Mentre la campagna dormiva sotto mezzo metro di neve, in un gelido mercoledì di dicembre del 47 sono nato io. Elsa l’allevatrice mi fece nascere a casa, quella casa che fu la residenza dei miei avi e di mio nonno da sempre sagrestani. Mio papà era pescatore, dapprima ai Dugali e poi nei canali della nostra zona mentre mamma Paolina andò prima in filanda e poi a fare l’inserviente all’ospedale.
Nel 51 la famiglia si allarga e arriva prima Natalino, futuro grande medico scomparso prematuramente tre anni fa e poi nel 57 nacque mia sorella Ginetta, l’infermiera che tutti vorrebbero avere.
Volevano farmi nascere il primo gennaio del quarantotto e mio padre dalla gioia si prese una sonora sbornia e meglio così altrimenti non sarei qui a scrivere. Eravamo molto poveri ma dignitosi e magari solo con polenta in forme diverse mangiavamo comunque tre volte al giorno.
La vita era molto semplice, e si giocava più con la fantasia che non coi giocattoli veri e propri quasi inesistenti. Mio compagno d’infanzia, di scuola e adesso di internet era Mario che per la sua gracilità chiamavamo piabrini ovvero scricciolo. Una volta lo convinsi a salire con me sulla torre della chiesa vecchia da cui si ammirava tutta la campagna dove ancora oggi giro in lungo e in largo alla ricerca di funghi.
A sei anni l’infanzia fu funestata dalla morte dello zio Luigi caduto dal fienile e cercai di colmare il vuoto della sua scomparsa frequentando spesso i nonni distrutti dal dolore.
A scuola me la cavavo ma la mia vivacità spesso si scontrava con l’autorità della maestra Passeri, una educatrice che incuteva una soggezione inversamente proporzionale alla sua statura.
Dopo l’avviamento agrario ho affrontato le scuole tecniche ma e’ stata una faticaccia anche perché gli orari dei treni per Cremona erano proibitivi. Tante cottarelle si sono susseguite in gioventù ma fortunatamente niente fu preso sul serio e ancora oggi apprezzo la libertà che mi sono goduto.
Ma veniamo alla parentesi militare, vera maestra di vita, dove ho imparato a sciare, scalare, dormire nella neve e soprattutto ad amare la natura immensa delle nostre Alpi, passione trasmessa poi a mio fratello Natalino.
Dal punto di vista lavorativo ho fatto diverse attività, riparatore di ascensori, operaio nel mangimificio, coltivatore di angurie ma quello che più mi ha gratificato dal punto di vista umano è stato quello di infermiere all’ospedale Aragona che tra l’altro mi ha permesso di incontrare Maddalena, mia moglie.
Con lei abbiamo fatto due figli, Miriam e Daniele che mi ha già reso nonno di un bel “saretin”.
Oggi nonostante gli acciacchi, resto molto attivo e tra un po’ di amministrazione comunale, il tiro con l'arco, poesie dialettali, pesca amatoriale e adesso internet cerco di godermi serenamente la pensione.
Ovviamente non ho detto tutto, ma se mi scrivete vi dirò anche quello che non ho scritto.
Il piabrini di San Zavedro.
Mario Carrara
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