Daniela Bellotti      "Scritti sull'Arte"                                                                                                        L'intervista

INTERVISTA A GIANFRANCO MARANIELLO

 

Intervista pubblicata su Art Journal

n. 3 mag - giu 2007

 

Gianfranco Maraniello, direttore del Museo d'Arte Moderna di Bologna - MAMbo

  Foto Show dell'Inaugurazione

             MAMbo - Vertigo

"Dall'euforia delle Avanguardie alla crisi degli Anni Ottanta"

 

Abbiamo chiesto a Gianfranco Maraniello che, insieme a Germano Celant, ha curato la mostra "Vertigo. Il secolo di arte off-media dal Futurismo al Web", prima produzione del nuovo museo bolognese, di introdurci alla tematica che segna l’esordio del MAMbo.

G.M. “Innanzitutto si tratta di una mostra storica che attraversa l’intero secolo e inquadra il rapporto tra le arti visive e il modo in cui queste sono state costrette a ripensare la propria parte, in rapporto alla progressiva e sistematica diffusione di nuove tecnologie. Se l’800 è stato il secolo delle invenzioni, il ‘900 ha visto diffondersi gli strumenti di comunicazione, radio, telefono, cinema, televisione, per arrivare al computer e al web. Il fenomeno di produzione di un’arte in relazione ai nuovi media contiene anche un ripensamento su quelli che erano già stati introdotti, come la fotografia; anche il soggetto libro si è ampiamente trasformato nel corso del secolo. La cosa interessante è che l’arte contemporanea sistematicamente abbia un rapporto serrato, a volte euforico a volte drammatico, con i nuovi media. Non può essere un caso che figure già avviate su un loro percorso di ricerca e con una notorietà già diffusa internazionalmente si siano anche cimentate in un confronto non occasionale con questi strumenti.”

Quale artista potrebbe essere indicato come il più sintomatico di questo confronto tra arte e nuovi media?

G.M. “Duchamp è l’artista della svolta, è l’artista che dipinge un’immagine statica in movimento. In generale poi tutte le Avanguardie hanno avuto un rapporto serrato con la tematica, sviluppando un approccio di tipo euforico. Anzi, nell’insieme della mostra si osserva come l’arte dell’Avanguardia abbia scelto proprio questo campo come area di sperimentazione”.

E’ più recente invece quel ripensamento di tipo “drammatico”, come lei l’ha definito, nei confronti della tecnologia?

G.M. “E’ certo un atteggiamento più diffuso nel nostro tempo, ma io dico che era già presente, già nella Pop c’era un risvolto tragico, basta pensare a Warhol, al suo uso della serigrafia per raccontare una società che tutto fagocita attraverso i mass media, compresa la morte. Più vicino a noi, tutte le neo-avanguardie hanno un atteggiamento critico, soprattutto perché si assiste ad una crisi della progettualità; il vero dramma esplode negli anni Ottanta dove c’è una totale crisi di progetto, non a caso non ci si ritrova più in gruppi, non c’è più un programma condivisibile. In concomitanza con la diffusione di una tecnologia ancora più avanzata e capillare, avviene un recupero degli strumenti da parte del singolo, che vive una situazione di tipo frustrante, che si accompagna però alla disponibilità di nuovi mezzi di comunicazione. In questa crisi del soggetto gli strumenti vengono recuperati proprio in quanto strumenti.”

Quali sono questi nuovi mezzi usati oggi dagli artisti che riflettono sulla società dei mass media?

G.M. “Penso alla diffusione della videoproiezione, anticipata dal videotape e ancor prima dal cinema, con tutte le tematiche relative al trucco, alla fiction. In quest’ambito c’è una consapevolezza, che è quella della perdita del valore documentario di fronte alle possibilità di intervento con i sistemi digitali, e una perdita di identità dell’autore con la diffusione delle informazioni in Internet, che d’altra parte però consente anche una molteplicità di approcci; la questione diventa allora fare ordine, cioè recuperare, riappropriarsi di tutto quello che i media mettono a disposizione. Oggi la prospettiva può essere ribaltata completamente da parte del singolo, di fronte allo spamming della contemporaneità, occorre fare filtro per creare nuovi orientamenti di senso. Questa è la principale vocazione dei singoli artisti.”

Era stato annunciato uno spazio per la collezione permanente. A quando la sua collocazione?

G.M. “Ci saranno due operazioni riguardo alla collezione permanente. Cominceremo ad esporre la collezione permanente tra un anno, nel giugno del 2008 per una duplice ragione, primo perché stiamo connotando il MAMbo diversamente rispetto alla storia della GAM. Poi esiste un nuovo progetto museale per quanto riguarda le collezioni che vedrebbe il definirsi di un luogo espositivo con collocazione centrale con accorpamento delle opere del novecento. Attualmente, in vista di questo progetto, stiamo acquisendo nuove opere, con particolare impegno grazie ad una partnership con Unicredit, dove commissioniamo delle opere che Unicredit sostiene, produce e acquista, consentendo ad artisti italiani di realizzare dei loro incrementi in particolare in occasione di rassegne; queste opere verranno date in comodato al museo di Bologna.

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