Luca Ventura

  1. Abissato in una marea …
  2. D'ermeo spirito opinasti Cristo
  3. Il tramonto e l'alba si confondono…
  4. Un soffio mellifluo…

 

 

Abissato in una marea di

Fluttuanti pensieri il mio

Animo agognante si lascia

Inebriare dalla percepenza dei

Sui sentimenti.

 

Le sue brume esalazioni

Alimentano il focolare mai

Arso, lo dilettano, lo sconvolgono

Ma mai ne fiaccano l'intensità

Di fiamma.

 

Cuore e Ragione si adoperano

Per un'unica cagione: AMARTI !

 

 

 

 

Latina, 24 febbraio 1995

 

 

D'ermeo spirito opinasti Cristo

Soverchiandolo del laido disio;

Qual valenza vedesti nel tu' Dio

Indiascolandolo di tal incesto?

 

L'animoso sciabordio ha visto

Della tua anima in sul pendio;

La sua mano negò il tu' Dio

Rendendoti al futuro previsto.

 

Nessun ombra eclissò il bagliore

Della tua anima diafana,

Del tuo sempre sferzante candore.

 

Un'alba nuova sorse dal dolore,

Più lucente, più chiara e più sana;

L'alba del nostro eterno amore !

 

 

 

Latina 15 Maggio 1995

 

Il tramonto e l'alba si confondono in

Un'unica luminescenza cremesi che cangia

Soperchiata dall'incedere ostinato dei moti

Del cuore.

L'odorosa felicità si cela nel fragore di

Un arido orizzonte e sembra adombrarsi

Come sopraffatta dalle tinte scure che volteggiano

Sopra la vallata delle aspettazioni umane;

Or ora sembra invischiata nella coltre peciosa

Che l'abbraccia con la stretta di un fervido

Amante, ma come questa può essere sciolta

Quando il fatale ardore non è corrisposto,

Anche la densa coltre può essere diradata

Grazie all'unione del fatal Alito che con

Immensa solerzia soffierà sulle sfumature

Più scure della "Nostra Alba".

 

 

Latina, 1 Marzo 1995

 

 

Un soffio mellifluo mi scaglia tra le plumbee vallate di un paesaggio onirico, evanescente, che si concretizza ivi la mia pelle bagnasi nel latte di mandorlo, linfa di sorgente lunare.

Avvolto da tale mistura mi vedo capitolare giù per le vallate, compiendo evoluzioni che stillano sangue alla mia testa e saziano il bulemico cuore.

Tale sublime agonia si quieta in un'ombrata radura che preannuncia l'orlo di un più scosceso pendio.

Lo veggo e comincio a correre, corro e sento che il mio spasmodico respiro si fonde nella circostante natura; siamo in due a correre e uniamo le nostre energie per raggiungere le vette che ci mesceranno alle stelle genitrici.

Per un momento tale affanno si smorza, le anime migrano dai nostri petti e si incontrano in un amplesso spirituale che giunge alle mie orecchie come il dolce suono di un'arpa incantata, l'ammaliante canto di una sirena; esplode nel mio corpo una incontrollabile bramosia di bere quel nettare divino.

Ma è la tempesta che segue la quiete, l'unico corpo, l'unica anima, con un detonante fragore fanno l'Uno.

Latina, 19 Maggio 1995

 

 

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