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E' la televisione che fissa per così dire l'agenda della stampa". Aggiungeva anche Eco che ciò accade anche un po’ in tutto il mondo, ma soltanto in Italia avviene che i quotidiani. anche quelli più grandi, danno tanto spazio a fatti, personaggi. storie del mondo televisivo in una sorta di incontenibile masochismo. Ed eccoci, così, al primo punto del dibattito in corso. E' vero o non è vero che la stampa italiana senza eccezione (L’ Osservatore Romano è organo di un altro Stato...) offre troppo spazio alla TV? Rispondere modo negativo sarebbe di una grossa bugia. Ma non è la quantità del notizie in qualche modo rapportabili al mondo della TV quella che preoccupa più. Il punto è che la stampa cerca, invano si direbbe visti i risultati di diffusione di imitare perfino la qualità della informazione televisiva. Ma Sono finiti i tempi in cui il quotidiano era la fonte primaria delle notizie e quindi sarebbe del tutto naturale che i quotidiani seguissero il consiglio del direttore di "Le Monde" dedicando maggiore spazio all'approfondimento, alla storicizzazione, all'inquadramento globale di fatti e personaggi con cui i lettori hanno avuto già un impatto immediato almeno in TV.

L’obiezione, nella sua semplicità incontrovertibile. è sempre la stessa: ma allora la stampa dovrebbe essere tutta di qualità, e una stampa di qualità in Italia non avrebbe, come dimostrano alcuni esperimenti come il primo Indipendente di Riccardo Franco Levi possibilità di successo. Si arriva così al secondo tema del dibattito: la natura ibrida dei nostri quotidiani nazionali. il loro non essere ne di qualità ne popolari, ma giornali-omnibus. come hanno rivendicato con orgoglio quattro direttori (e cioè nell'ordine i direttori di Messaggero, Stampa, Corriere della Sera e Repubblica in un recente dibattito curato dalla rivista Reset e poi pubblicato in un volume. Messe così le cose il discorso dei direttori non fa una grinza. E' del tutto ovvio che tanto più si abbassa il tono del quotidiano tanto maggiori sono le vendite e viceversa. Non per caso i più famosi quality paper tipo Le Monde, la Welt o il Times hanno una diffusione che si calcola in centinaia di migliaia di copie e non in milioni di copie che accade per i popular paper fatti per metà di sesso crimine e pasticci di casa reale e per l'altra metà di sport. Commenta giustamente Alberto Ronchey nel suo ironico e saggio Fin di secolo in fax minore: "appare manifesto che la formula del giornale di qualità in Italia non potrebbe essere certo aspirare alle tirature del Corriere. Ma è altrettanto vero, aggiunge, che la messa in ordine logico del reale compete all'informazione stampata ed è la sua specifica funzione". Insomma, dato per scontato che il sogno della divisione netta fra stampa popolare e stampa di qualità in Italia non avrebbe modo di sopravvivere. è pur vero che la formula stessa del giornale-omnibus dovrebbe essere registrata. evitando il giornalismo spettacolo, il sensazionalismo, il ricorso al titolo che enfatizza e spesso tradisce la sostanza della notizia distinguendo davvero e con impegno il racconto dei fatti dal commento, introducendo quelle "analisi" che hanno fatto e fanno la fortuna dei grandi quotidiani di qualità del mondo occidentale. Sarà pur vero. come diceva con ironia Scalfari, che i giornali di prima (ad eccezione del Giorno di Baldacci e della Stampa di De Benedetti) dei "cadaverini".

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