«Le cose? Ah, le cose non sono buone o cattive,
le cose
sono svariate».
Le cose sono buone o cattive?
«Non ci sono soldi».
Cominciamo (noi, io-voi, poiché m’avete
in - qualche modo, con poco stile – chiamato in causa); cominciamo
male, malissimo: domanda in forma d'affermazione posta. Mal posta?
Domandare a chi, se sono solo: ? (oggi
non rido, avviso, dietro al vetro dello sguardo.
Tetro? Sì, tetro)
Le vecchie mura vibrano del calore, e la mia
finestra è uno specchio. Ci sono già dentro.
Allons. Dentro il giro delle strade che mi chiamano,
nel segno dell’aria?
Girotondare intorno al centro? A chi domandare?
A tutti – folla - cittadinifratelli- nessuno:
Piazza de Ferrari. Alle vie che tracimano giù piene di folla
vita, lastre lustre dei commercianti, insegne pericolanti; ai passanti,
colorati passanti, ai bancarellanti (vendenti e compranti, - non
ci sono soldi!-) ai mendicanti, ai santi, sportellanti automatici, telefonanti.
Attenti. Per una volta non dirò che è
colpa mia.
Soldi non ce ne sono, e le cose... le cose non
sono né buone né cattive. Le cose
sono svariate. Inciampo nella Parole: assomiglia
a - sbagliate. Proviamo.
Le cose svariate sono sbagliate, né buone
né cattive - le cose.
E le rose?
Vento caldo nella direzione buona, quella della
follia, colorata follia,
quella di vento di parole che fa cambiar strada
- nella direzione buona,
quella dell’odio. Io – voi.
Vorrei ritrovare la vena mia migliore, quella
dei sogni di gloria e delle cavalcate a spada sguainata, quella delle flebo
più intense. Venticello di parole, ciclone.
Voglio, essere, forte: resistente al dolore,
renitente all'amore.
Ecco la vena delle parole, quelle giuste - per
fingere. Almeno il folle vento del fingere.
Fingere-mi poeta derelitto, affetto dal
dolore arcano e rapinoso, che inspessisce il
suo sangue cattivo con l'alcool e cura le ferite
dell’anima sua con dosi crescenti e
cicatrizzanti di poesia.
Bevi, bevi il buon nepente. Cos'è un nepente?
Precisiamo, via. Non è un rettile e non
è velenoso, mio buon amico.
E' solo una parola desueta, desueta fuori moda:
come certi colori, come certi dubbi.
Parola che succede, come certi dubbi, a chi segue
sentieri senza previdenza, costeggiati da
tronchi antichi spezzati dalla folgore,
che nella radura riescono che nessuno sa: la radura dove a gambe incrociate
sedersi, sotto il sole fermo, ad aspettar che atterri il disco volante
della Dea.
Parole che succedono, come succede la morte,
distrazione di un momento.
Diciamo allora consolarsi con le parole. Non
con parole qualsiasi. Parole di cattiva dolcezza.
Per curare un'anima come col ferro rovente si
curavano i corpi, dopo le battaglie.
Inondare di acquavite le ferite aperte. Parole
che facciano male.
Oggi questo è possibile per tutti. Cento
pagine mille lire.
Duecento pagine 1500 lire. Diciassette poesie
di Montale 2500 lire.
Ventotto poesie di Montale per lo stesso
prezzo.
Saffo, Saffo e Withman, con lo sconto, e il dischetto,
e la spilla, e l'adesivo in omaggio.
E un aforisma di Nietzsche di resto, alla cassa.
Così accessibile la poesia oggi, così
accessibile.
Anche la birra. Un mondo di birra. Costa meno.
Dal 12 giugno
al 10 agosto. Tedesca, 3984 lire, danese, 6484
lire. Belga,
doppio malto, 7920 lire.
Si, perché adesso l'immaginazione è
al potere, e il potere la rivende, non a gocce perché
davvero è generoso e nobile, a bottiglie
e ad almanacchi, a volte la regala, perfino, perché è generoso
come il mare, come il Re Sole: serate gratis, le vie calde del centro,
le luci, la musica e la
poesia, offerte dal Comune, nessuna condizione,
nessuna tariffa, nessun esame d'ammissione.
Ma non avevate detto che non c'erano soldi?
Taci spirito ribelle. Essere tutti uguali, tutti
uguali davanti al Bello.
Ecco: la possibilità di vivere di ebbrezza
e di poesia. Che età felice.
Che giovinezza, che fortuna, allungare la mano
e prendere, come nell'Eden, la Ceres nella mano e l'Arte che ti accarezza
le orecchie e le parti più sensibili dell'anima, quelle che l'educazione
oppressiva ci ha insegnato a tenere coperte, gratis. C'è anche la
poesia analcolica, per chi ha un occhio alla salute, e sa volersi bene.
Come non approfittarne?
Perché non ne approfitti, spirito scontento?
Cosa rispondere? Non so. Non so. Non so.
Come dirlo?
Mal dirlo?
Come mal dirlo, io cerco di scrivere. Cosa?
Sì, di
scrivere. Io tento di mal scrivere.
Io? Noi!
No. Io, io, io, io.
Ritrovare la mia vena migliore. All'incrocio
di un meridiano e di un parallelo, la pentola d'oro della
ricchezza e della bellezza. Della gioventù...
Sei stato giovane, ciò avrebbe dovuto
lasciarti qualcosa, un ricordo almeno, un'abitudine, qualcosa di famigliare
come il modo di piegare i calzoni quando vai a letto. E il viaggio per
chi non sa restare, per chi vuole sentire quel canto che danna.
E allora, fatti consigliare un meridiano e parti.
Andare via? Ma se arriva, la morte, se arriva
la morte come un brigante, allora, meglio
non allontanarsi troppo, allora. In fondo, proprio
in fondo sono nato qui.
Mi hanno nato qui, sono stato nato qui. Proprio
in fondo, in fondo ai miei giorni, guardati in controluce come una bottiglia
opaca - e vuota.
Un percorso organizzato e curvo. Assicurato.
Economico come l'arte, come l'ebbrezza
frizzante e ambrata dei miei padri che si ungevano
i capelli di burro prima della battaglia.
Alpitour.
MA, tra ispirazione e traspirazione, una diastole
di
dolore, che risveglia dal sonno artificiale.
Scuote l'arto naturale.
Le cose. E le rose? Cediamo a quest'assonanza
che ci riporta ad un contesto poetico, sì poetico, così poetico.
Assonanza, o paio minimo, o cambio di consonante,
a seconda che la cultura sia classico-liceale, universitaria -linguistica,
o da Settimana Enigmistica. E le rose? E le rose? E le rose?
Vorrei chiederlo alla fioraia. Scusi, le rose
sono buone o cattive?
Sono anch'esse svariate?
Sì, sono un po' appassite, ma appena appena,
diciamo un po' svariate. Si vendono lo stesso.
Quando scrivo mi metto il grembiule, come per
lavare i piatti, come il ciabattino per incollar le suole, ché ho
paura che poi uscendo il vigile i gendarmi di Pinocchio notino che ho to.
Ieri ero giovane e guerriero, oggi sono svariato,
domani sarò appassito, come le rose, e andrò nella
spazzatura, come le rose: con le rose, i ventagli e le vecchie bambole.
La sabbia scende molto lentamente: per
chi scambia merci, o segni, per chi sbaglia e per chi sbadiglia.
E presto la mano si seccherà e non potrà più girare
la clessidra.
Visto che mal finirò, io mal scrivo, e
faccio domande brutte. E a nessuno chiedo scusa.
(Genova 1996/1998)
PS: I diritti di questo racconto sono
riservati e proprietà del suo autore.