Pordenone, 6 APRILE -
Nata
per stupire, per bucare il video, per essere diversa da tutto e da tutti. Questa è Skin,
qualcosa di più di una semplice cantante: il cuore, la grinta la sfacciataggine degli
Skunk Anansie. Lei è tutto per il gruppo inglese: voce, icona, forza, impatto. Con la sua
figura si ripropone leterno problema del leader di una band. Si è sempre detto: chi
canta è lanima del gruppo? Spesso è così, non sempre, ma spesso sì, come vedremo
nel tour di questi giorni in Italia.
Che sarebbero i Madredeus senza Teresa Salgueiro? I Nirvana senza Kurt Cobain? I
Dire Straits senza Mark Knopfler? Solo i Genesis sono riusciti a sopravvivere al divorzio
dal carisma di Peter Gabriel, scoprendo la spudoratezza di Phil Collins. Nella stragrande
maggioranza dei casi chi sta dietro al microfono, per il pubblico è il gruppo. E così è
Skin: calva, aggressiva, scolpita dal solito mistero bisessuale. Lei è gli Skunk Anansie:
nata per bucare il video, per squarciare il buio dei concerti. In Italia è adorata,
omaggiata come una sacerdotessa, infatti non è un caso se la band inglese ruota da noi
sempre più di frequente. Già si era capito con i primi due album, Paranoid and
sunburnt (1995) e Stoosh (1997), che il crossover degli Skunk era un
delizioso pugno in faccia, ma il boom è arrivato con Post Orgasmic chill. La
leggenda si è librata in volo, arrivando a vette impensate una sera di giugno del 1999, a
Imola, sul palco dellHeineken Jammin Festival. Pioveva da due giorni, e il
prato dellautodromo era unimmensa piscina di fango. Eppure migliaia di persone
erano lì, radicate nella mota, con gli occhi paralizzati. Davanti a loro cera Skin,
serpente che si contorceva sul palco e dalle cui spire uscivano soffocati i gemiti di
Secretely, You'll follow me down. E a una così si può perdonare
davvero tutto. Anche un musical come Rent.
(La Notizia.it, apr.2000)