Hanno Fame!

di DIEGO PAOLUCCI Ó1998

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  • "Sono al buio, barricato in cantina, seduto a terra, con le spalle appoggiate alla parete ruvida. Sono l’unico sopravvissuto della mia famiglia. Presto mi raggiungeranno, sfonderanno la porta di metallo, mi prenderanno e mi faranno a pezzi. Per il momento si limitano a giocare con me. Li sento muoversi al di là del muro, ansimare, grattare contro la porta.

    Aspettano. Aspettano che io impazzisca e che mi consegni a loro. Non hanno fretta, non hanno paura di me, solo fame, tanta fame. Credono che io ceda, che implori pietà, che tenti di scappare. Si sbagliano, non mi avranno facilmente.

    Vi aspetto, bastardi, venite a prendermi.

    Accarezzo il fucile di mio padre. Lo stringo così forte tra le mani che ormai fa parte di me. Due colpi, solo due colpi, ma glieli sparo, giuro su Dio, dritti in mezzo ai loro fottuti occhi.

    E’ stata un’idea di mia madre. Una baita in montagna sperduta nel bosco. "Ci rilasseremo" aveva detto. Adesso sarà appesa insieme agli altri al soffitto, come un quarto di bue, pronta per essere caricata sulla loro fottuta astronave. Oh, sì, mamma, scommetto che adesso ti senti molto rilassata.

    Dovevamo capire subito che qualcosa non andava e scappare finchè eravamo in tempo. C’era qualcosa nell’aria, una sensazione di pericolo imminente. E il bosco sembrava avere occhi propri. Adesso so cosa ci osservava affamato.

    Il nostro gatto fu il primo a scomparire, la prima notte. Lo trovammo, quello che ne restava, a duecento metri dalla baita, sotto un albero. Mio padre pensò a qualche lupo e cominciò a tenere il fucile carico.

    Ma il vero orrore cominciò quando arrivammo in paese. E lo trovammo deserto. Case abbandonate, negozi chiusi, macchine in mezzo alla strada. E un messaggio su una parete scritto col sangue: HANNO FAME DI NOI.

    Tornammo spaventati alla baita, decisi a scappare via, ma la macchina era stata gettata nel fiume. Decidemmo di andarcene a piedi la mattina dopo, ma ormai era tardi.

    Attaccarono di notte.

    Mio padre fu il primo a essere trascinato fuori e fatto a pezzi. Sentii solo le urla mentre scappavo verso la cantina inseguito da ombre affamate. Dio ti ringrazio, non sentii quando presero mia madre e mia sorella.

    Adesso sono qui, solo, con un fucile in mano e la pazzia che mi divora il cuore. E aspetto. Non molto.

    Finalmente sfondano la porta, entrano in branco. Gli punto contro il fucile e urlo, con quanto fiato ho in gola. E sparo. Poi mi saltano addosso tutti insieme e mi trascinano via. Svengo.


    - Cristo Charlie, aveva un fucile!- L’uomo si strappa di dosso la grottesca maschera di gomma e la getta a terra con rabbia.

    - Non pensavo avrebbe avuto il coraggio di sparare.

    -Ha colpito Jack. Fai venire una dannata ambulanza. Portatelo via.- Due uomini, che indossano tute bianche da astronauta senza casco e meno ingombranti, portano via il corpo su una barella.

    - Calmati Frank. E’ finita.

    -Già, erano quattro no?

    -Sì, sono morti tutti per mano degli alieni- una risata grigia.

    -Hai ancora la maschera addosso, Charlie. Levatela e togliti anche il resto del costume. La farsa è finita.

    -Questa volta abbiamo fatto un bel lavoro. Al laboratorio saranno contenti. Le telecamere per la casa hanno ripreso tutte le scene e i microfoni hanno registrato ogni loro grido di terrore. Ne avranno di materiale da analizzare stavolta.

    -Dimmi Charlie, perchè lo facciamo ?

    -Ogni volta mi chiedi la stessa cosa Frank. E’ un esperimento segreto del governo per studiare il comportamento umano in caso di invasione aliena. Così saremo pronti quando loro arriveranno. Lo sai Frank.

    -Quanti ne abbiamo ammazzati finora?

    -Venti famiglie, Frank, sai anche questo. Ma non usare quel termine. Non siamo assassini. Li spaventiamo a morte, è vero, ma solo per studiarli. Sono come cavie per i dottori del laboratorio. Al limite gli massacriamo il cane o il gatto, ma che vuoi che sia? Una volta finita la messinscena, li addormentiamo, li droghiamo perchè non ricordino nulla e li abbandoniamo in qualche cittadina di provincia. Geniale, Frank, veramente geniale! Per non parlare del finto villaggio abbandonato che abbiamo costruito. Sembra il set di un film ma ci cascano sempre.

    -A te piace tutto questo Charlie?

    -Oh andiamo Frank, è una cosa importante. Dobbiamo essere pronti quando arriveranno. Non credi ?

    - Oh certo Charlie, dobbiamo essere pronti- getta a terra la maschera. - Mi chiedo se saranno così crudeli come ce li immaginiamo- Con un tono di voce più basso - Mi chiedo se saranno più crudeli di noi.

    -Cos’hai detto Frank?

    -Nulla di importante- Esce all’aria aperta. Lo spiazzo è pieno di uomini in tuta bianca e di mezzi simili ad ambulanze.

    -Fai mettere un altro annuncio sul giornale Charlie. Io vado a casa.

    -Va bene Frank, ci penso io. Chissà che famiglia ci mangeremo questa volta, eh Frank?

    Frank guarda in silenzio Charlie che si passa la lingua sulle labbra e poi scoppia a ridere.

    Lui non ci trova nulla di divertente in quella vita, ma se lo tiene per sè. Sale in macchina e si lascia quell’incubo alle spalle."

     


    Diego Paolucci, 24 anni, studente alla Facoltà di Scienze Politiche presso l’Università di Torino, ha frequentato il Corso di Sceneggiatura dell’Anonima Fumetto e pubblicato diversi soggetti e racconti (DIABOLIK, Inchiostri); recentemente sta curando la realizzazione di un fumetto di prossima pubblicazione.

    Per contattare l’autore:

    DIEGO PAOLUCCI, Via D. Bertolotti 15, Torino 10121

    E-mail: kafka73@hotmail.com

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