Mario Marcucci    Mario Tobino

..... Andavamo in darsena, vi entravamo come in una chiesa


Mostra promossa da

Assessorato alla Cultura - Civici Musei di Villa Paolina,
Comune di Viareggio

Villino Boilleau
Via Giotto ang. V.le Carducci, Viareggio
26 agosto - 15 settembre 1999
INGRESSO LIBERO

per maggiori informazioni, telefonare a:
Civici Musei di Villa Paolina, Tel.+39.0584.961076



Presentazione

Michela Barsanti (storica dell'Arte, Sezione didattica Civici Musei di Viareggio) Giovanni Carletti (storico, Sezione didattica Civici Musei di Viareggio )

Nati entrambi nel 1910 da famiglie di origine sociale molto diversa, Mario Marcucci e Mario Tobino fin da giovanissimi sono stati legati da un rapporto di profonda amicizia. Cominciano ad incontrarsi "in baracca", un capanno abbandonato della darsena, per leggere, insieme al coetaneo Cesare Ghiselli, le "Elegie" di Rilke o i racconti di Conrad e Stevenson; qui, in questo spazio tutto interno al corpo della città, ma al tempo stesso sospeso e separato, scambiano le prime poesie, i primi acquerelli: l'esito di quello che tra loro chiamano "il lavoro".
Anche quando Tobino si allontanerà per proseguire i propri studi universitari a Bologna, città in cui vivrà un periodo di grande fermento politico e culturale, descritto nei romanzi "Bandiera Nera" e "Il Clandestino", il richiamo della "baracca" come un altrove dove godere di una visione finalmente nitida, una "Gran Porta che si apre", continuerà ad essere forte. A differenza dell'amico, Marcucci rimane a Viareggio dove inizia un contrastato percorso formativo da autodidatta, un percorso segnato dal contatto con i diversi ambienti artistici che ruotano intorno alla città; comune, però, resta la fedeltà ad uno sguardo capace di sondare, nell'umiltà degli oggetti o delle espressioni, la reale luce della materia.

Questa irrequieta ricerca, che durante la rispettiva formazione mostra ancora connotati per molti versi istintuali, trova modo di definirsi con maggiore compiutezza nel corso della guerra mondiale. La corrispondenza epistolare rintracciata presso l'Archivio Contemporaneo "A. Bonsanti" del Gabinetto Vieusseux testimonia non soltanto l'intensità - la necessità - dei rapporti mantenuti durante gli anni del conflitto, ma anche il progressivo emergere di continui riferimenti a Viareggio, quasi a delineare una sorta di "piccola patria", un luogo ideale in cui esiste una piena consonanza tra la propria identità ed il paesaggio naturale ed umano.
Allora i "poveri di Masaccio che come colonne sostengono il paese", le umili case viareggine "tinte di grigio, di quel giallo consunto che hanno i platani d'autunno", la pineta, la darsena con "il dolore del mare" vengono a costituire i diversi punti cardinali di una mappa interiore e sentimentale, tanto più forte quanto più si oppone alla retorica "imperiale" del Regime.
Con il Dopoguerra la trasformazione della città, le ferite inflitte dagli "affaristi distruttori" ed il venir meno del mondo della marineria e dei calafati invece di indebolire questa immagine, la rafforzano. Di fronte alla crescente volgarità di una ricchezza arrogante e distruttrice, la malinconia delle marine invernali, l'affanno di un incedere quotidiano incerto e precario, una particolare sensibilità verso il lato più popolare di Viareggio diventano un antidoto indispensabile per preservare margini di umanità.
Il passato della città si staglia ora come uno spazio incontaminato e mitico in cui è possibile recuperare ancora la freschezza dei sentimenti e l'autenticità delle emozioni, l'ambiente naturale un'ultima speranza di salvezza:
"Il mare no, non era possibile. Col mare i mestatori non ce la potevano. La vita continuava con la sua bellezza e ferocia. Era ancora più emozionante individuare in un angolo, in un luogo lo stesso lampo del passato; luceva la speranza di trasfigurare anche il presente"
M. Tobino, Sulla spiaggia di là dal molo, Milano, Mondadori



Mario Tobino e Mario Marcucci:
un'amicizia, una città


di Paolo Vanelli (critico, ha collaborato con un proprio saggio all'antologia critica su Mario Tobino, Segni incrociati, pubblicata a Viareggio dall'editore Baroni nel 1998)

Per Tobino, come per tutti i veri scrittori, la vita è come il vento che si può vedere solo dentro una tenda o una vela, o anche dentro un povero indumento steso ad asciugare: ma non si deve confondere il vento con la stoffa che si muove. La forza della narrazione sta nel vento che è l'energia interna, il soffio dell'anima, la passione, la forza di un ideale, l'incubo di una malattia, ossia tutto ciò che fa muovere gli uomini, ora obbligandoli a movimenti convulsi, ora disponendoli a gesti delicati, ora stimolandoli a manifestare liberamente la propria sensualità.
Si può dire per Tobino ciò che è stato detto per un grande pittore viareggino, Mario Marcucci: che "concentra il mistero nella forma", nel senso che proprio nel realismo della forma e nella corposità della materia questi due artisti tendono a esprimere ciò che vi è di inespresso - il senso occulto, l' "oltre" - vibrante all'interno della materia stessa. Dice Tobino dell'amico Marcucci che "scarta le appariscenze" e attende che la persona "si configuri dentro", pronto a estrarre dagli uomini la "gentilezza", o un "gemito di speranza, semisoffocato ma inestinguibile": e sembra che parli di se stesso. C'è infatti lo stesso desiderio di verificare la vita e la realtà (Garboli ha scritto che Marcucci "lo si può definire un mangiatore, un divoratore di realtà attraverso la pittura"), che fa delle loro opere forse l'estremo prodotto dell'Umanesimo Toscano, ossia di quell'alta, unica e irripetibile civiltà italiana, a cui i due artisti si ricollegano direttamente nei suoi aspetti più primitivi e nei suoi accenti più drammatici (quelli di Masaccio e di Piero).

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In entrambi poi c'è un'identificazione col proprio luogo d'origine: i canali, i cantieri, il porto, le piazze, le marine, le umili case dei marinai, i loro volti e quelli delle donne viareggine sono il tema costante di Mario Marcucci, cos“ come il mare, la storia e la gente di Viareggio, l'ondulata pianura lucchese, Lucca stessa, il Manicomio di Maggiano sono gli spazi dominanti, i luoghi-rifugio, dove Mario Tobino si rispecchia, scoprendovi le più struggenti espressioni della vita, degna sempre di partecipazione, di solidarietà, e di compassione, sia quando si apre nello splendore della libertà, sia quando è costretta a proteggersi per difendere la propria diversità - fisica o spirituale.
Grandiosa è la ritrattistica di Marcucci e Tobino, sempre tesi a scavare l'interiorità dei loro modelli e dei loro personaggi. Quello di Marcucci è uno scavo "ansioso e insoddisfatto", che gli permette di raggiungere le punte forse più elevate quando le intense strisciature di colore sembrano come aprire il cuore e sondare la figura nelle sue parti più intime; uno scavo vibrante, fondato su una tecnica descrittiva strappata e compendiaria quello di Tobino, che senza togliere nulla al valore iconico della rappresentazione, cerca di carpire in ogni immagine umana quel nucleo di bellezza - di "gentilezza", ovvero di nobiltà - che può redimere ogni figura e riscattare anche il dolore, senza negarlo. Vale la pena ricordare quello che Tobino scrisse in Passione per l'Italia, cioè che là dove sono gli uomini, in qualunque modo si comportino, c'è la vita, e la vita "quando completamente si dichiara è bellezza". Tale bellezza è il ritmo intrinseco, il vento (come si diceva prima), l'energia vitale che muove il nucleo invisibile dei fenomeni e li partecipa al movimento del tutto, e l'effetto di questo slancio vitale intrinsecamente creativo, che "dichiara completamente", cioè in tutti i livelli e in tutte le forme, la vita è ancora la bellezza.
La mostra "Mario Tobino e Mario Marcucci: andavamo in darsena vi entravamo come in una chiesa" si terrà a Viareggio dal 26 agosto al 16 settembre presso il villino Boilleau (orario di apertura 17-23).
In questa occasione saranno presentati lavori di Marcucci ancora sconosciuti al pubblico, soprattutto acquerelli e oli su tavola, oltre ad una parte del carteggio intrattenuto dai due artisti, conservato presso l'Archivio Contemporaneo "A. Bonsanti" del Gabinetto Vieusseux di Firenze.
Il catalogo, accanto alla riproduzione dei dipinti di Marcucci, conterrà contributi del Direttore del Gabinetto Vieusseux Prof. Enzo Siciliano, dello scrittore e giornalista Manlio Cancogni e del poeta e critico letterario Alessandro Parronchi. Inoltre saranno pubblicati due racconti parzialmente inediti di Mario Tobino e l'interessante corrispondenza degli anni della seconda guerra mondiale.

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