11. La cena al castello
Un paio d'ore dopo, con l'aria dimessa della scolaretta
al suo primo giorno di scuola, Clelia entrò nella sala destinata ad
una cena dal sapore molto particolare.
Quando lasciò il suo soprabito dal grande collo
all'attendente del maggiore, si sentì come una tartaruga senza
guscio. Il semplice vestito che indossava le stava benissimo, ma lei,
come ogni donna in simili circostanze, pur riconoscendo che quella non
fosse l'occasione più adatta per far sfoggio di eleganza, si sentì
inadeguata. Quasi si vergognò, anche se poco le importava ormai.
Al centro della lunghissima tavola Clelia notò un
magnifico vaso di fiori secchi che liberava un tenue profumo. Posate,
piatti e candelabri d'argento con candele accese scintillavano alla
luce dei lampadari.
Un bel divano ed un pianoforte nero a coda, lontani
quanto era necessario, fronteggiavano il caminetto acceso.
Il maggiore, in abiti borghesi, l'accolse con il sorriso delle grandi
occasioni. Clelia, confusa, avanzò verso di lui come un automa.
Offrì la mano all'uomo che la baciò con deferenza e le sussurrò:
"Lei è meravigliosa. Rendo omaggio a tutta la sua sfolgorante
bellezza."
Lusingata da quel complimento che sembrava essere
sincero, lei rispose semplicemente "Grazie, maggiore". Per
la prima volta in quella terribile giornata sentì di avere
"peso". Ciò servì ad attenuare in parte il dolore che, dal
momento dell'arresto dei suoi cari, stringeva il suo petto in una
ferrea morsa.
L'ufficiale occupò il posto a capotavola, Clelia quello
alla sua destra. Dopo i preliminari di rito, la cena cominciò.
"Spero che tutta questa messinscena, non la metta in
imbarazzo più di tanto. Il cibo, le garantisco, è buonissimo. Ho
fatto preparare per lei piatti squisiti e più tardi me ne darà
atto."
Vecchi arazzi settecenteschi impreziosivano le pareti,
mobili in stile, perfettamente conservati, rendevano accogliente
l'ambiente. Completavano l'arredamento tappeti orientali e lampadari
in stile veneziano. Clelia, ammirata, divorò con gli occhi tutto
quello che c'era da guardare intorno a sè.
"Osservi questa." Il maggiore la distrasse dal
suo giro d'orizzonte, mostrandole la bottiglia di champagne che
affondava nel cestello pieno di ghiaccio. "Pommery del '34. Una
vera rarità. Propongo un brindisi alla sua salute e alla fine della
guerra."
"Però." pensò Clelia.
"Ci trattiamo bene." Disse il maggiore
intuendone il pensiero.
"Un soldato ben trattato è un soldato che serve la
patria al meglio, cara signorina".
"Con il suo permesso, maggiore, vorrei brindare alla
liberazione dei miei cari." Propose Clelia tout court levando in
alto il suo bicchiere: voleva sondare le intenzioni del maggiore sul
solo argomento che le stava a cuore.
"Oh, sì, giusto. Alla liberazione dei suoi cari,
alla fine della guerra. alla sua.e alla nostra salute."
Clelia andò su di giri ancor prima di aver bevuto lo
champagne. Raggiante e con mano tremante fece tintinnare il suo flute
contro quello del tedesco, mostrando tutto il candore dei suoi denti
in un dolce sorriso: se il maggiore brindava alla liberazione dei suoi
cari, voleva dire che c'erano grandi possibilità di riportarli a casa
sani e salvi. Ovviamente si chiedeva a quali condizioni l'uomo avrebbe
reso questo possibile.
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