Un pelo sottopelle gli rendeva presente la rasatura fatta dopo pranzo. I balconi erano già stati chiusi e le serrande ben abbassate fino in fondo, per tutta la casa una luce azzurrina come i mobili della cucina. Automatico fino alla fine.
Nessuna lettera di spiegazioni né testamento alcuno. Tutto ciò che possedeva in quell'appartamento in affitto era una scorta di libri, alcuni fumetti con le copertine tagliuzzate, molte cassette ed alcuni pacchetti vuoti di sigarette.
La radio apparteneva a Matteo, così come il servizio di piatti neri; Matteo adesso era andato a vivere per conto suo a casa della ragazza triestina, una bellissima hostess dalle gambe lunghe e dal sorriso ancora di più.
Nell'aria c'era aria di frittura, gel dopobarba ed insonnia.
Non doveva valere molto quella radio Sony, una piastra non funzionava più. Gli abiti li avrebbero gettati via o forse qualcuno avrebbe proposto di donarli alla chiesa all'angolo di Via Tolmezzo. Se avesse avuto più tempo li avrebbe gettati via lui stesso assieme al vecchio accappatoio rosa ed alcune cianfrusaglie portate con se dalla sua vecchia stanza nella casa dei suoi.
Non sapeva se togliersi o meno l'orologio; lo divertiva il fatto di essere seppellito assieme a quell'Omega 220, che secondo la pubblicità televisiva non avrebbe mai smesso di "segnare il tuo tempo". Sarebbe però sicuramente finito ai polsi di qualche vivo.
Lo lasciò stare lì.
Si sarebbe suicidato (il termine gli dava un po’ fastidio, ma era l'unico disponibile in quel contesto) subito dopo cena, quando si fanno le cose che si debbono fare prima di andare a dormire. Lo spazzolino da denti aveva le setole nuovissime e di due lunghezze differenti, quelle per le gengive erano verdi e più corte, le altre erano rosse. Lo aveva comprato veramente caro. Ci teneva ai suoi denti quando rideva, poiché i sorrisi gli piacevano molto.
Era tentato di avvertire prima qualcuno, la Polizia magari, ma poi aveva pensato a quanto gli stavano sulle palle gli sbirri e a come sarebbe stato infinitamente più giusto non facilitarli in ciò per cui venivano pagati.
Con gli ultimi spiccioli si era fatto recapitare a casa due pizze extra che non avrebbe mai mangiato per intero.
Una margherita doppia mozzarella e un'altra con tonno e funghi.
Il ragazzo aveva un giubbotto verde, sotto spuntava la maglietta della pizzeria per cui faceva le consegne. Non pesava il fragore della detonazione.
Era arrivato abbastanza in fretta, tenuto conto del traffico serale, ma le pizze erano diventate ugualmente mollicce e fredde, come pazienza, Non diede alcuna mancia poiché il prezzo era già maggiorato di un buon 30%.
La margherita finì assieme a quel telefilm che parla di cani e d'uomini pure. Prima d'iniziare l'altra pizza avrebbe bruciato i sette milioni e mezzo che aveva prelevato dal suo conto in banca, adesso giustamente estinto; un sacco di codici e numeri da ricordare mentre si era in fila fra porche madonne e rapidi sguardi agli orologi dietro i vetri antiproiettile, e l'impiegato che di notte si vestiva da donna e se lo prendeva in culo pensando alla piccola, e il resto che non c'era mai e poi mai.
Fra le due si concesse la penultima lattina di birra che aveva in frigo.
Staccò la spina del frigo.

1