Daniela Bellotti "Scritti sull'Arte"                                                                                                 Le mostre
IL NUDO fra Ideale e Realtà
Una storia dal neoclassicismo a oggi

Galleria d'arte moderna, Bologna
22.1 - 9.5.2004
 
Francesco Hayez  "Venere che scherza con le colombe " 1830
Gustav Klimt  "La favola" (part), 1888
Paul Cézanne "Donna nuda (Leda)" 1886/90
Ernst Ludwig Kirkner  "Donna nuda seduta su sfondo a disegni rossi (Dodo)" 1909
Henri Matisse "Nudo blu 1" 1952
Hermann Scherer  "I dormienti" 1924
Francis Bacon  "Studio per il corpo umano" 1981
Allen Jones  "Salotto" 1969  (part)
Daniele Galliano "Paternità" 2003
 

"… QUANDO ME NE ANDRO' SARO' NUDA."(*)

Riflessioni sulla mostra 
 

   Noi non siamo nudi. Fondamento atavico del nostro vivere sociale di matrice giudaico-cristiana è coprire la nudità, relegando la libertà del corpo nudo ad una sfera privatissima, dove la sua condivisione e visione con l'altro trova una dimensione protetta e intima, ma non del tutto priva di problemi. Per ragioni religiose, in Italia ancora più forti che in altri paesi europei, tendiamo a censurare o proteggere la nudità che con difficoltà allontaniamo da un concetto di peccato.
A dispetto della grande libertà di espressione e della profusione di immagini di cui gode il mondo occidentale, il nudo come quintessenza della "verità", come luogo non peccaminoso della rappresentazione dell'unicità, di una umanità di singoli diversi e irripetibili visti nella loro individualità e dignità, viene neutralizzato dagli "anticorpi" della società. Il corpo nudo, nella sua accezione di oggetto di desiderio, abita indisturbato la sfera del mito che oggi è il fashion, allontanato ed esorcizzato sulle pagine delle riviste e nelle pubblicità patinate, ma nella sua essenza e democratica verità è rimosso e azzerato. Poiché in sé la nudità non è affatto rassicurante, espone e mette a rischio l'individuo davanti allo specchio e davanti agli altri, nella nudità si rispecchiano senza infingimenti le malattie e le sofferenze, la povertà, le differenze sociali e la radicale ingiustizia della disarmonia. Spesso, d'altro canto, il corpo tradisce palesemente l'idea che l'individuo ha di sé, sembra con le sue miserie e imperfezioni non rappresentarci affatto, disagio questo che induce a modificarlo, a rivestirlo di siliconi, tagliarlo e ricucirlo come un bel vestito, fino alle drastiche operazioni di cambiamento di genere sessuale, per accettarci e farci accettare.
Perché, infine, qual è la verità di ognuno? quella limitata dalla nostra epidermide o quella che ci costruiamo addosso? la nostra natura accidentale o la nostra scelta culturale? E quanto spazio c'è in una tale dimensione sociale per il lato "scandaloso" del nudo come rappresentazione?
Tanta, io credo, perché se tutti ci portiamo sulla pelle il nostro io nudo, è pur vero che le regole e le convenzioni ce lo fanno mortificare e rimuovere, e l'accettazione della nudità diventa ancora oggi una conquista che ognuno dalla pubertà in poi deve fare. Senza dimenticare che i veri tabù della nostra epoca sono la bruttezza, la vecchiaia e la povertà, e che nella nudità questi aspetti possono fondersi in modo intollerabile alla nostra educata sensibilità.
Grazie a tutto ciò il nudo nell'arte è ancora una miccia innescata.

    Diventa particolarmente interessante, in una attualità sensibile per molte ragioni all'argomento, rivedere in un unico contesto espositivo una ricca sequenza di opere d'arte che hanno al centro della rappresentazione il corpo nudo e che tracciano le linee generali della storia del gusto e dello stile dall'Ottocento a oggi. Due percorsi, uno dedicato alla pittura, alla scultura e alle testimonianze video di alcune performance, e uno dedicato alla fotografia, costituiscono una sequenza costellata di capolavori che può essere letta da molti punti di vista, e l'apparato storico e critico dei ponderosi cataloghi della mostra ne danno una erudita dimostrazione.

    Il nudo, come assoluto dell'umano, è una forma del pensiero che l'arte ha espresso per millenni contrabbandando meravigliosi corpi nudi maschili e femminili in formule allegoriche o sacre offrendo agli sguardi pura bellezza, forza e armonia, ma anche spiazzando ciclicamente i benpensanti con lo scandalo di una ferialità esibita, con i suoi limiti e le sue mediocrità. Movimento questo, dall'Ideale alla Realtà avvenuto all'interno di molte culture (in quella Egizia dall'Alto al Basso Regno, nella Grecia classica e in quella ellenistica, nell'Arte Bizantina e nel Romanico, dal Rinascimento alla rivoluzione di Caravaggio) e che trova le sue ragioni nel permanere di due tensioni dello spirito, costanti e alternativamente dominanti per ragioni politiche e storiche e che l'arte ha testimoniato con pagine indelebili come fonti di conoscenza. Affrontando il tema iconografico del nudo, l'artista si gioca con la sua presa di posizione tra queste due categorie del pensiero non solo un ruolo relativo al suo tempo, ma la possibilità di aggiungere nuovi e diversi livelli rappresentativi dell'uomo come soggetto su cui si riflettono tensioni e conflitti pubblici e privati.
    Se lo sviluppo cronologico degli eventi ci fa dire che innegabilmente un percorso dall'Ideale alla Realtà è stato compiuto (nell'arco temporale di questa mostra dal Neoclassicismo al Realismo), provo a suggerire che inoltrandoci nella contemporaneità esista poi un movimento inverso che ci riporta dalla Realtà all'Ideale, o meglio, a molte declinazioni di "idee" e di "Ideali" (quelle del Surrealismo, dell'Espressionismo, del Concettuale, fino alla più recente neo-figurazione) che travolgono la percezione stessa e si  incardinano su alcune fondamentali conquiste del pensiero avvenute all'inizio del Novecento. Sono la scoperta dell'Inconscio di Sigmund Freud e la Teoria della Relatività generale di Albert Einstein, che portano dentro l'arte nuovi concetti di frammentazione ed esplosione dell'individuo e del suo mondo. Si possono citare le medesime parole di Einstein che definisce la fisica "un tentativo di afferrare concettualmente la realtà così come viene pensata indipendentemente dall'essere osservata", per definire anche l'arte contemporanea e il nuovo atteggiamento con cui l'artista si relaziona con ciò che lo circonda.
     Ecco perché dalle Avanguardie in poi non può più interessare a nessuno dipingere un nudo il più possibile vicino alla "realtà", nel senso morale e simbolico della "Nuda Veritas" di Klimt o nel senso puramente ottico, cosa che ha interessato sempre poco gli artisti, compresi i realisti più polemici, compreso lo stesso Courbet. Spetta all'arte invece dare spazio alle coscienze critiche, a percorsi individuali avventurosi e sperimentali, alla realizzazione di un tessuto fitto e vivo di punti di vista, che sono frammenti di realtà in sé unici e irripetibili, portati dentro la comunicazione artistica come elementi di forte impatto sociale, non sostituibili da nessuna altra forma di comunicazione.
Il dibattito sulla persistenza o sulla perdita di un "visibile naturale" a cui gli artisti si riferiscono, non può prescindere dal fatto che il panorama delle sollecitazioni visive oggi è assai diverso da quello di un pittore del Settecento o della prima metà dell'Ottocento. Se allora gli artisti lavoravano con una presenza in carne ed ossa (la modella) o con riferimenti a modelli artistici veicolati attraverso le incisioni, dalla nascita della fotografia, 1839, (e la mostra documenta questo arricchimento delle possibilità di catturare con uno scatto la molteplicità umana) è stato un crescendo di immagini sempre più diffuse e presenti, delegate con il loro specifico linguaggio a raccontare la loro "realtà", dal punto di vista del fotografo.
     Fotografia, cinema, televisione, documenti filmati, pubblicità, video… la pittura e la scultura del XX secolo hanno fatto i conti con un mondo invaso di immagini e linguaggi visivi sempre più veloci, ma anche ambigui e strumentalizzabili. Recenti frontiere aperte da una sempre più diffusa e semplice tecnologia stanno rendendo la produzione e la trasmissione di immagini più agibili all'individuo, e non solo passivamente subite. Oggi il visibile naturale, poiché tale viene percepito quotidianamente, a disposizione degli artisti deve essere considerato ancora più allargato ad esempio a tutta la fenomenologia delle immagini via Internet, Web cam, e persino MMS, che chiunque può produrre, trasmettere e ricevere con una libertà e autonomia impensabili prima di oggi. In ogni caso, e nelle migliori realizzazioni, l'opera di pittura e scultura del XXI secolo sarà un'accesa scrittura individuale che terrà conto del contesto, sempre più frammentato, discontinuo e conflittuale, ma deborderà imprevedibilmente dall' occasionale spunto di uno sguardo su un determinato "corpo", reale o virtuale sia, allargando di un passo ancora l'orizzonte.

(*) cit. da "Paula" di Isabel Allende. 
 

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