Daniela Bellotti "Scritti sull'Arte"                                                                                                                        Gli artisti

EMILIO SCANAVINO

ALLA DIPAOLOARTE

 

Testo pubblicato in Art Journal

nov-dic 2007

 

 

“Le membra di un uomo”, 1959, olio su tela, 195x130

 

“Dall’alto in basso”, 1961, olio su tela, 200x160

 

“Tramatura”, 1974, olio su tela, cm. 60x60

 

"Personaggi", 1961, olio su tela, cm. 70x70

 

Emilio Scanavino. Genesi di un segno

Il segno di Scanavino… tutti lo riconoscono, è una tessitura ordinata, un fascio grafico che ricorda un intreccio di canne spezzate, una sequenza ritmica con un orientamento e una compostezza quasi scultorea, come se un laccio secco e tagliente avesse stretto in un abbraccio feroce un invisibile segmento di spazio, stringendolo fino a farlo esplodere in una colata d’inchiostro. Difficile da spiegare, immediato da riconoscere. Scanavino, come altri artisti della sua generazione, che con lui hanno condiviso un percorso che ha attraversato l’informale, lo spazialismo, l’astrattismo (penso a Fontana, Capogrossi, Crippa…), ha avuto il merito di individuare il suo segno, quel segno, quel nodo che ha conquistato giudizi unanimi e concordi nei critici e nel pubblico. La mostra della Dipaoloarte, a cura di Giovanni Maria Accame, racconta la genesi di questo segno e ne svela l’origine, attraverso una serie importante di opere uniche, tra le quali anche una straordinaria tela che fu selezionata per la XXX Biennale di Venezia, quella del 1960, alla quale il maestro genovese partecipò con intera sala.
E dunque, torniamo al segno, e alle opere esposte alla Dipaolo, che per la datazione importante sono rare e costituiscono un’occasione di studio, oltre che una preziosa proposta per i collezionisti. La sequenza presenta il segno di Scanavino in un momento di gestazione, mentre si sta facendo strada, dapprima all’interno in un’architettura spaziale ancora ampiamente vuota, poi per via di definizioni successive, diventa modulo sequenziale, alfabeto con cui l’artista compone tutte le parole. L’opera del ‘59 “Le membra dell’uomo” e il coevo “Personaggi” dimostrano quale sia l’origine, lo spunto di quella che diventerà la sigla caratteristica dell’artista. Non un oggetto, non un frammento di vegetazione che talvolta pare di riconoscere come un relitto su una spiaggia, non un simbolico nodo; ma l’uomo, la sua gabbia scheletrica, l’essenzialità di un fascio d’ossa, d’una cassa toracica che affiora da un limo, come nel primo istante di una laica resurrezione della carne. Si comprende perché i critici abbiano guardato subito con entusiasmo al lavoro del giovane Scanavino, come rappresentativo di un tempo e di un sentire diffuso. Sul finire degli anni Cinquanta si viveva nell’arte un momento cruciale, l’informale stava esaurendo la sua spinta propositiva, ma le memorie di anni difficili e conflitti erano ancora troppo vive per sciogliersi in una visione aperta al futuro. Scanavino si portava dentro una riflessione amara sul destino dell’uomo, sulla sua fragilità e mortalità, (derivata certamente dalla sua esperienza diretta della guerra con la chiamata al fronte nel ’43), una riflessione che lo accomuna a quella che, con un termine trasversale, si chiama la Scuola di Genova. Un impegno civile e poetico, un’attenzione alle vicende umane degli ultimi, un approccio che s’innesta in un atteggiamento dagli accenti vicini all’ esistenzialismo storico, parco e rigoroso. Il segno di Emilio Scanavino dice questo, e altro.

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Notizie biografiche (a cura di Daniela Bellotti)

Emilio Scanavino nacque a Genova il 28 febbraio del 1922. La famiglia ebbe un ruolo fondamentale nella sua formazione, il padre Sebastiano era teosofo e la madre fervente cattolica. I due differenti approcci dei genitori ai temi universali determinarono nel giovane Emilio un conflitto interiore, che caratterizzò anche la sua espressione artistica.

Gli inizi
Dal 1938 fu allievo al Liceo Artistico Nicolò Barabino, dove ebbe come maestro Mario Calonghi, che lo avviò culturalmente e stilisticamente alla pittura; le prime prove del giovane Scanavino sono paesaggi e composizioni di oggetti poveri e familiari, soggetti della vita domestica, e qualche tema religioso, quadri che poi presentò alla sua prima personale nel 1942, al Salone Romano di Genova. Nello stesso anno si iscrisse all'Università di Milano, alla Facoltà di Architettura. La guerra e la chiamata alle armi interruppero i suoi studi già nel 1943.
Nel dopoguerra fu coinvolto nel generale clima di rinnovamento culturale e artistico e cominciò a sperimentare, come molti in quegli anni, un linguaggio più espressionista. Ma furono i viaggi e i contatti con la cultura e la ricerca europea ad allargare l'orizzonte delle sue ricerche e a maturare la sua consapevolezza artistica. Nel 1947 fece il suo primo viaggio a Parigi, dove conobbe critici, poeti e artisti, tra cui Jaguer, Wols, Bryen. Fu un'esperienza fondamentale, che gli consentì di aggiornarsi sull'arte e sugli stili che in quel momento ancora ruotavano attorno al post-cubismo e alla figura di Picasso, mentre in Europa si andavano definendo le ricerche dell'informale e dell'astrattismo, e negli Stati Uniti avevano grande successo gli espressionisti astratti. Nel 1948 alla Galleria l’Isola di Genova espose opere in cui sono ancora evidenti le suggestioni della lezione picassiana; poco dopo la sua ricerca virerà verso una minor figurabilità e una più ampia attenzione all'astratto.

Gli anni Cinquanta
Già nel 1950, a soli ventotto anni, Scanavino fu invitato alla XXV Biennale di Venezia dove espose l'opera Soliloquio musicale. Nello stesso anno ricevette ex aequo il Primo Premio alla V Mostra regionale genovese. Da questo momento divenne una figura di riferimento nell’ambito della ricerca artistica italiana e la sua carriera fu un continuum di traguardi e riconoscimenti. All'inizio degli anni cinquanta si avvicinò agli ambienti londinesi, è del 1951 la sua mostra personale alla Apollinaire Gallery di Londra. Qui conobbe Philip Martin, Eduardo Paolozzi, Graham Sutherland e Francis Bacon, personaggi che stavano in quegli stessi anni cercando ognuno una risposta diversa alla necessità di aggiornare il linguaggio dell’arte. Era un mondo artistico in fermento, che si stava lasciando alle spalle gli orrori della guerra, e viveva tra tensioni diverse, ma artisticamente feconde: la volontà di testimoniare l’annientamento dell’essere umano e la sua fragilità, il ripiegarsi in una riflessione nichilistica, e ancora l’esasperazione dell’individualità nell’espressione di sé, ma anche l’apparire di segnali differenti, di rinascita e di nuovi panorami della comunicazione visiva. In quel clima complesso Emilio Scanavino non tralasciò di coltivare le radici delle sue ispirazioni più intime, quelle che lo legavano indissolubilmente alla sua terra, a Genova e alla cultura italiana, così come alle sue personali esperienze. La sua ricerca si concentrò da questo periodo soprattutto sul valore simbolico del grande vuoto e sul permanere di tracce relittuali, corpi, muri, figure larvali. Negli anni cinquanta entrò a far parte del laboratorio di ceramica di Tullio d’Albisola, dove lavoravano alle loro realizzazioni ceramiche anche Fontana, Dangelo, Baj, Dova, Crippa, Jorn, Appel, Corneille, Matta, Lam. E' di questo stesso periodo anche l'incontro con Carlo Cardazzo, che sarà poi il suo mercante. Continuò a frequentare però anche gli ambienti parigini e gli amici artisti Jaguer e Verdet.
Nel 1952 divenne titolare della cattedra di disegno e figura al Liceo Artistico di Genova. Entrò in contatto con il gruppo milanese degli Spazialisti, senza aderirvi ufficialmente. Nel 1954 fu ancora invitato alla XXVII Biennale di Venezia, e al primo degli Incontri Internazionali della ceramica, organizzati ad Albisola da Jorn. Dalla metà degli anni cinquanta si definirono i tratti delle sua poetica informale, in cui grande valore è dato al segno e alla materia, ad energie pulsionali e dirompenti; sostanziali in questa maturazione furono i molteplici scambi, le amicizie, i contatti con artisti soprattutto tra Parigi e Londra, sottolineati da numerosi viaggi e soggiorni in quelle due città. I nomi sono significativi: a Londra ancora Edoardo Paolozzi (che non dimentichiamo è uno dei pionieri della Pop Art britannica), e a Parigi Bertini e Dova, Corneille e Jaguer.
Anche l'incontro con un giovane critico avvenne in quegli anni e fu fondamentale; nel 1957 Scanavino conobbe Enrico Crispolti, che diventerà uno dei grandi studiosi e teorici dell'Informale italiano. Esiste un interessante carteggio tra Scanavino e Crispolti, edito recentemente, prezioso per comprendere nelle sue ragioni profonde lo stile di Scanavino, maturato anche attraverso le sue meditazioni sulle coeve esperienze europee e le teorizzazioni dell’amico critico.
Sul finire degli anni cinquanta iniziarono alcuni dei cicli che resteranno costanti nella sua produzione, i Rituali e gli Alfabeti senza fine, mentre si fece più intenso, soprattutto attraverso il rapporto con la ceramica, anche il lavoro scultoreo; nel 1958 fu invitato alla XXIX Biennale di Venezia, ottenne il Premio Prampolini e il X Premio Lissone. Fu deciso il trasferimento con la famiglia a Milano. L'integrazione con la città portò importanti contatti con personaggi della critica come Gianpiero Giani, Gillo Dorfles, Roberto Sanesi, Franco Russoli e Alain Jouffroy; Carlo Cardazzo divenne il suo mercante esclusivo.

Gli anni Sessanta
Alla XXX Biennale di Venezia nel 1960 fu invitato con una sala personale. Vinse in quello stesso anno il Premio Spoleto, il Premio Sassari, il Premio Valsesia e il Premio Lignano. Gli anni sessanta avrebbero presto portato grandi mutamenti. Il decennio si aprì nel segno di nuove possibilità di figurazione; lo stesso Crispolti fu come critico in prima linea per registrarne e valutarne i cruciali primi sviluppi. Emilio Scanavino partecipò alla storica mostra Possibilità di Relazione, della galleria romana L’Attico nel 1960 e alle due edizioni di Alternative Attuali de L’Aquila, nel 1962 e nel 1965, grazie alle quali resta fissato anche cronologicamente quel “superamento dell’informale” teorizzato da Crispolti.
Dal 1962 Scanavino passò periodi di lavoro sempre più lunghi a Calice Ligure; questo luogo, dove il maestro aveva acquistato una vecchia casa realizzandovi il suo atelier, divenne importante negli anni successivi; la bellezza e l'armonia dell'ambiente si riflesse anche nelle sue realizzazioni, in cui un nuovo ordine e una chiara scansione dello spazio allentano le tensioni più drammatiche. Gli anni sessanta furono un periodo di ulteriore consacrazione; nel 1963 ricevette il Premio La Spezia, ma nello stesso anno morì l'amico e mercante Carlo Cardazzo. Da quel momento fu il fratello Renato Cardazzo a continuare l'opera di divulgazione e sostegno a fianco di Scanavino, contribuendo alla notorietà dell’artista soprattutto all'estero. Nel 1965 partecipò alla Quadriennale di Roma e nel 1966 ancora alla Biennale di Venezia con una sala personale, con grandi tele commentate da Guido Ballo.
Dal 1968 a Calice Ligure si formò una specie di comunità di artisti, che si raccolse attorno alla figura ormai carismatica del maestro e al suo atelier.

Gli anni Settanta
All'esordio degli anni settanta si colloca la vicenda del sodalizio con Alik Cavaliere. Scanavino si era trasferito per qualche tempo a Roma; lì ricevette l'invito a partecipare alla Biennale di San Paolo del Brasile, insieme a Cavaliere. Era il 1971. Nacque l'idea di un grande progetto, per rendere omaggio ai martiri della libertà dei popoli latino-americani. Fu realizzata l’opera-installazione Omaggio all’America Latina, composta da nove pannelli di legno dipinti a olio con innesti di sculture in bronzo, argento e alluminio. Sui pannelli, suddivisi in 156 riquadri come nelle tipiche realizzazioni di Scanavino degli alfabeti senza fine, si leggono i nomi di martiri per la libertà, tutti misteriosamente scomparsi; l'opera fu preceduta da un lavoro di ricerca effettuato da entrambi gli autori nei registri degli archivi anagrafici dei Consolati di San Paolo. Si trattava certamente di un'opera con un forte contenuto politico; il risultato fu che venne censurata e tornò in Italia. Questo “retablo”, come fu definito, ovvero polittico, diventò però subito un'opera-simbolo, un monumento alla libertà che incontrò grandi favori e fu esposto e richiesto in molte occasioni. L'opera Omaggio all’America Latina è stata restaurata nel 2003 ed è ora esposta al Museo della Permanente di Milano.
Il 1971 fu anche un anno di difficoltà per problemi di salute; negli anni seguenti, pur continuando a lavorare a Calice, Scanavino compì diversi viaggi in Belgio, Germania, Francia, recuperando insieme alla guarigione nuova energia creativa. Nel corso degli anni settanta Scanavino sperimentò diverse soluzioni di tipo grafico-architettonico in una ricerca di rigore e modularità. Nel 1973 la Kunsthalle di Darmstadt gli dedicò una grande antologica, che in una formulazione itinerante fu allestita anche in Italia, in due sedi, a Venezia a Palazzo Grassi e a Milano al Palazzo Reale. Dal 1976 Scanavino fece lunghi periodi di lavoro a Parigi, dove espose alla Galerie Matthias Fels. Gli anni settanta si chiudono con una grande mostre a Ferrara a Palazzo Massari.

Gli anni Ottanta
Negli anni Ottanta fu sempre più frequente la partecipazioni delle sue opere a mostre sull'arte italiana ed europea dagli anni cinquanta in poi. Nel 1982 tornò a riaggravarsi. Tra il 1984 e il 1985 fu organizzata una sua mostra personale a Firenze al Palazzo dei Congressi e a Tours, al Chateau de Tours. Nonostante la malattia lavorò sempre e si occupò delle sue mostre.
Emilio Scanavino morì a Milano il 28 novembre del 1986.

Di lui hanno scritto molti critici e scrittori, ma anche poeti e artisti, tra tutti ricordiamo: Aligi Sassu, Tullio D’Albisola, Giampiero Giani, Eduard Jaguer, Guido Ballo, Umbro Apollonio, Alberto Martini, Enrico Crispolti, Gillo Dorfles, Pietro Bonfiglioli, Cesare Vivaldi, Gianni Malabarba, Alain Jouffroy, Roberto Sanesi, Giulio Carlo Argan, Franco Russoli, Vincenzo Accame, Milena Milani, Claudio Spadoni, Giorgio di Genova, Luciano Caramel, Franco Basile, Carlo Castellaneta, Flaminio Gualdoni, Fabrizio D'Amico, Luisa Somaino, Marisa Vescovo, Luciano Caprile, Enrico Baj.

 
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