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PREFAZIONE
Nel corso della vita capita spesso, per ignavia o per inerzia, di accorgersi del valore di
una persona o di un sentimento quando non ce l'hai più ed è troppo tardi per tornare
indietro, per dire parole che non hai saputo o voluto pronunciare in tempo, per donare a
te stesso e agli altri un bene giusto e tempestivo.
Siffatto senso, di tristezza ed amarezza insieme, ci coglie scorrendo la storia degli
Alpini e degli Artiglieri tra Pelmo e Peralba, ripercorrendo anno dopo anno l'ineffabile
rapporto di fede e di amore dipanatosi tra le nostre crode per più di un secolo ed oggi
purtroppo non più nutrito e vivificato da un`eredità vivente ed operante nel nome del
Cadore.
Ci sentiamo inevitabilmente più poveri, ma soprattutto tristi e sconfitti, per non essere
capaci di far continuare quel filo importante e prezioso della storia, che le generazioni
passate ci hanno consegnato come ideale testimone di forza e dignità e che noi,
nonostante tutto, non siamo riusciti a nostra volta a trasmettere ai nostri figli e
nipoti.
Da tante foto, che non si sa dire se più corrose o arricchite dal tempo, prorompono
l'originalità e l`importanza di un servizio unico reso alla Patria, a quella grande come
quella piccola, di una militanza orgogliosa ma mai boriosa, di un sacrificio sopportato senza
becero vanto, di un dovere insomma cercato anzitutto nella propria anima di uomo e di
montanaro.
E per chi non volesse rispondere alla diana di siffatto moralismo patrio, valga almeno il
riconoscimento che i nostri paesi, piccoli e grandi, sembrano oggi più vuoti e mesti,
impoveriti non solo dal recente e generalizzato calo demografico, bensì pure dalla
repentina scomparsa di quel soffio di gioventù e di allegria che, proprio grazie ai
soldati qui di stanza a partire dal 1873, ha pervaso per tanto tempo le piazze cadorine e
la nostra stessa cultura, fin troppo appartata e
silente.
Nello scorrere del tempo, scandito da tante immagini di gruppo, da tante pose, talvolta
informali, più spesso ufficiali e ieratiche, non è solo l'evoluzione militare ad
imporsi, dalla divisa alla strategia, dalle armi alle caserme e ai ricoveri, ma è
anzitutto la nostra gente, sono i nostri paesi, i nostri costumi a mutare sullo sfondo, a
sottendere idealmente la crescita quantitativa e qualitativa di reparti che hanno saputo
fondersi davvero nella società civile cadorina, diventandone, a tutti gli effetti e con
tutti i crismi, parte viva ed integrante.
Ripercorrere la storia di Alpini ed Artiglieri in Cadore significa seguire da un
osservatorio privilegiato progressi ed illusioni, cadute e riprese, conquiste e sofferenze
dell'intera nazione italiana, uscita dalla poesia risorgimentale per battere la via della
prosa politica e militare, per ostentare ai sofferti confini la propria forza e le proprie
ambizioni di grande potenza. Al punto che essa finisce coll'essere storia di tutti noi,
spaccato autentico di umiltà e di sacrificio, di errori e di incongruenze, ma pure di
crescita e di emancipazione.
Era importante - noi crediamo - raccogliere queste testimonianze, soprattutto fotografiche,
disperse tra tante case,
sottrarle ai vecchi bauli e al ristretto ambito della memoria familiare, per riproporle
con ordinata e cronologica scansione,
in modo da offrirle a giovani e meno giovani quasi in mutuo colloquio tra loro, in
fruttuosa sinergia di ricordi ed
emozioni. Per salvarle insomma dal degrado fatale del tempo, e talvolta dall'incuria
dell'uomo, e farne occasione per noi tutti di apprendimento, di dialogo, di discussione,
di proposta, fors`anche di ripensamento.
150 anni sono passati da quando Calvi guidò i suoi Corpi Franchi e le sue Guardie
Civiche, antesiguani dei nostri fanti colla penna di corvo, alla gloria di Chiapuzza e
Rindemera, e 125 dall' arrivo dei primi alpini, quelli "ufficiali ", a
"Pecòl ", in quel di Pieve: il cammino fatto con loro dalla nostra gente è
troppo lungo e complesso per coglierne qui tutta la portata temporale e culturale.
Concepiamo dunque questo nostro lavoro come il primo capitolo di un racconto più vasto,
un capitolo che vuole trattare anzitutto la nascita e lo sviluppo in Cadore del corpo
degli Alpini e degli Artiglieri, dagli eroismi di Calvi allo scoppio della Grande Guerra.
Altri capitoli potranno seguire poi, giacché due immani conflitti mondiali offrono la
materia e il destro per innumerevoli testimonianze di vicende personali e collettive, in
un Cadore comunque sempre protagonista, o con tanti suoi figli combattenti, o come teatro
stesso di una lotta cruenta e spietata.
Se il lettore apprezzerà il nostro sforzo, se soprattutto i giovani cadorini ci
seguiranno nel ritmo suadente di una storia per immagini che, pur sfumata di mito, vuole
essere la nostra stessa storia, noi la continueremo ben volentieri, convinti che fin che
c'è memoria c'è vita. E con essa pure la speranza - ostinata e dura a morire - di un
felice ritorno prossimo venturo.
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