'le moto inglesi'
di
Cristian Rossi
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Dalla ruota alla bicicletta
La necessità di spostarsi velocemente è stata da sempre
per l'uomo (come per molti altri animali) un'esigenza di primo piano, legata al concetto
stesso di sopravvivenza.
Quindi date le sue relativamente scarse capacità fisiche,
l'uomo ha capito ben presto di aver bisogno di un valido e fedele alleato per i suoi
spostamenti, così in molte parti del mondo si inizia ad usare il cavallo per il trasporto
individuale.
Animale di che per migliaia di anni ha accompagnato l'uomo,
nella sua evoluzione intellettuale, portandolo a caccia, a esplorare nuove terre a
conoscere altri popoli, ad assimilare nuove culture e talvolta ad uccidere altri uomini in
una strana ed affascinante forma di simbiosi.
Oltre all'uso del cavallo per il trasporto individuale,
l'uomo ha necessità di trasportare merci più pesanti ed ingombranti, e la prima
grandissima invenzione è quindi la ruota che permette di abbassare drasticamente
l'attrito col terreno e di trasportare quindi carichi impensabili con semplici slitte
fatte strisciare sul suolo.
La prima ruota conosciuta è quella di Ur l'antica città
del regno Babilonese, costruita 6500 anni fa e date le sue caratteristiche perfezionate,
si ritiene che la sua invenzione risalga ad almeno duemila anni prima in Mesopotamia.
Ruota di Ur
Poi la ruota si diffuse in tutto il mondo antico dalla
Mesopotamia all'Egitto a Creta quindi alla Grecia e da qui con la diffusione dell'Impero
Romano che ne ingloba la cultura, a tutta l'Europa.
L'utilizzo della ruota non è però costante nel tempo,
tant'è vero che viene praticamente abbandonata con la disgregazione dell'Impero Romano e
non è neanche uniforme su tutto il pianeta; in America infatti non era utilizzata prima
dell'arrivo di Cristoforo Colombo.
Il fatto che le raffinate ed evolute civiltà precolombiane
non siano arrivate ad inventare la ruota, dimostra che questo oggetto non è il frutto
inevitabile dell'osservazione da parte dell'uomo di fenomeni fisici naturali, ma una vera
e propria invenzione frutto della mente di un solo uomo che sicuramente non si è reso
conto di essere stato il più geniale progettista di tutta l'umanità.
Una rappresentazione dell'utilizzo della ruota secondo uno
schema in linea che è quello che riguarda questa ricerca (invece che su coppie
all'estremità di un asse come sui carri) è presente addirittura sull'obelisco di Luxor
(l'antica città egiziana) ora posto in Place de la Concorde a Parigi, dove si vede un
uomo seduto a cavalcioni su un bastone che poggia alle estremità su due ruote.
Più recente è invece la vetrata della chiesa di St.Gilles
a Stoke Poges in Inghilterra dove nel 1642 lo sconosciuto artista (o inventore?)
rappresenta un cherubino a cavalcioni di uno strano oggetto.
Vetrata della chiesa di S. Gilles
Ma l'inventore del Celerifero cioè il primo veicolo a due
ruote è Mede de Sivrac che nel 1791 scorrazza per i giardini del Palais Royal di Parigi
con un veicolo composto da una trave di legno di un metro con alle estremità due forcelle
perpendicolari, su cui sono imperniate le ruote; il nobile parigino seduto su una
approssimativa sella , avanza certo non senza difficoltà puntando alternativamente i
piedi a terra e cercando faticosamente di mantenersi in equilibrio data la mancanza dello
sterzo.
Questo tipo di veicolo chiamato poi anche velocifero ebbe
inaspettatamente un grosso successo in Francia diventando un oggetto molto di moda a
Parigi esistevano anche versioni cammuffate da animali.
La draisienne del barone Drais risalente al 1816-18 compie
dei passi avanti, compare lo sterzo e vengono sperimentati diversi sistemi motrici
alternativi alla pedata come quello del disegno sotto in cui il guidatore aziona a mano un
manubrio che tramite un settore dentato trasmette il moto alla ruota anteriore.
Draisina 1919
Anche in inghilterra esistono veicoli simili come l'hobby
di Knight costruito nel 1918-19 interamente in ferro e dotato di sterzo, ma sempre troppo
difficile da guidare.
La svolta si ha quando il francese Pierre Michaux nel 1861
mentre cerca di riparare un velocifero inventa il sistema a pedali applicati sul mozzo
della ruota anteriore e compie anche il primo tentativo di produzione industriale del suo
veicolo a due ruote, la Michauline, mentre entra nell'uso comune il nome velocipede per
definire il nuovo veicolo dotato di pedali.
Per aumentare la velocità raggiungibile a parità di
pedalate (cioè per allungare il rapporto) la tendenza è quella ad utilizzare ruote
anteriori sempre più grandi, con problemi di equilibrio e di difficoltà nel raggiungere
i pedali con i piedi (talvolta sono applicate anche delle leve a parallelogramma), nascono
così strani e pericolosi veicoli come quello nel disegno (sotto).
Biciclo di Renard, con ruota ant. di tre metri di diametro
Nel 1870 gli inglesi James Starley e William Hillman
inventano la ruota a raggi tangenti (vedi scheda Ariel) molto più leggera di qualsiasi
altra ruota ma che però deve avere diametro inferiore; di conseguenza si iniziano a
montare le prime catene di trasmissione (che nonostante fossero già state inventate da
Leonardo da Vinci nel 1482, si erano iniziate ad usare solo nel 1709 da Vaucanson) che
permettono di utilizzare qualsiasi rapporto e di trasmettere il moto alla ruota
posteriore, lasciando a quella anteriore solo le funzioni di sterzo.
Nel 1888 il veterinario inglese John Boyd Dunlop nel
tentativo di ridurre le vibrazioni trasmesse dalla strada a ruote e telaio e per diminuire
l'attrito sperimenta e brevetta il primo pneumatico.
E' nata la Bicicletta la cui struttura si conserverà
praticamente immutata fino ai giorni nostri.
La bicicletta di Dunlop
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I pionieri in Inghilterra
Per quello che riguarda la fase pioneristica, la
suddivisione in categorie tipologiche come automobili e motociclette è diversa da quella
attualmente applicabile perché diverso è il contesto storico e soprattutto non è legata
al numero delle ruote, in quanto esistono veicoli che possono essere considerate
motociclette a due, a tre ma anche quattro ruote; mentre ci sono automobili a quattro come
a tre ruote.
La differenza và ricercata nella filosofia progettuale
applicata al mezzo in esame.
Il tema della ricerca sono le moto inglesi quindi d'ora in
poi cercherò di indirizzare l'analisi sui prodotti di questo paese, anche se in alcuni
casi saranno inevitabili riferimenti a nomi di altri nazioni, sia per effettuare dei
confronti sia perché spesso si tratta di realizzazioni composte da componenti di
differenti nazionalità.
La rivoluzione industriale del diciottesimo secolo, il
conseguente sviluppo di industrie metallurgiche avanzate, e la propensione
dell'Inghilterra alla sperimentazione di nuove tecnologie meccaniche , sembrerebbero i
migliori presupposti per una immediata leadership; ma invece agli esordi l'industria
motociclistica (e motoristica in genere) inglese ebbe non poche difficoltà.
Ostacoli soprattutto legislativi, come il 'Locomotive Acts'
del 1865; che imponeva a qualsiasi mezzo a motore di essere preceduto ad una distanza di
55 metri, da un uomo a piedi sventolante una bandiera rossa.
Sarà solo nel 1896 che imposizioni di questo tipo verranno
eliminate, lasciando comunque il posto a limiti di velocita di 19 km/h .
I mezzi a motore, avevano poi altri tipi di ostacolo; le
moto in particolare erano sotto accusa da parte di stampa ed ambienti benpensanti per la
polvere che sollevavano, per i fumi di scarico ed i rumori prodotti; erano accusate di
provocare terribili malattie in uomini ed animali, di far diminuire la produzione di uova
e latte , ed altro ancora (in fondo certi 'ecologisti contemporanei' utilizzano ancora su
questi argomenti...)
Quindi è solo dal 1896 che l'industria motociclistica
inglese inizia a svilupparsi ed in pochi anni nascono decine di marchi che si faranno
conoscere in tutto il mondo e permetteranno all'Inghilterra di recuperare lo svantaggio
iniziale rispetto a Francia Germania e Stati uniti.
Merito anche delle prime riviste motociclistiche inglesi
'The Motor Cycle' e 'Motor Cycling'e di scrittori come Rudyard Kipling o come Arthur Conan
Doyle che si schierano dalla parte dei motociclisti (e degli automobilisti) denuciando gli
abusi delle autorità e la mala fede della stampa antimotoristica, con racconti, articoli
e libri sull'argomento.
Nel 1879 Dugald Clerk inventa il motore a due tempi che si
pone come alternativa a quello a quattro tempi,
Per gli inglesi l'inventore della prima motocicletta del
mondo è il connazzionale Edward Butler, che nel 1884 presenta allo Stanley Cycle Show di
Londra il suo progetto con relativo brevetto di un triciclo motorizzato.
Il primo esemplare però non venne realizzato che nel 1886
mentre già nel 1885 il tedesco Gottlieb Daimler fà marciare il suo velocipede a due
ruote.
La diatriba quindi può essere considerata ancora aperta.
Il veicolo di Butler ha tre alte ruote sottili ma per i
motivi prima esposti è da considerarsi una motocicletta.
La ruota posteriore è singola ed i cilindri sono disposti
orizzontalmente ai suoi lati.
All'inizio la bicilindrica di Butler adotta un motore a due
tempi secondo lo schema di Clerk, di una cilindrata complessiva di 1037 cc,la
distribuzione è regolata da un sistema a valvola rotante, l'accensione avviene grazie ad
un apparecchio elettrostatico progettato da Butler stesso, il raffreddamento era ad acqua,
che circolava in un serbatoio semicircolare che fungeva anche da parafango posteriore.
La trasmissione avviene direttamente con un sistema di
bielle ricurve che dal cilindro portano il moto alla ruota posteriore, non esiste quindi
frizione e per permettere le manovre di avviamento , partenza e fermata è presente un
pedale che azionato col piede sinistro, solleva due rotelline ai lati della ruota motrice
rendendola cosi folle rispetto al terreno.
Lo sterzo è composto da due leve azionabili con le due
mani, ognuna delle quali aziona indipendentemente una delle due ruote anteriori.
Questa prima motocicletta raggiunge una velocità di 20
km/h con il motore che gira a 100 giri/min.
In seguito Butler realizzò un secondo mezzo dotato di
motore a quattro tempi (molto piu avanzato del contemporaneo motore di Daimler) con
valvole di aspirazione e scarico rotative come il precedente 2t, azionate da catena,
avviamento a pedale ed un carburatore a spruzzo che precede di 5 anni quello di Maybach.
La trasmissione realizzata con un ingranaggio riduttore
epiciclico, consente di portare il regime di rotazione a 400 e poi a 600 giri/min.
Butler motociclo, disegno complessivo e schema valvola
rotante
Edward Butler sul suo veicolo
Lo sterzo è a fuso snodabile, il freno e la frizione sono
azionati da pedali e il parafango posteriore è decorato dalla scritta 'THE PETROL-CYCLE',
Butler infatti è anche l'inventore della parola inglese 'petrol' (benzina).
Butler non riuscì comunque a causa del 'locomotive acts' a
portare avanti il suo progetto.
Un altro pioniere del motociclismo Inglese è il colonnello
H.Capel Holden che nel 1896 costruisce la prima motocicletta a 4 cilindri, i cilindri,
fusi in ghisa sono disposti orizzontalmente; longitudinalmente alla moto con una
cilindrata totale di 1052,96 c.c..
Holden 1896
Su ogni lato della moto vi sono due cilindri disposti sullo
stesso asse, e contrapposti tra di loro, quindi su ogni lato vi è una biella unica
collegata ai due pistoni, biella che poi tramite una manovella trasmette direttamente il
moto alla ruota posteriore.
I quattro cilindri avanzano ed arretrano
contemporaneamente, i due anteriori (uno a dx ed uno a sx) sono nella stessa fase del
ciclo ed analogamente i due posteriori.
Il carburatore è del tipo cosidetto a superficie, cioè
nella vaschetta col carburante è immersa una rete metallica a maglie molto fini, che
imbevendosi per capillarità di liquido ne accelera la normale evaporazione, i vapori
così ottenuti vengono immessi in una canalizzazione in pressione, che dopo un'ulteriore
aggiunta di aria in corrispondenza di una camera di miscelazione posta sul cannotto,
arrivano alla camera di combustione dove entrano attraverso valvole che si azionano per
depressione.
La pressione nella canalizzazione ora descritta è
mantenuta immettendo i gas di scarico nella vaschetta del carburatore, che oltretutto,
data la loro elevata temperatura facilitano l'evaporazione.
Inizialmente il motore era raffreddato ad aria, poi dal
1899 al 1902 verrà venduta una versione con raffreddamento a liquido.
L'accensione è a batteria e bobina, il telaio è una
leggera struttura tubolare senza molleggio, le prestazioni di questo stupefacente motore
sono di 3 cv a 420 giri/min. che sono sufficenti a spingere la Holden a 40 km/h.
Holden Progetto di motore e trasmissione
La Holden è anche uno dei primi esempi di produzione
industriale di motociclette in inghilterra, la 'Motor traction company' viene fondata nel
1898 e la quattro cilindri venduta con discreto successo, purtroppo a lungo termine si
rivela fallimentare la ostinata scelta di voler utilizzare una trasmissione finale a
stantuffo (biella e manovella) invece che la cinghia la catena o gli ingranaggi che erano
soluzioni già più che collaudate, quindi la fabbrica chiude i battenti nel 1903.
Una holden del 1900
Da questo momento in poi naseranno moltissimi marchi
Inglesi, le cui storie si intersecano con continue rivalità, scambi di parti comuni, di
progettisti ed arrivando talvolta a fusioni di più marchi in nuove società.
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Tra i due secoli
Nel 1895 l'inglese Alfred Cox utilizza sulla sua bicicletta
a motore la trasmissione finale a catena, anticipando così di almeno un quarto di secolo
l'universale adozione di questo sistema su quasi tutte le moto del mondo.
La prima bicicletta a motore costruita interamente con
materiali nazionali è la realizzazione del diociottenne Sidney Shaw nel 1896, una 250 cc.
con trasmissione a catena.
E del 1896 è anche il motore a due cilindri costruito da
Arthur Hertschmann che può essere montato su qualsiasi bicicletta, il moto viene
trasmesso da una ruota dentata che và ad agire sulla catena della bicicletta.
Vi sono anche sperimentazioni di carburanti alternativi
alla benzina, il Roots Tryke ad esempio funziona alimentato da una miscela di aria e olio
combustibile, fortemente riscaldata che esplode a contatto di un tubetto incandescente.
Nel 1899 nasce la OK nota poi come OK-Supreme, utilizza
motori SOS (1906), Precision (1911), Green raffreddato ad acqua (1911) e ABC (1913).
Nel 1897 vengono montati sulla Excelsior (che fino a quel
momento produceva biciclette) un motore Minerva.
La Norton viene fondata nel 1889, la AJS e la Ariel nel
1898, la Royal Enfield, la Rex, la Douglas, la Triumph, la James, la Scott, la Zenith,
nascono entro il 1905.
Per la storia delle principali di queste marche rimando
alle relative schede.
Rex forecar
1904
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Nascita delle grandi case inglesi
La AJS come fabbrica di moto complete nasce nel 1898, in
precedenza i fratelli Stevens avevano costruito un motore monocilindrico, verticale di 406
cc, con valvola di ammissione automatica, valv. di scarico laterale comandata,
raffreddamento a liquido ed una potenza di 2,75 cv, che viene venduto con successo a
parecchi assemblatori.
Caratteristica di questo periodo della AJS è di insistere
con i monocilindrici, nonostante verso il 1910 molte case optino per i bicilindrici e nel
1914 questa costanza è premiata con una vittoria al Tourist Trophy con una macchina
dotata di un totale di 4 rapporti (vedi scheda AJS).
La Matchless (impareggiabile) nasce nel 1878 come
costruttrice di biciclette, nel 1899 fabbrica la prima motocicletta motorizzata e dopo
aver montato per un breve periodo bicilindrici Peugeot, nel 1906 le Matchless montano i
primi bicilindrici di fabbricazione inglese, motori piuttosto avanzati che utilizzano
bielle in bronzo.
Si continuano comunque a montare anche motori prodotti da
altri come il Jap un bicilindrico di 994 cc che permette alla Matchless di vincere il T.T.
del 1907, o come il motosacoche bicilindrico 496 cc con camera di scoppio emisferica,
valvole inclinate, testa riportata e distribuzione ad aste e bilanceri comandate da albero
a camme collocato alla base della 'V' dei cilindri.
Il modello 8 B sidecar del 1914, motorizzato MAG, adotta
soluzioni all'avanguardia come: accensione a magnete, cambio separato e trasmissione sia
primaria che secondaria a catena racchiusa in carter.
La Ariel inizia a produrre moto nel 1902, monta motori
Kerry il carburatore è a galleggiante ed in anticipo sui tempi il sistema di accensione
è a magnete ; la potenza del motore è portata con alcune modifiche a 2,5 cv nel 1904.
Nel 1904 viene utilizzato un telaio a culla aperta composto
da due tubi paralleli che scendono dal cannotto all'attacco della forcella posteriore,
all'interno dei quali è collocato il serbatoio; il motore appeso davanti alla pedaliera
è un mono Peugeot 334 cc e 2,25 cv.
Nel 1906 viene adottala una forcella anteriore elastica a
biscottino oscillante, la lubrificazione è affidata ad una pompa a mano ed i freni sono a
pattino, mentre l'accensione è a magnete.
La Ariel 1913 produce un 498 cc dotato di cambio Armstrong
nel mozzo, trasmissione a cinghia, 3,5 cv e nel '14 una piu semplice monocilindrica con
puleggia variabile (foto in scheda Ariel).
La prima bicicletta a motore prodotta dalla Royal Enfield
nel 1901 ha un motore di 175 cc con biella in bronzo e senso di rotazione invertito,
montato insolitamente sopra la ruota anteriore ma il moto è trasmesso con cinghie
incrociate alla ruota posteriore.
Royal Enfield 1901
Nel 1902 il motore viene spostato dietro la sella e solo
nel 1903 trova la classica collocazione al centro di un telaio sdoppiato alla base del
cannotto e poi incurvato seguendo la forma della ruota, per aggirare un brevetto Werner.
La produzione di macchine bicilindriche motorizzate
Motosacoche inizia nel 1910 con due moto, una con trasmissione a cinghia, cambio nel mozzo
e 2,25 cv, l'altra più raffinata con trasmissione a catena e cambio PM a due rapporti.
Royal Enfield , motore Motosacoche 2,75 cv
1910
Il primo motore originale viene costruito nel '13 è un
bicilindrico a 'V' 425 cc 3 cv,con pompa dell'olio automatica ad ingranaggi (serbatoio
olio in vetro), montato su telaio a culla, trasmissione a catena, cambio a 2 rapporti, una
versione 347 cc, di questa moto partecipò al T.T. del 1914 classificandosi terza; dalla
347 derivò anche una versione turismo.
Royal Enfield bicil. 425 cc 3 cv
1914
Anche una due tempi 225 cc. la 225L viene prodotta poco
prima dello scoppio della guerra, disponibile anche con un particolare telaio aperto
adatto alla guida con gonne lunghe, sono presenti paragambe per la pioggia ed il serbaoio
è a barile.
Un altro due tempi è il 289 cc sperimentale, con
distribuzione a camicia scorrevole nel cilindro, comandata da due biellette solidali
all'albero motore; sistema che permette un ottimo lavaggio ed un elevato rendimento ma
problemi di raffreddamento ne sconsigliano la produzione.
Royal Enfield 225L (vers. Atelaio aperto)
Anche la Triumph iniziò nel 1902 montando motori minerva,
Jap e Fafnir, su telai ciclistici, inizialmente nell'insolita posizione davanti alla
pedaliera
Triumph Minerva 1902
solo nel 1905 viene realizzato in proprio anche il motore
un valvole laterali di 3,5 cv montato su un vero telaio motociclistico.
Nel 1906 viene introdotta una forcella anteriore
molleggiata con una strana struttura ad arco e molla elicidale ed il motore è montato con
funzione strutturale in un telaio a culla aperta.
Già dal 1911 tutte le Triumph sono dotate di frizione nel
mozzo, e nel 1913 di cambio separato di produzione Sturmey Archer.
Mentre nel '14 si aggiungono la lubrificazione
semiautomatica e l'accensione a magnete mentre la cilindrata è salita a 547 cc.
La James dopo aver prodotto negli ultimo anni
dell'ottocenti bicicli con enormi ruote anteriori chiamati 'penny farthing' , produce nel
1902 una bicicletta con motore montato inclinato lungo il tubo inferiore del telaio con
trasmissione a rullo alla ruota posteriore, e successivamente a catena.
James 1902
Nel 1908 viene presentato il modello Safety (sicurezza), il
motore è monocilindrico verticale, con valvole di ammissione e di scarico concentriche,
sospensione anteriore a biscottini oscillanti , i freni sono a ganasce di bronzo al
fosforo in tamburi d'acciaio, le ruote intercambiabili e c'è una biella di scorta fissata
al telaio.
In seguito vengono adottati cambio a due e tre velocità,
la trasmissione diventa a catena racchiusa in carter e l'impianto frenante viene
utilizzato per la prima volta il rivestimento in Ferodo per le superfici d'attrito.
Poco prima della guerra oltre ad un bicilindrico 500, viene
prodotto un nuovo monocilindrico 600 cc.
James 600
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Alfred Angus Scott geniale progettista e fondatore della
Scott iniziò a cavallo dei due secoli a lavorare sui motori a due tempi e dopo alcuni
esperimenti sui motori (utilizzati anche per uso nautico) montati su telai ciclistici,
prima sulla ruota anteriore (motrice) e poi lateralmente con trasmissione a cinghia alla
posteriore, Scott riesce finalmente a produrre nel 1908 una bicilindrica che suscitò
grande scalpore.
La cilindrata totale è di 333 cc, le teste dei due
cilindri paralleli sono raffreddate ad acqua, la distribuzione è a valvola rotativa a
catena, c'è un cambio a due velocità con comando a pedale, trasmissione a tutta catena,
avviamento a pedale, telaio aperto, formato da una struttura a reticoli triangolari e
forcella anteriore con molleggio telescopico.
Il successo di questa macchina nelle gare è tale che la
Federazione Motociclistica inglese stabilì che la Scott non potesse correre nella
categoria relativa alla sua cilindrata effettiva, ma a quella ottenuta moltiplicando
questa per un fattore di 1,32.
Scott 450 cc.(analoga al 333 cc)
1910
Nel 1910 il serbatoio è spostato davanti al tubo reggi
sella, nel '11 tutta la superficie dei cilindri è raffreddata ad acqua, nel '12 la
cilindrata arriva a 532 cc e la valvola rotativa di distribuzione viene azionata da
ingranaggi, nel '13 il telaio viene irrobustito e stranamente le teste adottano il
raffreddamento ad aria mentre i cilindri restano raffredd. ad acqua.
Scott 532 cc, 3,75 cv
1912
Dal 1885 John Alfred Prestwich apre la sua officina in cui
produce strumenti scientifici e macchine speciali, dal 1901 inizia anche la produzione di
motori di 923 cc che saranno venduti in tutto il mondo con il marchio JAP e montati su
svariati modelli di motociclette.
La Tooley's Patent Bicar (futura Zenith) presentata nel
1904 stupì per il suo telaio, una struttura triangolata a piramide montata su una
struttura tubolare orizzontale.
Al centro della piramide c'è un motore Fafnir da 3 cv , lo
sterzo è azionato da leve e tiranti, c'è la frizione ed il molleggio su entrambe le
ruote.
La Zenette risale invece al 1907 con sospensione anteriore
a doppia molla ed un leggerissimo telaio triangolato.
Zenette 1907
Nel 1908 la Zenith introduce il cambio Gradua che è di
tipo continuo funziona nel seguente modo: la puleggia solidale all'albero motore entro cui
scorre la cinghia a 'V' si allarga e si restringe variando cosi il diametro su cui lavora
la cinghia, naturalmente restringendo il diametro la cinghia tenderebbe ad allentarsi ,
cosi la puleggia posteriore e con lei tutta la ruota motrice scorre su una guida; questo
movimento è comandato tramite una manovella posta sul serbatoio dal pilota che cosi può
scegliere con precisione un qualunque rapporto compreso tra 3,5:1 e 9:1.
Questo sistema si dimostrò talmente efficace (anche
perché era uno dei pochi cambi disponibili su moto con trasmissione a cinghia) che nel
1910 ne fù proibito l'utilizzo nelle gare e la Zenith con intelligenza sfrutto questo
fatto per enfatizzare ancora di più le qualità del suo cambio e introdusse nel marchio
l'inferriata di una prigione e la parola 'barred' (proibito).
Nel 1911 il serbatoio diventa rettangolare e scompare il
molleggio posteriore .
marchio Zenith
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Dopo aver prodotto armi (vedi scheda) la BSA entra nel
mondo delle motociclette nel 1905 con motori stranieri.
Nel periodo in analisi si succedono modelli senza
caratteristiche eccezzionali ma che riscuotono un discreto successo grazie alla buona fama
di cui gode il nome BSA dal 1911 sono disponibili frizione e cambio a due velocità nel
mozzo e nel 1912 la trasmissione diventa a tutta catena e l'accensione a magnete.
La Wilkinson nota nel settore delle armi, inizia la
produzione motociclistica ad inizio secolo con una monocilindrica, ma la prima
realizzazione significativa è la TAC (Touring Auto Cicle) del 1910 che è una vera e
propria 'automobile a due ruote' nei primissimi esemplari dotata di un bicilindrico a 'V'
ben presto sostituito da un quattro cilindri in linea di 679 cc, trasmissione ad albero
con vite senza fine e cambio a tre velocità, valvola di ammissione automatica e scarico
comandata frizione a cono con superficie d'attrito in cuoio,freni ad espansione interna ,
avviamento a manovella, molleggio anteriore e posteriore, telaio in tubi molto basso su
cui è montata una poltrona, lo sterzo a volante.
Nel 1911 si adotta un più motociclistico sterzo a manubrio
ed il nome si trasforma di conseguenza in TMC (Touring Motor Cicle), viene adottato il
raffreddamento a liquido e la cilindrata portata a 848 cc.
Wilkinson TMC 4 cil. 848 cc
1912
All'inizio del secolo la futura Velocette produce i marchi
VMC e Veloce monocilindriche di 500 cc; solo nel 1913 compare il marchio Velocette sul
serbatoio di una due tempi 206 cc. Che è una delle prime moto di successo della casa;
aveva una potenza di 2,25 cv, cambio a due velocità e trasmissione a catena (due
soluzioni quest'ultime veramente all'avanguardia per l'epoca), nel listino Velocette fino
allo scoppio della guerra sono presenti poi modelli di varie cilindrate, frazionamento a
due e quattro tempi.
Velocette 2,25 cv
1913
La Sumbeam già impegnata nella produzione di automobili
produce nel 1912 una monocilindrica a cilindro verticale di 349 cc, trasmissione a tutta
catena, cambio a due velocità e forcella anteriore elastica.
Nel 1910 anche la Rudge si converte alla produzione
motociclistica; il primo modello é un monocilindrico verticale con trasmissione a
cinghia, ma nello stesso anno viene sviluppato un nuovo sistema di cambio a variazione
continua (simile a quello della Zenith) si chiama Multi ed è comandato da una lunga leva
azionabile a mano, che controlla l'espansione della flangia della puleggia anteriore e la
tensione della cinghia permettendo una scelta infinita di rapporti compresi tra 5,75:1 e
3,33:1, anche questo sistema ha un successo incredibile.
Rudge multi 500
1913
Anche il motore rotativo ha origine in questi anni, ad
opera di Fred Umpleby che nel 1909 presenta la sua richiesta di brevetto.
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Tecnica da inizio secolo al 1915
In generale nello studio della storia della motocicletta di
questo lasso di tempo si effettuano ulteriori suddivisioni che sono diverse a seconda
degli autori.
Possono essere significativi le date delle edizioni del
'Manuale Hoepli del motociclista' rispettivamente 1902, 1908 e 1914 visto che tale genere
di pubblicazione deve essere aggiornata quando la tecnologia ha definitivamente superato
la vecchia edizione.
Fino al 1902-1905 i motori sono montati spesso piuttosto in
alto, su corti telai di derivazione ciclistica, l'avviamento è quasi sempre a spinta, le
valvole di aspirazione sono automatiche (a depressione), la lubrificazione è a pompa a
mano, la trasmissione finale è affidata a cinghie di cuoio, il rapporto è fisso, il
telaio è piuttosto alto e corto e di conseguenza la posizione in sella è piuttosto
elevata, è presenta spesso il molleggio sulla ruota anteriore ma non su quella posteriore
o sulla sella ed i freni sono a tampone sul cerchione.
La moto di tipo nuovo, viene invece definita dai
contemporanei del 1914: più bassa ed allungata, il motore montato il più in basso
possibile (per abbassare il baricentro), messa in moto a pedale con le ruote a terra e
quindi dotata di frizione, la trasmissione a cinghia o a catena con il cambio in mozzo,
forcella anteriore posteriore e sella elastiche, lubrificazione a pompa, valvole entrambe
comandate e freno a ceppi nel mozzo.
L'accensione è affidata negli anni tra il 1903 ed il 1910
ad accumulatori, mentre dopo questa data si ha una diffusione praticamente totale di
sistemi a magnete, grazie alla qualità molto superiore di questi sistemi, in particolare
quelli della Bosch che ha modelli specifici per tutti i tipi di frazionamento e di
distribuzione dei cilindri.
Dal 1909 al 1914 vi sono notevoli progressi nel settore dei
motori, prodotti in proprio dalle marche più importanti che realizzano tutta la moto ma
anche venduti sciolti a costruttori-assemblatori che così si limitano alla costruzione
della sola parte ciclistica, questo spiega il grande proliferare di marchi di questo
periodo soprattutto in Inghilterra dove questa filosofia costruttiva ebbe il massimo
sviluppo.
Per la maggior parte si tratta di monocilindrici di circa
500 cc con una potenza di 3,5 cv.
I bicilindrici sono quasi sempre a 'V' con angolo tra i
cilindri compreso tra 40° e 90°, raramente i cilindri sono paralleli uno dei pochi
esempi è il 650 Triumph che prefigura quello che sarà uno scema tipico della scuola
motoristica inglese.
Molto rari frazionamenti più elevati, tra le inglesi da
citare quello della Wilkinson.
Ci sono poi rari motori radiali a 3 e 4 cilindri, ed il
rotativo di Redrup.
Nel 1914 i motori a due tempi (inglesi) più riusciti sono
quello della Scott di 552 cc, il Levis, il Velocette.
In particolare il due tempi appare subito la soluzione
ideale per motociclette più economiche e di cilindrata più contenuta, nel caso
dell'Inghilterra attorno ai 250 cc. e modelli di questo genere sono presentati da
:Triumph, Rex, Wooler, Royal Enfield, Clyno, Villers, .
Nel campo della distribuzione (motori a quattro tempi) si
passa gradatamente dalla valvola di ammissione automatica a quella comandata grazie
soprattutto all'impulso dato dalla francese Peugeot che dimostra pubblicamente la
superiorità in termini di potenza erogata di questa seconda soluzione.
Le valvole prima erano diposte anteriormente al cilindro
(verticale) oppure una per ogni lato dello stesso, mentre la tendenza fino al 1914 è a
diporre le valvole sempre lateralmente ma entrambe sullo stesso lato; questo anche perché
utilizzando due valvole comandate è cosi possibile raggruppare su un solo lato il sistema
di comando di entrambe le valvole, che a questa data consiste nella maggior parte dei casi
in aste e bilanceri.
Non mancano comunque esempi di 4 tempi e 2 tempi a
distribuzione rotativa, o tra i due tempi l'originale sistema della Wooler in cui la
compressione non avviene nel carter ma in uno dei due compartimenti in cui è diviso il
cilindro, mentre nell'altro avviene lo scoppio.
L'alimentazione è ormai nel 1914 affidata ad un vero e
proprio carburatore che ha raggiunto eccellenti livelli di raffinatezza, sostituendo tutti
i sistemi sosidetti a superfice, come quello della Holden descritto in precedenza.
Ci possono essere uno o due spruzzatori, e comandi separati
per l'aria e per la benzina che entrano in funzione a seconda delle necessità, in alcuni
casi si hanno proprio due carburatori praticamente indipendenti o che entrano in funzione
a diversi regimi, come il Jarnac.
La lubrificazione era inizialmente affidata a pompe da
azionarsi continuamente a mano, poi gradualmente si passò a sistemi parzialmente
automatizzati, in cui il conducente tirava a sé una comando a pistoncino che poi tornava
sospinto da una molla lentamente nella posizione iniziale, spingendo il lubrificante nel
circuito, quindi per un certo lasso di tempo non c'era bisogno di intervenire.
Verso il 1913 si iniziarono a diffondere comunque anche
sistemi a pompa automatica, cioè azionata dal motore stesso (spesso pompe ad ingranaggi)
con sistemi di recupero dell'olio e rimessa in circolazione (prima invece andava perso
come nei due tempi).
Fino al 1905 quasi nessuna motocicletta è dotata di
frizione né tantomeno di cambio, la partenza avviene a spinta con balzo in sella
all'avviamento ed è perciò inevitabile lo spegnimento del motore ad ogni fermata.
Quindi la prima esigenza è quella di un sistema che
permetta di mantenere il motore in folle da fermo, i più diffusi sistemi in questo
periodo consistono in puleggie a flange mobili che allontanandosi ed avviccinandosi
determinano il maggiore o minore attrito con la cinghia di trasmissione che quindi può
trasmettere il moto oppure girare a vuoto.
Nascono anche le prime puleggie a diametro variabile, in
particolare il sistema della NSU ed i famosi schemi Zenith Gradua e Rudge Multi descritti
in precedenza danno buoni risultati come cambi di velocità, in precedenza esisteva solo
la possibilità di cambiare il rapporto con interventi da fermo.
Le cinghie dal cuoio passano a gomma e tela.
Riguardo alla trasmissione un'osservazione che si può fare
è che la diffusione di sistemi a tutta catena, è avvenuta molto più tardi di quanto
sarebbe stato possibile con le tecnologie dell'epoca.
La superiorità della catena era stata ampiamente
dimostrata, e le richieste del mercato andavano in questa direzione, ma le case
prodruttrici soprattutto quelle inglesi sono state molto restie ad abbandonare la cinghia,
sviluppando i cambi Rudge Multi o Zenith Gradua ben oltre la loro naturale epoca.
Questo perché l'adozione della catena imponeva l'utilizzo
di una frizione più evoluta e di un vero cambio di velocità e le case inglesi essendo
per la maggior parte piccole aziende che soprattutto assemblavano componenti prodotte da
altri vivevano una situazione di concorrenza spietata tra loro e nessuna poteva azzardarsi
a sperimentare in proprio nuovi e complessi sistemi cambio-frizione.
Frizioni più evolute di quella prima descritta, si ebbero
quindi solo verso il '14 quando appaiono frizioni a bagno d'olio con un numero di dischi
che và da 1 a 48 (sulla Hele Shaw), o a secco con dischi rivestiti di materiali d'attrito
a base di amianto, in entrambi i casi con una sola molla.
Per quello che riguarda i telai come detto la tendenza è a
renderli più bassi; in generale per le moto più piccole la struttura è a culla chiusa,
il tubo anteriore si curva passando sotto il motore per arrivare all'attacco posteriore,
superiormente ci sono due tubi che partono dal cannotto e vanno parallelamente verso la
sella per ospitare la quale quello superiore si incurva verso il basso; tra questi due
tubi che poi si collegano a quello verticale reggisella , c'è solitamente il serbatoio
che in questa fase è quasi sempre un semplice parallelepipedo di lamiera.
Le forcella anteriore è la prima a ricevere il dono del
molleggio inizialmente con sistemi come quello a biscottini oscillanti, poi con svariati
schemi tra cui da segnalare quello a doppi bracci con mollone centrale che prefigura
quello a parallelogramma che diventerà lo standard nel primo dopoguerra.
Posteriormente spesso non ci sono sistemi di sospensioni,
per motivi di semplicità ma anche perché si credeva che un telaio rigido migliorasse la
tenuta di strada; per il confort del conducente ci si limita al molleggio della sella con
sistemi telescopici o analoghi, sella che come oggetto in sé è ancora di tipo
ciclistico.
Il diametro delle ruote è solitamente di 26 pollici (66
cm) i copertoni sono a tallone per evitare scorrimenti ed uscite dal cerchione, visto che
i percorsi che si percorrono sono per lo più definibili fuoristradistici e le scarse
capacità delle sospensioni (se ci sono) fanno sì che le ruote siano molto sollecitate.
L'illuminazione è affidata a lampade ad olio fino al 1908
e ad acetilene fino al 1914, le lampade elettriche non hanno un grande successo all'inizio
perché essendo indipendenti dall'impianto elettrico di accensione del motore devono
essere alimentate da dinamo supplementari (Mira e FRS entrambe inglesi) azionate per
attrito sulla ruota o direttamente dal motore o ancora da batterie specifiche da
sostituirsi ogni volta e quindi si appaiono solo un'ulteriore complicazione oltre alle
numerosi già presenti nell'utilizzo delle moto dell'epoca.
Infatti come già si è ricordato il conducente dopo aver
effettuato tutte le regolazioni doveva accendere la moto a spinta, poi stando attento a
non spegnerla mai, viaggiare su strade sterrate ceduto su un telaio rigido, azionare ad
intervalli precisi la pompetta di lubrificazione e nel caso avesse a disposizione un
cambio di velocità azionare quest'ultimo con una leva lasciando così il manubrio, per
quello che ri guarda i freni poi la situazione non è molto migliore.
L'antiquato freno ciclistico a pattino resiste fino a quasi
il 1914, solo a questa data il freno ad espansione inizia a diffondersi spazzando via
qualsiasi altro sistema compreso quello a trazione (consistente in un nastro metallico che
si stringe sulla superfice esterna del mozzo) che per un po' l'aveva affiancato.
Nonostante queste difficoltà con le moto si iniziano anche
ad affrontare le prime gare come il Tourist Trophy che si inizia a correre dal 1907.
32
Le moto inglesi durante la grande guerra e negli anni
immediatamente successivi
La prima Guerra Mondiale è il primo conflitto in cui la
macchina entra come protagonista ed anche la motocicletta assieme ad aereoplani,
autocarri, automobili, e mezzi navali fa la sua parte.
Certo nell'utilizzo della motocicletta in guerra ci sono
errori, dettati soprattutto dall'inesperienza nel settore di chi è preposto a decidere
quali modelli utilizzare e come.
Spesso si dà la precedenza alla quantità dei mezzi,
requisendo tutto ciò che è disponibile senza curarsi delle specifiche tecniche di ogni
modello, delle sue prestazioni sui vari tipi di terreno e soprattuttodella compatibilità
dei pezzi di ricambio molto difficile quando nello stesso reparto esistono motociclette di
diverse marhe e modelli.
In inghilterra si formano dei corpi di motociclisti
volontari i 'Despatch Riders' che si riveleranno indispensabili in molte azioni.
Tecnicamente l'approssimarsi della guerra prima e il suo
svolgersi porta a numerosi progressi tecnici; come conseguenza più che di veri e propri
studi metodici, dell'accelerata, imminente necessità di risolvere problemi pratici.
Si constata che i motori raffreddati ad aria, sono molto
più sicuri di quelli raffreddati ad acqua perché un proiettile che anche colpisse
l'alettatura non impedisce il funzionamento del motore, come invece farebbe colpendo un
radiatore; e questa osservazione fatta in campo aereonautico viene traslata sulle moto che
iniziano ad utilizzare quasi esclusivamente questo metodo di raffreddamento (come nel più
genuino spirito dakariano 'quello che non c'è non si rompe').
Già nel 1913 la maggior parte delle moto esposte
all'Esposizione di Londra utilizzano la trasmissione finale a catena, in luogo della
cinghia e nel 1920 ormai tutte le moto utilizzano un cambio di velocità adiacente al
motore, invece che nel mozzo come i primi sistemi.
Anche l'uso delle sospensioni aumenta durante la guerra,
soprattutto di quelle anteriori (come già detto prima).
La Douglas inizia a produceva in quest'epoca moto a due
cilindri contrapposti, disposti longitudinalmente , la distribuzione è a valvole laterali
ed il cambio a due rapporti.
La scelta delle cilindrate si allarga nel 1920 con analoghi
modelli di 350 e 500 cc, il cambio diventa a tre velocità ed al T.T. è presente una
Douglas con valvole in testa comandate da aste e bilanceri, e aria di ammissione
riscaldata dai gas di scarico.
Douglas Model D 340 cc
2 cilindri contrapp.
1910
La Royal Enfield durante la guerra mantiene gli stessi
modelli del periodo prebellico e sperimenta una quadricilindrica 846 cc con frizione a
nastro, accensione a magnete, cambio a tre velocità carburatore di tipo automobilistico
ed anche qui troviamo il condotto di ammissione riscaldato da quello di scarico.
La moto non và in produzione per il costo eccessivo che
avrebbe avuto.
Fin dall'inizio alla Scott si era lavorato su modelli per
uso militare nella speranza di una remunerativa commessa; un primo veicolo viene
realizzato per l'esercito nel 1913 si tratta di una moto equipaggiata con un sidecar che
è praticamente la struttura del treppiede della mitragliatrice che così può entrare in
funzione anche durante la marcia della moto, mentre fino ad allora il sidecar veniva
utilizzato solo per il trasporto dell'arma che poi doveva essere montata ed utilizzata a
terra.
Il motore è raffreddato a liquido (e questo da dei
problemi di congelamento) ed il nome del reparto che le utilizza si chiama 'Motor machine
Gun Service'
A questo primo modello che riscosse notevoli successi prima
dell'arrivo di più specifici mezzi blindati a quattro ruote, segue un secondo
motocarrozzino a tre ruote con le due ruote posteriori allineate e l'anteriore in linea
alla posteriore sx, c'è un'estesa blindatura ed i due occupanti sono seduti
parallelamente su sedili di tipo automobilistico; questo modello servì più che altro
come base di studio per la Scott Sociable che viene presentato nel dopoguerra.
Motocarrozzella Scott (2° tipo)
La AJS nel dopoguerra produce una bicilindrica di 748 cc
son cambio a tre rapporti, e nel 1920 produce la famosa 350 vincitrice al T.T. ha sei
rapporti testa emisferica riportata e le valvole (in testa) sono inclinate di 90° tra
loro con uno schema molto moderno ed insolito per l'epoca.
La distribuzione è ad aste e bilanceri, il serbatoio era
formato da due parti unite è un precursore del tipo a sella che si diffonderà più
avanti consistente non più una scatola appesa al telaio ma una struttura più arrotondata
appoggiata sopra al tubo orizzontale superiore che si raccorda con la sella, forma e
disposizione che in moto con schema classico è ancora oggi utilizzato.
AJS 350 G6 (strada)
Il modello di punta della BSA nel dopoguerra è la
bicilindrica 770 cc. (vedi scheda) dotata di cambio a tre marce separato, trasmissione a
tutta catena racchiuso in carter e valvole laterali.
Oltre a questo grosso e fortunato modello adatto all'uso
con sidecar, sono prodotte le monocilindriche di 499 e 557 cc.
La Triumph durante la guerra fornisce all'esercito oltre
trentamila monocilindriche do tate di cambio separato a tre marce e soprannominate 'trusty
Triumph' la moto in questione è il modello H (vedi scheda), dotato di avviamento a pedale
ed accensione a magnete.
Triumph Type H
versione sidecar-1914
La Matchless cessa la produzione durante la guerra e solo
nel '19 esce una nuova bicilindrica la Model H che ha cambio separato a tre marce, e
sospensione sia anteriore che posteriore (vedi scheda), questo modello rimarrà in
produzione fino al 1928.
La Norton fabbrica durante la guerra oltre a moto per
l'esercito una varietà di altri prodotti bellici.
Nell'immediato dopoguerra la produzione si basava sui
monocilindrici di 490 e 633 cc, praticamente analoghi ai modelli BS e BRS del periodo
anteguerra (vedi scheda).
Le Rudge Multi furono prodotte durante e dopo la guerra
nelle cilindrate di 499 e 750 cc ed inoltre si inizia la produzione di un bicilindrico di
1000 e 889 cc, anch'esso inizialmente con cambio multi ed in seguito (già nel 1920 in
campo agonistico) con trasmissione a tutta catena e cambio a tre velocità.
Rudge Multi-gear 499 cc, monocil.
1923
La Ariel produce nel '19 due bicilindrici di 750 e 500 cc,
con cambio a tre velocità e trasmissione a cinghia-catena e nel '22 assume Val Page che
progetterà una 500 a valvole in testa e rivoluzionerà la posizione di guida delle moto
adottando una sella bassissima e d un serbatoio più arrotondato facendo salire
vertiginosamente le vendite della Ariel di questi anni.
40
1920-1925
Dal 1920 con la ripresa delle corse la AJS continua a
sviluppare il suo monocilindrico, la 350 del '22 ha freni ad espansione, nel '23 nasce la
Big Port (cioè grande 'luce' in riferimento al diametro del tubo di scarico) con sedi
delle valvole riportate in bronzo posizionate sulla testa che è in alluminio (è la prima
ad utilizzare questo tipo di testa), nel '24 la lubrificazione diventa tutta automatica,
per tornare però a perdita nel '25.
C'è anche la bicilindrica di 800 cc.
AJS Big Port 1923
La Ariel oltre alla monocilindrica a valvole in testa
progettata da Val Page ha in catalogo delle bicilindriche con motore Jap di 994 cc.
La prima Brough Superior è presentata nel 1921, il motore
è un bicilindrico Jap di 980 cc con distribuzione a valvole in testa, la trasmissione è
a tutta catena e c'è un cambio separato Sturmey Archer a tre velocità.
La cura e la raffinatezza con cui sono costruite le Brough
Superior le valse il nome di 'Rolls delle moto' ed in effetti sono presenti particolari
come rivestimenti in cromo ed un caratteristico serbatoio a goccia non comuni.
Sono montati anche motori di Jap di 680 e 750 cc ed in
seguito , propulsori di altre case; MAG e Matchless.
La Broughg del '24 si chiama SS 80 e rimane in produzione
quasi immutata fino al 1940.
Brough Superior SS 80
(Jap)
1931
La BSA produce monocilindriche di 500 e 557 cc, una
bicilindrica di 771 cc e nel 1924 viene presentata la monocilindrica 250 model B
soprannominata Round Tank (dalla forma del serbatoio) che riscuoterà notevole successo
per la sua praticità ed economia come pure nel fuoristrada (vedi scheda).
BSA model B 250 cc
Round Tank
1924
La Douglas che partecipa al T.T. del '23 ha un sistema di
frenatura consistente in un anello solidale alla ruota contro cui viene spinto un cuneo,
lo schema è praticamente quello dei freni a disco.
La HRD nasce nel 1924 dall'insoddisfazione di H.R. Davis un
famoso pilota, per i mezzi con cui doveva correre.
Quindi decise di realizzare una moto come la voleva lui; la
volle più bassa delle altre e quindi realizzò un serbatoio (ormai decisamente a sella)
che si assottiglia per raccordarsi alla sella decisamente più bassa del tubo superiore
del telaio che è completamente coperto dal serbatoio.
La forcella anteriore è una Druid il cambio separato è
Burman la trasmissione è a catena e la motorizzazione è di provenienza Jap con
distribuzione sia a valvole in testa che laterali.
Le moto nelle cilindrate di 350 e 500 ebbero un discreto
successo e permisero a Davis di vincere al T.T. del '25.
HRD 350
1925
I bicilindrici montati dalla Matchless in questi anno sulle
sue moto erano di produzione MAG ed avevano la particolarità delle valvole contrapposte,
la trasmissione secondaria è a catena Renold a rulli e nel '25 niene costruita la prima
Matchless con distribuzione ad albero a camme in testa (vedi scheda).
La Royal Enfield oltre ad un due tempi applica la
distribuzione in testa su alcuni motori Jap e nel '25 realizza il suo primo motore
originale (con la doppia possibilità per la distribuzione).
La Rudge riesce ad emergere nella spietata lotta tra le
case costruttrici di questo periodo con una nuova moto 350 cc con distribuzione a quattro
valvole disposte in testa radialmente che le permette di ritornare alle corse che aveva
abbandonato per un certo periodo.
La moto su cui è montato ha poi freni ad espansione e
trasmissione a catena con cambio S.A. a tre rapporti (in luogo di cinghia e multi gear),
serbatoio a sella. Carburatore Amac alimentato ad alcool,
Rudge 350 quattro valvole
1926
41
Scott Super Squirrel 1929
La Scott produce la Scott Sociable derivata dal carrozzino
corrazzato precedentemente citato e nel 1922 esce il modello Squirrel basato sugli schemi
già sperimentati, con motore di 486 cc cambio a tre velocità e freno anteriore ad
espansione , nel '25 con la Super Squirrel la Scott ritorna al raffreddamento dei cilindri
ad acqua mentre nasce anche il modello Flyng Squirrel con un più profilato serbatoio che
comunque non inficia l'originale e controcorrente linea delle Scott, ed anzi accentua col
suo disegno moderno, l'idea di essere un accessorio posto a colmare il vuoto al centro di
un telaio otticamente ancora aperto superiormente nascondendo il tubo che collega il
sottosella al cannotto che in realtà lo fa essere un telaio chiuso.
Riesce cioè a mantenere la sua dinamica spinta diagonale
provocata dal telaio aperto che collega i due punti principali della struttura (gli
attacchi di sospensione anteriore e posteriore) adattandosi alle nuove tendenze estetiche.
Scott Flying squirrel
La Sumbeam in questi anni ha in listino monocilindriche di
350 480 e 596 cc in versioni Standard e Sport. La trasmissione è a tutta catena su tutti
i modelli e la distribuzione di norma a valvole laterali ed a valvole in testa su alcuni
modelli sport 350, nel 1925 vengono realizzati anche modelli da corsa in cui le valvole
sono comandate da camme.
Vi sono poi pressochè invariate le Sumbeam bicilindriche
976 cc motorizzate Jap.
Ricardo famoso progettista della Triumph realizza nel '21
la Type R derivata dalla Type H da cui differisce per la cilindrata porteta da 550 a 499
è per l'adozione di una testata a quattro valvole sempre con ad aste e bilanceri.
Harry Ricardo che ha progettato questo motore intuisce che
quattro piccole valvole, hanno una massa in movimento in feriore a quella di due grosse e
quindi possono raggiungere regimi superiori; così riesce ad ottenere 20 cv ed una
velocità di punta di 120 km/h.
Il cilindro è ricavato dal pieno, la trasmissione è a
tutta catena, c'è il cambio separato a tre velocità, il forcellone anteriore a
parallelogramma e nel '24 , che è anche l'ultimo anno di produzione adotta i freni a
tamburo.
Triumph Type R, Fast Roader
1923 (Ricardo)
La Velocette si fa conoscere con una vittoria nel '19 alla
Sei Giorni di regolarità con delle due tempi, apparteneti alla serie D2 e DL2, che si
differenziavano per il tipo di telaio, tradizionale il primo ed aperto il secondo adatto
per essere utilizzato con la gonna, queste moto seguono di un anno le D1 e DL1.
Sono dei 220 cc, due tempi con un vasto carter accessibile
da uno sportello svitabile a dx, una pompa a stantuffo garantisce una lubrificazione
accurata, il telaio ha due tubi anteriori, forcella anteriore Brampton, freno posteriore
è ad espansione e leva del cambio sul serbatoio.
Velocette D2
1921
Sulle due tempi che partecipano al T.T. del '21 la
Velocette adotta per la lubrificazione una pompa rotativa.
La Coventry Eagle, Flying Eight (otto volante) del 1924
può raggiungere i 130 km/h ha un motore bicilindrico JAP di 980 cc ed una potenza di 8
cv.
Trasmissione a tutta catena, forcella anteriore elastica
con molla a balestra orizzontale; un modello che andò ad inserirsi come alternativa più
economica nel settore delle grosse bicilindriche sportive dove il punto di riferimento era
la Brough Superior.
La Norton presenta nel '22 la sua monocilindrica dotata di
valvole in testa azionate da aste e bilanceri e cambio a tre rapporti Sturmey Archer si
tratta della Model 18 che con solo modifiche alle sospensioni e l'adozione del cambio a 4
marce arriverà fino al 1954 e può vantare due vittorie al T.T. nel '22 e nel '24.
Mentre la più tradizionale Big Four 663 cc viene
aggiornata con un cambio separato a 4 velocità.
Norton Model 18
mono 500 18 cv
1927
46
Lo stato dell'arte nel 1925
la Motocicletta finalmente è qualcosa di ben distinto
dalla bicicletta motorizzata e pur essendoci in Inghilterra una folta schiera di
costruttori che utilizzano motori altrui iniziano a delinearsi le tendenze e le
caratteristiche specifiche dei vari marchi.
Per quello che riguarda i motori la maggiore attenzione è
concentrata sul monocilindrico, anche perché la sempre maggiore complessità generale
impone lunghe fasi di sperimentazione per ogni nuovo componente, sperimentazione che può
essere certo semplificata riducendo il frazionamento.
La cilindrata si assesta in Inghilterra sui 500 cc per il
modello di punta ma viene molto apprezzata anche la misura di 350 cc che ormai può
fornire una potenza più che sufficiente per tutti i tipi di uso.
I bicilindrici partono dai 700 cc fino a circa 1000 cc ed i
cilindri sono disposti a 'V' oppure paralleli verticali, è ormai abbandonato lo schema
orizzontale.
Il quattro cilindri resiste bene in America, anche se
questo schema tornerà di attualità anche in europa in fasi successive.
La distribuzione è oggetto di attente sperimentazioni da
parte di tutte le case; alla disposizione laterale delle valvole si tende a sostituire
quella in testa, nei casi più raffinati con valvole inclinate tra loro, le macchine più
sportive adottano l'albero a camme mentre normalmente si usano aste e bilanceri.
Le teste sono riportate e si ha un progresso generale nei
materiali soprattutto delle valvole che iniziano a rompersi più difficilmente.
Ci sono anche motori a 4 valvole per cilindro (come la
Rudge) ma i vantaggi del sistema non sono ancora tali da giustificare le complicazioni e
vi si preferisce spesso 2 sole valvole di grosso diametro; d'altra parte riuscire a capire
e programmare con precisione cosa succede all'interno della camera di scoppio è una
scienza molto complessa dove ancora oggi esistono non pochi enigmi e sovente scelte
empiriche hanno avuto più successi di seri studi sull'argomento.
Il raffreddamento come già detto è quasi sempre ad aria,
(la Scott e poche altre raffinate realizzazioni sono un eccezione) i pistoni nel 50% dei
casi sono in alluminio mentre per la testa si continua a preferire la ghisa.
La lubrificazione è ormai universalmente affidata a pompe
automatiche liberando così il conducente da almeno uno dei suoi adempimenti, e si
iniziano anche a considerare fattori come la silenziosità finora fiuttosto critica a
causa degli organi meccanici in movimento spesso esposti, alle alte tolleranze negli
accoppiamenti ed agli scarichi liberi; e la facilità d'intervento meccanico nel tentativo
di rendere sempre più appaetibile ed amichevole la motocicletta anche ad una clientela
meno specialistica.
La trasmissione a cinghia è quasi completamente
abbandonata e di conseguenza anche quei sistemi di variazione del rapporto legati a questo
schema, la catena ormai dotata di parastrappi e in rari casi racchiusa in carter umido è
quasi universalmente utilizzata e solo in rari casi si usa l'albero per la trasmissione
finale.
Quindi si generalizza anche l'uso dei cambi di velocità,
di norma separati ed aquistati dai grandi coctruttori specializzati nel settore come la
Sturmey Archer; ed anche quando viene mantenuta la trasmissione finale a cinghia questa
parte da un cambio separato.
Rarissimi sono i cambi in blocco col motore, i rapporti
sono di solito due raramente tre ed ancora più raramente quattro.
I telai sono più robusti e progettati appositamente per le
moto, la forma sagomata del già descritto serbatoio a sella spinge più in basso sella,
posizione del pilota e baricentro della moto, la sospensione anteriore adotta quasi sempre
lo schema a parallelogramma mentre la posteriore è momentaneamente accantonata per
mancanza di schemi validi e perché (come già esposto in precedenza) si ritiene che il
retrotreno rigido sia più stabile.
I telai in lamiera stampata non hanno successo per ora a
causa del peso, che inizia ad essere un dato importante, i pesi aumentano ed anche le moto
più piccole sono ormai sui cento chili.
Le misure dei pneumatici sono 24-2,5; 26-2,5; 26-3,00;
28-3,00 quindi la tendenza è a diametri inferiori, la ricerca nel settore è indirizzata
soprattutto alla ricerca del disegno ideale del battistrada anche se già dal '25 ci si
orienta verso ruote più larghe e pressioni più basse.
Esistono anche ruote con perno sfilabile, con la
possibilità cioè di smontare la ruota lasciando in posizione la corona (un'accorgimento
che sarebbe utilissimo anche oggi, perché permetterebbe di velocizzare le operazioni di
cambio pneumatici od addirittura per chi come il sottoscritto fà un uso poliedrico della
motocicletta avere più treni di ruote con diversi tipi di copertone, cosa più difficile
con le ruote normali su cui sono fissate corona e disco del freno, anche per motivi di
costi)
I freni ad espansione nonostante una certa diffidenza dei
motociclisti e di alcuni progettisti, sono ormai quasi universalmente adottati.
L'accensione è affidata al magnete ad alta tensione, e
molte moto vengono vendute con impianti di illuminazione elettrici forniti come optional a
pagamento.
Dal 1924 la Bosch nota prodruttrice di componenti
dell'impianto elettrico pubblica la famosa scala Bosch relativa al grado termico delle
candele, che ormai dato l'aumentato numero di giri sono prodotte con caratteristiche
diverse a seconda del numero dei cilindri del tipo di distribuzione del frazionamento e
del ciclo (2 o 4 tempi) del motore a cui sono destinate.
50 I grandi progressi dopo il 1925
Nel 1926 in inghilterra per guidare una motocicletta basta
richiedere un permesso in un qualsiasi ufficio postale, che lo rilascia senza la
necessità di nessun tipo di esame; e con 580330 motociclette il egno Unito è il primo
paese al mondo come numero di mezzi circolanti.
Il periodo dal '26 al '30 è definito del 'New Look'; le
motociclette iniziano ad avere linee meno spigolose, i serbatoi a sella arrotondati si
diffondono e le selle sono anatomiche e molleggiate e non più di derivazione ciclistica,
sul serbatoio ci sono protezioni di gomma per poterlo stringere bene senza rovinarlo.
In campo telaistico c'è un regresso , il telaio elastico
posteriore viene quasi abbandonato, per i motivi di cui si è detto e per motivi di costo,
e riappare solo attorno al '30.
Di seguito alcuni schemi di molleggio posteriore di moto
inglesi dell'epoca:
Vincent-HRD
triangolo posteriore oscillante con molle cilindriche
racchiusa in astuccio
OEC
molle cilindriche vericali in tubi cilindrici
La AJS corre il T.T. del '26 con la G10 un mono 500 cc con
distribuzione a valvole in testa ad aste e bilanceri; nel '27 viene sperimentato anche
l'albero a camme che dà risultati buoni sulle 350 e scarsi sulle 500 e viene poi adottato
anche sulle moto di serie.
Nel 1930 viene presentata una bicilindrica a cilindri
trasversali a 'V' di 500 cc con valvole laterali comandate da catenae trasmissione dal
motore al cambio effettuata per mezzo di un albero.
Una versione della 350 ad albero a camme in testa , è
denominata R7 e da questa moto deriverà la 7R Boy Racer (vedi scheda).
AJS R7 (30/7)
346 cc
1930
La Ariel produce nel 1930 la sua prima 4 cilindri su
progetto di Edward Turner (vedi scheda), una 500 rivoluzionaria con i cilindri disposti in
quadrato, due alberi a camme in testa per la distribuzione e cambio a quattro marce; si
chiama Square Four, la sua cilindrata salirà poi a 600 cc nel '37 e la sua evoluzione
prosegue anche nel secondo dopoguerra.
Ariel Square Four 55
4 cilindri in quadrato
1932
Da quando nel 1924 Teage un giornalista di Motor Cycling
definì la Brought Superior come la 'Rolls Royce delle motociclette' questa definizione
entrò nel gergo degli appassionati e della stampa specializzata, fino a chè la nota casa
automobilistica inviò un suo dirigente presso la fabbrica della Brought con l'intento di
protestare per l'uso gratuito fatto del marchio e del prestigio della Rolls, al chè
George Brought in persona invece che tentare una difesa, propose al dirigente della Rolls
Royce un contratto di distribuzione delle sue motociclette e dopo avergli mostrato
l'accuratezza con cui venivano costruite (gli operai utilizzavano addirittura guanti
bianchi per non corrodere col sudore delle mani le cromature ) la definizione 'Rolls Royce
delle motociclette' divenne lo slogan ufficiale.
Nel 1927 la Brought Superior presenta la sua prima 4
cilindri, ci sono due coppie di cilindri a 'V' e la cubatura totale è di 994 cc.
Nel '28 invece vede la luce un'altra 4 cilindri con motore
MAG in linea di 900cc.
Nel '31 finalmente le sperimentazioni portano ad una
quattro cilindri prodotta in serie , la cilindrata è di 800 cc, il motore è un Austin
Seven raffreddato ad acqua, si tratta di un tre ruote.
Poco prima dello scoppio della guerra nasce un'altra 4
cilindri, la Golden Dream stavolta i quattro cilindri sono orizzontali e sovrapposti a
coppie (in sostanza due boxer uno sopra l'altro).
La trasmissione è ad albero e la sospensione posteriore
telescopica.
Brought Superior Dream
998 cc, 4 cil.
1938
La produzione delle Brought Superior continua fino al 1940,
anche con le motorizzazioni JAP con un livello qualitativo sempre eccezionale, in totale
non sono state prodotte più di 3000 Brought.
Brought Superior SS 100
JAP 980 cc
1939
52
La BSA presenta nel '26 la Model S più conosciuta come
Slooper (vedi scheda), una monocilindrica prodotta nelle cilindrate di 350, 500 e 600 con
valvole in testa distrib. ad aste e bilanceri, telaio a due montanti (cioè due tubi
anteriori che collegano il cannotto al motore); forcella anteriore a parallelogramma e
cambio separato a tre rapporti.
La scelta di inclinare in avanti il cilindro è dettata
dalla tendenza di questi anni di rendere la moto sempre più bassa ed oltre alla sella si
vuole abbassare il serbatoio e quindi per non interferire col con la testa del cilindro
(che oltretutto date le temperature deve stare ad una certa distanza dal contenitore della
benzina) si è optato per questa pendenza.
BSA Sloper 500
1926
Questa moto con lievi modifiche ebbe un enorme successo
negli anni successivi e fu la base per le successive monocilindriche che nelle versioni
più sportive erano identificate dal suffisso Star ci saranno la Blue Star, la Silver
Star, ls Empire Star e la leggendaria Gold Star.
Nel 1930 la Matchless presenta la famosa Silver Arrow che
è una bicilindrica con i cilindri a 'V' con un angolo molto stretto tra loro (vedi
scheda).
La Royal enfield adotta nel '26 il cambio a tre velocità
sulle sue Red Squirrel e nel 1930 presenta una 500 a valvole in testa con cilindro
inclinato in avanti (come la BSA Slooper) .
La Rudge continua l'evoluzione del suo motore a quattro
valvole in testa e la Rudge Ulster del 1929 è una delle migliori moto da corsa del mondo
disponibile in versione 500 cc e 350 cc quest'ultima dotata anche di camera di combustione
emisferica e valvole inclinate tra loro.
La Triumph rinnova le piccole cilindrate (vedi scheda).
Mentre la Velocette presenta nel 1925 una 350 con albero a
camme in testa, il progetto è di Percy Goodman; è Il modello K 350 che ha distribuzione
a camme in testa comandate da albero e coppie coniche, lubrificazione è a carter secco
con pompa ad ingranaggi, forcella anteriore a biscottini oscillanti con molle elicoidali e
i freni ad espansione interna.
Velocette Model K 350
1925
Nel '29 segue la KTT 350 con albero a camme in testa, una
delle prime macchine da corsa realizzate su misura per i piloti privati, che ebbe un
successo strepitoso tanto che nel Manx Gran Prix del del 1930 le prime otto moto
all'arrivo erano Velocette KTT.
Velocette KTT (1929)
Dopo questi successi vi fù anche la realizzazione di
alcuni prototipi di 415 cc (su base KTT) per le corse su pista piana di cenere.
La Velocette sperimenta in questi anni anche un telaio
elastico con forcellone posteriore oscillante con molle elicoidali poste sotto la sella.
Telaio sperimentale Velocette
1928
La Zenith oltre alle moto con motori JAP in cilindratae da
175 cc a 1000 cc (mono e bicilindriche) e Villers a due tempi, produce una 350 a valvole
in testa raffreddata ad olio, i cambi sono separati prodotti dalla Burman o dalla Sturmey
Archer e le sospensioni anteriori a parallelogramma della Brampton o della Druid.
Le HRD degli anni attorno al 1927 tracciano la strada per
quello che riguarda l'aspetto delle moto, adottando selle più basse e telai dalla linea
più moderna e quando Val Page negli anni trenta indirizzerà decisamente in questo senso
la linea delle BSA riconoscerà di essersi ispirato anche alle HRD di questi anni.
Una motocicletta carrozzata è presentata nel 1927 dalla
AJW, il suo nome è Super Four, la forcella anteriore ha un ammortizzatore telescopico, lo
sterzo è indiretto , il motore è un quattro cilindri 985 cc, raffreddato a liquido
prodotto dalla British Anzani.
AJV , motore Austin 750
carenata, compressore
1928-29
questa stessa moto, completamente carenata viene nel '28
equipaggiata con un motore Austin 750 cc, sempre a quattro cilindri raffreddato a liquido
che nella versione sovralimentata (1929) dispone di ben 70 cv.
Dal 1929 la Scott inizia a sperimentare schemi motoristici
diversi dal suoi tipici bicilindrici verticali raffreddati a liquido e cioè un
monocilindrico 398 cc , un 650 a cilindro verticale ed un 986 a tre cilindri in linea
raffreddato a liquido e nel '35 un due cilindri 650 in cui i cilindri sono invertiti,
cioè a testa in giù.
Scott motore a tre cilindri
1934
Una delle prime Norton dotate di albero a camme in testa
fù la CS1 del1927, il telaio è a culla continua ed i freni pur a tamburo da 210 mm erano
molto inefficenti.
Questa moto fù soprannominata 'mazza da cricket' per la
forma dell'alloggiamento degli ingranaggi elicoidali.
Norton CS1 490 cc
1928
57
Anni trenta
Il motore a quattro cilindri appare in questi anni il più
moderno e quello destinato ad equipaggiare le moto del futuro, ma non ci sono schemi
precisi per quel che riguarda la disposizione dei cilindri, in quanto lo schema in linea
preso a prestito dalle automobili non è l'ideale (come si è già detto) soprattutto per
motori raffreddati ad aria.
Quindi gli schemi più efficaci si dimostrano quelli a 'V'
, oppure in linea frontali (che poi sono le disposizioni che sono arrivate fino ai giorni
nostri)
Oppure quello in quadrato della Ariel che è una delle
poche case che riesce a produrre quattro cilindri efficaci e soprattutto compatte con le
sue Square Four,
L'ostacolo alla diffusione delle quattro cilindri rimane
comunque il prezzo.
La maggiore affidabilità e la conseguente minore
necessità di interventi frequenti sulla meccanica, accelera la tendenza a racchiudere gli
organi meccanici all'interno di carter e protezioni di vario tipo.
Il dibattito sulla motocicletta del futuro è molto vivo in
questi anni a dimostrazione della vivacità del settore nel pieno del suo sviluppo ed una
delle possibiltà che accende la fantasia di appassionati e giornalisti del settore è la
possibilità di avere una motocicletta completamente carrozzata come dimostrano le
inchieste di Motor Cycling.
Anche pittori ed intellettuali si lanciano in fantasiose
ipostesi che comunque non appaiono lontanissime da realizzazioni del prossimo dopoguerra
soprattutto in campo scooteristico.
Motocicletta ideale del pittore William Rossi (1930)
La AJS riscuote imaggiori successi con le sue 350
monocilindriche a valvole in testa (come la R7 descritta in precedenza); e nel '31 poco
prima di essere aquistata dalla Matchless, presenta una bicilindrica con una linea
totalmente nuova ed originale; il motore è a 'V' frontale, (come le moderne Guzzi) con un
angolo tra i cilindri di 50°, le valvole sono in testa comandate da un albero a camme
esterno a sua volta azionato da una catena, il nome di questo modello è S3.
AJS S3
bicil.'V' frontale 498 cc
1931
Ma come le altre case costruttrici neanche la AJS resiste
alla tentazione di sperimentare a partire dal '35 una moto da corsa estrema che ebbe però
poca fortuna.
Si tratta di una quattro cilindri a 'V' di 50° 498,5 cc
che inizialmente sviluppa una potrenza di 48,5 cv.
Dal '38 si adotta il raffreddamento a liquido ed il
compressore, la distribuzione è ad albero a camme sulla testa di ogni cilindro comandata
da catena, il telaio è a doppia culla chiusa, la sospensione anteriore a parallelogramma
mentre la posterioreè a ruota guiidata a frizione, il cambio è a quattro marce e la
trasmissione finale a catena.
La potenza della macchina del '39 è attorno agli 80 cv e
la velocità di punta è di 217 km/h; questa moto fù la prima a compiere un giro di pista
in gara ad una media superiore ai 160 km/h.
AJS 495 cc 4 cil. A 'V'
compressa
1939
il progetto sarà comunque abbandonato per lo scoppio della
guerra e in seguito per l'attenzione rivolta dalla AJS alla bicilindrica porcospino (vedi
scheda).
La Matchless nel '31 assume il controllo finanziario della
AJS e nello stesso anno in competizione con la Ariel Square Four presenta la sua
avanzatissima quattro cilindri, la Silver Hawk (vedi scheda).
Matchless Silver Hawk
1933
Alla Norton in questi anni si lavora soprattutto sulla
distribuzione dei monocilindrici che dal 27 è ad albero a camme in testa e nel '37 a due
alberi a camme in testa; anche le Norton ormai sono tutte dotate di telaio elastico con
ammortizzatori posteriori a stantuffo, telaio soprannominato Garden Gate (cancello da
giardino) per la sua linea spigolosa.
Norton 500 gara
1936
La New Imperial riesce a conquistare nel 1935 il record del
giro più veloce a Brooklands con una media di 186 km/h.
La moto pilotata da Ginger Woods ha due cilindri a 'V' con
una cubatura totale di 500 cc, valvole in testa e cambio Sturmey Archer ed a parte questa
impresa non ebbe molto successo nelle gare a causa della sua scarsa maneggievolezza.
New Imperial 500
1935
Dal '31 al '37 la Royal Enfield produce il modello Bullet
con distribuzione a quattro valvole e le aste che comandano le valvole sono racchiuse in
sedi ricavate nella fusione del cilindro, invece che protette da semplici carter montati
come avvieniva di solito.
Royal Enfield JF 500
4 valvole
1936
63
Anche la Rudge prosegue la produzione dei suoi
monocilindrici a quattro valvole, che ora sono disposte radialmente per allontanarle tra
loro e permettere così una maggiore dispersione del calore ed applica questa soluzione
(le quattro valvole) anche ad un bicilindrico dotato anche di turbocompressore
sperimantato nel '31.
I successi sportivi sportivi ottenuti dalla Rudge nel
periodo 1937-'39 con i modelli Ulster e Special dotati di testa a 4V radiali non bastano a
salvare la casa dal fallimento che chiude i battenti appunto nel '39.
Rudge Ulster 500, 1937
4 valvole radiali (sopra il motore)
Alla Triumph negli anni trenta nascono due bicilindriche
progettate dai due forse più geniali progettisti inglesi.
La prima è una 650 cc; con cilindri verticali affiancati,
pistoni in moto parallelo, distribuzione a valvole in testa comandate da aste e bilanceri,
cambio in semiblocco, trasmissione primaria ad ingranaggi a doppia dentatura elicoidale
lubrificazione a pompa ed albero motore monolitico; è stata disegnata da Val Page nel
1933.
motore bicilindrico verticale
progettato da Val Page per la Triumph
1933
Lo schema del bicilindrico verticale affiancato sarà
soprattutto nel dopoguerra un 'classico' della scuola motociclistica inglese (oltre
naturalmente al monocilindrico verticale che comunque si può considerare più
universale).
Poco dopo arrivò a capo della Triumph un altro geniale
progettista , Edward Turner che rinnovò tutta la gamma dei monocilindrici dal punto di
vista estetico e ben presto volle creare un suo bicilindrico, quindi nel '37 prendendo
forse anche qualche spunto dalla Triumph di Val Page, progettò un classico della storia
motociclistica inglese, la Speed Twin (vedi scheda).
Questa moto aveva i pesi e gli ingombri di una
monocilindrica, infatti adottava lo stesso telaio della Tiger 90 ;le Tiger 70 , la Tiger
80 e la Tiger 90 sono le monocilindriche Triumph a valvole in testa di quegli che erano
state progettate da Page al suo arrivo nel '32 ed ora rinnovate con sfavillanti cromature
e verniciature argentate, la cifra indica la velocità massima in miglia orarie.
Tornando alla Speed Twin, a distribuzione è ad alberi a
camme in testa comandati da aste alloggiate in sedi di alluminio tra i due cilindri, pompa
dell'olio a doppio stantuffo con spia di segnalazione, forcella a parallelogramma e cambio
separato; aveva 27 cv a 6300 giri che la spingevano a 150 km/h.
Edward turner si era già fatto conoscere negli anni '20
quando aveva realizzato per la Ariel un rivoluzionario 4 cilindri in quadrato (vedi
scheda) ed anche in quel caso era riuscito con la sua straordinaria capacità creativa a
mettere in ombra l'opera del meno appariscente Val page che lì (alla Ariel) stava
lavorando fin dal primo dopoguerra ad avanzatissimi monocilindrici plurivalvole in testa
ed a un'idea di motocicletta che come si è visto risulterà poi nel decennio successivo
quella vincente e cioè: sella abbassata e serbatoi a sella arrotondati.
Quindi Val Page dopo l'esperienza alla Triumph passa nel
'33 alla BSA dove inizia a lavorare sulle monoclindriche derivate dalle Sloper, i progetti
che ne vengono fuori sono la Serie M, ilcilindro è tornato verticale.
L'M20 a valvole laterali verrà poi utilizzato
dall'esercito.
Nel '37 una macchina da corsa che doveva chiamarsi M24
vince il l'ambita stella d'oro alla gara del British Motor Cycling Club; l'alimentazione
è ad alcool e la testata ed il cilindro dovevano essere in lega leggera (anche se poi in
realtà nell'esemplare in gara erano in ghisa) inizia così la grande saga delle Gold Star
che si svilupperà nel secondo dopoguerra.
Naturalmente la BSA non rimane immune allo scalpore
suscitato dal successo della bicilindrica Triumph Speed Twin ed inizia a lavorare su una
sua bicilindrica la Star Twin che però vedrà la luce solo nel dopoguerra.
Un altro progetto interessante della BSA è un motore per
biciclette del '38, con asse centrale fisso e cilindro torico rotante, il ciclo è a due
tempi e cisono due camere di combustione per una cilindrata totale di 34 cc, un'originale
interpretazione sul tema del motore rotativo.
I pistoni sono due segmenti di toro e sono collegati
all'asse centrale con uno spinotto, mentre la tenuta è garantita da particolari segmenti;
oltre alle camere di combustione vi sono altre due camere con funzione di compressione.
Comunque sia questi che il progettodi un bicilindrico
verticale con con valvole rotanti vengono abbandonati per lo scoppio della guerra.
Motore BSA 34 cc, due tempi a cilindro torico rotante:
1) camma dell'interruttore di contatto, 2) distributore
oscillante, 3) imbiellaggio, 4) luce di travaso, 5) camera di combustione, 6) camera di
aspirazione e di precompressione della miscela.
A destra: schema del cinematismo di trasformazione del moto
adottato.
Le Velocette a due tempi intanto riscuotevano sempre meno
successo a causa delle maggiori potenze raggiungibili dai nuovi quattro tempi a valvole in
testa, comunque il due tempi GTP del 1930 aveva numerose raffinatezze come la pompa
dell'olio regolata dal carburature per regolare la percentuale di olio nella miscela in
funzione del numero dei giri, una soluzione ripresa poi negli anni settanta per primi dai
giapponesi.
Velocette GTP
250 cc, due tempi
1930
Le quattro tempi della serie KTT continuarono quindi ad
evolversi naque nel 32 il Mark IV con testa in lega di bronzo ed alluminio.
La volontà di realizzare però anche un mezzo più
economica portò alla creazione della MOV una 250 ad aste e bilanceri presentata nel '33 e
che poco dopo divenne la MAC 350; l'evoluzione di queste moto fù portata avanti
parallelamente alle più costose Mark ad albero a camme, creando talvolta anche
un'imbarazzante concorrenza interna dato che le prestazioni non erano molto diverse.
Prosegue anche la sperimentazione in campo telaistico e
l'attenzione è concentrata soprattutto sugli ammortizzatori posteriori ad aria e gas.
Al 1939 risale invece la Velocette Roarer (ruggente)
bicilindrica con compressore, il cui motore è ottenuto dall'accoppiamento di due motori
monocilindrici di 250 cc l'uno, che fece solo una breve apparizione prima dello scoppio
della guerra.
I due cilindri sono uno fianco all'altro e gli alberi
ruotano su un asse che è longitudinale alla moto, sono collegati tra loro da ingranaggio
ed azionano uno (quello di sinistra) la frizione ed il cambio a quattro rapporti e l'altro
il compressore nei primi prototipi il raffreddamento era ad acqua poi diventò a liquido.
La trasmissione è a cardano racchiuso nel braccio sinistro
del forcellone che è controllato da due ammortizzatori verticali a molle cilindriche.
Velocette Roarer
69
La situazione allo scoppio della seconda guerra mondiale
L'industria motociclistica inglese inizia negli anni trenta
a veder minacciata la sua supremazia soprattutto in campo sportivo dalle marche tedesche
ed italiane.
Questo non significa che ci sia stato un rallentamento del
progresso tecnico in Inghilterra, anzi al contrario è certamente il periodo piu florido
del motociclismo inglese durante il quale emergono gli schemi tecnici che ne saranno la
bandiera nel dopoguerra; ma semplicemente la situazione mondiale stà diventando più
equilibrata.
Il motore monocilindrico a quattro tempi è certamente il
più diffuso per la sua direi quasi fisiologica adattabilità al mezzo a due ruote, è una
scelta praticamente obbligata sulle piccole cilindrate e con i nuovi sistemi di
distribuzione inizia a dimostrare anche la sua competitività rispetto al motore a due
tempi (teoricamente sempre avvantaggiato a parità di cilindrata).
Senza contare poi l'adattabilità del monocilindrico a
tutte le tipologie di moto , anche quindi a quelle pensate per un uso in fuoristrada anche
se a questa data e soprattutto durante la guerra non ci sono idee chiare al proposito
tanto che spesso vengono ancora utilizzate grosse bicilindriche per percorsi
fuoristradistici (come la tedesca BMW), col risultato far apparire tutte le motociclette
inadatte all'uso su fango e sassi ed orientarsi quindi su mezzi fuoristrada a quattro
ruote come la famosa Jeep od analoghi mezzi della Mercedes.
Comunque tornano ai motori delle moto ed appurato il ruolo
del monocilindrico; questi sono anche gli anni del quattro cilindri che come si è visto
diventa negli anni trenta un po' il simbolo del progresso tecnologico della modernità.
La corsa al frazionamento era dettata all'epoca come in
tutte le epoche successive dalla ricerca di sempre maggiori potenze massime, poiché
naturalmente più cilindri significano (detto molto grossolanamente) a parità di
cilindrata la possibilità di immettere più miscela e di farla esplodere in condizioni
ottimali, poiché è più facile gestire tanti cilindri piccoli che un solo cilindro
grande, per i problemi di flusso e di accensione della miscela.
C'è poi la questione del raffreddamento che è in ogni
caso più facile con un numero maggiore di cilindri perché è superiore la superfice
degli stessi e comunque a questo punto ci sarebbe da fare il solito discorso sulla
disposizione poiche essendo per la maggior parte motori raffreddati ad aria la posizione
rispetto al flusso d'aria provocato dalla corsa è fondamentale.
Comunque i motori a quattro cilindri migliori di
quest'epoca sono certamente quelli a in quadrato (come quello della Square Four progettato
da Edward Turner) a dimostrazione che in ogni caso i problemi di raffreddamento non sono
ancora preponderanti.
La scelta del raffreddamento a liquido è spesso di
accompagnata a soluzioni particolarmente avveniristiche, quasi a volersi garantire un
margine di sicurezza maggiore per lo meno a livello termico, a fronte dei maggiori rischi
dovuti a scelte più azzardate rsu altri elementi; ad esempio la distribuzione rotativa
nel caso del motore di Cross o il compressore come sulla AJS V4 del '38-'39.
La mia impressione è che non sia ancora una scelta dettata
dalla chiara intenzione di raggiungere determinate prestazioni ma direi quasi un ripiego
una scorciatoia; e che idealmente il raffreddamento ad aria sia considerato l'ottimo, se
tutto il resto funziona a dovere.
La distribuzione è un punto focale in questi anni; come si
è detto la distribuzione a valvole laterali con la sua semplicità costruttiva mostrò
ben presto i suoi limiti e pur essendo ancora utilizzata come soluzione economica da molte
case in Inghilterra venne soppiantata nei modelli di punta da quella a valvole in testa
che permette certamente un migliore riempimento della camera di scoppio trovandosi le
valvole sopra a quest'ultima.
Le valvole in testa avevano fatto la loro prima eclatante
comparizione al T.T. del 1920 quando una AJS 350 con testa emisferica e valvole a 90° tra
loro, vinse nella categoria delle 500.
Gli ultimi anni venti e tutti gli anni trenta sono gli anni
della distribuzione a valvole in testa che è ormai diventata una scelta obbligata per
tutte le case su almeno un modello sportivo di punta.
Anche la Rudge le dispone radialmente tra loro così da
porre tra le stesse una quantità maggiore di metallo e facilitare la dispersione termica,
aspetto sempre critico parlando di teste; oltretutto la Rudge utilizza quattro valvole per
cilindro e quindi è stato forse proprio il maggiore affollamento della testa dovuto a
questa scelta a suggerire di distanziare di più le valvole inclinandole.
motore 250 cc Rudge
Comunque in linea di massima le valvole in testa di solito
sono parallele.
Le quattro valvole per cilindro, soluzione diventata oggi
la norma anche su motori non sportivi non era comunque una rarità neanche negli anni
trenta, le utilizzava anche la Royal Enfield .
Gli anni trenta sono anche gli anni degli alberi a camme,
in alcuni casi addirittura doppi ,il primo motore inglese a doppio albero a camme in testa
è progettato da Val Page per la JAP addirittura nel 1922, e nel '37 la Norton sbaraglia
in gara tutti gli avversari col suo motore a doppio albero a camme.
Comunque l'albero a camme soprattutto singolo è per lo
meno preso in considerazione da tutte le case inglesi su tutti i tipi frazionamenti e
spesso adottato sui modelli da gara per poi passare sulla normale produzione; una
diffusione che non troverà poi conferma nel secondo dopoguerra quando c'è un parziale
ritorno alla più economica soluzione delle aste e bilanceri.
Quando è utilizzata quest'ultima soluzione si tende a
coprire sempre di più le aste che portano il moto dal blocco, entro apposite scocche
oppure in apposite sedi ricavate direttamente nella fusione; dell'unico cilindro nel caso
della Royal Enfield (quattro valvole) ed in mezzo ai due cilindri paralleli nel
bicilindrico verticale progettato da Val Page per la Triumph nel '33.
Nel caso invece dell'utilizzo dell'albero a camme il
trasferimento del moto avviene tramite più razionali e compatti alberelli, con
conseguente sempre maggiore facilità carterizzazione del sistema di distribuzione con
tutti i vantaggi che ne derivano, se poi si utilizzano due alberi a camme non servono più
reanche i bilanceri di comando delle valvole, poiché un albero comanda la valvola (o le
valvole) di aspirazione e l'altro albero quella (o quelle) di scarico.
Nei due tempi si nota una certa diffusione di valvole
rotative, mentre a livello di cambi di velocità ormai quasi tutte le case adottano cambi
a quattro velocità; separati nella maggior parte dei casi ed in blocco col motore nelle
realizzazioni più avanzate come nel bicilindrico del 1933 dell'ultracitato Val Page.
Dal '27 in poi grazie alla Velocette si inizia a diffondere
il cambio con comando a pedale in luogo di quello a leva che non rappresentava la
soluzione ideale in quanto costringeva il pilota a lasciare il manubrio ad ogni cambiata e
che scomparirà definitivamente dopo la seconda guerra mondiale.
La trasmissione è quasi sempre affidata alla catena e
raramente ad un albero.
La motocicletta di questi anni è più leggera sia di
quella che l'ha preceduta che di quella che la seguirà; perché per la prima volta si
iniziano ad usare i metalli leggeri e le moto non sono ancora dotate di tutti quegli
accessori che diverranno indispensabili nel dopoguerra (impianti di illuminazione potenti,
avvisatire acustico, strumentazione ...) col risultato che una 500 che all'inizio degli
anni trenta pesava sui 200 kg, nel 1940 si aggirava sui 150 kg.
Il telaio è generalmente a tubi, le moto carrozzate o
carenate sono per il momento accantonate, e per quello che riguarda gli scooter è un
fenomeno che non riguarda in questa fase l'Inghilterra.
La scelta della culla aperta è ancora la preferita per
moto con motori voluminosi, soprattutto se pluricilindrici, ma non vi sono regole precise.
In generale si può constatare che certamente la creazione
di una grossa bicilindrica o quadricilindrica era nel complesso un progetto piuttosto
gravoso ed ambizioso che quindi poteva tranquillamente comprendere anche la
riprogettazione ex-novo del (certamente più razionale e compatto se integrato
strutturalmente col motore come nel caso della culla aperta).
Mentre nel caso di monocilindriche anche se sportive era
talvolta più importante riuscire ad immettere sul mercato in anticipo sulla concorrenza
una moto magari dotata di una nuovo motore più potente, utilizzando il vecchio telaio che
quindi doveva essere piuttosto universale.
Il serbatoio a sella arrotondato è utilizzato su tutte le
moto col risultato di nascondere il trave superiore del telaio, non è più un oggetto
piatto ed invisibile, ma ha un suo volume un suo peso visivo che lo fa diventare il fulcro
attorno al quale ruota tutta la vista laterale della motocicletta.
Questo ruolo del serbatoio è dovuto al fatto che sia
l'unico elemento della motocicletta che presenti una superfice continua relativamente
grande; e quindi l'unica parte con un colore diverso da quello del resto della
motocicletta che in linea di massima consiste nelle varie tonalità dei metalli e nel nero
che è certamente il colore più adatto alle parti esposte soggette a sporcarsi.
Quindi sul serbatoio campeggiano i colori tipici di ogni
marchio, ma soprattutto il marchio stesso ,il nome od il simbolo della casa costruttrice;
una collocazione talmente radicata ormai nel linguaggio visivo delle moto che anche oggi
volendo identificare un modello sconosciuto l'occhio cade sempre in quella zona dove c'è
il serbatoio o meglio dove c'era poichè oggi spesso il vero e proprio serbatoio è nel
caso delle moto da strada realizzato in plastica grezza nascosto nei meandri del telaio e
poi ricoperto da plastiche più rifinite e nel caso delle moto da fuoristrada si allunga
fin quasi sotto la sella (per abbassare il baricentro) che a sua volta arriva fin quasi al
tappo del carburante.
Negli anni trenta, il molleggio anteriore è quasi sempre
affidato a sistemi a parallelogramma con quattro biscottini e mollone centrale, posto
davanti al cannotto.
La forcella anteriore telescopica inizia ad essere
sperimentata dalla tedesca BMW ma sarà solo nel dopoguerra che questa soluzione vedrà la
grande diffusione grazie agli eccezzionali vantaggi che offre soprattutto quando sarà
anche idraulica (cioè con l'olio come ammortizzatore) tant'è vero che ancora oggi pare
che tutti i sistemi che tentano di sostituirla siano destinati a fallire e per ultima ci
stà provando proprio la BMW con il suo sistema Telelever (simile comunque ad uno schema
della stessa casa del dopoguerra).
Il mito dell'instabilità alle alte velocità del telaio
molleggiato posteriormente, cade finalmente in modo definitivo dopo le vittorie in gara di
moto così equipaggiate alla fine del decennio e quindi le richieste del mercato si
rivolgono improvvisamente in questa direzione; gli schemi adottati sono numerosi i
principali sono comunque a forcellone oscillante collegato al telaio da vari tipi di
elementi elastici ad esempio un ammortizzatore telescopico oppure molle a frizione ecc.
Si può dire ormai che la motocicletta inizia ad avere
un'aspetto moderno intendendo con ciò il raggiungimento di un tipo di immagine che
resterà più o meno invariato fino agli anni settanta e per certe categorie di moto anche
oltre fino a diventare una specie di icona della motocicletta.
L'unico elemento spiccatamente arcaico è la forcella a
parallelogramma, ma a parte questo abbiamo una sospensione posteriore con due elementi
elastici cilindrici, un serbatoio arrotondato e voluminoso raccordato alla sella che se
anche non ha ancora la classica forma allungata non è più il sellino dei pionieri, un
motore che inizia a d avere una sua fisionomia compatta ed unitaria e non più quella
caotica (ma comunque altrettanto affascinante) massa indistinta di tubicini, aste, leve ed
ingranaggi che era in precedenza.
64
Il dopoguerra e le conclusioni
Nel dopoguerra l'industria motociclistica inglese ha un
boom, le moto inglesi sono vendute in tutto il mondo e vincono su tutti i campi di gara.
In inghilterra nascono competizioni come il clubman T.T.
riservato a piloti non professionisti che riscuote un grande successo (fino a chè non
verrà interrotto nel'55 per il monopolio della BSA).
Le case inglesi negli anni 50 sono economicamente
raggruppate in due grossi gruppi: la Associated Motor Cycles che comprende: AJS, Matchless
e Norton ed il gruppo che fa capo alla BSA che ha inglobato Ariel e Triumph.
I modelli derivano per la maggior parte da moto nate nel
periodo prebellico e questo se da una parte dimostra la bontà dei progetti iniziali,
certo non è un vantaggio in un mercato moderno ed ad alto contenuto tecnologico come
quello della moto.
Un'altra pecca dell'industria motociclistica inglese di
questi anni è di non essersi mai voluta dedicare seriamente (salvo poche eccezzioni) allo
sviluppo di moto di piccola cilindrata lasciando questa grossissima fetta di mercato in
crescita esponenziale alle case straniere.
Quindi continuarono a produrre moto di grossa cilindrata
che pur continuando a riscuotere grande successo presso l'utenza più sportiva, iniziarono
a mostrare i loro limiti in termini di affidabilità, di confort, di facilità d'uso in
genere quando sul finire degli anni sessanta iniziarono a comparire le prime giapponesi.
La produzione di moto inglesi ebbe quindi un tracollo
vertiginoso negli anni successivi tanto che alla fine degli anni settanta l'unica moto
inglese ancora in vendita è la Triumph Bonneville.
Poi il marchio Triumph è stato recuperato con successo
negli anni novanta (vedi scheda) con una gamma di moto attualmente molto interessante che
comunque non ha legami, se non di immagine col passato.
Negli anni ottanta poi il nome Norton è stato legato ad un
motore rotativo Wankel che con tenacia e passione è stato portato in gara con risultati a
volte soddisfacenti ed ha anche equipaggiato alcuni modelli stradali.
Parlare di moto inglesi oggi quindi significa soprattutto
analizzare le moto in listino della Triumph che pur con le premesse ora fatte può dare
alcune indicazioni interessanti.
Oggi è molto difficile stabilire la nazionalità di una
produzione industriale di questo tipo i fattori da considerare infatti sono tanti: il
luogo dove avviene materialmente la produzione (che poi comunque in parte è sempre
un'opera di assemblaggio di manufatti altrui), la provenienza dei capitali necessari, la
nazionalità dei progettisti, la paternità degli schemi di base adottati.
La maggiore facilità di avere contatti e scambio di
informazioni rapidamente con persone ed aziende lontane fisicamente tra loro permette la
nascita di prodotti in cui sono riversate le capacità e le conoscenze di persone che
forse cento anni fa avrebbero avuto più difficoltà ad incontrarsi.
Quindi io apprezzo molto la rinascita di un marchio come
quello della Triumph come da appassionato apprezzo e mi interessa la nascita di qualsiasi
nuova motocicletta.
Ora invece è chiaro che nel rilanciare il nome Triumph
c'è anche l'intento di effettuare un'operazione nostalgia, naturalmente in modo molto
garbato e solo in piccola parte.
Infatti nel listino Triumph 1997 ci cono splendide moto da
strada internazionali come le Daytona, un'enduro turistica che semmai deve qualcosa a gare
come la Paris-Dakar in cui non c'è niente di inglese, moto da superturismo in stile Honda
Goldwing come la Trophy, e moto come la Trident che con le sue linee un po' spigolose
ricorda le maxi-moto anni 80 epoca in cui la scuola inglese aveva già fatto il suo tempo,
per non parlare poi dell'originalissima Speed Triple attualmente confrontabile per
l'effetto che provoca al primo sguardo solo con la diffusissima Ducati Monster.
La mia piccolissima critica si rivolge a modelli come la
Adventurer e la Thunderbird;
Per quello che riguarda la prima si tratta di una cosidetta
custom; la storia inizia quindi negli Stati Uniti durante i primi anni 50, in questo
periodo la Harley Davidson rimasta unica rappresentante dell'industria motociclistica
americana, produceva moto grosse, lente, pesanti e costose (esattamente come oggi insomma)
che erano quindi surclassate nelle vendite dalle moto straniere e per la precisione
inglesi che con cubature di meno della metà erano più potenti piu leggere ed anche più
economiche.
Così alla Harley si cercò di correre ai ripari tentando
di far emanare dal governo misure protezionistiche contro le moto straniere; fallito
questo tentativo e nell'impossibilità di riprogettare tutta la moto si pensò di
migliorarne le prestazioni alleggerendola cioè togliendo gli ampi e pesanti parafanghi,
sostituendo le voluminose selle con sellini da motocross, adottando sottili ruote
anteriori senza freni, eliminando i borsoni e le barre di protezione ed altre operazioni
di questo tipo; da questo lavoro di potatura deriva il nome chopper (to chop).
Poi negli anni 60 questo tipo di moto viene inglobato nel
fenomeno hot rod
che consiste nella creazione di fantasiosissime e bizzarre
motociclette con cromature e verniciature coloratissime e forcelle chilometriche.
Nel '69 le splendide immagini di ' Easy Rider' diffusero in
tutto il mondo la passione per i chopper.
Negli anni 70 le moto utilizzate per le elaborazioni
chopper non erano più solo Harley anzi per la maggior parte erano giapponesi, delle vere
e proprie sculture.
Qui sotto alcuni chopper degli anni 70.
In europa vi sono realizzazioni artigianali a fine anni 70
di moto di questo genere fino a chè le grosse case costruttrici soprattutto giapponesi
non si buttano su questo filone negli anni ottanta.
In primo luogo quindi modelli come l'Adventurer sono
sbagliati perchè a parte la soggettiva simpatia per operazioni di rinascenza storica; in
ogni caso lo spirito originale di questo tipo di moto era quello di togliere di potare la
moto da tutti gli accessori inutili e pesanti, mentre gli tra gli appassionati di custom
c'è la tendenza opposta e cioè quella ad aggiungere il più possibile accessori costosi
e firmati.
Poi in seguito come si è visto il fenomeno si è
trasformato nel senso di un'interpretazione della propria moto come una creazioni
artistica, o comunque unica, e quindi anche qui ben lontano dall'idea di accessori
prodotti dalla casa stessa come invece spesso avviene per questo tipo di moto.
Infine queste elaborazioni erano fatte su moto moderne per
l'epoca (contemporanee) senza nessuna ricerca di arcaismi o citazioni storiche gratuite,
mentre oggi sembra proprio che le custom siano tanto più belle quanto più riescono ad
assomigliare a moto d'epoca.
In pratica voglio dire che se si volesse fare oggi una
realizzazione bizzarra ed artistica con quello spirito bisognerebbe partire da un ZX-7R
Kawasaki oppure da un'Honda CR 250 e non da un'Harley Davidson coi parafanghi della
Indian.
In Inghilterra un fenomeno degli anni 60 parallelo a quello
dei Chopper americani è quello delle cosidette cafè racer che erano le moto prodotte
dalle case in versioni sportivissime con serbatoi in alluminio e manubri bassi, destinate
alle gare tipo il clubmans T.T. e che però venivano utilizzate anche in furibonde sfide
su strada da un cafè all'altro.
Ecco forse questo tipo di moto sarebbe stato più adatto se
proprio si voleva fare una citazione del passato ed in particolare depassato del
motociclismo inglese.
La Thunderbird invece ricalca la linea delle moto
turistiche di quegli anni mettendo in mostra particolari come i terminali di scarico e le
decorazioni sul serbatoio; certamente nel complesso una bella moto e comunque più
coerente, delle custom ma a mio giudizio rimane pur sempre una moto moderna travestita da
moto d'epoca.
Tornando al tema della ricerca; per quello che riguarda la
trattazione generale mi sono fermato alla seconda guerra mondiale, mentre nelle schede
relative alle principali case la discussione prosegue anche successivamente.
Questa è stata quasi una scelta obbligata dopo essermi
reso conto della complessità e della vastità dell'argomento.
Trarre delle conclusioni finali è a questo punto piuttosto
difficile perché credo di aver già lasciato trapelare piuttosto platealmente quali erano
le mie opinioni e le mie impressioni rispetto ai vari argomenti che di volta in volta
trattavo.
L'Inghilterra ha certamente occupato un posto da
protagonista fin dall'inizio della storia della Motocicletta; il fatto che molte delle
future case motociclistiche fossero poi fabbricanti di biciclette e che quindi all'inizio
pensassero alla motocicletta come all'assemblaggio di un telaio ciclistico e di un motore
ha influito molto sul tipo di struttura che poi sono venute ad avere.
Questa miriade di piccole fabbriche ed officine intente ad
assemblare motociclette utilizzando motori e molte altre parti comuni mi fa venire in
mente quello che succede oggi nel mondo dei personal computer; con componenti comuni che
vengono montati e preparati da mani e menti diverse.
Forse guardando quella che è stata l'evoluzione successiva
questo paragone può sembrare fuori luogo ma io credo che per i pionieri inglesi di inizio
secolo l'impressione fosse proprio quella di trovarsi di fronte ad un oggetto nuovo ancora
tutto da inventare da definire e con in mano una vastissima possibilità di scelte tra cui
muoversi, senza regole e senza costrizioni, con tutti i vantaggi e gli svantaggi che
questo può comportare.
I vantaggi sono la possibilità di progettare manufatti
senza tutti i problemi e le inerzie che può dare il far parte di grossa azienda che
ponendo le esigenze economiche (sua ragione di esistere) davanti a tutto può soffocare la
fantasia, la creatività del progettista.
Gli svantaggi sono il senso di smarrimento e la mancanza di
punti di riferimento di fronte a questa moltitudine di possibilità di scelta di motori,
carburatori, cinghie e valvole; che magari poi porta a crearsi artificialmente quei punti
di riferimento che mancano, imponendosi certe scelte e giustificandosele con parole tipo
affidabilità, sicurezza e creando in questo modo uno standard che però è solo un
qualcosa di artificioso.
Naturalmente queste sono solo considerazioni personali ed i
progettisti-costruttori in questione nella maggior parte dei casi sono personaggi di
altissimo livello in grado certamente di cavarsela sia in una grande azienda che in un
laboratorio personale, però è un dato di fatto che all'inizio per lo meno in Inghilterra
la maggior parte delle case prodruttrici era poco più che una semplice officina.
Oppure la produzione di motociclette era intrapresa da
grosse aziende che producevano altri tipi di manufatto, per differenziare la produzione e
prevenire eventuali crisi e quindi il progettista oltre a dimostrare la validità del suo
progetto doveva dimostrare anche la validità della scelta di produrre motociclette invece
che pentole.
Quindi dopo la primissima fase dei pionieri di fine
ottocento le cui storie si intrecciano con invenzioni ed intuizioni che si perdono nei
secoli passati, si arriva al decennio che precede la prima guerra mondiale in cui a causa
dei condizionamenti ambientali sopra descritti si assiste ad un generale livellamento
delle scelte progettuali, o per essere più precisi alla tendenza verso scelte comuni.
Questo porta in primo luogo alla scelta definitiva della
collocazione del motore al centro del telaio, anche in questo caso si può dire che tutti
abbiano sperimentato tutto per arrivare poi alla stessa conclusione.
Ora non vorrei ripetere le stesse considerazioni fatte nei
capitoli precedenti analizzando le tappe del progresso tecnico, però in generale si può
dire che allo scoppio della prima guerra mondiale la motocicletta sia già delineata nella
sua struttura generale, soprattutto a livello teorico.
Mi spiego meglio; se anche la moto di questi anni appare
ancora come un'esile bicicletta su cui è applicato in modo precario un piccolo motore
collegato alla ruota con una cinghia di cuoio ed una selva di leve, tubi e manettini; in
reltà tutte le sperimentazioni relative ad esempio al telaio molleggiato, alla
trasmissione a catena, ai cambi di velocità meccanici (nel senso di 'non a puleggia
variabile') erano già stati fatti ed anche se queste soluzioni non avevano una larga
diffusione, ne erano ben chiari i pregi ai progettisti più attenti ed all'avanguardia.
Esistevano già il raffreddamento a liquido ed i motori a
quattro cilindri (la Holden ad esempio) ma è come se tutto fosse volutamente rallentato ,
semplificato, razionalizzato in preparazione del grande sviluppo successivo.
Le soluzioni prima citate diventano nel dopoguerra la
norma, l'adozione soprattutto di sistemi di frizione è secondo mè importantissima
perché permettendo soste e partenze più agevoli ed un'andatura meno ossessionata
dall'incubo dello spegnimento, contribuisce certo a rendere più urbana la motocicletta.
Naturalmente questo come più volte ricordato in precedenza
è ancora spesso ottenuto con l'antiquato sistema a cinghia, ma il risultato finale in
questo caso non cambia.
Poi negli anni venti inizia un grande periodo di progressi
esponenziali, tutte le soluzioni sperimentate e lodate negli anni precedenti diventano
realtà e sono applicate sulle motociclette di tutti i giorni.
La trasmissione a catena in particolare contribuisce
senz'altro ad aumentare anche psicologicamente l'impressione di affidabilità della
motocicletta , (aspetto ancora parecchio critico) per quello che riguarda la persistenza
del sistema a cinghia, il motivo è da ricercare ancora nella struttura delle case
costruttrici inglesi.
Come ho già detto in precedenza infatti le piccole
dimensioni delle aziende e la complessità della progettazione di un elemento complesso
come un cambio di velocità, fece sì che molti costruttori preferissero relizzare moto
con scomode trasmissioni a cinghia magari puntando su un prezzo conveniente , piuttosto
che rischiare.
Quindi hanno trovato spazio anche sistemi di cambio come il
Gradua o il Multi schemi certo di alto livello ma forse più complicati di un normale
cambio ad ingranaggi.
Comunque il problema si risolse quando aziende
specializzate come la Sturmey Archer iniziarono a produrre cambi racchiusi in carter
sigillato che potevano essere applicati a qualsiasi motore, certo da questo punto in poi
l'obiettivo dei progettisti più ambiziosi è quello di inglobare il cambio nel blocco
motore, ma il cambio separato resterà per molto tempo ancora un ottimale soluzione per la
maggior parte dei costruttori.
Dalla fine degli anni 20 a tutti gli anni trenta,
l'evoluzione della moto ha un'ulteriore impennata, le valvole in testa ormai sono sinonimo
di sportività e tutte le case hanno almeno un modello dotato di questo sistema.
Il motore a quattro cilindri rinasce e viene identificato
come ideale per la moto del futuro, potentissima e velocissima, mentre il bicilindrico a
'V' per parecchi anni sininimo di maximoto sportiva tende almeno in Inghilterra a perdere
questo ruolo.
Sarà il bicilindrico verticale nato nei primi anni trenta
e salito alla ribalta poco prima dello scoppio della guerra il nuovo oggetto del desiderio
dei motociclisti sportivi inglesi e non solo.
Il compressore è l'ultima novità prima che la guerra
porti via tutto, un'ultimo sogno che poi nel dopoguerra non potrà essere sviluppato
poiche sarà vietato nelle gare.
Quindi concludo questa parte generale, di una ricerca che
nonostante le difficoltà è stata interessantissima e molto importante per me; e che
spero di poter continuare e completare in futuro.
Seguono le schede relative ad alcune tra le principali case
motociclistiche inglesi, trattate singolarmente.
Excelsior
La prima moto inglese ad essere prodotta in serie e
regolarmente venduta, è la Excelsior (chiamata anche Bayliss-Thomas in seguito per
non essere confusa con la Excelsior americana) siamo nel 1897 il motore è un Minerva da
1,5 cv; nel 1902 si adotta un motore MMC di derivazione De Dion, ruote piccole e
parecchie raffinatezze, come un manicotto antivibrazioni, un lubrificatore automatico.
Nel 1903 Harry Martin, un pionere del motociclismo sportivo
si cimenta per la prima volta nella storia in una prova sul miglio con una Excelsior,
coprendolo in 59,8 sec il luogo è il Phoenix park di Dublino.
Nel 1910 Diventa Excelsior Motor co. Ltd e nel
1914 utilizzavano motori MMC di 650 e 850 cc monocilindrici.
Nel 1917 la Excelsior viene ceduta alla R.Walker e figli di
Birmingham.
I nuovi proprietari credono molto nelle corse e quindi la
Excelsior partecipa dal 1923 in poi, regolarmente al Tourist Trophy, nelle classi
250 e 350, impiegando motori JAP e Blackburne, ed è con questo secondo tipo di motore che
nel 1933 in piena crisi economica, viene realizzata una 250 da corsa soprannominata
Mechanichal Marvel (meraviglia meccanica), che domina l'edizione di quell'anno.
Per ottenere pero anche un successo commerciale è
necessario approntare un
modello più semplice come la Excelsior Manmax apparsa nel
1935 ed affiancata anche da una versione a sedici valvole ; non vinse mai il Tourist
Trophy ma ottenne numerosi successi e soprattutto col modello 250 'motorizzò' molti
inglesi fino allo scoppio della seconda guerra mondiale.
Nel dopoguerra furono presentate le Talisman con motori due
tempi bicilindrici (250 cc) e tricilindrici (350 cc) che però non ebbero successo.
Quindi negli anni '60 la Excelsior produsse ancora modelli
più popolari come il Concord da 98 cc con un primitivo telaio molleggiato a
parallelogramma davanti e rigido dietro e lo scooter Monarch Excelsior di 147 cc troppo
grosso e pesante; dopodichè la produzione motociclistica fù abbandonata.
Excelsior Mechanich Marvel
AJS
La AJS nasce in quella zona nota come 'regione nera' per
la tradizione carbonifera, tra le contee di Stafford e Warwick, dove la passione per la
meccanica contagia alla fine del secolo scorso il fabbro ferraio Joe Stevens ed i figli:
Harry, George, Jack, Joe jr. e Billy.
Il primo motore viene realizzato nel 1897, un
monocilindrico verticale di 406 cc, raffreddato a liquido, potenza 2,75 cv e viene venduto
con successo a parecchi costruttori-assemblatori di moto.
Nel 1911 la AJS ormai dedita alla costruzione di moto
complete, debutta al Touristh Trophy,e nel 1913 dispone già di un modello 350 cc
con novità tecniche come il freno posteriore ad espansione interna, e la trasmissione
completamente a catena.
Le moto AJS dispongono nel 1914 di cambio di velocità a 4
rapporti effettivi (all'epoca due rapporti erano la norma).
La 350 vincitrice al T.T. del 1920 ha le valvole in testa,
testa riportata in ghisa emisferica e il cambio a due catene (come nel 1914) offriva una
scelta di ben 6 rapporti e la moto raggiungeva la velocità di 129,5 km/h.
Nel 1927 viene presentata una 350/500 con distribuzione ad
albero a camme, che però verra sviluppata con successo solo 25 anni più tardi.
Imbarcatasi in produzioni non motociclistiche la AJS
viene acquistata nel 1931 dalla Matchless, ma la produzione dei due marchi si
mantenne differenziata almeno finoal '49, anno dopo il quale si differenzieranno
solo per il marchio sui serbatoi e per i colori.
AJS Porcospino
Dopo la seconda guerra nasce la Porcospino così
chiamata per l'alettatura sui due cilindri orizzontali, che puntando sulla
sovralimentazione (come un precedente modello AJS degli anni '30) voleva contrastare nel
mondiale 500 le pluricilindriche italiane; ma l'abolizione del compressore nelle gare
inficia le qualità del progetto.
Nonostante questo la Porcospino vince il mondiale 1949, e
continua ad evolversi nel telaio, nel motore e con l'adozione di un serbatoio avvolgente
ed aerodinamico, posizionato piu in basso, ma resta incolmabile lo svantaggio rispetto
alle 4 cilindri continentali.
AJS Boy racer
Più successo ebbe invece la 7R-Boy Racer una
monocilindrica apparsa nel 1948 di cui sono stati venduti mezzo migliaio di esemplari ai
piloti privati di tutto il mondo.
Fù in produzione fino al 1961 e dominò per anni la classe
350.
La Boy Racer è l'ultima autentica AJS le cui radici
affondano nel modello 350 del 1927.
Motore della Boy Racer
Norton
James Landsdownwe Norton, un uomo profondamente
religioso e dedito all filantropia, non era tipo da gettarsi in spericolate avventure
imprenditoriali; eppure non ci mise molto ad intuire le potenzialità del nascente mercato
motociclistico ed a orientare in questo senso la sua Norton Manufacturing Company, fondata
nel 1899 e dedita alla fabbricazione di parti ciclistiche.
Inizialmente Norton fornì i telai a Garrard e quest'ultimo
vi montava sopra i motori francesi Clément di cui era importatore.
Norton stesso iniziò a montare motori stranieri sui suoi
telai, e la prima motocicletta Norton si può quindi far risalire al 1902, vennero
utilizzati anche motori Peugeot e Moto Rève (svizzera).
Ma il trampolino di lancio dell'azienda fù la
partecipazione alla prima edizione del Tourist Trophy corsa sull'isola di Man nel 1907 a
cui il pilota privato Rew Fowler scelse di partecipare con una Norton.
James Norton in persona, nelle vesti di meccanico-aiutante;
accompagnò il pilota che nonostante 13 fermate per problemi meccanici e salite percorse
con l'aiuto dei pedali, vinse questa prima edizione del T.T. svoltasi sulla mitica isola
nella classe Bicilindrici, con un motore Peugeot con i cilindri a 'V'.
Dopo questa vittoria si decise di produrre il primo motore
Norton, un monocilindrico di 663 cc, denominato Big Fours, per i suoi 4 cavalli di
potenza.
James Norton partecipò come pilota ad alcune gare (1909,
1910, 1911), con scarsi risultati (se non quando utilizzò una 'profetica' 490), ma poi
per problemi fisici si dovette allontanare dall'azienda che cadde quindi in una crisi da
cui si risollevò solo con l'acquisizione da parte della R.T. Shelley & Company che
cambiò il nome in Norton Motors Limited.
Raw Fowler con la Norton-Peugeot 1907
D.R. O'Donovan un pilota-corridore autore di diversi
record, si occupava in questo periodo della messa a punto e della 'preparazione' dei
motori della big Four che dopo la sua cura veniva consegnata al cliente in versione B.R.S.
(Brooklands Racing Special) con una velocità massima di 112 km/h od in versione B.S. che
invece raggiungeva i 120 km/h.
La moto personale di O'Donovan soprannominata vecchio
miracolo che battè almeno 112 record a Brooklands ed altrove, è oggi custodita al Museo
Nazionale Inglese dell'Automobile a Beaulieu.
Allo scoppio della guerra la Norton fornì alcune moto alla
Russia (prima dello scoppio della rivoluzione) come ad altri paesi in guerra.
Nel dopoguerra; dopo un breve periodo di eccezzionale
richiesta di mercato, in cui come altre aziende la N. raccolse ogni tipo di residuato
bellico, per poi rivendere moto assemblate, venne la necessità di progetti innovativi.
James Norton aveva nel cassetto, l'idea di un motore a
valvole in testa e distribuzione desmodronica.
Il primo prototipo toccò i 145 km/h (il record della
classe 500) a Brooklands nel 1922, pilotata da Rex Judd.
I successi al T.T. non furono eclatanti ma il modello
stradale che ne derivò il Model 18 ebbe successo; la trasmissione finale era a catena,
due valvole in testa, distribuzione (aimè!) ad aste e bilanceri e cambio separato a tre
rapporti di produzione Sturmey-Archer.
Anche la Big Four continuò ad essere prodotta con
aggiornamenti estetici ed in seguito con l'adozione di un cambio Norton a 4 rapporti
(di cui fù dotata anche la Model 18)
Il fondatore della Norton morì il 21 aprile 1925 senza
poter vedere i più eclatanti successi delle sue creazioni.
Norton 500 del 1925 aste e bilanceri, cambio Sturmey
Archer
Nel 1927 Walter Moore (un brillante progettista)
crea per la Norton un motore con distribuzione ad albero a camme in testa, soluzione che
si era già dimostrata vicente sulla Velocette al T.T. del '26.
Il motore di Moore era un 490 cc (misure 79 x 100),
l'albero di distribuzione dotato di coppie coniche alle estremità sale sul lato sinistro
del cilindro.
Per la prima volta viene usato un telaio a culla
chiusa completa che venne poi adottato anche su una versione del model 18 denominata
ES2.
La crisi del 1930 non fù fatale per la Norton che aveva
una posizione piuttosto solida.
Joe Craig affiancato da Arthur Carrol, proseguì il lavoro
di Moore (che nel frattempo era passato alla NSU) soprattutto nella direzione di una
maggiore facilità di manutenzione.
Piloti di grosso calibro, come: Jimmy Guthrie, Jimmy
Simpson, Tim Hunt, 'Crasher' White, Stanley Woods, Harold Daniel e Freddie Frith ottennero
tra il 1931 ed il '39 innumerevoli successi.
La linea piuttosto squadrata dello schema telaistico valse
alle Norton di questo periodo il nomignolo di 'Norton cancello da giardino'.
Nel 1939 nonostante gli sforzi di Craig che riuscì a
'tirarne fuori' ben 52 cv, il monocilindrico Norton iniziò a cedere allo strapotere della
BMW la moto simbolo proprio della nazione a cui da lì a poco la gran Bretagna dichiarò
guerra (e non in campo sportivo).
In questo periodo tutte le innovazioni tecniche
sperimentate sui mezzi da competizione passavano direttamente alla produzione di serie e
questo rappresentava certo una notevole attrattiva per chi intendesse correre come pilota
privato; è sempre stata una costante della produzione motociclistica inglese, la
commistione cioè di mezzi di serie e da corsa, dovuta forse anche alle dimensioni mai
eccessivamente grandi delle aziende e quindi alla necessità pratica di sfruttare tutte le
risorse progettuali disponibili in mancanza di uffici progettazione specifici per ogni
settore.
Per il fuoristrada c'era in produzione un modello pronto
gara che in pratica era un diverso allestimento della moto stradale, con ruote artigliate,
scarico rialzato, e sella di gomma.
Durante la guerra la Norton fornì all'esercito numerose
16H (un modello ormai datato) che nonostante le scarse capacità fuoristradistiche fù
utilizzato in tutti i climi e latitudini.
Nel 1948 fù introdotta la forcella anteriore telescopica
della AMC, nel 1950 il telaio denominato 'letto di piume'.
In questi anni Geoffrey Duke entra a far parte della
squadra Norton assieme a: Artie Bell, Harold daniel, e Jonnhy Lockett; e vincerà tre
titoli mondiali con la N.
Nel 1948 viene presentata la Dominator, con motore a due
cilindri verticali, di 497 cc.
La sospensione posteriore fù dotata nel 1953 di forcellone
oscillante, ed il telaio 'letto di piume' fù sostituito, la cilindrata raggiunse i 750 cc
col modello Atlas.
Norton Atlas
Nel 1958 venne presentata la Jubilee 250, e la 350
Navigator bicilindriche.
Seguirono vari problemi economici dell'azienda finche nel
1958, una volta ritrovata la serenità venne presentata una nuova bicilindrica, la
Commando.
La cilindrata era di 750 cc, ma fù poi portata ad 850 cc,
il motore era per la prima volta montato su supporti elastici antivibrazioni (Isolastic),
in seguito venne dotata di avviamento elettrico, è stata Motocicletta dell'anno 5
volte consecutivamente, e fino al '77 è stata di diritto in quel settore che si può
definire Maximoto o Supermoto stradali, in lotta agguerrita con giapponesi ed italiane.
Norton Commando riedizione '77,
58 cv a 6000 giri/min.,
vel. max. 178 km/h
Triumph
Quando Siegfried Bettman arrivò in inghilterra dalla
Germania, nel 1884 lavorò prima come interprete; poi iniziò ad importare macchine da
cucire ed infine a importare e produrre biciclette, sull'onda del crescente interesse per
il settore in tutta europa.
Il nome 'S.Bettman & Company' suonava però
troppo poco inglese, quindi venne cambiato in 'The Triumph Cycle Company'.
Nel 1887 un altro tedesco l'ingegnere Maurice Schulte entra
nella società, ormai gli affari vanno a gonfie vele, ma nonostante l'interesse e le
sperimentazioni nel settore, i tempi non vengono ancora giudicati maturi per la produzione
di motociclette.
Solo nel 1902, i due soci decidono di utilizzare i motori
Minerva da 1,75 cv, su un telaio ciclistico.
La prima vera motocicletta Triumph, è però del 1904;
adotta un motore Fafnir da 3 cv, montato verticalmente su un vero telaio.
Charles Hathaway crea nel 1904, una motocicletta di 298 cc,
con valvole laterali ed albero motore su cuscinetti a sfera, telaio rigido con forcella a
doppio tubo anteriore ed accensione a magnete come 'optional' (invece che a
bobina-ruttore).
Con questa macchina Ixion (il reverendo Basil H. Davies)
noto collaboratore della rivista 'The Motor Cycle' riesce a percorrere un totale di 2050
km in sei giorni, (pur dopo un tentativo fallito a causa dell'usura eccessiva di
cilindro-segmenti e della rottura della forcella anteriore rigida).
Questa impresa frutto più che altro della passione, servì
come lancio pubblicitario ed a migliorare il modello del 1906 che utilizzava diversi
materiali per il gruppo termico ed un telaio a tubo anteriore unico.
Nel 1907 vengono adottati volani stampati in acciaio con
bordi in ghisa, e lo stesso anno all'Isola di Man il pilota Jack Marshall conquista il
secondo posto.
La cilindrata era stata portata a 475 cc, la fusione del
cilindro era realizzata con un modello di ottone e questo garantiva una maggiore
precisione; il carburatore a due vaschette era una realizzazione Triumph.
Come optional si poteva avere il cambio a 3 velocità
Sturmey-Archer oppure una trasmissione finale a cinghia con rapporto variabile, la cui
particolarità era però che per cambiare il rapporto bisognava fermarsi ed intervenire
con una chiave inglese !
I successi al T.T. continuano a spingere la produzione di
serie (nel 1909 vennero prodotte 3000 macchine) ed a esserne il banco di prova per le
innovazioni tecniche, come la frizione a dischi multipli inserita nel mozzo.
Nel 1910 Albert Catt, programmò un'impresa incredibile
da compiersi con una Triumph di serie; percorrere 3200 km in sei giorni, in pieno
inverno con ghiaccio e neve, all'epoca non esisteva nessuna rete di assistenza stradale e
le strade stesse non erano asfaltate.
Catt si scontrò con un camion, poi grippò, riuscì a
riparare il motore da solo, ma alla fine riuscì ad arrivare a solo poco più di 3000 km.
Quindi riprovò sei mesi dopo riuscendo a percorrere
stavolta ben 3800 km; il prezzo che dovette pagare per quest'impresa su una moto senza
sospensione e con sottilissime ruote fù un disturbo al cuore che lo accompagnò fino alla
fine della sua vita.
Triumph 1910, monocilindrico, valvole laterali, 3,5 cv,
frizione nel mozzo, senza cambio.
Sempre nel 1910 Shulte iniziò la sperimentazione su un
motore bicilindrico, prima analizzando una realizzazione francese, poi con la costruzione
di un prototipo di 600 cc, in cui i due cilindri verticali si muovevano alternativamente
(a differenza che sui successivi bicilindrici) , albero a camme centrale longitudinale
comandato da ingran. obliqui.
Nel 1913 invece Hathaway progetta la Triumph Junior con
motore due tempi di 225 cc, sprovvista di frizione e messa in moto, ma con un cambio a due
velocità al manubrio.
La monocilindrica 4 tempi standart, del 1914 con cilindrata
portata a 550 cc, (ed ancora senza cambio), fù inizialmente ordinata dall'esercito
inglese ma subito dopo fù il Modello H a rappresentare il grosso delle ordinazioni
militari.
Questo modello aveva inizialmente trasmissione primaria a
catena e finale a cinghia, nel 1920 venne adottata la catena anche per la finale e per
assecondare i gusti del pubblico abituato alla maggiore 'dolcezza' di trasmissione della
cinghia, fù utilizzato anche un parastrappi sul modello denominato per questo
motivo Spring Drive (trasmissione elastica).
Modello del 1919, realizzato per il T.T., 499 cc, 3,5 cv, trasmiss. Finale a cinghia.
Nel 1921 le valvole vengono incorporate nella testa,ed
inizia un periodo di sperimentazioni sui campi di gara, rivolte soprattutto allo sviluppo
di distribuzioni a quattro valvole e valvole laterali su un motore di 498 cc. ad opera di
Harry Ricardo e il maggiore Frank Halford che durarono fino al 1924.
Motore Triumph 1921
progettato da Ricardo ed Halford
Triumph T.T. 1927
bicilindrico, 2 valvole per cilindro
serbatoio olio separato.
Nel 1923 la Junior fù maggiorata a 250 cc, e nel '26
fù tolta dalla produzione.
Il Modello LS di 346 cc,invece nonostante raffinatezze
tecniche come il cambio in blocco, frizione a dischi metallici, e freni ad espansione
interni (nei mozzi) ebbe scarsissimo successo.
Grosso successo ebbe invece il Modello P, presentato al
Salone di Londra del 1924, aveva valvole laterali, 484 cc., e soprattutto un prezzo
imbattibile sul mercato.
I successivi modelli denominati N,Q e QA, furono poi
aggiornamenti del modello P.
Nel periodo 1928-29 l'impegno dell'azienda si concentrò
più sul settore automobilistico, e la produzione motociclistica si ridusse ai modelli
più significativi.
La sportiva di 498 cc.(Ricardo, Halford) a due valvole,
rappresenta il modello di punta di questo periodo, in cui viene anche adottato il
serbatoio,sella.
Triumph 1929
La crisi economica del 1930, spinse verso cilindrate
più contenute, come la 150 cc. Skyes, monocilindrica a valvole in testa.
Val Page, dal '32 in poi rinnova tutta la gamma dei
monocilindrici e progetta un nuovo bicilindrico, 650 cc., con cambio in semiblocco,
lubrificazione a pompa ed albero monoblocco, questa moto vinse una medaglia d'argento alla
sei giorni internazionale del '33.
Un cambiamento di strategie aziendali portò poi alla
divisione del settore moto da quello auto.
Il segnale di questo cambiamento fù la presentazione nel
1937 della Speed Twin un bicilindrico verticale totalmente nuovo, che ebbe un grande
successo in tutto il mondo e fù seguita nel '39 da una versione potenziata denominata
Tiger 100 (progettata da Edward Turner)
Triumph 500
Speed Twin 1937
Una nuova 350 bicilindrica fù prodotta per l'esercito
ma quasi tutti gli esemplari furono distrutti durante i bombardamenti su Coventry,.
Nel periodo bellico fù prodotto un motore bicilindrico di
500 cc., AAPP (Airborne Auxiliary Power Plant) che serviva ai generatori di energia
elettrica per i bombardieri, la testa e il cilindro erano in alluminio-silicio per motivi
di peso.
In tempo di pace questo motore venne montato su una
versione della Tiger 100 dotata anche di un'inedita sospensione all'interno del
mozzo,e sul modello TR5 che ebbe un grande successo nel Trial nello Scramble e nella
Regolarità.
Una nuova 350 bicilindrica venne aggiunta alla gamma.
La Triumph Grand Prix del 1947 era una monocilindrica
500 cc, destinata alle corse, non era una moto ufficiale ma un'ottima arma per i piloti
privati.
Triump Grand Prix '47
Nel 1949 la Thunderbird una 650 cc., due cilindri
verticali và ad inserirsi nel nascente mercato americano delle moto inglesi, ed a
motorizzare le pattuglie della polizia stradale di molti paesi, la cilindrata di 650 cc
viene adottata poi anche sui modelli Tiger 100, che poi diventerà Bonneville.
La Triumph viene assorbita assieme alla Ariel, dalla BSA
nel 1951 ma per un certo periodo le produzioni si mantengono distine.
Nel 1968 viene invece presentata la tricilindrica Triuph
Trident che ha poche differenze dalla BSA Rochet Three (quest'ultima monta il motore in
posizione inclinato mentre sulla Triumph è verticale).
Il telaio delle 650 fù modificato con l'adozione di grosso
tubo soperiore con la funzione aggiuntiva di serbatoio dell'olio.
Nel 1973 la Triumph-BSA fallì, le fabbriche vennero
inglobate dal gruppo Norton-Villers e dopo varie e complesse vicende economiche, lotte
sidacali e politiche la produzione riprese nel '74 con la produzione delle Bonneville e
della Tiger 100 di 750 cc, ma solo nel '77 la produzione si stabilizzò e per rinnovare la
bonneville ormai datata, venne presentata nel '78 una nuova bicilindrica.
Triump Trident anni 70
4 cilindri
La Bonneville rimane in produzione fino alla fine
degli anni'80, ma una bicilindrica di 750 cc con 50 cv non può essere un'attrattiva che
per pochi fedeli appassionati ed infatti il nome Triumph cade quasi nel dimenticatoio.
Le cose cambiano agli inizi degli anni '90 quando il
marchio viene recuperato con le solite complesse operazioni finanziarie e nasce una nuova
generazione di motori con 3 e 4 cilindri, rispettivamente di 900 e 1200 cc.
Motori moderni naturalmente a 4 valvole per cilindro,
raffreddamento a liquido e potenze da 85 a 128 cv, ora la Triumph ha un listino completo
di cui di seguito esporrò una breve carrellate fotografica.
L'enduro Tiger 900 è una granturismo senza troppe pretese
fuoristradistiche dato il peso (209 kg) ma che detiene il primato dell'enduro più potente
in commercio con 85 cv, grazie al suo tre cilindri.
Tiger 900
1997
Il settore custom è rappresentato dalla Adventurer 900
che però ha rispetto ad analoghe realizzazioni di altre marche più recenti un reale
collegamento col passato, in particolare nel disegno del serbatoio.
Triumph Adventurer 900
La Thunderbird 900 pur inserendosi nello stesso filone
nostalgia, si rifà ad un più coerente stile inglese invece che a quello americano tipo
Harley Davidson, nel confronto con la Adventurer (con cui condivide tutta la meccanica) si
nota infatti una tradizionale sella a due posti ed in generale sovrastrutture più
classiche.
E' una moto molto di moda.
L'attuale Trident che riprende il nome del modello degli
anni '70, interpreta il tema della sportiva nuda, disponibile nelle cilindrate 750 e 900
(sempre a tre cilindri) si riallaccia con le sue linee spigolose alle maxi-moto dei primi
anni '80, quando ancora non erano diffuse le carenature sulle moto da strada.
Trident 900
1997
Per il turismo a largo raggio è presente nel listini
Triumph la Trophy (900 e 1200) dotata di bellissimi gruppi ottici ellittici.
Trophy 1200
La Daytona è invece il modello più sportivo,
anche in questo caso 900 o 1200 può confrontarsi ad armi pari con giapponesi ed italiane,
dispone di rispettivamente 128 e 147 cv.
Daytona 900 T595
Infine una moto eccezzionalmente bella che ha stupito un
po' tutti alla sua uscita, (molti l'avevano scambiata per una special) è la Speed Triple
900 T509, in cui è esibito il bel telaio in tubi accoppiati tramite saldatura e sul cui
manubrio è fissato un insolito gruppo ottico.
Triumph Speed Triple
900 T509
1997
Matchles
H.Collier iniziò insieme ai figli Charlie ed Harrya
fabbricare biciclette a Plumstead alla fine del secolo scorso, la prima realizzazione
motociclistica è l'installazione di un motore De Dion da 2,75 cv, sulla ruota anterioredi
un telaio.
Ben presto il motore viene spostato dietro la sella ed
infine nella classica posizione, al centro della triangolazione del telaio.
Prima Matchless prodotta
1902
Nel 1904 dopo una infruttuosa esperienza con un veicolo
a tre ruote (molto di moda in quegli anni) viene sviluppata una nuova moto, equipaggiata
con motore bicilindrico JAP, sospensione posteriore a forcellone oscillante e le forcelle
anteriori a biscottini oscillanti.
Harry Collier partecipò con questa macchina alla
International Cup Race in francia nel 1905 e nel 1906 assieme al fratello Charlie, che
riuscì ad arrivare terzo in questo secondo anno.
Charlie partecipò quindi al primo T.T. del 1907 vincendo
ad una media di 61 km/m la categoria monocilindriche, con un mezzo dotato di motore JAP a
valvole in testa e carburatore B&B che l'anno seguente divenne un modello di serie,
(oltre che disponibile per i piloti privati) 250 cc, tre marce.
I successi dei due fratelli Collier continuano nel T.T. del
1909, e sulla nuova pista di Brooklands; nel T.T. del 1911 Charlie regala la
vittoria alla Indian poiché viene squalificato per non aver fatto il rifornimento al suo
box.
Nel 1912 l'introduzione del cambio a tre velocità nel
mozzo comportò il ridisegno del telaio, si rinunciò all'ammortizzamento (che però
rimase su un modello da competizione dotato di cambio a 6 velocità), e venne curvato in
corrispondenza della sella per abbassarla.
Matchless 2B
cambio a tre velocità
Ma sempre nello stesso anno si iniziò la produzione in
proprio di motori prima con un monocilindrico di 250 cc. Subito accantonato in favore di
un bicilindrico, montato sul nuovo modello 8B(in seguito diventerà 8B 2) con ruote
intercambiabili,cambio separato a tre marce, accensione a magnete, frizione a pedale,
trasmissione primaria e secondaria a catena in carter e freno a tamburo posteriore; questo
modello era particolarmente indicato per l'uso con sidecar.
Modello 8B
Dopo la guerra, viene prodotto il modello H sempre
bicilindrico di 965 cc., il cambio è separato racchiuso in carter, impianto di
illuminazione elettrico, e forcella anteriore a parallelogramma e posteriore a molle
verticali, sincronizzate con quelle del sidecar.
Nel '23 venne realizzato un mono 347 cc con distribuzione
ad albero a camme per le corse e nel '24 un 591 cc, che andava ad affiancare nella
produzione di serie i bicilindrici-sidecar.
Il 347 aveva aspirazione e scarico nella parte anteriore
del cilindro ed un serbatoio più moderno, non più inserito tra i tubi del telaio.
Il nuovo bicilindrico del 1925 di 990 cc. Era uno dei più
potenti dell'epoca per le moto senza sidecar.
Nel 1927 in occasione del Salone Motociclistico di Londra
venne rinnovata tutta la gamma, in particolare tutti i nuovi modelli avevano il
serbatoio carburante realizzato con due pannelli bianchi tenuti insieme da due strisce
d'acciaio rivestite in nichel.
Del '29 è il nuovo 250 cc , ed il V5 di 586 cc, munito di
sidecar, entrambi i modelli monocilindrici a valvole laterali, ed il 586 con testa del
cilindro riportata.
Un nuovo razionale motore a 'V' naque nel
1930 era un 400 cc, l'angolo molto acuto tra i cilindri (26°) lo faceva
assomigliare ad un bicilindrico verticale affiancato, la moto su cui venne montato fù
chiamata Silver Arrow.
I due cilindri erano fusi in blocco unico; analogamente le
due teste, e le valvole disposte verticalmente al loro interno ricevevano il moto da un
unico albero laterale, l'alimentazione arrivava da un tubo unico ricavato nella fusione
dei cilindri, il serbatoio dell'olio era imbullonato nel carter, quindi tutto il complesso
risulta molto compatto, senza organi esterni in movimento e senza tubi dell'olio esterni.
La forcella anteriore era a parallelogramma e la
sospensione posteriore a triangolo oscillante con molle elicoidali e due ammortizzatori a
frizione di gomma regolabili a mano.
Questa moto rivoluzionaria non ebbe successo a causa della
bassa cilindrata della insolita silenziosità che mal si conciliava con le richieste
conservatrici degli utenti.
Matchless 400 Silver Arrow, bicilindrica, 1930
Nel '31 appare un'altra novità, la Silver Hawk, montava
un motore quadricilindrico 593 cc. a 'V' con un angolo molto acuto tra i cilindri.
Anche questo era un motore eccezzionalmente
all'avanguardia, ogni fusione comprendeva due cilindri, la distribuzione era comandata da
un'unico albero verticale mosso da coppie coniche, l'albero motore era composito, il
motore montato trasversalmente nel telaio dotato di sospensione posteriore a forcellone
oscillante con silent-block come sulla Silver Arrow.
Il cambio della Silver Hawk, era uno Sturmey-Archer
separato, a 4 rapporti e sul manubrio era montato un pannello-strumentazione, ma anche
questa realizzazione non ebbe molto successo
motore a 4 cilindri
della Silver Hawk 1931
Nel '31 venne anche modificato il telaio delle
monocilindriche allo scopo di montare il motore inclinato, e l'estetica generale delle
moto fa un passo avanti, le cromature si sostituiscono ai rivestimenti in nichel, le gomme
a tallone vengono sostituite con quelle a cerchietto e per la prima volta compare sui
serbatoi la 'M' (per ora senza ali laterali).
Nel 1931 la Matchless aquista la AJS che stava
attraversando una profonda crisi economica senza però portare ad una sovrapposizione dei
marchi, almeno fino al 1949.
Un successo Matchless di questi anni fù il modello D/5,
una 498 cc. Molto leggera (meno di 100 kg a pieno carico) e per questo motivo rientrante
nella categoria motoleggere che aveva agevolazioni fiscali,.
Il vecchio bicilindrico 990 cc. Rimase in produzione fino
alla fine degli anni trenta, mentre le innovative Silver Arrow e Silver Hawk
resistettero alle dure leggi del mercato, solo fino a (rispettivamente) 1933 e 1935.
Dal 1935 in poi nascono le serie Clubman e Clubman-special
e conteporaneamente la lunga serie dei modelli G che con continue evoluzioni raggiunse
livelli notevoli, la distribuzione era a valvole in testa e piu raramente a valvole
laterali, in alcuni modelli vi erano molle a spillo sulle valvole e coperchi delle
punterie alettati.
La G5 che partecipò al T.T. del '35 era un 498 cc.
Monocilindrico a valvole laterali e distribuzione interamente racchiusa in carter.
Anche un'altro famoso marchio venne acquistato nel 1938, la
Sumbeam la nuova società divenne 'Associated Motor Cycles Ltd.' Ed alla 'M' del marchio
crebbero le ali.
Nel 1941 sulle Matchless si iniziarono ad adottare forcelle
anteriori telescopiche secondo lo schema che oggi sarebbe definito upside-down.
Il brevetto di queste forcelle è della AMC; già la BMW e
la Norton avevano adottato forcelle telescopiche, ma il sistema Teleidraulic-AMC
aveva in più la funzione di ammortizzamento ad olio.
Ottantamila esemplari di G3 e G3L ( L indica i modelli
dotati di forcella Teleidraulic) furono forniti all'esercito inglese durante la guerra.
Nel dopoguerrà si risvegliò il mondo delle competizioni e
la Matchless presentò una G3L da regolarità, era più alta dal suolo delle normali G3L
aveva pneumatici da competizione, era privo di impianto di illuminazione e con questo
mezzo Hugh Viney ed altri piloti ottennero eccezzionali successi in tutte le gare di
regolarità internazionali.
Nello Scrambler vincevano i piloti Eddie Bessan e
Basil Hall e nelle gare su piste d'erba c'era invece Jack Colver (figlio di Bert Colver) a
tenere alti i colori della Matchless.
Matchless 49-G3LS
monocil. 347 cc.
1948
Il 1948 vede la presentazione della bicilindrica G9
(cilindri verticali) 500 cc., dotata di cuscinetto centrale sull'albero motore, e
sospensione posteriore a forcellone oscillante ed ammortizzatori telescopici idraulici di
produzione Matchless.
Matchless G9 1954
bicil. 594 cc.
Nel '52 la G9 bicilindrica si evolve nella versione da
corsa G45 che doveva essere l'atteso modello per il ritorno alle corse su strada, ma i
tentativi di Peter Murphy e Pip Harrys non portarono a grandi risultati.
Solo nel 1954 viene adottata la sospensione
posteriore a forcellone oscillante sulle moto da competizione dove per una vetusta
interpretazione telaistica, non era mai stato abbandonato il telaio rigido; nella
fattispecie sul bicilindrico G11 e per la prima volta compare il freno a tamburo centrale.
Nello stesso anno muore il fondatore Charlie Collier la G9
lascia il posto alla G11 con una cilindrata di 592 cc. che successivamente (nel 1958)
diventerà G12 con 646 cc.
Matchless G12
bicil. 646 cc.
1958
Il G12 viene realizzato anche in una versione più sportiva
il CSR ed una scrambler.
Del '58 è anche il nuovo monocilidrico G2 di 250 cc. Con
la particolarità del cambio in blocco (nella stessa fusione) nel motore.
Matchless G5
monocil. 350 cc.
1962
Il modello da corsa G45 viene sostituito dal
monocilindrico ad albero a camme in testa G50 (analogo alla AJS-7R) una moto in
diretta concorrenza con la Norton 500 di cui non riuscì mai ad egualiare i successi se
non in gare brevi.
Matchless G50
monocil. 498 cc.
1958
Nel '65 la Matchless si fonde con la Norton e la
produzione continua con una 750 bicilindrica in versioni turistiche e sportive motorizzata
Norton-Atlas ma l'interesse verso il marchio Matchless era in fase calante, e venne
completamente a mancare quando fù presentata la Norton Commando su cui si
concentrò tutta l'attenzione dei vertici aziendali.
Ariel
...come lo spirito dell'aria nella commedia di Shakespeare
'La tempesta' è questo il nome che nel 1870 James Starley e William Hillman
diedero al loro brevetto per sottolinearne la principale caratteristica; la
leggerezza.
L'invenzione in questione è nientedimeno che la ruota a
raggi, un oggetto destinato a rivoluzionare l'idea (ed il peso) della bicicletta ed a
rendere possibile la nascita stessa e la crescita della motocicletta.
Quindi Ariel fù il nome della nuova società nata
quando nel 1890 James Starley fuse la sua azienda con la Westwood Manufacturing Company di
Birmingham e tra le tante altre cose si iniziò a produrre cerchioni e copertoni.
La Ariel si affaccia sul mondo dei motori nel 1898 con un
quadriciclo con motore montato posteriormente dietro l'assale, subito sostituito con un
triciclo in cui il motore era montato centralmente.
Triciclo ariel 1898
Il primo motociclo prodotto nel 1902 era più avanzato
rispetto a quelli della concorrenza e per questo motivo fù scelto a rappresentare
l'Inghilterra pilotata da J.S. Campbell alla Coppa Internazionale del 1905, alle cui prove
libere la Ariel riuscì a spuntare il miglior tempo alla media di 66 km/h.
Una avanzata motocicletta a due tempi dotata di cambio a
tre velocità ,frizione ed avviamento a pedale ed un peso molto contenuto, era stata
progettata in questi anni da Jack Sangster (figlio di Charles), ma gli eventi bellici
impedirono alla Arielette (questo era il nome scelto) di venire alla luce.
Ariel modello da corsa
1914
Nel dopoguerra dopo la realizzazione di una vetturetta a
quattro ruote chiamata Ariel Nine, la Ariel reclutò tra i suoi progettisti Valentine Page
autore di un notevole motore ad albero a camme in testa,portandolo via alla JAP.
Page progettò subito una 500 cc. a valvole in testa
Ariel turismo 1918
Ariel monocilindrica, 3 marce, 1924
e successivamente nel 1926 una 557 cc. A valvole
laterali, che grazie a dimensioni di interasse molto compatte, una posizione della sella
più bassa del solito e l'insolito serbatoio a sella (che comunque non era una novità
assoluta), incontrò un notevole successo.
A fine anni venti, viene presentata la Colt una maneggevole
250;mentre Page stesso lavora al progetto di un monocilindrico ad 8 valvole col cilindro
molto inclinato (quasi orizzontale).
Un impresa di questi anni, degna di essere citata è
l'attraversamento della manica, andata e ritorno a borbo di una motocicletta Ariel 500
dotata di galleggianti ed una semplice elica azionata da una corona addizzionale; artefice
di questa impresa è Harry Perrey noto pilota di trial, ma soprattutto specialista
di imprese spettacolari-pubblicitarie come questa o come l'arrampicata del monte Snowdon
(la più alta cima del Galles) compiuta da un nutrito gruppo di motociclette, in questo
caso BSA.
Nel frattempo un'altra storia si incrocia con quella della
Ariel quella di del giovane ingegnere Edward Turner; che alla fine degli anni venti decise
di dedicarsi allo sviluppo di una tipologia di motore, il quattro cilindri, molto diffuso
allora soprattutto negli Stati Uniti (per quanto questo oggi possa suonare insolito).
La disposizione dei cilindri era allora aveva quasi sempre
in linea in senso longitudinale alla moto;e questo naturalmente implicava misure di
interasse molto elevate con tutti i problemi di scarsa maneggevolezza che ne derivano.
Turner (che già aveva realizzato un prototipo di motore
monocilindrico 350 ad albero a camme in testa), ebbe quindi una geniale idea, cioè di
disporre i quattro cilindri in quadrato e cominciò a lavorare a questo motore nella sua
casa-officina a Dulwich.
Oggi il mondo della motocicletta, e mi riferisco sia
ai produttori che ai motociclisti è molto diffidente rispetto alle novità, i progressi
sono pochi e qualunque nuova soluzione per affermarsi deve superare un lungo tirocinio
disseminato di pregiudizi di vecchie abitudini di categorizzazioni di strategie aziendali,
e di comparazioni col vecchio non sempre obiettive;
mentre nell'epoca pioneristica della breve storia della
moto c'era molta più voglia di sperimentazione, di novità, di innovazione, un'entusiasmo
per la tecnologia che forse oggi ritroviamo più in altri settori (come
l'informatica ad esempio) , tanto che da appassionato di moto relativamente ignorante
della sua storia, non finisco mai di stupirmi quando studiando motociclette di questi
periodi scopro soluzioni che mi erano state spacciate per novità assolute ed erette quasi
a bandiera di moto anni '80-'90.
Quindi stupisce un po' vedere che quando Edward Turner
presentò il suo progetto alle maggiori fabbriche di moto si sentisse rispondere
unanimemente 'Nò grazie' evidentemente il suo schema era troppo ardito ache per quel
periodo; finche non arrivò da John Sangster, un dirigente della Ariel che
credette nel suo quattro cilindri in quadrato.
Lo Square Four 500 cc di Turner è in pratica un
bicilindrico accoppiato poiché ha due alberi motore trasversali al senso di marcia (vedi
disegno) collegati da ingranaggi,il moto è trasmesso al cambio dall'estremità sinistra
dell'albero posteriore e la distribuzione è ad albero a camme in testa comandato da
catena.
L'insieme è talmente leggero e compatto da poter essere
montato per i collaudi iniziali sul telaio del monocilindrico 250; comunque quando la
quattro cilindri venne presentata ufficialmente al Salone dell'Olympia di Londra nel '30
aveva un telaio specifico piu rigido e robusto.
Già nel '31 Somersville Sikes preparò una versione
con compressore meccanico a palette azionato da catena, per gareggiare a
Brooklands accreditata di 40 cv, ma problemi di raffreddamento nella zona delle teste
provocò distorsioni e rotture, e problemi ebbe anche al Senior Tourist Trophy del '31.
Ben Bickell riprovò con la stessa moto sovralimentata
al Motor Cycle Cup nel 1933 che era un premio indetto per premiare la prima moto che
raggiungesse le 100 miglia orarie sul suolo inglese (sempre a Brooklands); la cilindrata
fù ridotta a 500 cc., rispetto ai 600 della moto di serie per rientrare nella relativa
categoria, ma nonostante le notevoli prestazioni velocistiche (un giro percorso a 179,023
km/h) problemi di affidabilità delle guarnizioni di testa e cilindronon permisero alla
Ariel di concludere la gara,che fù vinta da una bicilindrica a 'V' della New Imperial.
A questo punto per riprendersi dai recenti fallimenti
sportivi l'inesauribile Perrey ideò un programma pubblicitario, teso a rilanciare in
grande scala l'immagine Ariel.
Il 'seven seven test' erano una serie di prove estreme di
diversi modelli di serie che avevano lo scopi di evidenziare particolari qualità delle
Ariel; il tutto impostato sul numero sette.
La prova principale era la percorrenza di 700 miglia in 700
minuti con una Square Four 500 , riuscì al secondo tentativo, per la precisione 668
miglia percorse alla media di 100,712 km/h.
Un'altra prova era quella di avviamento, che consisteva nel
fare avviare sette motociclette Ariel da sette bambini; che riuscirono nell'impresa tranne
uno, il più piccolo...!?
Neanche questa massiccia operazione di marketing riuscì
però a salvare la Ariel dalla crisi internazionale che nel 1932 portò alla chiusura
della fabbrica e fù solo l'arrivo dei capitali di Jack Sangster che l'azienda potè
rinascere con una nuova denominazione; Ariel Motors (JS) Ltd
Harry Perrey andò alla Triumph; Val Page alla Triumph poi
alla BSA e solo successivamente tornò alla Ariel.
Siamo nel 1932, Edward Turner inizia a lavorare sulla
monocilindrica di Page soprattutto rispetto agli aspetti più propriamente estetici,
e dalla sua matita uscì la Red Hunter, con un serbatoio molto curato verniciato in rosso
brillante e decorato con cromatura.
Ariel Red Hunter
250 cc.
1936
La rinnovata Square Four del '37, non ha più l'albero a camme, ma le valvole sono comandate ad aste e bilanceri, gli alberi motore sono in un unico pezzo (prima erano scomponibili ), dal '39 è disponibile (anche per le Red Hunter) un molleggio posteriore impostato su convenzionali ammortizzatori telescopici, ma con una raffinatezza in più, un sistema di biellette che permette di mantenere costante la tensione della catena in tutte le fasi dell'escursione.
Ariel Red Hunter modello da fuoristrada
500 cc.
1938
La Square Four è disponibile nelle cilindrate di 600
cc. e 1000 cc. quest'ultimo disponeva di 38 cv a 5000 giri/min.
Nel periodo bellico l'unica Ariel destinata ai militari fù
la W/NG basata sulla Red Hunter 350 del '39, con maggiore altezza dal suolo per
migliorarne le capacità fuoristradistiche.
La stessa moto rimessa rimessasi nei più civili colori
rosso e cromo, fù la prima a riapparire nei listini Ariel del dopoguerra, ben presto
seguita dalla Square Four 1000.
Quando apparve anche una nuova bicilindrica 500 la Ariel,
potè declamare nelle sue pubblicità 'i soli al mondo ad avere una gamma completa di
mono, bi e quadricilindrici'.
Nel frattempo il controllo finanziario era passato nelle
mani della BSA, fatto che però non influì per il momento con le scelte progettuali.
Sulla Square Four fù adottata una forcella anteriore
telescopica e adottata una fusione teste-cilindri in lega leggera che permise una
riduzione di peso di 15 kg.
Motore Square Four 1000
lega leggere 1953
Ulteriori modifiche nel '54 portarono al famoso 'quattro
tubi' March II, che deve il suo nome ai 4 tubi di scarico splendidamente rifiniti.
La migliore qualità dei carburanti permise l'innalzamento
a 7,2:1 del rapporto di compressione, portando così la potenza massima a 42 cv a 5800
giri/min.
Questo modello nonostante il grande successo riscosso non
riuscì a reggere l'agguerrita concorrenza, soprattutto a causa di alcune soluzioni che
erano rimaste antiquate come il vecchio sistema di sospensione posteriore ad
ammortizzatori-biellette invece del nuovo sistema a forcellone oscillante adottato
invece sulle Red Hunter e sulle bicilindriche; quindi nel '58 la quattro
cilindri uscì di produzione.
Ariel Square Four MK IV
1000 cc
realizzato in due soli esemplari
1957
Val Page ritornato alla Ariel, progettò una nuova
bicilindrica a due tempi realmente innovativa denominata Leader (ed Arrow nella versione
economica che ebbe più successo).
Il telaio era una struttura scatolare in acciaio stampato,
che si estendeva dal cannotto di sterzo fino all'attacco della sostensione posteriore,un
finto serbatoio con funzione di portaoggetti a chiusura ermetica era appoggiato sul
telaio, la sospensione anteriore era a biscottini inferiori, il motore era appeso al
telaio (uno schema che in combinazione al telaio scatolato, è stato adottato da tutte le
sportive stradali dagli anni '80 in poi) e protetto lateralmente da due gusci di lamiera.
Come optional c'erano:paraurti posteriore, luce di stop,
freccie ed orologio con carica per 8 giorni; infine la particolare facilità di
elaborazione del bicilindrico due tempi, spinse molti privati a portare in gara questa
Ariel specialmente nella versione da competizione che fù realizzata
successivamente.
Ariel Arrow
250 cc
Le corse non furono mai un'attività ufficiale della
Ariel ma furono molti i preparatori ed i piloti che utilizzavano le Ariel nelle varie
specialità: la velocità, lo scrambling o il trial specialità nella quale era attivo (
come lo era nellavelocità) Sammy Miller impegnato soprattutto nella maniacale riduzione
di peso, che lo portò a realizzare partendo da una Red Hunter Trial 500 di serie,
una famosissima special nota come GOV 132 dalle cifre della targa,che pesava 108 kg,
grazie anche a particolari come i perni ruota in titanio.
Ariel Red Hunter Trial (di serie)
500 cc.
Ariel trial special-Miller (GOV 132)
L'impegno di Miller continuò nel trial e nella
velocità per parecchio tempo, preparò una Arrow per la Sei giorni di trial e la usò per
arrampicarsi sul monte Ben Nevis dove fù fermato solo da un violenta nevicata.
Sammy Myller in azione
con la sua GOV 132
Appare evidente come a questa data risultino ancora
molto meno marcate divisioni in categorie (strada,
motocross,enduro,trial,motoalpinismo....) che invece oggi appaiono, molto più nette, la
struttura era più o meno la stessa per tutte le moto e con un motore monocilindrico o
bicilindrico si poteva spaziare dal trial alla pista senza troppi problemi.
L'esempio della Arrow preparata per il trial poi è molto
esemplificativo, poiché il telaio stampato-scatolato non è una struttura classica (come
quella in tubi) e quindi 'universale' bensì una novità, una sperimentazione, che ancora
oggi difficilmente viene utilizzata su una moto da fuoristrada.
Le ramificazioni lungo le quali si sono evolute le diverse
tipologie di moto, a volte per motivi anche casuali, hanno portato a convenzioni (e
convizioni) che rendono sempre più difficile da parte dei progettisti sperimentare nuove
soluzioni senza scontrarcisi.
Per restare sull'esempio precedente la prima moto da
fuoristrada moderna con telaio scatolato in alluminio da fuoristrada, è apparsa sul
mercato in questa stagione,la Honda CR250 (1996-97) quando questo telaio con innegabili
doti di rigidità è adottato ormai quasi universalmente sulle stradali sportive (Ducati a
parte) ed addirittura solo la Kawasaki prima della Honda aveva avuto il coraggio di usare
un telaio perimetrale per il fuoristrada in luogo del monotrave centrale.
Tornando alla Ariel, a fine anni '50 il gruppo BSA
trasferì gli stabilimenti da Selly Oaks a Small Heat, producendo così sulla stessa
catena di montaggio della Arrow, anche il Pixie 50, che ne utilizzava la stessa tecnologia
telaistica (acciaio stampato).
La Arrow continuò ad essere venduta sul mercato interno,
era invece poco gradita in quello estero ed americano in particolare, che in quegli anni
era il più attraente per le fabbriche di moto inglesi, a causa probabilmente del suo
telaio anticonvenzionale.
Quindi nel '66 la produzione cessò definitivamente e dopo
questa data sono da citare solo due progetti legati al nome Ariel. Che però non
arrivarono mai alla produzione, la Ariel Three e la 4 cilindri 600.
La Ariel Three progettata da George Wallis è uno strano
veicolo a tre ruote, in cui la parte anteriore si piegava in curva come se si trattasse di
una moto, il motore era un Anker costruito in Olanda.
Ariel Three
Senza sbilanciarmi in affermazioni circa l'originalità
di questa soluzione , posso comunque dire chè è stata poi utilizzata in parecchi altri
prototipi ed anche oggi la si vede spesso su progetti avveniristici di
pseudo-scooter in quanto si presta bene alla risoluzione di alcuni problemi specifici.
Una piccola divagazione è ora necessaria.
Volendo realizzare un veicolo teso a risolvere i
problemi cronici del traffico, del parcheggio e dell'inquinamento, la prima soluzione che
viene in mente è la motocicletta o comunque lo scooter, che rispetto ad un
automobile,occupa meno spazio (quindi a parità di veicoli il traffico è inferiore, in
uno stesso spazio ce ne stanno parcheggiate di più) ed è più leggera (a parità di
prestazioni consuma ed inquina di meno).
Ma per potersi confrontare con l'auto l'amato due ruote
deve fare i conti con un fattore che non può essere trascurato; cioè la stagione
invernale.
Non esistono infatti, (e mi riferisco agli spostamenti
quotidiani e non ai divertimenti del fine settimana) giacche-supertecnologiche, caschi,
parabrezza, o eroismi che tengano quando la temperatura si abbassa sotto lo zero,
magari piove o nevica, e si devono percorrere qualche decina di chilometri, che possano
competere con la combinazione riscaldamento-autoradio-poltrona di un'automobile, o per
dirla diversamente con la protezione totale dagli agenti atmosferici che può dare l'auto.
L'unica soluzione è quindi creare un'abitacolo
perfettamente chiuso sulla moto; che può essere strutturale o meno, di metallo o di
materiali plastici, removibile o fisso, non importa per ora, basta che dia quella
sensazione di caldo abitacolo che sconfina quasi nel sadismo, quando fermi al semaforo
sotto un'acquazzone vediamo oltre il parabrezza, la sagoma confusa di un motociclista
completamente inzuppato.
Ma realizzare un abitacolo completamente chiuso su un due
ruote, significa impedire al conducente di appoggiare a terra il piede quando è fermo o
quando comunque il momento di inerzia delle ruote non è sufficiente a tenere dritto il
veicolo.
Le soluzioni potrebbero essere diverse, ad esempio
utilizzare un motore inerziale, cioè un motore che oltre a servire a dare il moto al
veicolo, abbia un sistema di grossi volani che permettano al veicolo di restare
miracolosamente diritto anche da fermo, ma oltre al peso notevole che verrebbe ad avere il
veicolo, questo sistema funziona solo a veicolo in moto.
Si potrebbero allora pensare a rotelle (o qualcosa di
simile) che escono lateralmente quando si scenda sotto una certa velocità.
In entrambi i casi, bisognerebbe però sperare che
tutto il sistema meccanico e nel secondo caso anche l'elettronica, funzioni sempre
alla perfezione per evitare spiacevoli ed umilianti ribaltamenti al semaforo.
Una soluzione più ragionevole sarebbe prevedere
all'altezza dei piedi delle aperture attraverso le quali uscire fuori col piede per
appoggiarsi;magari chiuse durante la marcia da uno sportello che viene scansato dal piede
quando ci si stà per fermare.
In questo caso oltretutto non sarebbe necessario rieducare
tutti i motociclisti al nuovo comportamento da tenere da fermi; (non è infatti molto
naturale a chi già sappia guidare una moto, fermarsi e restare coi due piedi sulle pedane
e aspettare che la moto trovi da sola il suo equilibrio), però così si perderebbe
l'effetto abitacolo, e il tutto sarebbe qualcosa di simile ad uno grosso parabrezza un po'
piu esteso del normale.
Alla fine l'unica alternativa a queste o ad altre più
fantasiose soluzioni sono le tre ruote; questa soluzione comporta due sottocategorie a
seconda che le due ruote siano davanti o dietro, ma in entrambi i casi rimangono problemi
di comportamento in curva.sechi
Restringendo il campo alle due ruote dietro (come l'Ape
Piaggio) la forza centrifuga in curva tente a caricare la ruota posteriore esterna,
impedendo una guida disinvolta e divertente, e il divertimento nella guida è un valore
aggiunto della motocicletta a cui non vorremmo rinunciare.
Non è insolito vedere questi veicoli affrontale
allegramente (magari con pesanti carichi nel cassone) strette curve cittadine su due
ruote, con notevole pericolo per il conducente e per gli altri utenti della strada.
Poi bisogna considerare che per mantenere caratteristiche
dimensionali (in larghezza) vicine a quelle di una moto (e quindi avere i vantaggi di cui
si parlava) la distanza tra le due ruote posteriori dovrebbe essere molto contenuta (molto
meno che nell'Ape o in motocarri simili) e la tendenza al ribaltamento quindi sarebbe
ancora più accentuata.
Quindi la soluzione (della Ariel) di creare un
avantreno, che ruota rispetto al retrotreno su un'asse parallelo al terreno e
longitudinale rispetto al senso di marcia; permette di curvare in modo motociclistico,
piegando cioè il corpo del conducente che, assieme a sella ed eventuale abitacolo è
solidale con la parte anteriore basculante, mentre l'asse posteriore con le due ruote
rimane sempre parallelo al terreno ricevendo una spinta pressochè parallela ad esso.
L'avantreno non necessita di particolari accorgimenti, può
essere una normale forcella telescopica, il motore può essere montato sia solidale
all'asse posteriore sia sulla parte centrale basculante (in questo caso è necessario un
giunto cardanico per trasmettere il moto) ed ancora ci possono essere varie soluzioni
rispetto al sistema di sospensione posteriore.
Infine la posizione di guida può essere più scooteristica
se lo spazio tra le gambe è libero o più motociclistica se vi è invece qualcosa (il
motore ad esempio).
Voglio concludere la storia della Ariel parlando di
un'ultimo progetto irrealizzato, che ha una storia piuttosto curiosa; l'idea nasceva da
una commessa da parte dell'esercito di un motore leggero 600 a quattro cilindri per
azionare un generatore elettrico; che doveva venire sviluppato dalla Ariel e costruito
grazie a questo cospicuo gettito di provenienza statale, poi una parte di questi
motori sarebbero stati montati anche su una motocicletta.
Questa moto aveva i 4 cilindri in linea, cambio a 4
velocità, avviamento elettrico e trasmissione finale ad albero, il telaio era quello
scatolato della Leader ed anche qui il motore era completamente chiuso da due pannelli
(carenature) laterali, il raffreddamento era affidato ad una grossa ventola che aspirava
il calore da dietro i cilindri.
La pompa dell'olio era asportabile per accedere con
facilità ad albero motore e cuscinetti.
Come già detto questo progetto non andò in porto, i tagli
alle spese militari non lo resero possibile e fù costruito solo un esemplare, l'ultima
Ariel della storia.
Ariel 600
4 cilindri prototipo
BSA
Nel secolo scorso la BSA produceva armi ed è con
questo tipo di produzione (come altre aziende del settore, ad esempio l'americana
Winchester) che mosse i primi passi verso un processo di standardizzazione del prodotto.
Si era visto cioè che nonostante i problemi aggiuntivi
nell'utilizzare i nuovi sistemi produttivi legati alla catena di montaggio, era molto più
conveniente produrre esemplari tutti uguali, cioè costituiti da pezzi standardizzati e
quindi intercambiabili.
A fine secolo i problemi della produzione di armi
(dipendenza dalle commesse dell'esercito e dallo sviluppo dei conflitti in corso) spinsero
i dirigenti della BSA a differenziare la produzione, in un primo tempo con una
bicicletta, poi con mozzi per ruote di biciclette, prodotto quest'ultimo con il quale la
BSA esporta in tutta Europa.
Poi si passò alla produzione per conto terzi, di parti di
biciclette e di motociclette, fino al primo progetto di motocicletta risalente al 1905.
Il motore è di provenienza francese, forcellone posteriore
oscillante a molla, il tubo che collega il cannotto di sterzo alla sella è telescopico
(questa soluzione sarà adottata anche su alcune biciclette) la moto non viene prodotta.
Nel 1907 la BSA acquista la fabbrica di biciclette Eadie e
nel 1909 esce la prima motocicletta BSA; è monocilindrica a valvole laterali con
trasmissione finale a cinghia ed è dotata di pedali.
Sono disponibili due versioni di 499 cc e 575 cc che
riscuotono un discreto successo grazie anche alla fama di cui già disponeva il nome BSA.
Durante la Prima Guerra Mondiale molte BSA sono impegnate
sul fronte occidentale, e la fabbrica produce anche armi, automobili (era
stata acquistata la Coventry Daimler), biciclette piegevoli, di parti di aereoplani
e svariate altre produzioni belliche.
A fine guerra la 557 torna in vendita dotata di cambio, e
trasmissione finale a scelta del cliente: a tutta catena oppure a catena e cinghia.
BSA 557
1918
mentre la 499 cc è in vendita in versione 'tipo
T.T.' poiche nel '13 la BSA aveva partecipato con scarsissimi risultati (5 ritiri su sei
moto) alla celeberrima gara.
BSA che partecipò al T.T.
del 1913
Nel 1919 viene presentata una bicilindrica a 'V'
di 770 cc.; l'angolo tra i cilindri è di 50° e nel complesso si presentava come un mezzo
destinato soprattutto ad uso turistico e con il sidecar, che veniva anch'esso costruito
dalla BSA.
BSA bicilindrica con sidecar
1921
Per rifarsi della figuraccia del '13 la BSA decide nel
1921 di ritornare al T.T. in grande stile; inizia così la preparazione di un mezzo
speciale.
Su un telaio a doppia culla molto basso è montato in
posizione inclinata un motore, inizialmente doveva avere una testa in lega leggera e
distribuzione a quattro valvole, poi però si optò per una convezionale testa in ghisa e
due sole valvole.
Il pistone venne invece realizzato in alluminio, il tubo di
scarico si sdoppia in due terminali, e sono presenti addirittura due circuiti di
lubrificazione, una pompa meccanica lubrifica le pareti del cilindro, mentre un sistema a
pedale si occupa dei cuscinetti di banco.
Alla fine del secondo giro tutte e sei le BSA sono ferme
con i pistoni di alluminio fusi, ( che non a caso data la tecnologia metallurgica
dell'epoca era denominato un 'metallo infido') dopo quest'ennesima sconfitta la BSA non
produrrà più mezzi da competizione.
Queste sconfitte comunque non intaccarono il nome
della BSA che continuò a riscuotere successi con motociclette tipo la 250 model B
progettata da Harry Poole che aveva valvole laterali, cambio a due velocità e che
diventò il mezzo preferito di fattorini, operai del telegrafo... e di chiunque usasse la
moto per lavoro e volesse un mezzo economico e facile da guidare.
Inoltre la possibilità di asportare i parafanghi la
rendeva anche un mezzo particolarmente indicato a muovere i primi passi in fuoristrada,
fù soprannominata Round Tank e ne furono venduti 35000 esemplari.
In seguito la Round Tank adottò un cambio a tre marce e il
freno anche sulla ruota anteriore (in realtà la legge imponeva già che le moto dovessero
avere due freni, ma non specificando che dovessero essere sulle due ruote la BSA l'aveva
aggirata dotando le prime model B di due comandi del freno agenti entrambi sulla ruota
posteriore !).
Questa moto è anche la protagonista di un'impresa
pubblicitario-sportiva; la scalata del monte Snowdon compiuta dal pilota di trial Harry
Perrey (che poi compì altre imprese simili anche per la Ariel) e da un altro gruppo di
motociclisti tra cui Mc Lean che riuscì a raggiungere la cima, in 30 minuti e 55 secondi,
percorrendo una strada ferrata.
Dopo una fallimentare 175 due tempi nel '28, Harold Briggs
(un grande progettista suicidatosi di lì a poco, per una delusione amorosa) progetta una
493 a valvole in testa, soprannominata Sloper (cioè pendente) per la forte inclinazione
in avanti del cilindro, il serbatoio dell'olio è in un'estensione anteriore del carter.
Questa moto nonostante qualche problema di maneggevolezza
ha molto successo e rimane in produzione fino agli anni '30.
Per i clienti più sportivi vi è la serie delle Blue Star,
(250,350 e 500 cc) anch'esse con serbatoio dell'olio nel carter, erano in pratica
elaborazioni di Sloper di serie eseguite secondo le direttive di Bert Perrigo che le usava
per correre e che per questa sua consulenza riceveva 1/2 penny su ogni Blue Star venduta.
Anche in seguito il nome Star e la stella a sei punte, sul
serbatoio identificheranno i modelli più sportivi.
Una bicilindricaa 'V' di 500,750 e 1000 cc a valvole
in testa viene presentata a fine anni '20, ma nonostante le commesse di polizia ed enti
statali, la crisi economica mondiale fa sentire la necessità di modelli più economici.
BSA 500 bicilindrica
valvole in testa
1934
e così nasce il Model X un 150 cc a valvole in
testa con notevoli prestazioni, che in una versione a cilindrata ridotta a 125 cc. riuscì
ad ottenere notevoli successi in fuoristrada.
Le Empire Star sostituiscono le Blue Star ed al Salone
dell'Olimpia di Londra del 1933 , la BSA presenta un progetto sconcertante.
La moto in questione ha un convenzionale motore 500 cc, ma
ha trasmissione idrodinamica e cambio Wilson a preselezione delle marce.
In pratica: nel carter in sostituzione della frizione c'è
un volano idraulico, cioè un rotore a palette che trasmette gradualmente il moto ad
un'altro rotore grazie all'olio presente tra i due rotori, poi con un pignone ed una
catena il moto arriva al cambio epicicloidale Wilson.
Quindi la leva della frizione non c'è, e la coppia viene
trasmessa automaticamente dal raggiungimento di un certo numero di giri in poi, mentre le
marce sono selezionate da una levettta sul manubrio.
Questa macchina non và in produzione.
BSA Red Star
1936
Val Page, il brillante progettista che lavorò anche per
Ariel e Triumph disegnò nel per la BSA i modelli della serie M, in particolare la
M20 una 500 cc a valvole laterali, che munita di sidecar viene scelta dall' Automobile
Club per le pattuglie del soccorso stradale, e durante la guerra verrà utilizzata dalle
pattuglie inglesi su tutti i fronti del mondo.
Il 30 giugno '37 Wal Handley si presenta a Brooklands alla
partenza della gara organizzata dal British Motor Cycling Racing Club, con una BSA Empire
Star con la quale grazie anche all'alimentazione con una miscela di alcool riesce a
sbaragliare tutti gli avversari, correndo ad una media di 164,583 km/h con il giro più
veloce percorso alla media di 173,112 km/h, guadagnando la stella d'oro che veniva
consegnata a chi durante le gare superasse i 160 km/h di media.
Dopo quest'esaltante esperienza doveva essere presentata
nel '38 una nuova 500 progettata da Val Page la M24 che in onore della vittoria a
Brooklands doveva chiamarsi Gold Star, con testa e cilindro in lega leggera, ma l'arrivo
della guerra la bloccò per il momento ed in produzione rimase solo la M20 per le
forniture belliche.
Soldati Neozelandesi della 'Signals Division'
ricevono istruzioni sulla BSA WD M20
1940
Durante la guerra la BSA aveva anche altri tipi di
produzione bellica, tra cui la bicicletta piegevole utilizzata dai paracadutisti, che era
stata inventata proprio dalla BSA durante la prima guerra mondiale.
Nel '46 la BSA presenta un modello per le competizioni di
trial la B32, basata sull'evoluzione del modello B31 curata da Bert Perrigo, consistente
in un innalzamento delle sospensioni, nel''adozione di uno scarico rialzato e di
parafanghi cromati.
Dopo la B32 nasce la B34 che con piloti come John Draper,
Bill Nicholson, Arthur Lampkin, John Burton e Brian Martin monopolizzano tutte le gare di
Trial e Scramble.
Sempre del '46 è la bicilindrica verticale A7, i due
cilindri sono affiancati, la distribuzione a valvole in testa è comandata da un abero a
camme rialzato.
Ma questo modello è presto soppiantato dal bicilindrico
A10 conosciuto (in Italia) come Golden Flash progettato da Bert Hopwood.
Il '48 è un'anno importante per la BSA perché inizia la
produzione della prima Bantam un modello di cui nella sua lunga carriera finita nel '70
furono venduti mezzo milione di esemplari in tutto il mono soprattutto negli Stati Uniti;
il primo modello era il 125 D1 seguirono la Bantam Major 150 ed infine la 175 cc
D14/4.
bantam 175
Alla Sei giorni internazionale del '52 in Austria la BSA
partecipò con tre Star Twin una nuova 500 bicilindrica; prima della gara i mezzi
compirono un rodaggio di mille miglia e dopo aver vinto tre medaglie d'oro i mezzi
continuarono la prova percorrendo un totale di 8000 km senza denunciare problemi.
Ma la moto che più di altre ha fatto la storia della BSA e
del motociclismo in genere è certamente la Gold Star, una moto che ha dominato nelle sue
diverse versioni tutte le specialità motociclistiche esistenti all'epoca: velocità,
cross, trial ed enduro.
La Gold Star è nata nel '39 con la sigla di M24 dalla
mente del geniale Val Page come modello da pista, poi come si è detto le vicende della
guerra e i problemi dell'immediato dopoguerra ne rallentarono lo sviluppo, ma quando nel
'49 la Federazione Motociclistica Inglese organizzò il Clubmans Tourist Trophy una gara
riservata a piloti dilettanti su moto di serie all'Isola di Man, la Gold Star 350
dimostrò di essere di gran lunga la miglior alternativa tra quelle disponibili sul
mercato.
Ben presto giunse anche la 500 presentata in occasione
della Sei giorni del '49 dove conquista subito undici medaglie d'oro, dimostrando fin da
subito la sua vocazione poliedrica.
Sempre alla Sei giorni, nel '50 viene adottato il
forcellone oscillante in luogo degli ammortizzatori telescopici,
La versione Trial esisteva già nell'immediato dopoguerra,
la forcella era già telescopica (invece che a parallelogramma) e dall'esperienza
immagazzinata con questa versione oltre che con quella da enduro che già dominava le
Sei giorni da prima della guerra, nacque nel '51 la versione cross, forse la più
famosa nel mondo di tutte le Gold Star.
BSA Gold Star Cross
1958
Semplice affidabile e robusta la Gold Star Cross non si
differenzia molto dalle altre versioni, se non nelle sospensioni, nella mancanza di
impianto di illuminazione, il motore era notevole, mentre il telaio non era esente da
cedimenti dopo i salti più duri; non vinse mai il campionato mondiale di motocross
perché questo fu istituito quando la sua carriera era ormai alla fine.
Nel frattempo la versione strada aveva monopolizzato
completamente il Clubmans T.T. all'edizione del '55 su 37 iscritti 35 pilotavano Gold
Star. Tanto che in breve tempo questo campionato fù eliminato perché non serviva più al
suo scopo originario, che era quello di stimolare la produzione di moto sportive di serie,
in quanto tutti usavano la stessa moto.
In questi anni la vita ed i progetti di Val Page padre
della Gold Star, si incrociano ancora una volta con quelli di Edward Turner che
aveva disegnato in quello stesso periodo la Tiger 100 e non vedeva di buon occhio la
concorrenza interna della Goldie all'interno del gruppo Triumph e BSA e sembra che
sfruttando la sua posizione di maggior potere in seno all'azienda abbia bocciato
l'approvazione di alcuni aggiornamenti previsti sulla moto di Page per renderla più
competitiva.
L'ultima Gold Star viene costruita nel '62, a sua
sostituzione viene sviluppata la 250 C15, un modello adatto al trial ed all'enduro, che si
evolverà poi in una 350 cc, 440 cc ed infine la Victor 500 leggera e maneggevole che
permise a Jeff Smith di vincere due campionati di motocross, ma ormai l'avanzata dei due
tempi, nel fuoristrada non lasciava più spazio alle pesanti quattro tempi (forse se
avesse resistito altri 20 anni...).
BSA Victor 500 cross
1969
Di seguito tutta una serie di fallimenti; uno scooter
bicilindrico 250, un motore 175 derivato dal Batam, il Dandy 90 e il Beagle 75.
Oltre all'Ariel Three che può essera considerata tra i
fallimenti BSA visto che la Ariel ormai ne faceva parte e di cui ho già parlato in
precedenza.
La Fury 350 a due cilindri affiancati forse avrebbe potuto
cambiare le cose ma non entrò mai in produzione.
L'unica moto ancora in vendita nel '73 con il nome BSA è
la Rocket Three (una 740 cc, quattro tempi con 60 cv e 200 km/h di punta) ed è in
quell'anno che il gruppo BSA-Triumph ed Ariel passò sotto il controllo della
Norton-Villiers.
BSA Leader 650
vincitrice al T.T. '66 sidecar
Cristian Rossi
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