ÈGO (di alberto zanchetta)
- in quanto coscienza e conoscenza delle contingenze (l'arte) - accentuata rubrica per chi non esalta se stesso (l'uomo) ma solo "l'altro da sé" (l'artista), di chi ama o ambisce a ricondurre e subordinare a sé ogni cosa (ars vivendi); organizzate nel modo più coerente: (eccentriche) ipotesi e (inusitate) soluzioni di/per interviste che esaltino l' "IO artistico" anziché quello (del) critico - sdefinito-spersonalizzato in stereotipi, cliché, modelli standard non dissimili da banalissimi deja vu, rivisitazioni/citazioni precedenti/altrui, da calzare a pennello "su misura" degli interlocutori! |
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01: GUNTER SOLO |
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Personalmente, ritengo importante cogliere le radici di un'artista cercando
di ricostruire, fin dove è possibile, il terreno in cui affondano.
Direi di cominciare, quindi, dalla tua formazione giovanile. Che genere
di libri, di materiali creativi circolavano all'epoca della tua adolescenza?
Quali erano i tuoi contatti con il mondo dell'arte e della letteratura? |
GUNTHER
SOLO |
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"Fin da piccolo sorprendevo
gli altri bambini con le mie trovate e già allora si parlava di
me come di un "enfant prodige". (..) Non praticavo sport però
passavo intere giornate a sfogliare libri d'arte e a immaginare il giorno
che sarei diventato un artista famoso." |
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Se i mass media sono stati la scoperta degli anni sessanta, qual è
stata quella del periodo in cui si sviluppava il tuo lavoro? Quale era
l'etica di quel periodo? |
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"
che i media abbiano
un ruolo importante nella mio successo è innegabile. È la
proiezione di me che arriva al pubblico. La maggior parte delle persone
che conoscono Gunther Solo lo hanno visto sulla stampa o in video, solo
una piccola parte era presente durante le mie performance. È il
resoconto dei media che raggiunge il grande pubblico e che fa sì
che Gunther Solo diventi un personaggio pubblico e discusso. E questo
non l'ho detto io! (..)
delle Spice Girls sappiamo tutto, ma quanti
possono sostenere di averle viste o sentite cantare? Io sì, e posso
affermare che esistono. Ma gli altri? È per questo che considero
fondamentale il momento della diffusione e commercializzazione delle mie
operazioni, perché è la fase in cui ci si rapporta con il
mondo. |
Tu ti ricordi di quando hai fatto la tua prima opera d'arte? Mi puoi
fare una breve descrizione di quel momento, di quell'epifania? |
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"È
stata una delle prime performance di Gunther, forse quella che lo ha fatto
conoscere. (..) Lo conoscevo perché mi era stato presentato da un
amico gallerista. Mi aveva detto "tienilo d'occhio, ha talento il ragazzo".
Gli ho proposto allora di fare una cosa nel mio locale. Mi aveva detto che
faceva qualcosa di pericoloso, non mi sarei certo aspettato proprio "quello"
ha tenuto tutti con il fiato sospeso per un'ora! (..) "
mi ha
chiamato mezz'ora prima della performance e mi ha detto di procurargli una
pistola a tamburo, ho pensato: oh mio Dio
"." [intervista a un gallerista tedesco da Die Spiegel, dicembre 1997] |
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Quantunque la fisicità sia probabilmente la tua metafora, nella
tua opera sono presenti anche stati psicologici. La tua attenzione sembra
concentrata sullo sviluppo del sé, dalla fase di repressione a
una fase più produttiva attraverso una serie di stadi di transizione.
Vedi questo processo come un passaggio da una fase narcisistica a una
fase più individuata? |
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"Non penso
mai al mio corpo, penso sempre a come rappresentarlo, come verrà
decifrato dal pubblico o in quale forma arriverà. Non mi interessa
il corpo e i suoi problemi, io quando ho un'idea la realizzo e basta, senza
pormi limiti fisici o intellettuali. (..) Io uso la mia immagine prima del
mio corpo." [dal cat. della mostra "Gunther Solo - Images", 1997] |
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Questo rapporto con l'immagine e con la sua mediazione fisica è
anche un rapporto di mediazione tra la cultura e la natura? |
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"La realtà
è quella che viaggia attraverso le immagini e le parole. Il fatto
di manifestarsi fisicamente in un posto è relativo, l'importante
è dimostrare che è successo. Mi piacerebbe clonarmi ed essere
contemporaneamente in diversi posti del mondo." [intervista a Gunther Solo da L'Espresso, aprile 1998] |
Come ti poni nei confronti di chi guarda e quale è il ruolo che
gli attribuisci? |
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"Non voglio
essere un artista per piccole elite, ho sempre guardato all'arte come a
un qualcosa che arrivasse a tutti. I grandi artisti parlano un linguaggio semplice e accessibile a tutti. Io mi fermo spesso per strada a parlare con la gente. Credimi, è questo che la gente vuole da un artista." [intervista a Gunther Solo da Class, maggio 1997] |
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Secondo me la provocazione non è l'arte, ma la vita. Come hai
risolto questo conflitto nel corso della tua esistenza? |
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"Del mio
processo ne ha parlato tutta la stampa a New York. C'erano questi titoli
"Il processo dell'arte - Gunther Solo: artista o provocatore?".
A me interessa che la questione sia uscita dall'ambito del sistema dell'arte
e sai arrivata dalla massa. È diventata una notizia nel flusso, come
le altre. (..) Il mio lavoro non posso sintetizzarlo in due parole, come
molti cercano di fare continuamente. Non esiste la "sintesi".
È come quando si fa il cosiddetto bilancio della propria vita. È
una sciocchezza, le persone cambiano continuamente, non si può fare
la somma di cose diverse tra loro. Sono cose intangibili. La gente si scava
una piccola nicchia e dice "io sono lì" e questo succede
anche nel mondo dell'arte. Troppo facile
" [intervista a Gunther Solo da Interview, febbraio 1999] |
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