GIUSEPPE PARINI |
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LA VITA RUSTICA |
La trascrizione delle opere di
Giuseppe Parini viene offerta per far comprendere la grandezza artistica e l'attualità
del Poeta. Tale trascrizione non ha per il momento alcuna pretesa di accuratezza
filologica, ma sarebbe desiderio del curatore di questo sito accettare correzioni e
suggerimenti e poter offrire anche uno spazio per annotazioni di carattere
filologico. Chiunque abbia qualcosa da dire, da aggiungere o da far sapere è vivamente
pregato/a di collaborare al miglioramento del sito. Grazie. |
LA VITA RUSTICA |
Perchè turbarmi l'anima, O d'oro e d'onor brame, Se del mio viver Atropo Presso è a troncar lo stame? E già per me si piega Sul remo il nocchier brun Colà donde si niega Che più ritorni alcun? |
Queste che ancor ne avanzano Ore fugaci e meste, Belle ci renda e amabili La libertade agreste. Qui Cerere ne manda Le biade, e Bacco il vin: Qui di fior s'inghirlanda Bella innocenza il crin. |
So che felice stimasi Il possessor d'un'arca, Che Pluto abbia propizio Di gran tesoro carca: Ma so ancor che al potente Palpita oppresso il cor Sotto la man sovente Del gelato timor. |
Me non nato a percotere Le dure illustri porte Nudo accorrà, ma libero Il regno de la morte. No, ricchezza nè onore Con frode o con viltà Il secol venditore Mercar non mi vedrà. |
Colli beati e placidi, Che il vago Eupili mio Cingete con dolcissimo Insensibil pendio, Dal bel rapirmi sento, Che natura vi diè; Ed esule contento A voi rivolgo il piè. |
Già la quiete, a gli uomini Si sconosciuta, in seno De le vostr'ombre apprestami Caro albergo sereno: E le cure e gli affanni Quindi lunge volar Scorgo, e gire i tiranni Superbi ad agitar. |
In van con cerchio orribile, Quasi campo di biade, I lor palagi attorniano Temute lance e spade; Però ch'entro al lor petto Penetra nondimen Il trepido sospetto Armato di velen. |
Qual porteranno invidia A me, che di fior cinto Tra la famiglia rustica A nessun giogo avvinto, Come solea in Anfriso Febo pastor, vivrò; E sempre con un viso La cetra sonerò! |
Non fila d'oro nobili D'illustre fabbro cura Io scoterò, ma semplici E care a la natura. Quelle abbia il vate esperto Nell'adulazion; Chè la virtude e il merto Daran legge al mio suon. |
Inni dal petto supplice Alzerò spesso a i cieli, Si che lontan si volgano I turbini crudeli; E da noi lunge avvampi L'aspro sdegno guerrier; Nè ci calpesti i campi L'inimico destrier. |
E, perchè a i numi il fulmine Di man più facil cada, Pingerò lor la misera Sassonica contrada, Che vide arse sue spiche In un momento sol; E gir mille fatiche Col tetro fumo a vol. |
Te co' miei carmi a i posteri Farò passar felice: Di te parlar più secoli S'udirà la pendice. E sotto l'alte piante Vedransi a riverir Le quete ossa compiante I posteri venir. |
E te villan sollecito, Che per nov'orme il tralcio Saprai guidar frenandolo Col pieghevole salcio: E te, che steril parte Del tuo terren, di più Render farai, con arte Che ignota al padre fu: |
Tale a me pur concedasi Chiuder, campi beati, Nel vostro almo ricovero I giorni fortunati. Ah quella è vera fama D'uom che lasciar può qui Lunga ancor di sè brama Dopo l'ultimo dì! |