Daniela Bellotti "Scritti sull'Arte"                                                                                                 Le mostre
ENTROTERRA
Cancelliere, Proietto, Spoto

L'Altro Artecontemporanea,
Palermo, 2000


Paolo Cancelliere
 


Giovanni Proietto
 


Salvatore Spoto
 
 
 

Il progetto "Entroterra" nasce come volontà di offrire ad alcuni pittori operanti in un piccolo paese della Sicilia, Alessandria della Rocca, nell'agrigentino,  un'occasione di confronto fuori dai confini locali. L'attenzione dell'Amministrazione comunale di Alessandria verso coloro che si distinguono per le capacità artistiche, e la consolidata attitudine alle avventure non scontate di un  palermitano come Nicola Bravo, direttore dell'Associazione Culturale L'Altro, consentono oggi la realizzazione di tre mostre personali i cui protagonisti, Paolo Cancelliere, Giovanni Proietto e Salvatore Spoto, testimoniano la faticosa strada per il riconoscimento delle loro specificità artistiche, contro quelle che potrebbero rivelarsi le loro più agguerrite nemiche, l'indifferenza e la separatezza.
Con loro, siciliani d'entroterra, ascoltiamo  voci  che raccontano nel linguaggio della pittura e della scultura, una realtà dura perché ogni conquista è più faticosa lontano dai grandi centri di produzione delle idee, e confinata perché gli stimoli che nascono dalle relazioni scarseggiano, e ogni giorno pare ripetere le scarne emozioni del giorno prima. Tuttavia, le loro voci sono come i canti di solitudine e nostalgia di ogni "entroterra" del mondo, parlano di un rapporto non spezzato con la natura dei luoghi, frequentazione conflittuale però, di amore e odio, di radici che legano ma che non si vogliono strappare poiché in quelle stesse linfe si riconosce e si respira la propria verità. In questa dimensione sicuramente periferica nei confronti degli scenari culturali di primo piano, essi si rivelano sorprendentemente vicini ad un diverso centro nevralgico, preziosissimo per chi a qualunque latitudine cerca la propria identità artistica: è il luogo dell'origine, la memoria della terra, la persistenza scarna di un dolore di vivere non truccato, non attutito dagli agi, dai lussi delle metropoli, ed è questa una posizione che può essere di forza, di ricchezza di significato se sapranno coglierne l'essenza. 
Non è un caso se all'alba del nuovo millennio, mentre il dibattito sulla globalizzazione divide e infiamma, e Internet si impone come irrinunciabile mezzo per  la conoscenza e lo sviluppo,  si sta facendo strada la consapevolezza che solo la salvaguardia e il rispetto delle diversità, delle specificità  e delle realtà "minori" impedirà la scempio di irrimediabili perdite culturali.
Gli artisti di "Entroterra" che già sono approdati a  Internet,  e che presentano le loro opere orgogliosamente con la dignità dei frutti di un lavoro materiale,  antico e duro come la cura dei campi o la costruzione dei muri delle case, un lavoro perseguito con la stessa volontà di cavare la vita dalla terra e dai sassi,  sono proprio per questo abitanti del Duemila,  consapevoli della solitudine e in questo fratelli di una gran parte dell'umanità, ma protesi e aperti verso la comunicazione.

Paolo Cancelliere dipinge i campi del suo paese, e i muri delle case.  I campi e i muri grevi della stessa sostanza, faticosi entrambi, sotto spicchi di un cielo spietatamente azzurro. I campi salgono come i muri a negare l'orizzonte, si inerpicano deserti, col loro volto aspro dopo il raccolto, bruciato e annerito nell'inverno. Gli alberi punteggiano la lontananza di esigue ombre. Segni dell'uomo che scruta e doma il paesaggio, sono i fuochi, e le rare linee di confine delle coltivazioni. Cancelliere sa di dover eliminare il superfluo, e che nella veridicità nuda sta la potenza della visione. 

Giovanni Proietto racconta il territorio attraverso alcuni oggetti minimi ma evocativi, e dipingendo come soggetti elementi quali i bottoni, le spille da balia, carte e disegni infantili. Il recupero delle tele degli ombrelli utilizzate come supporto delle immagini, dove il sole è sostituito da un grande bottone e le figure sono trasformate in spille da balia in preda a deformazioni surreali, gioca un ruolo non solo trash, di riutilizzo del materiale di scarto, ma di feticcio, di magica presenza; l'ombrello inutile perché non piove, inutile perché stracciato, diviene schermo di una inusitata, e sottilmente violenta verità.

Salvatore Spoto spazia con disinvoltura in pittura dal figurativo ad una geometrizzazione dell'immagine che rasenta l'astratto, e in cui si conglobano elementi di recupero, reti metalliche, chiodi, inserti di giornale. Suggestive le sue sculture realizzate con blocchi di alabastro naturale, una pietra che si trova nelle montagne attorno ad Alessandria della Rocca. Dalla pietra, lasciata in gran parte grezza, Spoto trae volti frammentari ma perfettamente levigati, affioranti appena dalla superficie, severi, come antichi e indomiti signori della terra.

 

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