Daniela Bellotti "Scritti sull'Arte"                                                                                                 Le mostre
E IO ... RITRATTO!

Mostre in divenire di

Aurora Sciabarrà
e Daniele Alamia

L'Altro arte contemporanea, Palermo, 2001

 
 

 

Gennaio 2001 (prima parte)

Nello spazio espositivo,  le tele sono tutte bianche. Si inaugura.
Una provocazione?
L'allusione poetica ad un nuovo inizio?
L'assenza dell'arte che riflette su se stessa?
No.
Va in scena la nascita dell'opera, di quella che forse domani sarà un'opera d'arte. Due i giovani protagonisti, Daniele Alamia e Aurora Sciabarrà,  che dipingeranno ogni giorno per sei settimane, davanti ai visitatori di questa insolita mostra in divenire finchè tutte le tele saranno finite e ognuna sarà un differente "autoritratto".
L'energia vitale, mentale e fisica, necessaria all'azione pittorica sarà in una tale circostanza,  la vera scommessa dei due pittori, che dovranno trovare nello spazio del precario e spiato atelier, quell'angolo inviolabile di solitudine, di riflessione che solo può consentire le implicazioni profonde dell'operazione artistica.
Favorita dai rituali dei preparativi, suggerita dai materiali, dagli odori,  la dimensione naturale, privata, dovrà riuscire a sovrapporsi a quella pubblica, la tensione che deve accompagnare il momento del fare dovrà imporsi sull'ansia della presenza di sguardi estranei. Si potrebbe dire che le superfici vuote attendono, forti della loro presenza, già esposte in galleria,  predestinate ad essere spiate anzitempo, nel loro farsi, e ciò determina una certezza e un grande impegno.
La creazione artistica è una febbre, una voce dell'individuo che si prolunga nel gesto del dipingere, che si riversa in quel lembo di verità che è la forma tangibile dell'opera; l'esibizione è una verifica, un incontro con l'altro, un'occasione mondana. Qui i due momenti coincidono. 

Davanti all'irritante inerzia delle tele pronte, sulla soglia tra l'io e il nulla del non detto, del non ancora,  la prova di forza di chi dipinge.
Lo "specchio" della tela bianca.

Alamia e Scabarrà sono davanti ciascuno al proprio autoritratto non ancora iniziato, e davanti a se stessi, per  riflettere sulla propria immagine, mettersi a nudo come solo attraverso l'arte si può fare, guardando sotto l'apparire, oltre lo specchio, oltre la fissità malinconica dell'immagine fotografica, per tradurre nella vitalità assoluta della pittura la propria presenza. 
I visitatori potranno vedere nascere a poco a poco le opere, confrontarsi con gli artisti mentre lavorano, interagire, entrare anch'essi in quello specchio che passivamente riflette gli autori e noi, e riflettere… e fra quarantacinque giorni, quando l'ultima tela sarà terminata, "E io… ritratto!" sarà un'operazione conclusa…
con una nuova inaugurazione.
E allora vedremo se Daniele Alamia e Aurora Sciabarrà avranno ritrattato!
 

Marzo 2001
(seconda parte)

Cosa si dice a un pittore a proposito di se stesso?
Concediamoci di parafrasare Arthur Rimbaud prima di tracciare qualche coordinata attorno  agli autoritratti eseguiti da Daniele Alamia e da Aurora Scabarrà. E non certo perché queste opere abbiano la formale graziosità dei fiori cantati da Theodore de Banville, a cui si riferivano ironici i versi del poeta, anzi, tutt'altro. Ma la provocatoria ars poetica di Rimbaud è un richiamo irresistibile trans-epocale verso la verità nuda, il nocciolo fondamentale, scandaloso delle cose. Cosa si dice a un pittore a proposito di se stesso?… già, poiché sempre il pittore parla di sé, ma al massimo grado di introspezione (si presume) quando si dedica in modo intensivo all'autoritratto, e parlando di sé, può cogliere quell'assoluto che sposta il valore dell'immagine dal particolare all'universale. 
Che immagine di sé hanno tratto, Daniele Alamia e Aurora Sciabarrà dal riflesso oggettivo di uno specchio, dall'immagine fotografica in cui pure si sono studiati, e ancor di più dall'archivio ormai interiorizzato della ritrattistica e in generale della pittura del ventesimo secolo?
Già, poiché lì mi pare che più che altrove abbiano guardato, giocando questa partita tra l'io e la rappresentazione di sé attraverso la lente stilistica, l'aggancio dichiarato alla storia dell'arte. Ed è in ciò che si rivela la sostanza dell'autoritratto d'artista, laddove le sembianze stesse vengono travisate nella lente delle memorie, non individuali, ma culturali, e dove la distanza tra la veridicità epidermica, ma anche dal vissuto personale che mai traspare,  e il sentire viene colmata dalle distorsioni, dalla crudeltà con cui entrambi si imbruttiscono,  provano sulla propria pelle il potere deformante di un espressionismo pittorico irrinunciabile, e si nascondono nello scompaginarsi dei piani,  per evidenziare il rifiuto di qualunque facile estetismo.

Daniele Alamia culturalizza il proprio volto tagliandone i tratti con piglio teatrale, rivelando in ciò un narcisismo sottile, raffinato; la sua pittura indaga con fredda lucidità il volto, lo sguardo, le grandi dimensioni suggeriscono una sana megalomania, suggestivi i tagli di tipo fotografico.

Aurora Sciabarrà si infligge crudeli slittamenti , si reimpasta il volto come una maschera di gomma, traduce le classiche decomposizioni picassiane in una carnalità esasperata, giocando con la propria bellezza fino a cogliersi in una vecchiaia stralunata e deforme. Vuole metterci a disagio, e ci riesce.

Entrambi ci credono e cercano la loro verità, una verità che si fa strada tra le impalcature di una bella pittura, e attraverso l'esercizio e lo studio giungono entrambi ad una, seppur diversa, suggestiva visione personale.

E dunque cosa si dice a un pittore a proposito di se stesso?
Io vorrei dirgli di essere libero.
 

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