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IL MALCANTONE
FRA I BOSCHI DEL MALCANTONE IN SVIZZERA ALLA RICERCA
DELLE RADICI STORICHE DI UN TEMPO
Cominciamo il nostro viaggio da Caslano, il capoluogo della splendida regione del
Malcantone che dalla frontiera con lItalia a Ponte Tresa si spinge con una lingua di
terra fin oltre Lugano, precisamente ai 1900 metri del Monte Tamaro dove da due anni è
stata costruita la bella e caratteristica chiesa di Santa Maria degli Angeli su progetto
del famoso architetto Mario Botta dove si trovano disegni di Enzo Cucchi, chiesa voluta
dal proprietario della stazione estiva ed invernale Cattaneo in memoria della moglie
prematuramente scomparsa. Il Monte Tamaro (1961 metri alla sommità) e il Monte Lema (1624
metri), uniti da un bellissimo e comodo sentiero per una passeggiata/escursione di circa 5
ore, costituiscono unoasi di rara bellezza per gli sciatori in inverno e un luogo di
svago e relax nel periodo estivo quando con la cabinovia salgono sulle cime centinaia di
turisti specialmente dalle vicine città di Lugano e Bellinzona, ma anche
dallItalia, specie dalla Lombardia, con moglie e figli al seguito, che poi si
rimpinzano al fornitissimo self service. Una passeggiata prealpina che si affaccia sui
scintillanti laghi del Ceresio e del Verbano finendo anche sulle alpi alla vetta del Monte
Rosa e scendendo verso valli selvagge e boschi a perdita docchio in una grande
varietà di colori a seconda della stagione. Ma prima di tutto perché
"Malcantone". Si presume che derivi dal latino "Malus Angulus", nome
dato da un Vescovo di Como che qui trovò un paese molto restio a pagare le decime dovute,
ma si fa derivare anche il nome dal fatto che nella zona esistevano magli e mulini (dal
tedesco "Mahlen", cioè macinare), cè anche chi vuole si chiami così
perché un tempo era luogo di rifugio per soldatesche, disertori, banditi, contrabbandieri
e fuggiaschi, regione di frontiera e passaggio per armate di invasori e di barbari che
calavano dal nord per entrare in Lombardia attraverso Ponte Tresa e Luino. E se il nome
dovesse proprio significare "Terra di tanti mali" si ricordi che la guerra dei
10 anni tra Como e Milano partì dal Castello di San Giorgio di Magliaso dove venne
trucidato il vescovo dissidente Landolfo di Carcano sostenuto dai milanesi contro il
vescovo eletto dai comaschi. Ma non si finirebbe più di ipotizzare origini del nome e
date di assegnazione che si possono far risalire al 1600 o 1700, perché sono tante le
interpretazioni come quella del parroco di Sessa quando dice che Cremenga, una delle 27
frazioni di Monteggio, significa "Crimin Ager" e cioè "luogo di
criminali" o come quella dei luganesi che danno il Malcantone come terra di uragani e
dicono "Se ul tempural al vegn dal Malcanton Mettii i man in orazion".
Comunque sia, il Malcantone è oggi una delle più belle regioni del Ticino con i suoi 45
Kmq. di boschi, quasi la metà della superficie totale, con le sue montagne che arrivano
ai 1935 metri del Gradiccioli, senza tralasciare i monti Lema, Mondini, Ferraro, Magno,
Pola, Caslano (che vanta un parco naturale, un sentiero didattico "che consente di
conoscere dal vivo, in uno spazio esiguo, una preziosa sintesi del paesaggio del Canton
Ticino caratterizzato da diversi elementi geologici e botanici"), coi suoi limpidi
fiumi Magliasina, Tresa, Lisona e Vedeggio e gli innumerevoli motivi di interesse storico
e culturale nei vari piccoli paesi e villaggi arroccati alle prode delle montagne come
fossero elementi indispensabili e insostituibili di un magnifico presepe naturale
allaperto, senza escludere fattori moderni come la Kurhaus di Cademario, luogo tra
quelli che godono del maggior numero di insolazione in Ticino, un clima mite per tutto
lanno in assenza di nebbie, e dove è possibile trovare tutto per la salute e il
benessere in un ambiente signorile ed accogliente che spazia su un vasto e stupendo
panorama verso il lago e le montagne. A Caslano, ci accoglie il direttore dellEnte
Turistico del Malcantone, dottor Alfonso Passera, esperto federale in turismo, che data
unocchiata alla cima del Monte Lema ne sconsiglia la salita perchè lassù,
nonostante la magnifica giornata di sole a valle, cè una cappa di nebbia e non si
potrebbe godere lo spettacolo del lago di Lugano e del Lago Maggiore e non si
incontrerebbero le mandrie di mucche scozzesi mentre non sarebbe neppure possibile vedere
le antiche miniere di ferro. Aspetteremo quindi il giorno dopo per salire sulla vetta con
la moderna funivia e ci infiliamo allora nel vicino Museo della Pesca, inaugurato nel 1993
in una villetta di proprietà del Comune, in via Campagna. Lesposizione comprende
diverse centinaia di oggetti distribuiti in sei locali su due piani, mentre nel parco sono
esposte tre barche, due del Ceresio e una del Verbano, con la relativa attrezzatura. Qui
è possibile seguire levoluzione della pesca attraverso materiali rarissimi ed una
particolare iconografia che ci fa vedere, ad esempio, come erano fatte le peschiere e come
in esse si pescassero le anguille provenienti nientemeno che dal Mar dei Sargassi.
Lestate si può dire che sia ormai finita e nellaria comincia a serpeggiare un
ancora impercet- tibile aroma di vino nuovo, di castagne arrostite che ad esso ben si
accompagnano in una tradizione che vive da secoli e che certamente non morirà mai per
quel sapore di mistero che rac- chiude ma anche per quella sua capacità di sollecitare il
palato. Il tempo delle castagne e del vino nuovo, di quelle caldarroste fumanti che ancora
può farsi in proprio chi possiede un camino e lapposita padella bucherellata, ma
che possono acquistarsi in molti angoli di strada in città e con esse scaldarsi le mani
dai primi pungenti respiri dellautunno, e poi cibi a base di farina dol- ce di
castagne come le famose "mistocchine" o la polenta, la minestra di castagne
secche provenienti da graticci che troviamo ogni tanto nei boschi malcantonesi, si ritorna
dun tratto ai tempi della nostra giovinezza e quasi viene da piangere per non saper
più far di conto e conoscere la misura del tempo passato. Nei nostri boschi ce nè
a volontà di castagne, o "marroni" come si usa dire per le qualità più
pregiate, e molte località hanno anche una loro sagra per valorizzare questo frutto un
tempo pane dei poveri ma che oggi si vende nei negozi e supermercati a prezzi da
oreficeria con scarso utile per i produttori. Ma se tutto questo vale per la nostre zone,
non possiamo dire di essere gli unici a godere di questi frutti autunnali. Si può anche
passare la frontiera e provare le stesse sensazioni, trovare noi stessi e le immagini
della nostra terra, delle nostre tradizioni, in terra straniera. Alla frontiera fra Italia
e Svizzera, a Ponte Tresa, ad esempio, inizia appunto la regione del Malcantone che dal
piano si sviluppa verso la montagna in un affascinante alternarsi di sinuosità collinari
e di colori. E proprio su queste montagne è stato recentemente istituito il "Sentiero
del castagno" che propone un bellissimo itinerario che con partenza e arrivo ad
Arosio tocca le località di Mugena, Vezio e Fescoggia. Una escursione sempre accompagnata
dal fedele castagno, un sentiero con le opportune segnalazioni e sempre con la immagine di
una castagna, che comprende 8 punti didattici marcati semplicemente sul terreno. Un
itinerario di 5-6 ore che però può anche essere ridotto spostando semplicemente il luogo
di partenza o quello di arrivo, ma comunque sempre interessante in nome della
"Castagna Regina". Lungo il percorso si incontrano boschi di castagni a gestione
agro-forestale, un monumento storico come la Chiesa di San Michele del sec. XIV-XVII, un
"metato" che sarebbe ledificio dove si pongono le castagne su graticci a
seccare, come usa anche dalle nostre parti, un punto panoramico che spazia lungo
lAlto Malcantone fitto di betulle e castagni. Qui comunque il castagno rappresenta
un vero ponte tra le attività forestali ed agricole. Dal piano del Caroggio - centro
vitale dellattività agricola dellAlto Malcantone è possibile
osservare i rimboschimenti artificiali di conifere realizzati circa 30 anni fa quando si
pensava che il cancro del castagno (un fungo giunto verso la fine degli anni 40)
distruggesse tutti i castagni. Il castagno la fa da padrone e quando il frutto matura è
tutta una festa, ma il Malcantone ha tutte le caratteristiche di ospitalità e di
generosità paesaggistica tali da poter degnamente accogliere i visitatori in qualsiasi
stagione offrendo una miriade di motivi di storia della vita della gente di queste parti,
di cultura e darte. A Curio, ad esempio, esiste il "Museo del Malcantone"
dal 1985,ubicato nella vecchia scuola, un edificio costruito oltre un secolo fa
dallarchitetto Luigi Fontana ed ora di proprietà dellEnte Turistico. Presente
e passato della regione sono qui espressi in maniera organica, intelligente, accattivante,
capace di riportare alla memoria fatti, cose, oggetti, sistemi di vita che pensavamo di
aver dimenticato e che invece attendevano soltanto uno stimolo per riemergere dal tempo.
Oggetti, documenti, fotografie, libri, registrazioni fonografiche, argomenti come
lagricoltura, lartigianato e lemigrazione, la vita sociale e religiosa
del passato, le ricerche sullarchitettura sulla lingua locale, costituiscono un
itinerario completo per conoscere tutte le vicissitudini di questa regione dal passato al
presente. Ma al di fuori del Museo possiamo ancora trovare nel Malcantone strutture
particolari che ci fanno comprendere la vitalità e la capacità della gente di queste
parti. Basti pensare al "Maglio" o al mulino ad acqua che ancora esistono e che
possono ancora funzionare. Per godersi una magnifica giornata nella genuinità della
natura e di quanto resta dellopera delle genti di un tempo, basta imboccare il
"Sentiero delle meraviglie". Durante il percorso si incontrano tredici
"stazioni" dove far sosta per assaporare il profumo del passato, a volte neppure
tanto lontano, e godersi un attimo di relax nel verde. Si comincia con i "muri a
secco", poi il "Mulino di Vinera" ad acqua che ottimamente rinnovato e
ristrutturato può essere utilizzato solo che qualcuno desideri la farina di una volta,
molto migliore di quella macinata industrialmente. Qui lacqua la fa da padrona, sia
per il fiume Vinera a monte, sia per le derivazioni necessarie al mulino che per lo
sfruttamento a scopo decorativo dellambiente. Poi si arriva ai resti di una miniera
di quarzo, quindi a Tinevalle altro luogo di ricerca di materiali metalliferi dismessa nel
1919,poi le ex miniere Baglioni e Franzi (il sottosuolo del Malcantone nasconde ferro e
oro ma in quantità tali che non merita uno sfruttamento vero e proprio) e dopo aver
attraversato una zona di "terreni terrazzati" si arriva ai resti del Castello di
Miglieglia che sovrastano le gole della Magliasina con le loro grandi dimensioni. Il
castello pare facesse parte di una linea fortificata che comprendeva i castelli di San
Martino di Ponte Tresa, Pura, Novaggio, Breno, Frescoggia, Mugena e Arosio, dove sono
stati trovati significativi ruderi; una linea difensiva e di osservazione per proteggere e
controllare una via di comunicazione tracciata dai Romani in epoca tardoimperiale.
Litinerario prosegue per il "Maglio". Il vecchio maglio, rimasto in
funzione fino al 10 agosto 1951 (era stato costruito nel 1860) quando fu quasi distrutto
da unalluvione, è lunico a leva esistente nel Canton Ticino e con
funzionamento che sfrutta lenergia dellacqua della Magliasina. Nel 1979,a
seguito della donazione fatta dal proprietario, si costituiva la "Fondazione Maglio
del Malcantone" che è riuscita a ristrutturare ledificio e lattrezzatura
tanto da ripristinare il maglio che ora rappresenta un motivo fondamentale per la
didattica, per la storia locale, per le visite di turisti e scolaresche, per riandare con
brevi dimostrazioni ai tempi in cui con quel maglio si fabbricavano attrezzi agricoli in
ferro con grande perizia e capacità e che oggi rappresenta una testimonianza storica del
lavoro umano attraverso i secoli. Si prosegue per Aranno dove si trova la miniera La
Monda, quindi si raggiunge il Bosco di Golena, poi i Mulini di Aranno ed altre miniere in
territorio di Novaggio, concludendo la scarpinata alla Fornace Castello sempre a Novaggio.
Forse si sentirà un po di stanchezza alle gambe ma il risultato ne vale la pena. E
poi ci si può fermare, dopo questo simpatico viaggio pedestre, in una delle tante
trattorie ed osterie, come lOsteria La Palma specializzata nei risotti, a
Nerocco-Banco per calmare le esigenze impellenti dello stomaco con un buon piatto e con un
buon bicchiere di fendant o di merlot (bianco o rosso non importa). Il nostro viaggio
potrebbe proseguire ancora per giorni e sempre si incontrerebbe qualcosa di nuovo, di
attraente per il rafforzamento della nostra cultura e per il piacere della vista e della
gola. Per ora ci limiteremo a qualche curiosità che non guasta mai in un racconto
giornalistico : il 27 agosto 1848,reduce dalla sfortunata battaglia di Morazzone, presso
Varese, e proveniente dal lago di Brusimpiano, sbarcò ad Agno Giuseppe Garibaldi; Astano
è il paese di Domenico Trezzini, nato nel 1670,che doveva poi costruire, per ordine dello
zar Pietro il Grande, Pietroburgo alla foce della Neva. Trezzini alzò una città
caratterizzata dallo stile barocco occidentale; durante la notte del 18 gennaio 1848 un
incendio sviluppatosi a Miglieglia distrusse 38 case delle 40 esistenti; nel giardino del
Kurhaus di Cademario esiste una delle collezioni migliori e più importati di cactus di
Europa : Ponte Tresa è il comune dalla più piccola superficie della Svizzera : appena
0,28 Kmq.. Questo nostro intervento, ovviamente non può essere considerato un esaurimento
di quanto offre il Malcantone, questa regione ai classici due passi dallItalia, ma
vogliamo considerarlo come uno stimolo per quanti amano fare turismo in una miscelazione
completa di paesaggio, arte e cultura.
QUANDO GLI SVIZZERI EMIGRAVANO IN ITALIA ALLA RICERCA DI UN LAVORO :
LA STORIA DELLA FAMIGLIA ANDINA
La famiglia Andina di Curio con 15 figli, trovò fortuna impiantando una fornace
a Zola Predosa. Alcuni membri vivono ancora a Bologna e Zola Predosa.
Qualcuno potrà non crederci e sorridere, ma è proprio così. In un museo
svizzero, precisamente in quello di Curio, un grazioso paesino aggrappato alla costa della
montagna del Malcantone, una lussureggiante regione del Canton Ticino, abbiamo ammirato
con sorpresa, protetto da una bacheca in vetro, un mattone che porta letichetta
"Mattone della fornace Andina di Zola Predosa. Sorpresa per noi quando il direttore
del Museo, Bernardino Croci Maspoli, ce ne ha spiegato il perché facendoci scoprire
quello che forse pochi bolognesi sanno, mentre in Ticino ben cinque pagine sono dedicate
ai laterizi di Zola Predosa ed alla famiglia Andina in un bel volume dal titolo
"Curio e Bombinasco" (La terra, la gente, il lavoro). In quel comprensorio
cè sempre stata una vena di terra rossiccia che da tempo immemorabile deve aver
spinto la gente del luogo a fabbricare quel "preistorico" mattone, ma era troppo
poco per dar lavoro tanta gente e sulla fine del 1800 iniziò una vera e propria
emigrazione di mano dopera del settore specialmente verso lItalia, la Savoia,
e, naturalmente verso altri centro della Svizzera. In Italia si trovarono quindi operai
che col tempo divennero imprenditori, a Bologna, a Padova, a Parma, a Novi Ligure, a
Tortona, a Treviso, in Abruzzo, e nel Trentino. E una delle famiglie che maggiormente si
sono distinte nella fabbricazione di laterizi sono stati proprio gli Andina che in un
primo tempo si stabilirono in Piemonte. Ad iniziare fu Pietro, classe 1847, che venne in
Italia con la famiglia nel 1882 stabilendosi sulle colline fra Alessandria e Genova,
precisamente a Casaleggio Boiro, dove si costruì la casa e una piccola fornace che
condusse per sette anni, cercando poi un luogo che desse più sicurezza economica alla
famiglia cresciuta di ben 15 figli di cui sei morti in tenera età per la famosa terribile
"spagnola". Il luogo più sicuro per redditività lo trovò proprio a Lavino di
Zola Predosa dove si trasferì nel 1900 e dove condusse per qualche anno in affitto una
preesistente fornace, di proprietà degli Albergati nella quale senza dubbio fabbricarono
i materiali per la costruzione del loro magnifico famoso palazzo, e poi se ne costruì una
tutta sua di tipo Hoffman a 16 camere poco lontano, a Zola Predosa, nel 1916, ma cessava
di di vivere nel 1918,quando finiva la Grande Guerra che aveva bloccato completamente il
lavoro perché gli uomini erano al fronte e le donne ai forni per cuocere il filo spinato
per i reticolati. Poi la ripresa e la fornace andava avanti fino al 1948, per merito dei
figli Gaetano, fornaciaio, Elvezio Direttore amministrativo della Cartiera del Maglio, e
Giulio ingegnere presso i Comuni di Zola Predosa e Crespellano. E venne poi seconda guerra
mondiale ed i numerosi bombardamenti distrussero le case e danneggiarono gravemente la
fornace. Molti operai riuscirono a sottrarsi alla deportazione in Germania nascondendosi
nei forni mentre parte della numerosa famiglia Andina riuscì a restare a Zola Predosa
sotto la protezione del Vice Console Paolo Baenziger e gli altri ritornarono a Curio,
nella loro loro bella terra malcantonese. Finita la guerra, tutti gli Andina, salvi dopo
varie peripezie, ricostruirono lazienda zolese ed alcuni membri di questa tenace
famiglia svizzera costretta ad emigrare in Italia come tante altre per trovare lavoro, si
laurearono in ingegneria allUniversità di Bologna. La Fornace Andina negli anni
Ottanta risente della crisi settoriale in atto ed esattamente nel 1985 chiude
definitivamente i battenti. Ora della famiglia Andina vivono a Zola Predosa colui che ha
coperto il nome del nonno Pietro, di 74 anni, con la moglie Elda, i figli Francesco
commercialista a Casalecchio di Reno, Nicola geometra e Chiara in Masetti impiegata,
mentre gli altri figli Tomaso, ingegnere, Paolo urbanista ed Giuseppe, pure ingegnere,
vivono a Bologna, mentre un altro, di nome Marco un per motivi di lavoro vive a Ginevra.
Ogni qualvolta ne hanno la possibilità, gli Andina tornano per qualche giorno nel
Malcantone, a Curio, dove hanno tanti amici ed anche parenti, e dove possono vivere la
genuinità di una vita semplice e non inquinata dal progresso. E nel Museo del Malcantone,
a Curio, vanno a vedere quel mattone che ricorda loro quasi un secolo di vita della
famiglia divisa fra lItalia, dove ha fatto fortuna, e il Canton Ticino da dove era
dovuta emigrare per trovare lavoro.
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