguazzano riviste,giornali, trasmissioni televisive che di serio hanno forse solo le tirature o l'indice di ascolto!
Non parliamo di chi ancora afferma che questo o quel bambino "è uscito dall'autismo" grazie a questa o quella terapia!
Alcuni ricercatori asseriscono che occorre essere cauti nel diagnosticare un bambino piccolo che a prima vista può apparire come autistico, perché ci sono tanti sottogruppi ancora non sufficientemente chiari per nessuno o addirittura che ci possono essere tanti "autismi" che solo per semplificazione si inseriscono in un quadro generale.
Solo per citare un caso, ho sentito affermare da un professionista ben introdotto nel campo che una bambina non era autistica, mentre la stessa aveva ricevuto una diagnosi di autismo rilasciata da un centro specializzato! Chi ha ragione? E che trattamenti riceverà questa bambina?
Nei convegni poi ogni relatore sottolinea che sia in merito alla diagnosi che in merito ai trattamenti occorre rigore scientifico, serietà professionale e quant'altro serve per garantire risultati verificabili e validi.
L'uovo di Colombo!
Solo chi vende fumo, sempre ancora troppi, rifiuta l'approccio scientifico e soprattutto la visibilità e il confronto. Peccato che gli stessi professori il più delle volte aggiungono che in questo campo di ricerca non si riesca ancora ad effettuarne una che possa dirsi valida e generalizzabile né per la diagnosi né per i
trattamenti. I motivi sono tanti e anche le conseguenze.
In buona sostanza pare che ancora non si sappia o forse sarebbe meglio dire che non c'è accordo su cosa sia l'autismo (o gli "autismi") o cosa è da intendersi per disturbi generalizzati dello sviluppo. Si tenta di definirli dai comportamenti ma persino le stime numeriche negli ultimi tempi variano notevolmente col variare dei ricercatori o dei criteri applicati.
Nel convegno di Torino del 18/11/2000 è stato affermato che le stime potevano andare addirittura dai tre o quattro classici per diecimila a ben trent'otto!
C'è da augurarsi che si trovi al più presto una risposta più chiara, condivisa e di maggiore utilità per tutti, in primo luogo per le persone autistiche e per le loro famiglie.
...E I TRATTAMENTI?
Se ci sono poche certezze in merito alla diagnosi, le cose non vanno meglio per i trattamenti che siano da intendersi educativi, psicologici, medici o farmacologici.
Anche su questo versante gli esperti che partecipano ai convegni sottolineano, purtroppo non sempre e non in modo forte e obiettivo, che molti trattamenti possono essere utili ma nessuno può essere considerato né risolutivo né particolarmente indicato per tutti o per tutto.
E' necessario studiare, approfondire i problemi, saper valutare le caratteristiche della persona e ogni proposta seria di trattamento, per scoprire cosa può essere più utile e cosa no, caso per caso, senza buttare via il bambino con l'acqua sporca!
L'operatore serio non può essere ideologicamente di parte, né prevenuto, né rigidamente legato alla lettera di un "metodo" o di una" sigla" , ma solo rispettoso della persona che ha di fronte, piccola o grande che sia, della sua famiglia e di tutte le variabili che ad essa sono connesse.
Piuttosto che lamentarsi di questo e di quello o coltivare pregiudizi, deve tirarsi su le maniche e cominciare subito a studiare e lavorare. Così facendo millimetro dopo millimetro potrà certamente migliorare la qualità della vita del suo allievo, della famiglia e anche se stesso: solo dal duro lavoro di tutti i giorni nasce l'umiltà e la coscienza di sapere sempre e davvero troppo poco!
Le persone autistiche, prima di tutto vanno capite, rispettate e poi educate, valorizzate e non abbandonate o escluse dal circuito formativo. I loro problemi di comportamento molto spesso derivano da incomprensione,frustrazione, senso di impotenza per non riuscire a farsi capire e anche dallo sballottamento tra questo o quello specialista, tra questo e quel servizio, senza alcun collegamento fra di loro e forse anche in contraddizione.
Non solo sopravvive ancora l'ideologica giustificazione del "blocco psichico", tolto il quale il principe che si nasconde nel loro interno emergerà ma anche che i bambini autistici non sono scolarizzabili, soprattutto se sono "aggressivi".
Molta più gente di quanto non si creda pensa ancora così.
Chi in privato e da solo può affrontare tutto ciò?
Solo l'istituzione pubblica o convenzionata può e deve farsi carico di una persona autistica nella sua globalità. Nessuna singola terapia o trattamento, nessun operatore, nessun familiare da soli possono garantire una presa in carico seria e
qualificante per la persona con autismo. Di questa qualità in prima istanza devono farsene garanti le famiglie supportate costantemente dagli operatori e non solo dal punto di vista professionale ma anche da quello umano.
Per lavorare efficacemente è necessario saper fare una diagnosi, una valutazione accurata e seguirne i suggerimenti.E' superfluo ricordare che correttezza non vuol dire necessariamente certezza o verità ma solo confronto e rispetto di criteri condivisi.
Come si può lavorare seriamente senza conoscere nulla di strategie educative facilitanti ?
Come si può lavorare chiusi "nel proprio orticello"?
Gli interventi necessari sono di tale complessità e varietà che richiedono molte competenze diverse e nessuno può possederle tutte. Ci vuole molta umiltà per ascoltarsi tra professionisti pur di avere un quadro sufficientemente chiaro della persona in difficoltà e di tutte le possibili strategie per aiutarla. Eppure nella stragrande maggioranza dei casi si improvvisa, si lavora da soli e spesso, il che è peggio, si rifiuta il confronto.
A volte poi di alcuni trattamenti estremamente seri si estrapolano solo brandelli o
tecniche singole di lavoro applicandole sconsideratamente e in modo così rigido da trasformarle quasi sempre in arma letale per lo sviluppo del bambino e anche dell'adulto.
Se poi all'improvvisazione e alla chiusura si uniscono anche il pregiudizio ideologico, il fanatismo, la presunzione, allora il risultato sarà certamente una caporetto per la persona autistica e la sua famiglia.
Con le persone disabili mentali, soprattutto gravi o gravissime o con disturbo generalizzato dello sviluppo, il trattamento più sensato è quello solidamente piantato coi piedi per terra, gestito da una squadra ben coordinata e che mira soprattutto a migliorare la qualità della vita di tutti: dalla consapevolezza di non essere più soli e di svolgere ognuno il proprio compito, nasce il clima giusto per lavorare in modo positivo.
Il lavoro di squadra perciò è l'unico possibile quanto forse, l'unico al quale non siamo stati formati. E' il più difficile da perseguire per svariati motivi ma da ricercare ad ogni costo.
Per sintetizzare: il trattamento più efficace per una persona autistica dovrebbe avvicinarsi il più possibile ai seguenti requisiti:
- avere una ricaduta significativa sulla qualità della vita quotidiana del bambino e della sua famiglia;
- prevedere necessariamente, nel rispetto delle diverse competenze, il coinvolgimento attivo della famiglia nell'educazione del bambino;
- mirare allo sviluppo e al benessere globale del bambino e non limitarsi a questo o quell'aspetto particolare;
- perseguire la maggiore indipendenza possibile della persona in qualunque tipo di apprendimento;
- essere gestito e condiviso da una squadra nella quale le singole figure professionali rappresentano competenze diverse ma necessarie per lo sviluppo generale del bambino.
Senza questo filo di Arianna unificante tra i diversi interventi verrebbe a mancare la generalizzazione degli apprendimenti. La persona si troverebbe con brandelli di abilità difficilmente utilizzabili e che potrebbero addirittura perdersi al termine di ogni singolo intervento e con quasi certezza al termine del percorso formativo.
Altro che litigare o essere prevenuti e presuntuosi. C'è talmente tanto da imparare e da fare da parte di tutti che ogni altro tempo è solo sprecato.
E I SERVIZI?
E' un quadro ancora amaro, purtroppo, anche se molto si è fatto negli ultimi anni.
Le scarse risorse economiche ed umane e le complicazioni burocratiche impediscono di trasformare i servizi che erano nati come semplicemente assistenziali in comunità effettivamente educative. Questo termine è stato frettolosamente inserito in ogni sigla ma molto frequentemente disatteso in ogni contesto, non per cattiva coscienza delle singole persone ma per l'incapacità gestionale e organizzativa saldamente e rigidamente legate al passato e che non consentono la trasformazione e la flessibilità necessarie per la crescita, il benessere e l'integrazione delle persone handicappate.
Per poter operare efficacemente soprattutto con le persone autistiche occorrono anni di esperienza, ma come la si può accumulare se i casi sono pochi e un operatore non ha modo di confrontarsi con altri?
Questo risulta ancora più vero nelle scuole dove di tanto in tanto capita qualche bambino autistico!
Su questo versante l'istituzione scolastica pare essere ancora nella preistoria. E' stretto dovere della scuola assicurare a tutti educazione e istruzione, ma questo sembra non valere ancora per gli handicappati.
Solo la buona volontà di alcuni insegnanti e di qualche dirigente rendono il quadro meno disastroso. Anche in questo caso la collaborazione con la famiglia non deve essere una formalità e neanche un ricatto psicologico ma un vero venirsi incontro per rimediare a tutte le carenze istituzionali e a tutte le difficoltà burocratiche e laddove dovesse risultare necessario, anche economiche.
Il confronto con esperienze che sono nate con molto anticipo rispetto alle nostre è necessario, ma se ne deve cogliere lo spirito senza volerle copiare dandosi da fare per trovare:
· IL TEMPO
· LE RISORSE
· LE STRATEGIE
· LE POLITICHE
· LA PAZIENZA e
· L'UNITA'
che hanno trovato i promotori di queste esperienze prima di noi e che possano permettere anche nel nostro contesto culturale, politico, economico, l'avviamento di servizi adatti per le nostre persone con autismo.
Molti poi sono per un'integrazione ad ogni costo poichè non è giusto creare dei "ghetti", pensando così si chiudono gli occhi sulla realtà: è proprio il contesto scolastico e dei servizi in genere, così come sono organizzati e gestiti, che sono i meno adatti per l'educazione e l'integrazione delle persone con difficoltà di tipo autistico.
Verso l'integrazione possibile è giusto e realistico tendere ma farlo ad ogni costo può essere solo demagogico e fallimentare per tutti. In questo si può realmente capire se si ha una visione corretta e realistica delle problematiche autistiche o se si è pregiudizialmente "affascinati" da teorie e sogni privi di fondamento.
Tutte le esperienze estere che a noi sembrano più all'avanguardia
· SONO NATE PER VOLONTA' DELLE FAMIGLIE UNITE E NON DIVISE
· HANNO TROVATO IL MODO DI RESISTERE AD OGNI DIFFICOLTA'
· HANNO IN MEDIA DA CINQUE A TRENTA ANNI DI VITA!
· FANNO QUELLO CHE POSSONO
· CONTINUANO A CERCARE STANDARD DI QUALITA'
· NON SONO DEL TUTTO SODDISFATTI DI QUELLO CHE FANNO
Anche se vengono da noi a presentarci il frutto delle loro fatiche.
Nonostante tutto non possiamo dimenticare né trascurare la grande mole di lavoro svolto dalle associazioni dei genitori, da alcuni professionisti e anche da alcuni amministratori negli ultimi anni.
E' proprio vero che nessuno è profeta in patria, non riconoscere però o sminuire il grande cambiamento avvenuto, significa veramente scoraggiare e demotivare non solo i familiari che hanno lottato finora con la forza della disperazione ma anche tutti quei professionisti che si sono battuti e hanno lavorato in condizioni veramente difficili insieme a loro per sostenerli dentro e fuori i propri servizi.
CHE FARE ALLORA?
Si tratta molto semplicemente di continuare a lavorare sempre più uniti, con la mente aperta per migliorare lo stato delle cose:
- identificare alcune priorità fondamentali, condividerle e lottare per affrontarle;
- avere una visione globale del problema che sia condivisa da familiari e professionisti. Non ci si può perdere in aspetti spesso del tutto marginali o privatistici;
- per ottenere dagli amministratori e dai politici gli investimenti necessari occorrono progetti seri di ampio respiro, realistici e sostenuti efficacemente dalle associazioni dei familiari, dai professionisti e da quanti possono e vogliono dare il loro contributo.
Questi ultimi sarebbero molti di più se ci fossero progetti più seri e maggiore unità.
- Laddove alcuni servizi sono già nati è indispensabile trovare modi di reale collaborazione e non di rivendicazione reciproca o di scontro tra famiglie e professionisti, tocca a questi ultimi muoversi nel modo giusto per creare visibilità e collaborazione per crescere insieme.
- Riconoscere che non esiste un "metodo" genericamente valido per tutti né tanto meno una ricetta ma che è necessario e possibile nelle crude e reali difficoltà che ogni persona presenta, costruire un intervento individualizzato. Questo deve attingere a quanto c'è di meglio tra i trattamenti più affidabili e riconosciuti per risultare il più completo possibile.
- Continuare a investire nella formazione sempre più ampia e qualificata a tutti i livelli.
- Concedere il tempo necessario perché un intervento o un servizio con tutte le suddette difficoltà possa costruire lentamente un percorso di qualità realistico e non ideale.
- Rendersi conto che nessuna rivendicazione individualistica potrà risolvere le difficoltà della singola persona o della sua famiglia.
- Continuare a correre da ogni parte con la labile speranza di ottenere questo o quel piccolo contributo per il proprio bisogno poteva andare bene nel passato ma ora servono progetti e servizi per tutti.
- Una volta inseriti in una squadra con un progetto di ampio respiro, sapersi accontentare di ciò che si può fare qui ed ora e farlo, senza aspettarsi risultati immediati ed eclatanti. Solo "facendo" nel concreto, ogni giorno, si accumula esperienza e si riesce a fare sempre meglio e di più.
- Un duro lavoro di accettazione, comprensione e adattamento da parte della famiglia che possa facilitare il più possibile l'integrazione del bambino nella vita quotidiana sia nel contesto familiare che sociale.
- Un concreto, proporzionato ma indispensabile contributo finanziario da parte delle famiglie per promuovere, avviare e consolidare servizi più efficaci e integranti. Aspettarsi sempre e solo tutto dallo stato significa mantenere lo status quo con servizi scadenti e dal fiato corto.
E' l'intervento specifico con queste persone che deve essere reso più adeguato ai tempi, alle conoscenze, ai bisogni, a migliorare realmente la loro qualità di vita. Perché ciò avvenga ci vorrà molto tempo, la fretta è sempre una cattiva consigliera e non ci sono scorciatoie.
Se si vuole costruire una"casa" per l'autismo, servono materiali, persone ed esperienza e serve soprattutto "fermarsi" in qualche posto per costruire! Continuare a correre come tarantolati di qua e di là criticando tutto e tutti è davvero un pessimo servizio e una perdita ditempo.
E' necessario inoltre valutare attentamente se a lunga scadenza un intervento risulterà vantaggioso o meno. Per alcune difficoltà o inabilità, purtroppo, non c'è metodo che tenga, non c'è terapia, non c'e soluzione se non quello che spesso forse tutti sogniamo ma mai si verifica: IL MIRACOLO!
L'unico miracolo possibile è: studiare, lavorare e seguire costantemente un percorso individualizzatoe condiviso da tutta la squadra.
Come si condanna l'accanimento terapeutico così è da condannare con maggiore forza l'accanimento educativo che rischia spesso di creare stress e danno non solo alla persona handicappata ma anche agli operatori e ai familiari che non riscontrano alcun miglioramento per il proprio intervento. E' perfino scontato che alcuni "trattamenti" specialistici sia terapeutici che educativi fanno solo soffrire e
peggiorare il "paziente" che non può difendersi se non comportandosi in maniera problematica per noi.
Questo succede spesso quando non c'è una diagnosi corretta e una valutazione accurata oltre che il semplice buon senso per rendersi conto se la "cura" migliora o peggiora la qualità della vita della persona con handicap. Ma a volte preferiamo chiudere gli occhi per non vedere.
Sono i servizi e la società che devono adattarsi in prima battuta e realisticamente alla persona, rispettandola soprattutto se si vuole che la persona, col tempo e nel limite delle sue possibilità si adatti al servizio e al contesto che lo circonda. E' il più forte che si deve sempre adattare al più debole e non viceversa. Facciamo in modo che almeno per queste persone non valga la regola esasperata della produttività.
Tutto questo risulta molto più semplice e chiaro per chi ha handicap solo fisici ma quale scivolo, quale ascensore, quale carrozzella servono per una persona con handicap mentale e con handicap autistico per facilitarle il diritto ad accedere al proprio personale benessere e sviluppo?
Ci vuole una nuova apertura mentale che trovi nell'organizzazione educante dei servizi e nella concretezza i punti di forza tra qualità, investimenti necessari e risparmio.
Un servizio ben organizzato sotto ogni punto di vista, soprattutto da quello educativo e gestionale, nel tempo risulterà vantaggioso ed economico per tutti purchè si rimanga sempre coi piedi per terra!
Nessuno ci può dare la luna!
Un invito, infine, a quanti per necessità o per scelta sono coinvolti nell'educazione e nella gestione delle persone con handicap mentale e con autismo in particolare a non litigare tra poveri ma a chiedersi sempre e soprattutto:
IO COSA POSSO FARE PER QUESTO PROBLEMA ?
Anche se sarà poco, è importante cominciare e continuare a farlo tutti nella stessa direzione!
Questa deve essere necessariamente cercata nella piena collaborazione e confronto tra professionisti esperti, associazioni dei familiari e amministratori.
Il confronto con altri servizi, italiani o esteri deve servire non a sottolineare aspetti critici negativi negli altri, chi non ne ha scagli la prima pietra, ma a condividere il modo di superarli e ad accogliere ogni contributo positivo per trasferirlo nella nostra praticaquotidiana.
Un detto orientale dice:" Correggere se stessi è iniziare a convertire l'universo!".
Ogni operatore, ogni servizio, ogni professionista che lavorano in modo visibile hanno aspetti positivi da offrire agli altri e tutti possono contribuire ad affrontare meglio i problemi.
Impariamo anche ad apprezzare quello che abbiamo realizzato finora e a migliorarlo sempre di più, solo così, finalmente le persone con autismo e difficoltà simili potranno avere più servizi e sempre più affidabili.
Queste considerazioni, forse un tantino polemiche e con qualche ripetizione di troppo e forse non da tutti condivisibili, vogliono invitare a lavorare e a sostenersi reciprocamente e più efficacemente pur in mezzo a tutte le difficoltà che ben conosciamo. Sappiamo quanto la realtà è lontana dalla teoria!
Non ci resta che continuare a lavorare con impegno nella stessa direzione, ognuno per quello che può, affinché le persone autistiche, i loro familiari e quanti lavorano nel settore, coltivino entusiasmo, concretezza e professionalità, le sole qualità che negli ultimi anni hanno permesso il significativo cambiamento nella concezione e nel trattamento dell'autismo anche in Italia.