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MARIO
NANNI
Pieve di Cento, 1991
"Il Resto del Carlino"
15.3.1991
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Opere
di Nanni a Pieve di Cento. Angoscia antica, ragione eclettica
Il titolo della mostra di
Mario Nanni nella Sala della Partecipanza a Pieve di Cento è "La
ragione eclettica". Una esposizione come quella di Pieve, giocata su alcuni
punti salienti della produzione di Nanni, mette certamente in risalto una
tendenza all'eclettismo, tra le righe del quale si snoda una più
profonda "ragione dialettica". Un dualismo è infatti sempre presente
nelle opere di Mario Nanni. Si tratta di due poli ampiamente significanti,
compagni costanti di un lavoro che, pur nel passare delle stagioni stilistiche,
è in realtà del tutto coerente e unitario. Le due polarità
che l'arte di Nanni esprime potrebbero definirsi come un negativo e un
positivo in perenne contrasto, anche se egli non fa mai della morale, ma
piuttosto sperimenta e registra i risultati di una ineluttabile convivenza.
Si tratta comunque di due "nuclei" di significati individuabili da un
lato come natura, interiorità, espressione di un inconscio e delle
sue emozioni, dall'altra come artificio, tecnologia, come rimando teorico
e razionalizzato alla storia e al contesto sociale. Due forze quindi, che
continuamente si incontrano e si scontrano, con le loro proprie ragioni,
giustificabili entrambe, entrambe parti della vita e dell'essere artista.
Diversi sono gli esiti,
dettati dalle declinazioni stilistiche che Nanni ha sviluppato dagli Anni
Cinquanta ad oggi, da un giovanile post-futurismo all'Informale, dal recupero
di un ordine "figurativo" legato alle avanguardie alle ricerche sull'ambiente,
dal concettuale al tentativo di una sintesi tra pittura e scultura. Durante
tutto questo percorso è sempre riscontrabile l'evolversi di quelle
posizioni individuate, le stesse che caratterizzano la personalità
di Mario Nanni, e che lo vedono sempre un po' a lato delle maggiori correnti
artistiche. Si possono leggere secondo questa linea tematica anche le opere
esposte in modo paradigmatico a Pieve.
Espressione di una tensione
alla libertà sono infatti le temperature calde della serie dei "Cantieri",
nei quali già si intuisce la costante dualità tra una passionalità,
che qui è tonale e materica, e le briglie di una struttura, di vincoli
artificiali che alludono ad un panorama urbano: così la matericità
ossessiva dell'informe si tempera e si aggrappa ai segni che annunciano
possibili recuperi di figurabilità e di riscatto. E ancora i colori
rossi e neri, i cerchi vividi che si stendono sulle mappe cittadine sopprimono
la piattezza topografica in nome di un riappropriarsi personale dei luoghi,
che si trasformano in topografia sentimentale. Così, se consideriamo
la più recente serie delle "Tracce dell'esistente" troviamo che
quelle tracce, appunto, sono ancora le stesse: il verticalismo di una colonna,
antico retaggio di cultura, luogo della regolarità e della misura
si appiattisce e si fa supporto per una tensione pittorica densa di matericità,
e quindi memoria di una "angoscia" antica, mai zittita, persistente anche
se immersa, e quasi esorcizzata, dai miti del nostro mondo tecnologico.
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