La 49°BV
in pari righe.
Simmetria (negli allestimenti) e (predilezione per i) suoni
caratterizzano la Biennale. Ai primi appartengono soprattutto
il padiglione americano con Robert Gober, che sdoppia o moltiplica
bottiglie come ritagli di giornali ["Sister del gatto/
cura di qualità per i vostri animali domestici. £10.000
per visita"] e il padiglione Francese che proprio per
questo costringe il visitatore a una duplice coda, da sommarsi
alle non indifferenti altre del circondario. Al secondo corrispondono:
il padiglione della Norvegia, con un pregevole catalogo zeppo
di fotografie e immagini high & low da sfogliare in concomitanza
con l'ascolto dell'allettante vinile incluso nel cofanetto
a basso costo; la Svizzera, a San Stae, con Norbert Moslang
& Andy Guhl e la loro audio-installazione dal titolo "sound_shifting"
- casse d'amplificazione che si dispongono avvolgenti all'interno
di una chiesa invitano, di rimando, a un variegato merchandising
tra dischi, cd, vhs e bookletts degli artisti. Leggiadria
sinfonica anche al padiglione spagnolo (altrimenti sovraccarico
di un blu elettrico e un rosa confetto) nell'urto di gocce/ampolle
in vetro, e suoni pure per Finnbogi Pétursson che,
con il suo padiglione a cuneo ligneo, inoltra gli astanti
alla beffa... A entrambe le tipologie conviene invece il padiglione
Austriaco, assai invitante con la sua passerella nel fango
e l'avviso di diffida a chi soffre di epilessia o tachicardia!
Sempre molto nutrita la presenza di video arte, poco vista,
troppo monotona, dall'Olanda all'Israele; grande sfarzo tecnologico
per la Grecia ma su tutti, il migliore è Paul Pfeiffer
per le dimensioni decisamente contenute dei suoi monitor:
micro-proiezioni sull'evanescenza. Di Pfeiffer, oltre a un
cucchiaio e una forchetta ritorti su se stessi [sic], è
pure l'algida e inquietante installazione all'arsenale, quasi
una scena per un (imminente) delitto. Non sorprendono invece
per novità [!] i decollage, collage, carte incollate
e... stampe plastificate di un maestro italiano come Mimmo
Rotella. Così pure "niente da vedere niente da
nascondere" per Alighiero Boetti; niente da vedere per
quanto riguarda l'Autoritratto, una fontana che raramente
zampilla acqua a causa di una vasca semi prosciugata, ma che
in compenso offre lo spettacolo orgiastico di un nutrito gruppo
di rane. Altresì niente da nascondere per Tutto, così
da Mettere al mondo il mondo All'insicuro noncurante e Io
che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969, a dispetto
di un eccesso di tappeti e arazzi (di
cui due mappe). Ma non sono a rigor di logica i Giardini di
Castello né Corderie, Artiglierie, Gaggiandre, Isolotto,
Tese Cinquecentesche, Tese delle Vergini o il Giardino delle
Vergini a dare lo spaccato migliore della rassegna. Numerosi
e fertili di proposte i padiglioni disseminati nella città,
alla scoperta di edifici inutilizzati, chiese sconsacrate
ma pure di palazzi nobiliari. Una segnalazione di merito al
Lussemburgo, a Cà del Duca in Corte del Duca Sforza,
per la personale "Casa mia" di Doris Drescher; minuscoli
oggetti policromi e altrettanti fievoli disegni/scritture
si camuffano nelle sale attraversate da un unico, sottile,
filo rosso - "di Arianna" mitologica memoria; decisamente
superflui, eccessivi, risultano essere invece i video che
l'accompagnano. Singapore (alla Schola di Santa Apollonia)
per più ragioni, tra cui il meccanismo di apparente
collisione di alcuni lampadari, o Taiwan (Palazzo delle Prigioni),
sempre suggestivo e ammiccante. O ancora Africa e Estonia,
dislocate negli attigui Fondazione Levi e Palazzo Giustiniani
Lolin. Alla prima una felice famigliola di astronauti veste
tute imbottite che sembrano trapunte, alla seconda troviamo
M. Laimre e la già citata, intrigante, Ene-Liis Semper.
La comunità francese del Belgio (Istituto Veneto di
Scienze, Lettere ed Arti Santo Stefano) per l'ipertrofica
casetta per uccelli di Michel Dans, le "brutte"
sculture e i video di Lizène in virtù di uno
stupidissimo eppur ipnotico accompagnamento sonoro, così
come per il pupazzo - di quelli in legno che si manovrano
infilandoci una mano all'interno (tipici del cabaret) - animato
da un suo pari intento nel disegnare il proprio autoritratto;
infine qualcuno qui ravviserà, nei video presenti all'apice
della scalinata, un'analogia con il film "American Beauty"
nella sequenza ripresa da uno dei protagonisti ove un sacchetto
marrone svolazza sospinto dal vento... In ultima istanza bisognerebbe
decidere se essere "polemici" o preferibilmente
solo più "politici" per i premi speciali
ai giovani artisti: Federico Herreo, A1-53167, Anri Sala,
John Pilson (?), quanto e come per il calcio che sta "inquinando"
l'arte, perché d'aiuto non sono certo Luscher, Dabernig
e Buchanan che, tanto per cambiare, ce lo propongono nella
"variante" della video arte.
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