Daniela Bellotti "Scritti sull'Arte"                                                                                                              Gli artisti
MASSIMO
CAMPIGLI

Galleria Marescalchi, Bologna, 1992

"Il  Resto del Carlino"
15.10.92
 

Massimo Campigli. In giro per il quadro

"Io compongo il quadro con grande cura, bado a far correre i contorni armonicamente, vorrei che il quadro arrivasse a una sua propria perfezione, voglio dire secondo quel che ogni singolo quadro impone, vorrei che appagasse senso e spirito, tale da poterci vivere insieme pacificamente. Vorrei afferrare l'occhio del mio spettatore e accompagnarlo in giro per il quadro, per dritte e per curve e angoli rispondenti, punto e contrappunto." Così si legge in un brano dell'autobiografia di Massimo Campigli, un testo straordinario, riscoperto solo recentemente tra le carte lasciate dal maestro, rivelativo su tanti aspetti del suo mondo interiore, sereno e rigoroso, ma anche stranamente pieno di incanti, compreso e come voluttuosamente immerso in una dimensione mitica e idealizzante, quella stessa da cui nacque la sua inconfondibile cifra pittorica. Basterebbe comprendere e ricordare quelle poche righe, una esplicita dichiarazione di poetica, e provare la docilità del proprio occhio a seguire le armonie suggerite da ogni quadro, per riuscire a cogliere della sua pittura il senso, non superficiale, ma semplice e assoluto.
Una straordinaria raccolta di opere di Campigli è attualmente esposta alla Galleria Marescalchi, e l'occasione per cimentarsi in una lettura attenta e documentata dell'opera di questo grande maestro è davvero da non perdere. Alla Marescalchi sono esposte infatti opere particolarmente significative nel percorso dell'artista, molte di altissima qualità, dei veri capolavori; inoltre sono state scelte opere che seguono l'evoluzione dello stile di Campigli, dalla fine degli anni Venti al 1969, due anni prima della morte, facilitando quindi una comprensione interna, un procedere della forma e delle immagini verso una loro naturale maturità espressiva.
Dunque, armonia visiva, è ciò che cercava soprattutto l'artista. In mostra esempi illuminanti di questa armonia per gli occhi ce ne sono tanti, come il giovanile "Donna alla fontana" del '29, dove appare già enunciato con chiarezza il suo fondamento tematico e stilistico, unico e infinitamente riproposto: la donna-idolo, graziosa e intoccabile, libera da qualunque contaminazione carnale, antica, pura, prigioniera di una frontalità che ne annulla la prospettiva nello spazio come nel tempo e ne racchiude l'essenza in uno schema da cui emergono solo grandi occhi spalancati sulle facce tonde mentre i corpi galleggiano in una infinita varietà di atteggiamenti, rigidi come pensati di qualche materiale eterno, scolpito una volta per sempre. Donne col cappellino o al pianoforte, col ventaglio o sulle scale, a teatro o in piscina o strette negli alveari delle case, delle città: le donne di Campigli sono tematicamente l'espressione di un enigma, mille e più volte accarezzato, e rimasto insoluto.
Il linguaggio del quadro di Campigli dice tuttavia molto più del soggetto stesso, ed è ciò che l'artista suggeriva: la geometrizzazione del suo mondo al femminile induce a percorrere la superficie del quadro alla ricerca di una sinuosità perduta, di un bellezza non espressa, di un segreto lasciato tra le delicatezze e la pastosità rarefatta del colore. Campigli ha dipinto ogni volta la soglia struggente, che separa l'universo femminile da quello maschile, e ci ha lasciato la testimonianza di una sublimazione perfetta del desiderio.

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