La montagna è una delle anime del Trentino e dell'alpinismo trentino, il Gruppo Rocciatori della SAT, è stato ed è oggi più che mai una delle anime più intraprendenti e costruttive. Un gruppo infondo anche anomalo, perché fatto di molte e grandi "individualità", che negli anni ha avuto molti capiscuola alla cui corda si sono legati allievi "cresciuti" a loro volta, che ha fatto delle montagne di casa, le Dolomiti, un terreno privilegiato di un'esplorazione alpinistica, senza chiusure, sempre aperta e sensibile a nuove istanze, ai nuovi "input " dell'alpinismo, ma altrettanto refrattaria a quelle che vorrebbero l'alpinismo ridotto a semplice esercizio atletico, ad una vuota corsa verticale contro il tempo sotto l'obiettivo di una telecamera. È stato così anche quando l'alpinismo trentino ha ricominciato a guardare oltre l'orizzonte alpino, lontano verso le altre arene dell'alpinismo mondiale, ritagliandosi anche qui un ruolo da protagonista. Ripercorrendo la storia del Gruppo Rocciatori della SAT, le cui basi furono poste nella prima metà degli anni '60 da un nucleo d'alpinisti cittadini assidui frequentatori delle pareti della vicina Paganella, si può rileggere tutto questo, attraverso tappe temporalmente definite, altre ancora in corso.
La montagna per i trentini era il Monte Bondone e la Marzola per camminare, la Paganella per scalare, prima di affrontare le verticalità delle Dolomiti: la parete est, gli speroni Annetta e Vettorato, gli Spaloti di Fai. Alla base delle pareti, sulle vie di roccia s'incontravano gli stessi volti. C'era Marino Stenico, c'era Bepi Loss, Romeo Destefani, il dottor Donato Zeni, Emilio e Settimo Bonvecchio, Carmelo Forti, Bruno Tabarelli, Franco Pedrotti, Claudio Zeni, Cesare Cestari, Hainz Steinkótter S'incontravano ai piedi delle pareti, quando l'ultima neve se n'era andata via. Ad ogni fine settimana sulle rocce della Paganella si ripeteva questo rito sempre diverso: una nuova via o una semplice ripetizione, magari per far provare a qualche amico o amica neofita l'emozione di guardare Trento e l'Adige tra le gambe in plastica "spaccata ".
Proprio tra i frequentatori più assidui della Paganella, dove oggi il passare del tempo e l'oblio arrugginisce quei loro chiodi artigianali, scoccò la scintilla, l'idea, di creare un gruppo d'alpinisti "cittadini". Fuori dal Trentino c'erano gruppi già affermati, i "Ragni" a Lecco, gli "Scoiattoli" a Cortina, i "Catores" gardenesi. Perché dunque anche Trento, un riferimento preciso e affermato nel mondo alpinistico (la SAT, il Soccorso Alpino, il Filmfestival), non poteva avere il proprio gruppo di merito tra gli alpinisti? Marino Stenico, sempre documentatissimo, raccolse statuti e documentazione sugli altri gruppi e fu messa giù una prima bozza di statuto. Il tutto fu ufficializzato nel corso di una cena al Gius in Port'Aquila, il Gruppo Rocciatori era risorto! Della carica di primo presidente del nuovo Gruppo Rocciatori SAT fu investito Marino Stenico. E quale benevolo invito all'azione, il dottor Donato Zeni fece omaggio al gruppo d'alcune preziose corde da roccia. Ed, infatti, appena le condizioni lo resero possibile, Bepi Loss Emilio Bonvecchio, Fabio Loss e Bruno Tabarelli salirono in Paganella ed aprirono sulla parete est una nuova "direttissima", allora assai di moda, dedicata proprio al "Gruppo Rocciatori SAT": 400 metri di VI superiore, tanto per far capire che anche i trentini facevano sul serio. Come stemma fu scelta un'aquila aggrappata ad una parete, "restilyng" dello stemma del primo Gruppo Rocciatori, quello del 1942. La storia del Gruppo rocciatori della SAT era ricominciata.