Daniela Bellotti "Scritti sull'Arte"                                                                                                                        Gli artisti
MAURIZIO CATTELAN

testo pubblicato in:

ART JOURNAL
lug. ago. 2004
 
 
 
"I Bambini ci guardano"
opera di Maurizio Cattelan

CASO CATTELAN, QUANDO L'ARTE FA DISCUTERE

Nel maggio scorso (2004) abbiamo assistito a un'accesa contestazione, finita con un esposto del Codacons alla Procura di Milano, e tante polemiche, ma anche difese a spada tratta, a causa di un'opera di Maurizio Cattelan. I fatti sono notissimi, ma per chi non avesse seguito la vicenda faccio un riassunto di questa sintomatica querelle. In Piazza XXIV Maggio a Milano viene inaugurata un'opera di scultura di Cattelan, che il Corriere della Sera definisce il più quotato artista italiano vivente, realizzata su commissione della Fondazione Trussardi e con il patrocinio del Comune: l'opera si intitola "I bambini ci guardano" ed è costituita da tre manichini iperrealisti di cera e fibra di vetro, che penzolano con un cappio al collo appesi ad un alto ramo di una quercia secolare. Risultato, le gente dalla strada percepisce tre bambini impiccati, immagine shock troppo dura per essere supinamente accettata in un contesto urbano. L'opera resiste due giorni, suscitando cori di proteste, finché il signor Franco De Benedetto, muratore, decide di arrampicarsi sulla quercia e taglia le corde che reggono i pupazzi. L'uomo finisce all'ospedale cadendo dopo la prodezza, ma libera la città di Milano e la piazza in rivolta dalla presenza dei bambini impiccati, che vengono portati a restaurare avendo subito qualche danno e in attesa di diversa destinazione. Già si sa che saranno esposti a ottobre alla Biennale di Siviglia. Tutto ciò provoca ulteriori reazioni a catena: si esprimono sulla vicenda il sindaco Albertini che difende l'operazione culturale come legittima, i vari assessori, critici e curatori di mostre. Pagine intere di quotidiani, riviste e forum aperti su Internet riportano i commenti divisi tra chi è con Cattelan (e cioè con la libertà d'espressione dell'artista, con la legittimità della provocazione, e giudica arretratezza culturale la censura violenta del muratore e impreparazione l'incapacità di una città di accettare un'opera d'arte e il suo messaggio, per quanto scomodo) e chi è contro Cattelan (e anche contro chi ha permesso di collocare sotto gli occhi di tutti, bambini compresi, che potevano restarne turbati, oggetti di contenuto violento e distruttivo e di nessun valore estetico). 
Poiché credo che quell'installazione non abbia procurato danni psicologici ad alcuno, semmai fosse solo inopportuna, resta il fatto che l'artista è riuscito con un'operazione puramente visiva a toccare nel vivo la sensibilità della gente, a far esplodere una discussione attraverso i mezzi di comunicazione, dimostrando che le coscienze critiche non sono sopite, che c'è un limite oltre il quale la gente dice NO, e questo limite può essere individuato in un'opera d'arte, cioè in una rappresentazione. Credo che, paradossalmente, il valore dell'opera sia proprio in questo, nella reazione catartica, nel teatrino grottesco che il pubblico spontaneamente ha avuto la forza di interpretare contro un'immagine potentemente simbolica. Complimenti a Cattelan che intanto se la ride perché con il suo lavoro ancora una volta ha spaccato l'opinione pubblica (l'installazione HOLLYWOOD sulla discarica di Palermo o il manichino iperrealista del Santo Padre abbattuto da un meteorite, opera aggiudicata a un asta per un milione di euro, suscitarono analoghe proteste e sdegno), e con la forza di un sistema che gli accredita spazio e denaro, ha fatto lievitare le sue quotazioni alle aste internazionali. Tutto il teatrino è comunque stato possibile perché l'installazione prevedeva l'impatto con uno spazio urbano, laddove solo la collocazione di elementi artistici e monumenti che in qualche modo rappresentano una cultura condivisa, o almeno accettabile dai cittadini, dovrebbero trovare posto. E qui qualche leggerezza è stata certamente compiuta dall'Amministrazione, se è vero che il progetto non era stato presentato nel dettaglio. Negli spazi di una galleria l'ultima creazione di Cattelan sarebbe stata recepita da visitatori consapevoli, ma sarebbe anche risultata impoverita della carica emotiva che ha avuto sulla piazza; cioè non gliene sarebbe fregato niente a nessuno dei bambini impiccati, con le loro faccette inespressive un po' ebeti, e sarebbe passata per quello che è, una messa in scena neanche troppo originale, abbastanza kitsch e al massimo irritante. E con ciò rendo merito a Cattelan, perché l'intelligenza dell'artista è proprio quella di saper raggiungere e coinvolgere gli analfabeti dell'arte riuscendo a dare fastidio, stimolando la gente comune a reagire e con ciò fare rumore. Dentro le gallerie e nei musei, l'arte estrema, che gioca sull'effetto shock, ha ormai poca soddisfazione giacché la sottile perversione del sistema ci ha insegnato a guardare con occhio assuefatto qualsiasi obbrobrio e stramberia prodotti da una psiche in eccitazione creativa, sicché ormai è più sorprendente una natura morta di pere. Fuori, nelle strade, chi non ha dimestichezza col lessico dell'arte contemporanea può con candore gridare allo scandalo, e magari chissà riflettere che i veri orrori e i veri scandali sono tutt'altro e assai più difficili da combattere che tre pupazzi tristi e inoffensivi.
 

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