L'uomo responsabile di fronte alla globalizzazione

esclusione, giustizia, democrazia

La rottura della trascendenza dell'etica

"...non è detto che la mancanza di altruismo significhi per tutti un disvalore; anzi può essere il presupposto di un'etica alternativa, che a valore positivo assume proprio l'individualità come selfishness [= il pensare prima di tutto ai propri bisogni e benessere, senza curarsi degli altri]. E' il caso dell'“oggettivismo” di Ayn Rand, che in America continua a trovare seguaci proprio perché afferma che l'egoismo è l'unica etica oggettivamente fondata. Se il fondamento oggettivo della natura umana è egoistico, l'unico rapporto naturale fra gli individui è il libero scambio....."

Valerio Zanone, L'età liberale - Democrazia e capitalismo nella società aperta, pag.103, Rizzoli.

La prima rottura fondamentale prodotta dall'affermarsi, per ora praticamente incontrastato, del sistema totalizzante di mercato neoliberistico, è etica.

Per la prima volta nella storia, almeno in quella dell'Occidente biblico-cristiano, cade il presupposto che pone l'istanza etica come una imperatività vincolante, che viene dal valore di un "oggetto", al di fuori di ogni soggettività umana: per esempio: "la vita è sacra".

Prima o fuori del modello di valore capitalistico, l'imperativo etico rappresenta una interpellazione per l'agire umano da parte dell'oggetto.

E' un dire all'uomo: "nei miei riguardi non puoi non comportarti così..."

In tale ottica l'azione diventa giusta se obbediamo, diventa ingiusta se rifiutiamo l'adesione: la disobbedienza immette il "male" nel mondo.

L'insieme delle istanze etiche fonda l'etica di un contesto socio-culturale, legata all'insieme dei valori di una società, che vengono percepiti come vincolanti per l'azione umana.

La radicalità della rivoluzione capitalistica sta nel porre nelle mani del soggetto umano la misura del bene e del male, rappresentata dalla misura del suo successo/insuccesso, come agente "economico" (nel senso più generale del termine): ci troviamo di fronte ad una vera e propria appropriazione da parte del soggetto del criterio del bene e del male; e ad una violazione di quella alterità trascendente ed assoluta, che è tradizionalmente propria di una etica "giusta".

Il soggetto vincente dice praticamente: "l'etica sono io"; e "fa giustizia" dell'altro, ogni volta che questi costituisca un ostacolo al suo successo.

 

 

 

 

© Giovanni B. Montironi 1999 - All rights reserved
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