Il pomeriggio del giorno dopo
l'anziano maestro aveva recuperato gran parte delle sue energie. Alma
ritornò, come promesso, in compagnia della nonna Clelia.
L'uomo, che indossava il suo vestito migliore, accolse
sorridendo le due donne.
Clelia lo salutò con rispetto e con un sorriso dimesso,
quasi mesto: non aveva più da tanti anni sorrisi smaglianti da
regalare.
"Signora, mi scusi se l'ho distolta dalle sue
faccende." si giustificò il musicista leggermente impacciato,
tenendo la testa leggermente bassa come se provasse vergogna nel
guardarla ".ma vede.ho dei ricordi antichi come me.e vorrei
realizzare non so più nemmeno io se una promessa o un desiderio.così
le sono molto grato per aver accettato il mio invito. Mi sono permesso
di farle un omaggio floreale che spero gradirà." Nel dire ciò
indicò con una mano il bellissimo cesto di rose rosse che era
sistemato sul tavolo da pranzo.
Clelia arrossì e provò un brivido di emozione: non
aveva mai ricevuto in vita sua un cesto di rose rosse.
La signorilità dei modi di fare e la gentilezza
dell'anziano uomo colpirono Clelia più del mazzo di fiori. Avrebbe
pagato oro per avere accanto a sé un uomo così dolce e delicato di
sentimenti.
"Maestro, sentire un pianoforte suonare è stato per
me un giorno fonte di grande gioia." Lo incoraggiò Clelia.
"E pensa di non poterne gioire più?"
"Non lo so... in questi anni sono stata troppo
impegnata in altre faccende."
"Allora le dedico un brano, augurandomi che rinnovi
il suo piacere lontano."
La donna attese curiosa che il pianoforte suonasse. Non
ne aveva più sentito uno dal tempo della guerra. Dai tempi di Cesare
e del maggiore Hoeness.
Il pianoforte fece sentire la sua voce. Dolcissima.
Vibrante. Intensa. Cristallina. Bastarono le prime note ad illuminare
ed emozionare oltre misura Clelia.
Non ebbe nemmeno bisogno di guardare con più attenzione
quell'uomo, il suo uomo, per capire chi fosse. L'emozione e la gioia
furono tali che le si oscurò per un attimo la vista. Ebbe l'impulso
irrefrenabile di buttarsi su di lui, di stringerlo a sé ed impedirgli
di suonare quella musica meravigliosa. Ma l'anziano maestro, maestoso
e ieratico, suonava ormai con un trasporto tale che nessuno avrebbe
potuto più fermarlo. Le lacrime irrefrenabili scesero sul viso di
Clelia, incapace di arrestarne il flusso con il fazzoletto.
Quella musica le ricordò la sua gravidanza solitaria e i momenti
difficili vissuti da sola dopo il parto: avrebbe tanto voluto che lui
le fosse stato vicino, che le avesse suonato quel brano.
Alma credette che la forte emozione della nonna fosse
causata da quelle note vellutate e melodiose che la tastiera, sfiorata
con una dolcezza ed un impeto tutti particolari, creava e riversava
fuori dalla cassa armonica del pianoforte. Si strinse alla donna per
farle coraggio.
Il vecchio maestro fece correre le sue magiche dita sulla
tastiera del pianoforte per tante e tante volte, dominando con
maestria quei tasti che si alzavano e si abbassavano flessuosi come le
onde di un mare agitato.
Sotto la spinta dei suoi ricordi, l'uomo usò il
pianoforte per carezzare le loro anime.
Per lui, esse erano un pubblico molto, molto più
importante di quello che aveva affollato i suoi concerti nei teatri
del mondo intero: la Carnegie Hall di New York, il Colon di Buenos
Aires, il teatro alla Scala di Milano, lo Staatsoper di Vienna.
L'esecuzione volse al termine. Il pedale di risonanza del
pianoforte sollevò per l'ultima volta tutti gli smorzatori e i tasti
ricaddero su loro stessi, permettendo alle corde percosse di vibrare
per un tempo che sembrò infinito. L'ultima, fatidica nota, un do
maggiore, della sonata "Al chiaro di luna" di Beethoven più
lunga di ogni altra, grave e solenne come il rintocco di una campana,
risuonò e tutto il mondo circostante, carico d'emozione si fermò e
tacque.
Il vecchio musicista, come un sacerdote sull'altare, si
girò verso le due donne, che ora piangevano pr l'intensa commozione
tenendosi abbracciate, e sorrise loro. Inchinò la testa in segno di
ringraziamento.
Un vento tempestoso prese a sfogliare le pagine del libro
della vita di Juergen Hoeness, maggiore della Wehrmacht, maestro di
pianoforte, compagno-padre-nonno da pochi minuti. Due lacrime rigarono
le sue guance scavate dal tempo.
Il vento arrivò all'ultima pagina e l'uomo volse di
nuovo il petto al pianoforte, come se avesse intenzione di eseguire un
altro brano per il suo specialissimo pubblico.
Invece con molta delicatezza abbassò il copri tastiera,
appoggiò la fronte sulla cassa del pianoforte come per riposarsi dopo
quell'esecuzione impegnativa, chiuse gli occhi e si addormentò. per
sempre...
Auf Wiedersehen Herr Major
N.d.A.
Cesare Liguori, nella fuga che tentò, allorché la
colonna tedesca giunse nei pressi di Bologna, fu colpito da un
proiettile al fianco e morì per emorragia il giorno dopo, nonostante
le cure prestategli da un medico partigiano: era il 23 giugno del '45.
Carlo Colletti fu portato a Monaco di Baviera e chiuso in
un campo di prigionia. Dopo la liberazione da parte delle truppe
americane, nel luglio del 1945, ritornò nella sua casa di Scandriglia
e lì morì nel 1967.
FINE
(Alessandro Fargo)
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