I collezionisti di barattoli sono decine di migliaia , sparsi un pò in tutto il mondo, ma soprattutto negli Stati Uniti (dove la lattina è nata) ed in Europa, dove però ben pochi sono i veterani: io che iniziai nel 1968, credendo di essere l'unico pazzo al mondo, ho scoperto in seguito che a quei tempi non arrivavamo al centinaio in tutta Europa.
Ai molti collezionisti di lattine di birra, vanno sommati coloro che collezionano lattine di bibite, moda che va diffondendosi rapidamente negli ultimi anni, in particolare tra i giovanissimi, anche per l'effetto trainante della Coca-Cola, che sforna serie di lattine speciali per molte occasioni, soprattutto sportive.
Poiché non sono pochi i soci del club ed i curiosi che desiderano qualche informazione in più, ripresentiamo una breve "storia" della lattina. Per i profani valga da premessa che (come per la quasi totalità degli altri imballaggi) non è la birreria che produce la lattina, ma sono grandi aziende specializzate esclusivamente in questo campo.
Chi inizia oggi ad interessarsi dell'argomento, reperirà quasi esclusivamente lattine di un certo tipo (vedi dis. 1a) cosiddette "imbutite" (termine che distingue una tecnologia di produzione) e che i collezionisti definiscono normalmente "due pezzi" (cioè corpo unico e coperchio) per distinguerle da quelle meno recenti, in "tre pezzi".
Queste "imbutite" sono realizzate in banda stagnata o in alluminio (per distinguere basta una calamita), a seconda del costo delle materie prime e del riciclo (in molte nazioni esiste una tassa alla fonte per coprirne i costi).
Si creano così squilibri temporanei per cui in alcuni paesi troveremo solo lattine in alluminio, in altri solo in lamiera, raramente i due tipi insieme.
Gli impianti più moderni sono ambivalenti e permettono l'uso di entrambi i materiali, che hanno caratteristiche tecnologiche molto differenti: questo richiede investimenti molto impegnativi e di conseguenza vi è stata una forte concentrazione tra i produttori ed un rapido cambiamento del mercato europeo degli ultimi anni.
Gli impianti obsoleti sono stati in parte venduti e/o trasferiti in paesi dove prima non venivano prodotte lattine, quindi vi possiamo trovare produzioni di tipologia meno recente.
Una costante tendenza al risparmio porta inoltre a restringere sempre di più il coperchio (dai 63 mm. iniziali del 1983, ai 57 mm. attuali, ai 52 mm. già in uso negli USA), mentre le nuove tecnologie permettono di ridurre lo spessore della parete del barattolo (con l'alluminio si arriva oggi a 50 micron!).
Se da una parte i produttori di barattoli hanno dovuto rinnovare gli impianti per rimanere concorrenziali, dall'altra tutti coloro che usavano tecnologie più antiquate, adatte anche per altro "scatolame", si sono trovati fuori mercato: così è "defunta" la lattina in "tre pezzi", cioè: fondo, lamiera, coperchio.
Questa lattina (vedasi le odierne scatole di tonno, conserve in genere, caffè, ecc....) veniva stampata in lastra piana, poi tagliata e saldata, e questo permetteva la produzione di lotti di modesta entità.
Invece le lattine imbutite devono essere stampate in tondo, operazione che solo per l'aggiustamento dei colori richiede un notevole scarto poiché la stampa avviene solitamente con tamponi rotanti di gomma (uno per colore) ed a piena velocità della macchina.
I produttori dei barattoli appongono normalmente il proprio marchio e le birrerie tendono ad avere più di un fornitore: così spesso si trovano in commercio quasi contemporaneamente lattine pressoché identiche nel disegno, ma fabbricate da differenti produttori. I collezionisti più attenti guardano poi anche ad ulteriori piccole differenze (per esempio la stessa lattina, stesso "barattolaio", cioè produttore, può esistere in una versione con "4,6% alc." e una con "4,7% alc.", oppure cambia la ragione sociale della birreria, ecc....), quelle che in gergo chiamiamo "varianti".
Andando a ritroso nel tempo, per un certo periodo hanno convissuto lattine estruse in alluminio o lamiera (dis. 1b, per i collezionisti "a collo largo") e in tre pezzi, cioè in lamiera piana litografata: queste avevano un restringimento sia verso il fondo che verso il coperchio, i collezionisti le chiamano solitamente "crimped" (dis. 2). La forma del collo doveva permettere l'intercambiabilità, e solo dopo la scomparsa di totale del tre pezzi si è potuto passare al collo stretto.
La lattina in tre pezzi presentava una saldatura stretta (dis. 2 a sinistra), ottenuta con macchinari che saldavano un filo di rame tra le due estremità laterali della lamiera, ed in seguito avveniva la formatura del restringimento del fondo e del tetto.
Ciò era una notevole evoluzione tecnologica rispetto ad una procedente saldatura larga (dis. 2 a destra) che necessitava di rinforzi lungo il lato per evitare lo scoppio in fase di pastorizzazione della birra, che avviene a lattina già chiusa, con temperature sui 60 gradi, per cui si sviluppano pressioni di ca. 5,6 atm.
Oltre alla funzione di rinforzo, queste "bugnature" servivano anche da guide per lo sfogo dei gas prodotti in fase di saldatura dalla pasta saldante.
Sia chiaro che da sempre il tappo - e il fondo, quando esisteva - hanno sul bordo un anello di tenuta in mastice gommoso/plastico (il bordo del tappo/fondo viene risvoltato meccanicamente al bordo della lattina).
La lattina a banda larga è stata la prima ad essere prodotta in Europa, si risale agli inizi degli anni '50, ma per lungo tempo non aveva i bordi superiore ed inferiore rientranti, bensì la lamiera finiva diritta e quindi con tappo e fondo sporgenti (per i collezionisti: "bordi dritti" come da dis. 3). Ciò creava un inutile spreco di spazio in fase di trasporto e immagazzinaggio.
Le ditte produttrici erano in buona parte filiali di ditte americane, poiché le diverse tecnologie erano tutte sotto brevetto.
Accenniamo solo vagamente che alcune birrerie tedesche avevano già sperimentato dei coni in alluminio, mentre in Scozia fin dal 1935 vennero importate dagli USA dei cone-top.
Le prime lattine
Ed ora facciamo un pò di storia al contrario, per quanto riguarda gli U.S.A., partiamo cioè dall'inizio e veniamo a "saldarci" con la storia europea fin qui descritta a ritroso.
La storia americana inizia proprio con lattine a "flat-top" (coperchio piatto), ma senza alcun meccanismo di apertura, problema importante per un imballagggio da usarsi fuori casa. Fin dal 1909 una birreria del Montana aveva interpellato la American Can Company per lo studio di una lattina in grado di contenere birra. La risposta fu negativa ed il proibizionismo degli anni '20 mise fine anche ad ulteriori tentativi.
Intanto procedeva bene la vendita di sciroppo di malto in lattina (probabilmente usato da chi produceva la birra in casa) e si faceva strada la vendita di prodotti alimentari in confezione singola(ricordiamo che la birra veniva venduta solo in cassette di legno pesanti, ingombranti e fragili, con la necessatà del reso, quindi ulteriore costo, spazio
e scomodità).
La American Can riprese gli studi sul problema, trovando tutta una serie di difficoltà: la birra (acida) reagiva con la stagnatura della lamiera, non esistevano prodotti vernicianti adatti per l'interno del barattolo, nè si poteva usare la pece per birra, usata per i grandi contenitori.
Inoltre la "saldatura" spesso lasciava fessure dovute all'evaporazione dei gas, fessure che con l'alta pressione durante la pastorizzazione si aprivano, non garantendo così la perfetta tenuta all'aria.
Si dovette usare lamiera più spessa, creare delle scanalature nella parte della lamiera da saldare, che insieme ad un nuovo materiale saldante ed a sistemi di ventilazione particolari consentirono buoni risultati, anche perché finalmente si trovò una resina vinilica che garantiva un buon isolamento birra-metallo.
Nel contempo le concorrenti Continental Can Company e Crown Can Company erano alla ricerca di soluzioni analoghe, tentando la via di cere resistenti alle alte temperature di pastorizzazione, mentre la National Can Company e la Pacific Can Company seguivano la strada della doppia smaltatura.
Rimaneva sempre il problema dell'apertura, per cui bisognava fornire un apposito attrezzo, costoso e di non facile distribuzione. Solo nel primo anno se ne dovettero produrre ca. 31 milioni di pezzi. Inoltre occorreva anche fornire le istruzioni per l'uso.
La Continental Can pensò quindi di seguire una via differente costruendo un coperchio conico che permettesse l'applicazione dell'usuale tappo a corona, ciò che evitava alle birrerie di doversi anche attrezzare di costose linee apposite per il riempimento.
Nasceva così il "cone-top", che presentava un ulteriore vantaggio: nella lattina "flat" la birreria doveva comunque applicare il coperchio o il fondo ed il punto di contatto con la lattina non poteva venire trattato, mentre con il sistema della Continental il secondo strato di vernice veniva applicato nella lattina "finita".
Veniamo ora ad alcune date significative nella storia della lattina.
Nel novembre 1933 la Krueger Brewing Co. accettò di provare su una apposita linea provvisoria 2000 lattine della American, distribuite agli usuali consumatori per un test, che diede buoni risultati: il 91% diede un giudizio positivo. Ma solo il 24 gennaio 1935 la Krueger era pronta con una linea industriale, e le lattine vennero distribuite a macchia d'olio, partendo da Richmond, tanto che già nell'agosto del '35 la American forniva ben 180.000 lattine al giorno. Alla fine del 1935 almeno 36 birrerie usavano lattine prodotte da tre ditte differenti.
Nel settembre, sempre del 1935, la Continental forniva i suoi primi Cone-top a Schlitz e Heileman, e due mesi più tardi anche alle scozzesi Felinfoel e Tennents.
Nel corso degli anni il Cone-top subiva varie evoluzioni e modifiche nella forma del cono. L'ultimo cono venne prodotto nel 1960. Nel gennaio '42 cessava la produzione di lattine di birra ad uso civile. Ricordiamo che le birrerie maggiori non usarono mai più coni, perché più cari e più ingombranti.
Nel '58 nasceva la prima lattina flat in alluminio (per la Primo - Hawaii).
Dopo una prova nel '62, i primi tappi con apertura a "bottoni" comparvero nel '63, prima del tappo ad anello a strappo (1965). Dobbiamo aspettare il 1975 per le prime linguette fisse, come le conosciamo oggi, mentre tre anni dopo (1978) venne introdotto l'UPC.
Il resto è storia recente, se consideriamo che nel 1980 nacque il nostro Club, per cui le informazioni successive sono reperibili in gran parte sul nostro notiziario o nel catalogo Dosi.
Ivo de Simoni
Ogni collezione richiede una sistematica, quale che essa sia, che permetta il ritrovamento dell'oggetto cercato.
Generalmente si segue un ordine alfabetico, o per birreria, o per marca della lattina. Spesso vengono adottati criteri misti, per cui accade che il proprio paese venga ordinato per birrerie, e gli altri paesi in ordine di marca. Chi ha poche centinaia di lattine in genere le ordina solo secondo la marca, senza neppure dividerle per paesi. Ma coloro, per esempio, che collezionano una lattina per nazione, le ordinano alfabeticamente per nazioni. Purtroppo ben pochi sono i collezionisti "a tematica", (se accettuiamo i collezionisti di Coca-Cola, che in genere poi si "allargano" anche a tutta l'oggettistica), e coloro che collezionano tutti gli oggetti di una sola birreria.
Quanto più grande è la collezione, tanto più problematica diventa la sistemazione logica: spesso si rende necessaria una divisione per formati - nell'ambito dello stesso paese - per una migliore disposizione e risparmio di spazio negli scaffali.
Per un più facile reperimento poi ognuno si organizza come può, per es. dividendo tra formati o tipologie obsolete, che non "crescono" più di tanto, e lattine recenti (per esempio per l'Italia si può sistemare a parte il "collo stretto" in quanto oggi è l'unico formato in produzione).
Nazioni come Grecia, Svizzera, Spagna ecc..., non necessitano di sottodivisioni, tuttavia può essere interessante esporre a parte solo le lattine più vecchie (a bordi dritti, per esempio). Soprattutto di fronte a problemi di spazio, il criterio può essere quello di migliorare, anziché ingrandire la collezione.
Ivo de Simoni