L'allarme lanciato l'anno scorso dal generale Lebed confermato da
esperti russi. A rischio le «valigette nucleari» dell'ex Urss
Atomiche tascabili: l'ultima frontiera del terrore
internazionale (Corsera online)
Luigi Ippolito
L'allarme l'aveva dato
l'anno scorso il generale russo
Aleksandr Lebed: «Esistono un
centinaio di piccole bombe
atomiche tascabili disperse nel
territorio dell'ex Unione
Sovietica, dall'Ucraina
alla Georgia ai Paesi Baltici.
Erano in dotazione a brigate
speciali del servizio
segreto dello stato maggiore
dell'Urss. Ma ora sono fuori controllo
e potrebbero aver già
raggiunto Paesi stranieri: armi
ideali per il terrorismo nucleare,
facilmente trasportabili
e che possono essere azionate da
una sola persona».
Uno scenario da incubo:
perché se è possibile evacuare un
palazzo per un
allarme-bomba, cosa succede
se una telefonata annuncia che
c'è un'atomica innescata
nel centro di Milano o
di Londra, pronta a esplodere nel
giro di un'ora?
E' questa la nuova, possibile
frontiera del terrorismo
internazionale. E se è vero che i
gruppi islamici legati
a Osama Ben Laden, sospettato numero
uno per le stragi in
Africa, hanno già
impiantato laboratori in Bosnia per la
produzione di armi chimiche e
batteriologiche, dev'essere
difficile per loro resistere
alla tentazione atomica: anche
perché il costo
stimato delle «mine nucleari» al mercato
nero - 5 milioni di dollari
l'una, meno di nove miliardi
- non è proibitivo per chi
dispone di finanziamenti nel
mondo dell'estremismo
arabo.
Le rivelazioni di Lebed
vennero accolte in Russia da una
cascata di smentite: il
generale, divenuto da
alleato acerrimo nemico di Eltsin, fu
accusato di cercare
pubblicità a buon
mercato. Ma la sua storia venne
avvalorata poco dopo da uno dei
maggiori esperti russi
di ambiente e sicurezza, Aleksej
Yablokov, già consigliere
presidenziale per l'ecologia.
«Le valigette nucleari
esistono - scrisse Yablokov - e si sa
anche quante ne abbiamo
costruite: 700, mentre gli Stati
Uniti ne hanno 608».
La produzione di atomiche
portatili, capaci di essere
collocate da un singolo soldato
dietro le linee nemiche,
venne avviata in Urss fin dagli
anni Settanta. Si trattava di un
progetto segretissimo,
di cui lo stesso Mikhail Gorbaciov
asserì di non essere mai stato
a conoscenza. Secondo
il generale Lebed, queste mine
nucleari peserebbero non più di
30 chili l'una e possono
essere comodamente trasportate in
una valigetta. Il loro nome
in codice è RA-115
e RA-115-01 per le versioni destinate ai
sottomarini.
Gli americani hanno in
seguito ammesso di aver dotato le
proprie forze armate di
mini-atomiche fin dagli
anni Sessanta. Ma questi ordigni,
dislocati in Usa, Italia,
Germania e, forse, Corea
del Sud, sono stati prima ritirati
e quindi distrutti all'inizio
del '92.
Non è chiaro invece
che cosa sia avvenuto in Russia. E nel
caos seguito alla
frammentazione dell'Urss,
lo scenario paventato da Lebed
non è affatto inverosimile.
Si è saputo di
recente che gli ecologisti di Greenpeace per
poco non riuscirono a
comprare una testata atomica
dalle truppe sovietiche in
Germania est. E un terrorista
potrebbe avere maggior
fortuna con qualche reparto di
ufficiali alla fame per gli
stipendi non pagati. Gli
esperti russi assicurano che tutte
le valigette sono al loro
posto. Ma l'anno scorso
Mosca ha proposto all'Onu un
progetto di convenzione contro
il terrorismo nucleare.
Vuol dire che il Cremlino sa o teme
qualcosa.