Teoria & Pratica del Sanguinaccio






INDICE
  1. Filosofia generale del sanguinaccio (by Pito)
  2. Il sanguinaccio nella cultura regionale e transnazionale (in preparazione)
  3. Confezione del sanguinaccio (in preparazione)
  4. Cottura del sanguinaccio (by Anto)
  5. Contorni ed accompagnamenti (by Ezio)

1. Filosofia generale del sanguinaccio


Premessa

Il mondo non è più quello di una volta.

La genesi

Sebbene quella in premessa possa sembrare una frase fatta trita e ritrita è, in realtà, quanto mai vera, sempre attuale e che sempre tale rimarrà perché il mondo, essendo un sistema reattivo causale, evolve nel macro e nel micro-cosmo secondo le più elementari regole di causa-effetto.

L’essenza di questa elementarità, però, non è rilevabile nella realtà quale noi viviamo, in quanto tale essenza trascende la limitazione intrinseca dell’Uomo che, per altro, di per sé è si causale, ma ingloba aberrazioni tali che lo rendono apparentemente precausale o, in alcune circostanze, addirittura acausale. Ovvero, la reattività umana, in linea di principio, dà origine ad un effetto a fronte di una certa causa ma, a volte, si verifica una reazione effettiva che anticipa una causa specifica o, nel peggiore dei casi, una reazione che nasce dal nulla, cioè senza causa né reale né fittizia.

Inoltre, la conseguenza di una reazione acausale può essere duplice: la reazione è fine a sé stessa poiché nasce dal nulla e si conclude nel nulla di fatto, oppure diventa essa stessa la causa di innesco di innumerevoli effetti multimodali che si susseguono in cascata e si ripetono, sempre nel peggiore dei casi, all’infinito.

Tutto ciò è utile per comprendere, negli aspetti più reconditi, come e perché il mondo, sebbene non sia più quello di una volta, per certi aspetti ha conservato nel corso dei secoli tutta l’originalità e la fantasia nell’applicare dette regole elementari di causa-effetto per le quali l’Uomo è stato in grado di generare molteplici effetti, effetti riflessi e co-effetti partendo da una semplice causa:

causa: il porco esiste

effetto: voglio assaggiarlo

effetto riflesso: è molto buono!

co-effetto: sfruttiamolo fino in fondo!

E così via, fino a giungere a quella messe di succulenterie uniche al mondo come la lonza e le costine che, cucinale come vuoi, sono sempre buone, il prosciutto crudo e cotto e tutte le loro forme derivate, il salame con tutte le varianti del caso e le accezioni possibili, per finire, ma non per questo meno degno di nota, il sanguinaccio.

Il principio fondamentale

Il sanguinaccio costituisce il principio cultural-filosofico fondamentale dello sfruttamento del maiale, derivando proprio dall’elemento con cui inizia tutto il processo per la produzione delle già citate unicità gastronomiche: il sangue. Non che il sangue sia l’elemento comune a tutti i prodotti - altrimenti perderebbero la loro essenza di unicità - ma, se il processo inizia con il suo sgorgare ancora caldo dopo la macellazione, lo sfruttamento deve contemplare un prodotto da esso derivato.

Le radici profonde di questo sfruttamento estremo stanno nell’ormai atavico retaggio della cultura occidentale secondo il quale nulla deve rimanere intentato e lasciato a sé stesso perché ogni cosa lasciata è persa e non ci sarà mai più verso di recuperarla e, semmai si potesse recuperare, non sarà mai uguale all’originale. E detto così suona come uno dei tanti corollari alla ormai più abusata che famosa legge di Murphy.

Presumibilmente, in quanto di Uomo si tratta sia a est che a ovest, sia a sud che a nord, anche nelle culture non occidentali è presente questo concetto di sfruttamento, almeno relativamente al porco, perché la fame è fame e non guarda in faccia a nessuno e tanto meno al sole e alle stelle. Unica eccezione può essere fatta per la religione musulmana ma sfiderei qualunque suo discepolo a sputare degnato e disgustato una fetta di Prosciutto di Parma o di sanguinaccio succulento! Quello proprio no, non si rifiuta mai!

Una volta definita la produzione, bisogna considerare il mercato e decifrarne la consistenza potenziale.

Il mercato, in questo caso, è difficile, il più difficile e imprevedibile di tutti i mercati in quanto è guidato dal gusto, dal palato, dalla presentabilità, dalla schizzinoseria cioè è guidato da quanto di più inimmaginabilmente soggettivo esista. E quindi, come classificarlo, come catalogarlo, come discretizzarlo, come schematizzarlo per analizzarlo e per capire quale sia la migliore strategia di penetrazione e commercializzazione per un prodotto complesso come il Sanguinaccio?

Giocare sull’essenzialità non fa presa: possiamo cibarci di solo sangue? "Non siamo mica vampiri" sarebbe la risposta naturale.

E puntare sulla basilarità: è fondamentale il sangue nella nostra dieta? È come chiedersi se possiamo fare a meno dell’acqua.

Potremmo domandarci se l’originalità avrebbe senso: ha senso l’originalità? Si, forse, ma non esageriamo.

Provare a farlo passare come prodotto esoticamente trendy: vendesi sanguinaccio biondo, occhi a mandorla e cadenza swaili! Pateticamente ridicolo.

Fortunatamente anche qui viene in aiuto la post-consumistica determinazione unilaterale che impone di sfruttare fino in fondo tutto ciò di cui dispongo ora, di spremere anche la buccia del limone, di non lasciare nulla al caso perché il caso è pure un po’ fedifrago e se può ti frega senza neanche dirtelo e ti frega anche se non può, perché il futuro è incerto e non sai cosa potrà succedere domani, il vicino di casa è crudele e sa che la sua erba è sempre più verde ma non te la darà mai, è meglio l’uovo oggi e la gallina pure, possibilmente subito.

L’esagerazione come status symbol e come modus vivendi sta prendendo sempre più piede - e anche gamba, dito, braccio e chi più ne ha più ne metta - nella società contemporanea e c’è da aspettarsi che la situazione peggiori o migliori, a seconda dei punti di vista, conformemente alla piega che ha preso.

Il sanguinaccio, inserendosi in questo ambito di mordi-e-fuggi e rimordi-e-rifuggi, assume il ruolo di unica valida alternativa ai fast-eat-drink-and-cash e si propone in maniera positivistica al crescente desiderio di trasgressione e di eccesso. Grazie alla sua prelibatezza e agli stimoli violenti che suscita nel consumatore, diventa una tentazione irrinunciabile e induce ad un’insaziabilità incommensurabile al punto tale da poter scatenare una corsa all’accaparramento indiscriminato che rasenta la soglia di lotta aperta in macelleria.

Concludendo questa breve panoramica sui concetti di base che hanno ispirato e supportato l’ideazione, lo sviluppo e la messa a punto di un prodotto così profondamente e intimamente legato alla cultura rurale con radici che si perdono nella memoria, possiamo dire che il sanguinaccio è una colonna portante della tradizione culinaria italiana, in particolare dell’Italia settentrionale, e che, malgrado alterne vicissitudini dovute a mode temporanee ed estemporanee, è ben lungi dal perdere di popolarità e apprezzamento non solo sulle tavole dei comuni mortali ma anche in quegli ambienti più raffinati che tendenzialmente escludono alimenti poco sofisticati: il gusto così intenso, la fragranza del suo profumo, la delicatezza con cui si scioglie in bocca e la morbidezza dei suoi ingredienti portano alla piena riscoperta del sanguinaccio, ogni volta che lo si assaggia, seducendo sempre nuovi e più numerosi accoliti e dando conferme e punti saldi di riferimento a chi già lo conosce.



2. Il sanguinaccio nella cultura regionale e transnazionale

Sanguinaccio padano (il nostro di riferimento). Altri sanguinacci regionali. Sanguinacci impropri ed apocrifi. Sanguinacci d'oltralpe (boudin noir) e d'oltre oceano (boudin antillais). Sanguinacci d'oltremanica (black pudding).

3. Confezione del sanguinaccio

Chi, come e perchè fa i sanguinacci. Materie prime. Lavorazione. Contesto umano e culturale.

4. Cottura del sanguinaccio (by Anto)


Non richiede gran perizia
Basta prendere una pentola
Novella e soppraffina
Non usata prima in cucina
E se le istruzioni di lavaggio sei tentata di seguir
Il Barolo senza sosta ti convice a proseguir
Messa l’acqua ed il sanguinaccio
Con aria da gran chef
“Ecco fatto non ci resta
che la cottura per far festa”
Ed il risultato è stato veramente strepitoso!
Merito del Gigi?
Macché della pentola e del suo strato untuoso.


5. Contorni ed accompagnamenti

In principio era il MAIALE.

Subito dopo venne il SANGUINACCIO.

Che, tanto per chiarire subito, se ne stava benissimo da solo.

O, al massimo, in compagnia di altri succulentissimi sanguinacci.

Era onorato e venerato [cfr. Vit97 "Il sanguinaccio sacro"] dai popoli che avevano avuto la fortuna di conoscerlo, sia come entitá unica ma divisibile (il sanguinaccio a sette braccia, staccate le quali si ottenevano piccoli sanguinacci antesignani dei boudin noire) che in compagnia di salsicce, cotechini, mortadelle, salami sotto grasso, mule ed insaccati vari (di alcuni dei quali si sono perse le tracce e soprattutto i gusti, rimangono solo alcuni fossili ritrovati nel Peloponneso inferiore e risalenti alla civiltá micenea, si narra fossero fatti anche con la carne di minotauro) [cfr "L'Olimpo attico: Dai mangiatori di sanguinaccio ai mangiatori di loto"].

Per secoli l'unico accompagnamento noto del sanguinaccio fu il pane, comportando la nascita della cacofonia "sanguis 'd sanguinas", tramandata fino ai giorni nostri grazie alle iscrizioni sui fregi del tempio del "crin gras".

Svolta fondamentale per la storia del sanguinaccio fu la venuta dell'AntiSanguinaccio, che predicava la conversione dei popoli al sanguinaccio dolce. Giustamente condannato come eresiarca, non dopo aver convertito alcuni popoli che ancora oggi praticano strani riti mescolando sangue e zucchero, fu fatto bollire in pentola con contorno di due ladroni di sanguinacci di passaggio.

La vita del mondo occidentale da quel giorno cambió radicalmente. Si aprí infatti il dibattito: "Contorno sí - contorno no, e, se sí, quale?"

Le schiere di difensori della purezza del sanguinaccio singolo iniziarono la diatriba sostenendo che l'unico sanguinaccio buono era quello mangiato con accompagnamento (ovviamente non alimentare) di una nuda pulzella con seni grossi e morbidi (non vale il viceversa, in quanto alla donna fino alla fine del XVIII secolo non fu concesso di gustare la delizia, solo il lavoro di coraggiose suffragette pose fine alla sperequazione esistente).

A tale obiezione i fautori del sanguinacci con contorno, spesso raccolti in centri culturali all'interno delle abbazie, cercarono di controbattere con argomentazioni di carattere salutistico, secondo le quali l'uso di erbe alimentari consentiva una migliore digestione [cfr "Digerire: dalla bocca all'ano, veloce come un ratto"] e smorzava i toni, a volte troppo saporiti per le classi sociali piú elevate, avvezze al consumo di sanguinacci di cinghiale ligth. Le erbe piú comunemente utilzzate nel periodo medievale furono le verze, note per la loro alta digeribilitá, i finocchi, ripieni di sanguinaccio (anche piú di uno!), le lenticchie, che, secondo la tradizione, portavano dobloni, e i tapinabó, famigerati per la flatulenza indotta.

Una svolta epocale si ebbe con la scoperta dell'America. Cristoforo Colombo di ritorno dai suoi viaggi, portó in Europa uno strano marinaio indigeno uso a mangiare spinaci [cfr "Olivia la trombo io e Brutus si masturba"]. Da quel momento il contorno principe divenne lo spinacio verde, che per gusto e colore si accostava magnificamente al sanguinaccio.

La supremazia dello spinacio fu messa in discussione solamente ai giorni nostri, quando la tecnica evoluta ha consentito la scoperta del reale accompagnatore designato del sanguinaccio.

Come tutte le scoperte avviene quasi per caso. É la fredda mattinata del giorno del Signore 27 di dicembre dell’anno di grazia 1997: presso la sede porporina della Societá Segreta Stimatori Sanguinaccio Succulento é in corso un rito purificatore, successivo ai bagordi natalizi. La strumentazione di produzione Sambonet messa a disposizione per il rito presenta una novitá tecnica fondamentale. Le istruzioni in merito vengono attentamente ignorate. Il rito viene che é una meraviglia. Si cerca disperatamente di capirne il motivo: gli spinaci? La panisa? il nebbiolo? o forse i bicciolani? Niente di tutto ció. Solo dopo profonda disamina il contorno ufficiale e definitivo viene compreso nella sua pienezza: é lei, la sola, la unica, la inimitabile PATINA GRASSA.

Cosí é stato detto.

Cosí sia, nei secoli dei secoli.












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