di MASSIMO MARTINELLI
ROMA - Nebbia fitta. Ce n’era tanta la sera che cadde
il Dc9 di
Ustica. Tanta da coprire tutto per diciotto anni. Fino
a ieri mattina,
quando la procura di Roma ha alzato bandiera bianca.
In settecento
pagine, quattro pubblici ministeri hanno spiegato che
gli autori della
strage, 69 adulti e 12 bambini, resteranno ignoti per
sempre. Perchè
altri quattro uomini con le stellette, quattro generali
di punta della
nostra Aeronautica, hanno affondato la verità
sotto un fango di
menzogne. Per loro, i magistrati hanno chiesto il rinvio
a giudizio.
Non per strage, come avrebbero voluto i parenti delle
vittime, ma per
attentato contro gli organi costituzionali. I quattro
generali sono
Lamberto Bartolucci, ex capo di Stato Maggiore dell'Aereonautica;
Zeno
Tascio, ex responsabile del Sios Aeronautica, cioè
il servizio segreto
interno; Corrado Melillo, ex capo reparto dello Stato
Maggiore
dell'Aereonautica; Franco Ferri, ex sottocapo di Stato
Maggiore della
Difesa. Sapevano molto, questi signori. Secondo la Procura
evevano
elementi sugli aerei che volavano intorno al Dc9; sapevano
pure
dell’ipotesi del missile. Ma non dissero nulla nè
ai giudici nè al
governo. Insieme a loro, la Procura ha chiesto il rinvio
a giudizio di
altri ufficiali e sottufficiali, per un reato meno grave,
la falsa
testimonianza. Questi sei si chiamano Francesco Pugliese,
Nicola
Fiorito De Falco, Umberto Alloro, Claudio Masci, Pasquale
Notarnicola
e Bruno Bomprezzi. Seguono, nel documento finale, i nomi
di tanti
indagati per altri reati, per i quali la Procura ha chiesto
di non
procedere penalmente. Perchè è passato
tanto tempo; e dopo sette anni,
in caso di reati minori, la prescrizione lega le mani
a qualsiasi
magistrato. Anche se dietro quei piccoli reati, dietro
quelle
omissioni, si nasconde la faccia di chi ha firmato la
carneficina.
Adesso la lunga requisitoria firmata dal procuratore
di Roma,
Vecchione, e dai sostituti Salvi, Nebbioso e Roselli
è nelle mani del
giudice istruttore Rosario Priore, l’uomo che forse più
di tutti gli
altri è stato con il fiato sul collo dei responsabili.
Sarà lui a
dover firmare la maxi ordinanza di rinvio a giudizio,
a fissare la
data del processo. Poi, forse, andrà in pensione.
Con un pò di
amarezza, per aver avuto la ventura di imbattersi nella
sua carriera
in casi importanti, come il delitto Moro, l’attentato
al Papa, la
scomparsa di Emanuiela Orlandi. Importanti e irrisolti,
sempre a causa
del silenzio complice di gente che operava nelle istituzioni.
Ma torniamo alla strage. Le cause di quella planata mortale
sul mare a
sud di Ponza, alle 20,59 del 27 giugno 1980, restano
sconosciute. I
pubblici ministeri non se la sentono di affermare se
fu una bomba
piazzata a bordo, oppure un missile. Non sanno dire se
fu un
attentato, oppure un conflitto aereo tra caccia alleati
e mig libici,
avvenuto a margine di un’esercitazione militare che stava
finendo.
Daria Bonfietti, la presidente dell’associazione delle
vittime che ora
è pure senatrice della Quercia dice che ora «il
governo, con grande
forza deve pretendere dall'Aeronautica Militare un confronto
duro, e
io chiedo la rottura di un'omertà durata diciotto
anni. il Governo
deve anche cercare di farsi rispondere alle rogatorie
internazionali
fatte dal giudice Priore agli altri paesi, come Francia,
Usa e Libia».
Per Carlo Taormina, avvocato di molti dei militari prosciolti,
invece
«la requisitoria è vergognosa». Soprattutto
perchè «un numero
impressionante di ufficiali e sottufficiali dell' Aeronautica
sono
stati inquisiti e bloccati nella carriera per essere
poi avviati al
proscioglimento».