Daniela Bellotti "Scritti sull'Arte"                                                                                                         Gli artisti
GIOVANNI MARANI

"Opere in terracotta"
gennaio 1997

Presentazione della mostra
 

Incontro con l'artista Giovanni Marani

Con Giovanni Marani incontriamo uno di quegli artisti che, come si suol dire, si son fatti da sè. Una vocazione un po' tardiva, ma sorretta da una autentica vena espressiva, unita alla costanza del lavoro e ad un vivace senso critico, permettono a Marani all'inizio degli anni Ottanta di affacciarsi al mondo dell'arte come autore di piccole figure in terracotta policroma. L'orizzonte con cui egli si confronta, e dal quale trae stimoli e insegnamenti, è quello della grande tradizione emiliana della scultura in terracotta, che ha avuto nel Novecento esempi illustri ed è tuttora amata ed apprezzata per quello spirito di piccola commedia, di teatrino un po' vernacolare, talvolta caricaturale, talvolta malinconico.
Proprio attraverso lo studio delle opere dei maestri e un instancabile esercizio pratico, Marani cerca un modo personale di trattare la terracotta, affronta e risolve i piccoli problemi tecnici, raggiungendo quella abilità che oggi fa delle sue opere un originale apporto al genere. Nella creta, elemento povero e quasi primordiale, e nel gesto arcaico del plasmare, anche Marani riscopre la strada della memoria, riproponendo così le scelte tematiche tradizionali; sotto le sue mani prendono forma infatti i personaggi di un piccolo mondo antico, fatto di mestieri e gesti quotidiani semplici e sereni, che la lontananza rende carichi di affetto. Tuttavia, a Marani non sfugge che la validità di opere come queste si gioca tutta nello spazio concesso all'interpretazione dei canoni tipologici fissati dalla tradizione e alle piccole varianti narrative ispirate da questa iconografia. Appare particolarmente significativo, in questo senso, il suo stile, il modo quasi un po' sprezzante di modellare la creta che rimane scabra, abbozzata, che si palesa con la sua essenza materica, partecipando in qualità di superficie alla resa finale della figura. L'amore per la resa dei particolari si evidenzia invece nella perizia con cui sono ricostruiti gli oggetti, gli utensili e talvolta strani complicati attrezzi, che diventano veri e propri elementi di seduzione dell'opera. Qui la terracotta è trattata con estrema precisione, che dimostra come l'autore sappia imprimerle caratteristiche stilistiche diverse, secondo le esigenze. Vere e proprie prove di abilità sono ad esempio la ricostruzione della macchina dell'arrotino, dove è stata riprodotta in tutti i particolari un'antica mola; da osservare per gustarne le minime delizie, il tavolo del falegname, l'antico portale a cui lavora il fabbro, la cucina raccontata nel suo aspetto accogliente, l'insolita figura dell'idraulico e la più classica vecchina delle caldarroste. C'è poi un altro aspetto che deve essere sottolineato, l'attenzione che l'autore pone nella resa dei volti; egli sfugge sia alla tentazione di costruire un volto modulare più o meno simile in tutte le figure, sia di indulgere alla caricatura, al grottesco fisiognomico. Marani ci offre invece una carrellata di piccoli ritratti: basta osservare il gruppo delle due suorine per capire quale sensibilità egli pone nel modellare queste piccole teste, argute ma non caricaturali, espressive e dignitose. Ecco, forse è proprio con questo aspetto di dignità che l'autore regala ai suoi personaggi un significato in più, quando li racconta al lavoro e quando li immagina nei momenti di divertimento, o nelle comunioni silenziose dei gesti; uomini e donne ispirati alla vita di paese e di campagna del passato, per parlare agli uomini e alle donne di oggi. Non meraviglia che Marani abbia voluto affrontare anche temi religiosi come il Presepe e l'Ultima Cena; in essi infatti ha trasfuso quella serietà d'intenti e quell'amore da cui nasce il suo omaggio alle qualità più umili e più nobili della vita umana.

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