Archeologia
del sapere e storia dell'arte |
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La storia Spesso ci portiamo dietro un'idea dello storico come di colui che inscrive
i fatti nel territorio del sapere attraverso la loro descrizione. Detto
in altre parole lo storico sarebbe colui che osserva un evento, lo descrive
e così facendo ne fa la storia. In questo modo l'evento è
inserito nel dominio delle cose scritte, delle documentazioni, della
cultura. Lo storico, dunque, sarebbe soltanto un'interfaccia tra il
semplice accadimento di qualcosa e la sua rappresentazione nella testimonianza.
Questa, infatti, sarebbe una funzione simile a quella del testimone
che, per es., vede una persona ucciderne un'altra. Egli, mettendo per
iscritto i suoi ricordi, produce un documento che serve poi da punto
di riferimento per le iniziative della società (condanna penale,
informazione giornalistica ecc.). Se accade qualcosa senza che nessuno
lo possa testimoniare - ovvero tradurre in parole e documenti - non
si produce nessun fatto. Tutt'al più si può sospettare
o dedurre che un fatto sia accaduto. Per esempio se una persona è
scomparsa potrebbe essere morta. Sicuramente alcuni eventi sono avvenuti,
ma, non conoscendoli, non si può dire se essa sia morta o meno.
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L'arte come formazione discorsiva
L'artisticità dell'opera d'arte è un fatto culturale e non naturale. Un'opera è designata "opera d'arte" nel corso di un'incessante contrattazione che vede molte parti in causa. Essa deve essere riconosciuta come tale, deve essere "approvata" ripetutamente prima di poter essere definitivamente consacrata e lo stesso accade anche per l'artista. Un'opera non è naturalmente artistica al contrario ad es. del rame nativo che è naturalmente rame. L'opera d'arte, Nel dominio degli eventi che non sono ancora qualificabili come "fatti", non esiste. Se un cadavere è tale anche se nessuno lo vede e quindi può essere scoperto, raccontato e inscritto nell'ordine dei fatti, documentato, storicizzato, indagato; se un terremoto è un evento precategoriale e quindi esiste sia che io sia in grado o meno di descriverlo e raccontarlo agli altri, l'opera d'arte invece no. Essa nasce già come un fatto, altrimenti è qualcosa (una scultura, un quadro) ma non un'opera d'arte. Io posso realizzare un dipinto senza che nessuno lo sappia, ma affinché questo possa essere considerato "opera d'arte" occorre il consenso di una comunità, che viene tributato attraverso operatori del settore che condividono la categoria concettuale "arte" e molte altre annesse. Esistendo quindi l'arte solo nel dominio saperi, essa non può essere semplicemente testimoniata alla stregua di un evento naturale, poiché essa è sempre un evento culturale e il suo apparire non è mai solamente riducibile alla realizzazione dell'oggetto fisico (il quadro, l'installazione, la scultura ecc.) - che non è neanche indispensabile - , bensì all'azione di numerosi meccanismi e agenti che ne determinano la consacrazione. Dobbiamo allora tenere presente in primo luogo l'arte come formazione
discorsiva. In secondo luogo artisti, movimenti, tendenze e opere vanno
considerati tutti come oggetti prodotti dalle formazioni discorsive.
Alla base quindi non abbiamo l'intima psicologia dell'artista, la sua
ineffabile genialità, non abbiamo l'essenza del movimento o della
tendenza, non abbiamo infine la verità interiore espressa dall'opera
d'arte, ma un continuo lavoro di costruzione di valori che passa attraverso
una folta produzione di enunciati. Ciò però non significa
che tutti gli oggetti culturali, per il solo fatto di essere tali, siano
del tutto equivalenti. Un autore non è uguale a un'opera o a
un movimento. Essi rappresentano tre tipi di coagulazioni enunciative
che si situano su tre piani differenti. |
Il movimento artistico
Chiaramente se ci troviamo ad esaminare una tendenza
o un movimento, occorre innanzi tutto sfuggire alle tentazioni universalistiche
o generalizzanti. Con ciò si allude alle dichiarazioni del tipo:
"è optical tutta l'arte basata su effetti ottici aniconici"
o "è surrealista tutta l'arte basata su elementi onirici".
Questo è l'errore in cui si incorre quando si vuole stabilire
l'essenza di un movimento artistico in una regola poetica generale al
di là della contingenza storica, come se fosse una legge fisica.
In questo modo dovremmo desumere che sono optical art molte decorazioni
musive romane, basate su giochi di rombi che vanno intrecciandosi verso
il centro, oppure dovremmo sostenere, come è stato anche fatto,
che Bosch sia un pittore surrealista. Dunque, quando ci si appresta ad analizzare un movimento artistico, bisogna innanzitutto eliminare l'idea di doverne cercare l'essenza come criterio unificatore, per stabilire chi vi possa appartenere o meno. Occorre cioè astenersi da formulazioni generali che permettono l'aggiunta a nostro piacimento di altri artisti, che non vi appartengono storicamente, per il semplice motivo che hanno una produzione affine o compatibile con i principi da noi delineati. Personalmente quando ho affrontato il caso dell'arte concettuale mi sono posto il problema di scegliere tra varie definizioni. Ad esempio la definizione data dalla Lippard dell'arte concettuale come arte dematerializzata avrebbe comportato un criterio di appartenenza secondo il quale avrei dovuto considerare concettuali solo quelli che sceglievano di non presentare oggetti. Diversamente seguendo la definizione data da Migliorini - dell'arte concettuale come arte interessata al momento germinale dell'ideazione che lui chiama poiesis - avrei dovuto eliminare tutta un'altra serie di artisti. Il criterio di definizione condiziona direttamente la mappatura del movimento ed è interessante notare che le diverse definizioni, non solo producono differenti mappature tra loro, ma anche mappature che non coincidono mai (a meno di non ricorrere alle solite forzature) con l'estensione del movimento che ci è invece consegnato dalle varie documentazioni storiche. Per questo motivo occorre rinunciare a qualsiasi definizione aprioristica, per concentrarsi sull'analisi degli enunciati e far emergere dal confronto e dalle ridondanze statistiche l'eventuale presenza di un comun denominatore teorico. Questo va trovato però a-posteriori e non deve rappresentare neanche la nostra maggiore preoccupazione. Infatti, l'eventuale esistenza di un principio unificante del fenomeno non è che una delle caratteristiche del fenomeno stesso. La storia dei saperi è piena di fenomeni dotati di una capacità di emergere dallo sfondo pur non essendo omogenei al loro interno. Queste disomogeneità possono essere sia diacroniche (=le discontinuità studiate dalla genealogia) che sincroniche come nel caso di contenitori culturali che contengono al proprio interno elementi che hanno più differenze tra loro che con elementi esterni (l'arte è uno di questi). Non si può infatti presumere una coerenza nei fenomeni storico culturali, così come non la si può presumere nelle persone, senza cadere almeno in ingenue impostazioni metafisiche. I movimenti possono inoltre suddividersi in sottoinsiemi, possono ordinare al loro interno altri oggetti secondo determinate griglie (anche se in questo caso la nozione foucaultiana di "griglia di specificazione" mal si adatta al campo artistico in quanto esso non è mosso da un intento di conoscenza razionale tassonomica). |
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L'artista
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L'opera d'arte
In conclusione va notato che comunque un'indagine genealogica non è mai fine a stessa. Essa è sempre un atto strategico all'interno di una politica. Essa si serve di metodi di indagine obiettivi per finalità che sono di parte e che non potrebbero non esserlo. Quando parliamo di politica non parliamo di sinistra o destra, ma di una politica di ricerca che solo molto alla lontana può essere ricondotta a dinamiche di schieramenti parlamentari. In questo senso poi molti strumenti di analisi potranno essere usati o meno a seconda della funzione a cui sono rivolti. È chiaro però che questa stessa piccola enucleazione metodologica risponde già di per sé a una strategia mirante alla demistificazione dell'arte e dei concetti che essa usa. Va sottolineata comunque la dimensione strategica perché un altro elemento molto importante sta proprio nella scelta del movimento, dell'artista o dell'opera da analizzare. Attraverso queste analisi si mettono in luce l'uso di determinate strutture che governano il discorso dell'arte. |
Roberto Terrosi