Il Messaggero
Domenica 2 Agosto 1998
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Roma, dopo 18 anni di indagini la Procura accusa i quattro ufficiali
dell’Aeronautica di depistaggio
Ustica, «generali a processo»
Ma la strage resta impunita

di MASSIMO MARTINELLI
ROMA - Nebbia fitta. Ce n’era tanta la sera che cadde il Dc9 di
Ustica. Tanta da coprire tutto per diciotto anni. Fino a ieri mattina,
quando la procura di Roma ha alzato bandiera bianca. In settecento
pagine, quattro pubblici ministeri hanno spiegato che gli autori della
strage, 69 adulti e 12 bambini, resteranno ignoti per sempre. Perchè
altri quattro uomini con le stellette, quattro generali di punta della
nostra Aeronautica, hanno affondato la verità sotto un fango di
menzogne. Per loro, i magistrati hanno chiesto il rinvio a giudizio.
Non per strage, come avrebbero voluto i parenti delle vittime, ma per
attentato contro gli organi costituzionali. I quattro generali sono
Lamberto Bartolucci, ex capo di Stato Maggiore dell'Aereonautica; Zeno
Tascio, ex responsabile del Sios Aeronautica, cioè il servizio segreto
interno; Corrado Melillo, ex capo reparto dello Stato Maggiore
dell'Aereonautica; Franco Ferri, ex sottocapo di Stato Maggiore della
Difesa. Sapevano molto, questi signori. Secondo la Procura evevano
elementi sugli aerei che volavano intorno al Dc9; sapevano pure
dell’ipotesi del missile. Ma non dissero nulla nè ai giudici nè al
governo. Insieme a loro, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio di
altri ufficiali e sottufficiali, per un reato meno grave, la falsa
testimonianza. Questi sei si chiamano Francesco Pugliese, Nicola
Fiorito De Falco, Umberto Alloro, Claudio Masci, Pasquale Notarnicola
e Bruno Bomprezzi. Seguono, nel documento finale, i nomi di tanti
indagati per altri reati, per i quali la Procura ha chiesto di non
procedere penalmente. Perchè è passato tanto tempo; e dopo sette anni,
in caso di reati minori, la prescrizione lega le mani a qualsiasi
magistrato. Anche se dietro quei piccoli reati, dietro quelle
omissioni, si nasconde la faccia di chi ha firmato la carneficina.
Adesso la lunga requisitoria firmata dal procuratore di Roma,
Vecchione, e dai sostituti Salvi, Nebbioso e Roselli è nelle mani del
giudice istruttore Rosario Priore, l’uomo che forse più di tutti gli
altri è stato con il fiato sul collo dei responsabili. Sarà lui a
dover firmare la maxi ordinanza di rinvio a giudizio, a fissare la
data del processo. Poi, forse, andrà in pensione. Con un pò di
amarezza, per aver avuto la ventura di imbattersi nella sua carriera
in casi importanti, come il delitto Moro, l’attentato al Papa, la
scomparsa di Emanuiela Orlandi. Importanti e irrisolti, sempre a causa
del silenzio complice di gente che operava nelle istituzioni.
Ma torniamo alla strage. Le cause di quella planata mortale sul mare a
sud di Ponza, alle 20,59 del 27 giugno 1980, restano sconosciute. I
pubblici ministeri non se la sentono di affermare se fu una bomba
piazzata a bordo, oppure un missile. Non sanno dire se fu un
attentato, oppure un conflitto aereo tra caccia alleati e mig libici,
avvenuto a margine di un’esercitazione militare che stava finendo.
Daria Bonfietti, la presidente dell’associazione delle vittime che ora
è pure senatrice della Quercia dice che ora «il governo, con grande
forza deve pretendere dall'Aeronautica Militare un confronto duro, e
io chiedo la rottura di un'omertà durata diciotto anni. il Governo
deve anche cercare di farsi rispondere alle rogatorie internazionali
fatte dal giudice Priore agli altri paesi, come Francia, Usa e Libia».
Per Carlo Taormina, avvocato di molti dei militari prosciolti, invece
«la requisitoria è vergognosa». Soprattutto perchè «un numero
impressionante di ufficiali e sottufficiali dell' Aeronautica sono
stati inquisiti e bloccati nella carriera per essere poi avviati al
proscioglimento».
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