Due occhi

                                    A chi è stato,
 a chi sta e
a chi starà male per amore


Cosa sarebbe successo a Jacopo in quella giornata nessuno poteva immaginarselo.
Come ogni mattina la sveglia suonò alle sette. Wake up, wake up…. Suono odioso, terribile, martellante, di quelli che ti tormentano il cervello. Il suono ti penetra fin dentro le cervella e ne gonfia le cellule fino a farle premere contro le ossa del cranio. E’ allora che si reagisce, che ci si sveglia, che si lascia il mondo di Morfeo per entrare nel mondo reale, nel mondo di sempre. Ma il mondo che quel giorno aspettava Jacopo era diverso dal solito.
 Erano i primi di novembre e faceva freddo; un freddo cane. Da una settimana poi tirava un vento gelido, di quelli che quando passeggi ti penetra nei vestiti e ti ghiaccia tutti i muscoli, provocandoti dei crampi che ti piegano in quattro dal dolore.
 Wake up…click. Finalmente anche per quella mattina quel suono estenuante era cessato.
Jacopo era un uomo tranquillo: trent’anni, una laurea in ingegneria informatica, un lavoro che gli lasciava parecchio tempo libero. Viveva a Rho, una cittadina nei pressi di Milano, in una casa che aveva ereditato da una zia materna. Con lui viveva Emily, una ragazza dolce e passionale. S’erano conosciuti ai tempi dell’università, s’erano piaciuti ed ora, avendo la disponibilità economica, convivevano già da tre anni. Jacopo era veramente innamorato di Emily, gli piaceva tutto di lei, vivevano un rapporto molto intenso.
Anche quella mattina Jacopo andò a controllare la sua posta elettronica. Tra i vari messaggi ce n’era uno di Emily. Già! era passata una settimana da quando Emily era partita per partecipare ad un master sulle telecomunicazioni (suo campo di lavoro). Il master doveva durare tre settimane e per Jacopo sarebbero state eterne. Fortuna che esiste internet, e allora giù a scriversi messaggi. Cosa gli aveva scritto quella mattina? Bastava la pressione di un tasto per saperlo. APERTURA MESSAGGIO IN CORSO. Un sorriso invadeva il volto di Jacopo, ma quella U stampata sulle sue labbra si sarebbe presto estinta. Nel messaggio di Emily c’erano solo quattro parole, quattro parole che distrussero l’inconsapevole Jacopo: “Mi spiace è finita”. Jacopo chiuse e riaprì quel messaggio per venti volte, ma le parole erano sempre li, non cambiavano. FINITA! Era finita? Ma perché? Cosa era successo, non poteva essere vero! Finito tutto, ma perché? Doveva esserci un motivo! Jacopo rimase mezz’ora fisso davanti al suo monitor. Nella loro semplicità, quelle parole comunicavano un senso di malessere a cui il nostro Jacopo non era per nulla pronto. Gli doleva il torace e lo stomaco, aveva la nausea, respirava a fatica. Cosa doveva, poteva fare? Pensò di chiamarla. La chiamò sul telefono portatile, ma ciò che udì fu un laconico messaggio: “la informiamo che il numero non è più attivo, la informiamo…”. Cosa stava succedendo? Perché aveva disattivato anche il telefonino? Chi poteva aiutarlo? Sentiva caldo, un forte caldo; intanto dalla finestra della sua abitazione si vedevano i passanti infreddoliti avvolti nei loro invernali giacconi che camminavano inconsapevoli del dramma che si viveva in quella casa.
Jacopo sentiva caldo, si sentiva svenire. Voleva riflettere su quanto stava accadendo. Si rimise sul computer ed inviò alla sua amata un messaggio chiedendo spiegazioni. Non sapeva dove “quella” si trovasse, ma conosceva il suo indirizzo di posta elettronica.
Aveva bisogno di uscire, di prendere una boccata d’aria. Avvolto dai suoi pensieri camminò per mezz’ora senza sapere dove stesse andando o dove fosse. Pensava a quanto dolce e tenero fosse il loro rapporto, gli ultimi tempi poi non avevano mai avuto una discussione, filava tutto liscio. Cosa era accaduto allora?
Camminando si trovò in via Pollini davanti ad un supermarket, ma era tutto molto strano e particolare. Davanti l’ingresso del market c’erano quattro agenti di polizia che piantonavano l’edificio, poco più in là un’ambulanza. Tutto lo scenario era condito con la folla isterica che gridava e si disperava. Gli dissero che un pazzo armato di mitra era entrato in quel market distruggendo tutto e uccidendo il nuovo dipendente. Quel pazzo era un dipendente di quello stesso market che il direttore aveva licenziato. Lo sfogo era finito ed ora i poliziotti lo avevano ammanettato e lo stavano portando fuori. Era un giovane di circa trent’anni, capelli corti, rossicci. Mentre portavano il galeotto verso la macchina, i loro sguardi si incrociarono. Sembrava che quello volesse comunicargli qualcosa. Aveva degli occhi bellissimi, grandi ed intensi. Pieni di una luce scura, maligna. Quello sguardo lo scosse. Cosa voleva? Perché cercava proprio lui? Mentre il roscio usciva di scena, i presenti se ne andavano ciascuno per la propria strada, ciascuno con i propri pensieri. Lo stesso faceva Jacopo, ma in lui qualcosa era cambiato.

 La passeggiata gli era servita, se non altro, a sfogare la tensione del momento. Tornato a casa si rimise davanti al suo PC per vedere se “quella” gli aveva risposto. Difatti la risposta di “quella” c’era. Più veloce di un felino aprì quel messaggio e lesse ciò che di più freddo ci sia al mondo: “Mi sono stancata di te, non ti reggevo più, non ce la facevo più a fingere ancora. Scusa se non ho avuto il coraggio di parlarti, ma non me la sentivo. E’ finita per sempre. Addio!”.
Non ci volle molto per capire che il master era una scusa per scappare da lui! Voleva parlarle, voleva sentire la sua voce, l’odore della sua pelle. Gli mancava tantissimo. D’ove era? La voleva, voleva stringerla a se, voleva baciarla, toccarla, accarezzarle i capelli. Gli piaceva lo sguardo intenso che aveva lei quando si sfioravano. Quegli occhi lucenti, chiari, intensi. Come poteva Emily essersene andata. Nel suo vaneggiamento Jacopo pensava che lei lo amasse ancora, che non poteva essere altrimenti; forse era un momento, aveva bisogno di qualcuno che le parlasse, che le facesse capire che sbagliava. Si, ma dov’era? Dove si nascondeva? Voleva trovarla, voleva vederla, voleva parlarle, doveva portarla indietro. Il suo posto era in quella casa, doveva tornarci. DOVEVA! Essendo un esperto nel ramo informatico, Jacopo riuscì a risalire al numero di telefono e quindi alla casa da cui era stato mandato quel messaggio. Scoprì dove si trovava la sua Emily! Era da sua sorella Mary, nella periferia nord della città. Jacopo sapeva che di li a poco la sua amata sarebbe stata di nuovo a casa e che tutto sarebbe tornato come prima. Era già stato a casa di Mary, sapeva che viveva sola e sapeva soprattutto che all’ora in cui vi si recò quella lavorava; quindi nell’appartamento c’era solo la sua donna.

 

toc toc!!!!!!!  

Una voce fievole e tremante chiese chi fosse, e quando venne a conoscenza dell’uomo che aveva bussato, impallidì di colpo. <Cosa vuoi, cosa fai qui? Non ho niente da dirti, non hai letto i messaggi?>. <<Non fare la stupida aprimi subito! Sono venuto a prenderti>>.<No! Basta è finita, è f i n i t a, rassegnati>. In quel momento Jacopo non connetteva, non capiva più niente, voleva solo rivederla, voleva solo riprendersela. Era sua, era la sua donna, non poteva andarsene, non poteva andare via. Picchiò ancora contro la porta invitandola ad aprire. << Aprimi, dai, parliamo, poi…poi torniamo a casa, a casa nostra; faremo finta che tu non abbia fatto questa sciocchezza.>>. Mentre parlava picchiava contro la porta, sempre più forte. Tanto forti erano le spinte che Jacopo dava alla porta, tanto strazianti erano gli urli che quella lanciava. Alla fine la porta cedette.
La trovò avvolta nella sua vestaglietta rosa, con i capelli sciolti, appena lavati. Era sconvolta, urlava, ansimava, si guardava intorno come se cercasse aiuto. <<Sono venuto a prenderti, andiamo…>>. <Tu sei pazzo, vattene, non lo capisci che non ti amo più, è finita, vattene>. Jacopo non credeva alle parole che sentiva, non era possibile che lei non lo volesse più. Le si avvicinò prendendola per le braccia ma “quella” si divincolava. La fissò negli occhi e vide che non c’era più dolcezza in lei, non c’era più nulla. Vedeva quegli occhi vuoti, bui, impauriti. Come poteva, lei, guardarlo in quel modo, come poteva avere degli occhi così spenti? Quegli occhi così muti lo rimandavano ad altri, a quelli del pazzo roscio della mattina. Se li ricordava ancora, così vivi così espressivi così soddisfatti, così…
Aveva capito! Si, aveva capito cosa quel pazzo voleva comunicargli: “CIO’ CHE E’ TUO E’ TUO, NESSUNO DEVE AVERLO”. Ora sapeva cosa doveva fare. Si avvicinò a lei, la prese per la gola e strinse forte le mani finchè quella non si mosse più.

 

Non era passato molto tempo, quando venne la polizia. Il corpo di lei era ancora caldo, le sue labbra ancore umide. Jacopo la teneva in braccio, le accarezzava dolcemente i capelli che ancora le profumavano. Quando i poliziotti entrarono nella stanza, Jacopo non fece nessun gesto di evasione; diede un ultimo bacio al corpo senza più anima della SUA donna, e si consegnò ai gendarmi. Questi lo ammanettarono e lo spinsero fuori dal palazzo. Mentre passava in mezzo alla gente notò che erano tutti accalcati per guardarlo, per vedere chi fosse. Si ricordò della scena a cui aveva partecipato quella stessa mattina. Ora si trovava lui da quella parte. Anche lui come quel roscio aveva lo sguardo fiero, pieno di una luce buia. Ora però mancava il gran finale. Jacopo spinse con uno strattone le due guardie che lo tenevano, si divincolò e iniziò a correre. In quel mentre uno sparo gli trapasso le cervella. Il corpo di Jacopo cadde. Lui no! Jacopo continuò a correre, a cercare la sua donna, in quel nuovo mondo sarebbe stato tutto diverso, tutto come lui voleva. Li lei sarebbe stata sua!

Darky

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