Fu il suono dell' armonica che
accompagnò il salto nel vuoto.
L' interminabile tuffo lo portò nel fondo del suo mare e della sua vita giunta
al termine.
Il blues è nero ma il suo colore è rosso.
Nel caldo dell' Agosto di una terra non sua se ne stava accartocciato, come una
lattina di birra vuota, sulla branda sudicia ad ascoltare rapito, nell' anima e
nel corpo, le spettacolari frustate della chitarra di Muddy Waters. La piccola
baracca dove viveva, insieme ad altri amici di colore, pullulava di mosche e di
blues che un vecchio mangianastri cercava di digerire per l' ennesima volta.
Mistiche onde sonore lo trasportavano in una dimensione irreale, dove tutto era
musica vivida e calda, colorata di rosso come il sangue che sgorga da un taglio
netto. Ed era disperato. Accerchiato da un esercito inesorabile ed unico al
mondo, formato da migliaia di accordi, era sospinto irrimediabilmente verso un
baratro mortale a cui non poteva resistere. E la perfida musica, lo prendeva al
cuore facendolo pensare. Si rivedeva giovane, mentre lavorava duramente
confidando in un futuro migliore, si guardava adesso a sopravvivere nell'
emarginazione insieme ai suoi compagni, diversi nel colore della pelle ma con
uguale gradazione di sventura. Ripensava all' abbandono della sua terra con la
speranza di una vita diversa, poi la disillusione di una società che lo aveva
espulso, come un corpo estraneo, dall' immacolato contesto di una collettività
razzista e purulenta. Per tutti era invisibile, ma lui esisteva, e si scrutava
dentro messo in riga dalla vita.
Quel giorno, aggredito dai morsi della fame, si era disteso sulla branda
chiudendo gli occhi. Preso per mano da Ray Charles stava ripercorrendo con la
memoria i luoghi che lo avevano visto bambino. Muovendosi come in un gioco di
realtà virtuale rivedeva il muretto, posto a limitare di un campo vicino la sua
casa, rifugio della sua solitudine, castello inaccessibile a poco più di due
metri di altezza. Da li, nei pomeriggi estivi siciliani, sentiva lo strano verso
dei pavoni che si aggiravano nel giardino di una splendida villa, posta a quasi
un chilometro dalla sua povera abitazione.
Era il tempo in cui il silenzio, permetteva l' ascolto di suoni e di versi
animali ormai sconosciuti. Senza pietà la dolce voce roca di Joe Cocker, lo
faceva soffrire colpendolo duramente al cuore.
E il blues è sofferenza, e il blues è intransigenza, e il blues è
disoccupazione, e il blues è conoscenza.
Una inutile passeggiata, accompagnata da un malinconico pezzo di Sonny Boy, lo
conduceva intanto alla ricerca di un qualcosa che non c' era più. Le strade
intasate di auto, come budella sazie, impedivano il passaggio anche al pensiero
e non gli fu possibile proseguire oltre, neanche con la fantasia. Non riuscì ad
individuare la sua vecchia casa, il suo mondo era perso e non lo avrebbe mai
più ritrovato. E il Blues inesorabile lo sospingeva verso il Plemmirio, una
vertigine di roccia a picco sul mare, che da secoli accoglieva nel suo abbraccio
mortale illusioni di uomini che avevano dovuto contrattare ogni minuto della
propria esistenza. Per sopravvivere.
E il blues è nero come il vino.
E il blues è nero come i piedi di chi cammina sempre e non si ferma mai.
E il blues è nero come i piedi che calpestano l' uva per ottenere il vino, che
è rosso come il sangue, che è rosso come il blues.
E il blues è nero come i piedi che calpestano i deboli per ottenere il sangue, che è rosso come il vino, che è rosso come il blues.
E gli occhi si chiudevano in modo molto lento e l' eco dell' armonica avanza
inesorabile trovandolo disteso, sulla branda lurida, completamente bagnato e con
i polmoni pieni di acqua salata.
Era morto annegato nel suo mare del sud, nel suo mare di Blues.
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