Da: sist
Oggetto: io l'ho iniziato proseguitelo
Data: lunedì 2 marzo 1998 18.38
TITOLO CAP. 1
“Non so perché l’ho fatto.”
Questa è la frase che ormai ripeto da giorni al magistrato, all’avvocato, alle telecamere. Sembra che nessuno riesca a capirmi, eppure è tutto così semplice, innocente. Ogni giorno mi costringono a raccontare da capo tutta la storia, ormai è come se recitassi una poesia imparata per forza. E allora facciamolo per l’ultima volta sperando che tutti poi possano comprendere. Sono passati esattamente tre anni da quando tutto ha avuto inizio. Stavo sdraiato in giardino godendomi gli ultimi momenti di pace aspettando che i miei tornassero dalla vacanza in Sardegna. Quello era il primo anno che avevo deciso di passare l’estate a casa, senza nessuno. Mi aveva fatto un gran bene vivere quasi come un eremita per due settimane, dopo gli esami ero veramente stressato. E mentre stavo prendendo il sole arrivò quella maledetta telefonata. Era un carabiniere, che mi avvisava che il jet privato dei miei genitori si era schiantato al suolo in fase d’atterraggio e che l’ unica persona che si era salvata era la mia sorellina Viviana di undici anni. Mi crollò il mondo addosso. Lasciai cadere la cornetta senza riattaccare e accesi la televisione. Mi sembrava di vivere un sogno, che quella situazione non fosse reale, ma proprio in quel momento tutti i telegiornali stavano comunicando la notizia del disastro. Rimasi in quella condizione di semi coma fino all’arrivo della macchina di mio zio (anche lui avvisato) che veniva a prendermi per portarmi sul luogo dell’accaduto. Quelli che seguirono furono giorni angoscianti, il funerale, il via vai dei parenti, mia sorella che era rimasta profondamente sconvolta avendoli visti morire; però tutto ad un certo punto finì. Smisero di arrivare persone che nemmeno conoscevo, mia sorella cominciava molto lentamente ad accettare quello che era successo e anche io stavo riprendendomi. Solo il nostro avvocato continuò a venire ogni giorno. Ripensandoci, indipendentemente dal suo lavoro fu l’unica persona che ci rimase vicina in quel periodo. C’erano molte cose da sistemare, ma per fortuna mia padre aveva fatto testamento lasciandomi tanti soldi da non dovermi nemmeno preoccupare di cercarmi un lavoro. Il vero problema era mia sorella. Infatti, lei era ancora minorenne e quindi c’era il problema dell’affidamento. Dopo varie vicissitudini e grazie al fatto che i miei mi avevano lasciato un patrimonio, l’avvocato riuscì ad ottenere che mia sorella rimanesse con me. L’unica condizione era che prendessimo con noi un’istitutrice, cosa fu immediatamente fatta. Sistemato tutto riprese la vita normale. Anche se in realtà essendoci ancora due mesi d’estate, eravamo, infatti, a Luglio, non c’era poi molto da fare. Inoltre avevo bisogno di tempo per pensare e quindi continuai ad ignorare gli inviti dei miei amici che per farmi svagare un po’, mi chiamavano in continuazione a feste, gite, etc… Io però avevo soprattutto bisogno di stare solo. Lo stesso fece mia sorella che a parte me e qualche rara volta l’ istitutrice non vedeva nessuno. Una sera mentre mi stavo per addormentare, entrò nella mia stanza piangendo. Mi disse che gli mancavano molto mamma e papà e mi chiese se poteva dormire con me. Io acconsentii, senza rendermi conto che quello fu l’inizio della mia fine. Infatti, parlammo per un po’ fino a quando stanchi abbiamo spento la luce per dormire. Io mi girai su un fianco dandogli le spalle per farle un po’ di spazio, ma lei mi si avvicinò abbracciandomi da dietro e appoggiando il viso sulla mia schiena. Si sistemò in modo tale che i nostri corpi fossero perfettamente uniti a cucchiaio. Io non dissi nulla sentendo che si era già addormentata. Immediatamente, sentii i suoi piccoli seni che stavano crescendo premere contro la mia schiena e improvvisamente ebbi un’erezione. Mi vergognai moltissimo di ciò e cercando di non pensarci, mi addormentai. La mattina seguente era domenica e l’ istitutrice non sarebbe venuta. Fu lei a svegliarmi facendomi il solletico. Appena aprii gli occhi mi arrivò una cuscinata in faccia. Voleva la guerra. Cominciammo così la lotta per tutta casa. Entrambi a causa del caldo dormivamo solo con gli slip ed una maglia a maniche corte, e ogni volta che la raggiungevo cercando di raggiungere i suoi fianchi perché sapevo che era sensibilissima al solletico, lei si dimenava facendo così sbrindellare tutta la sua T-shirt. Ad un mio attacco la maglia si strappò definitivamente mostrando quei due piccoli seni che la notte precedente avevo sentito e un piccolo ciuffo di peluria nera sotto le ascelle. Per un attimo ci fermammo, ma lei superato l’imbarazzo iniziale riprese la corsa senza preoccuparsi di nulla. Però io ebbi di nuovo un erezione e questa volta però vedendo la sua disinvoltura non me ne preoccupai. Infine riuscii a raggiungerla di nuovo nella sua camera e li cominciò una lotta furibonda. Ad un certo punto a causa di una sua spinta persi l’equilibrio e caddi sul letto. Lei non perse l’occasione e subito mi si sedette sopra dichiarandosi vincitrice. A quel punto però io non pensavo più al gioco, infatti, sentivo il suo sedere premere sul mio pene che era diventato rigidissimo, ma lei sembrava non farci caso. Respirava affannosamente a causa della corsa, e si vedeva che non ce la faceva più a muoversi. Allora mi alzai seduto con ancora lei sopra, la abbracciai e cominciai a spingere con il bacino strusciando con il pene contro di lei, sentivo la forma della sua vagina sotto le mutandine. Anche lei mi abbracciò lasciandomi fare. Le chiesi cosa provava e lei disse che sentiva una sensazione di piacere in mezzo le gambe, dove mi stavo strusciando. Aumentai la velocità dei miei movimenti, ma in quella posizione era molto scomodo, quindi la distesi con le gambe larghe continuando a strofinarla quasi la stessi penetrando. Sentivo l'orgasmo avvicinarsi e infatti dopo pochi istanti venni nelle mie mutande e mi fermai ansimando. Viviana non capiva bene cosa stava succedendo, d'altronde i miei l'avevano sempre mandata in una scuola privata cattolica di sole ragazze; come seppi alcuni giorni dopo mia madre non le aveva nemmeno parlato del ciclo che naturalmente ancora non aveva avuto. Dopo poco mi rialzai e cercai di spiegarle cosa era successo. Le dissi che io avevo provato una sensazione di piacere molto intensa, simile a quella che lei stava provando e che di solito avviene tra uomini e donne, ma è possibile anche da soli. Penso che in quel momento abbia cominciato a capire che tutto quello che era successo avesse a che fare con il sesso, argomento che lei quasi ignorava del tutto e le cui uniche cose che sapeva, le aveva apprese dalle sue amiche a scuola. Le dissi che se lei voleva io potevo insegnarle come provare quel piacere. Ci pensò un po' e titubante acconsentì. Allora la feci sedere in braccio a me con la schiena appoggiata al mio petto come se fossi una sedia. Le misi una mano sulle mutandine e lei divenne rossa e completamente immobile. Cominciai allora ad accarezzarla in quella zona aumentando lentamente l'intensità. Dopo poco sulle sue mutandine cominciava ad apparire una leggera traccia di umido e lei cominciò a rilassarsi. Quando la traccia era diventata molto evidente allargai l'elastico degli slip e infilai la mano dentro. Sentii immediatamente l'unico piccolo ciuffetto di peli che timidamente faceva la sua comparsa e mi diressi sempre più in basso fino a trovare la sua stretta fessura. Quando con un dito cercai di penetrarla ebbe un sussulto, così lasciai perdere e mi concentrai sul quel piccolo bozzetto di carne che era diventato durissimo. Ad un certo punto lei fece leva sulla mia schiena inarcando il bacino e si tolse gli slip rimanendo completamente nuda. Intanto il mio pene era di nuovo duro e già cominciava a sgorgare liquidi. Dopo un po' cominciò ad ansimare e a muoversi lentamente, così mi accorsi che stava per raggiungere l'orgasmo e infatti dopo poco contrasse tutti i muscoli del corpo per alcuni secondi, smise di respirare emettendo solo deboli gridolini. Contemporaneamente dalla sua vagina uscì un po' di liquido. Quando tolsi la mano, lei si girò e mi abbracciò. Rimanemmo così, distesi abbracciati senza fare nulla per un buon quarto d'ora. Dopo quando cominciammo a sudare a causa del caldo, si alzò e andò in bagno. Io però ero ancora eccitato e così per la seconda volta in quella giornata sulla mia mano colò dello sperma. Quella sera cenammo senza dire una parola, solo sorridendoci ogni volta che i nostri sguardi s'incrociavano, in quel momento pensai che per la prima volta nella mia vita mi ero innamorato. Ci addormentammo subito stanchi e fummo svegliati dalla luce che entrava dalla finestra. CAP. 2 Quando si accorse che era tardi e che stava per arrivare l'istitutrice, si alzò di corsa e andò nella sua stanza per disfare il letto in modo che sembrasse che aveva dormito lì. Con nostro dispiacere l'istitutrice, che si chiamava Ivana, ci disse che fino alla fine dell'estate si sarebbe trasferita da noi, in modo che potesse seguire meglio Viviana. Naturalmente non feci nessuna obiezione anche perché l'idea in realtà era stata dell'avvocato. Così quelli che seguirono furono giorni di immensa noia in cui io riallacciai in modo non troppo entusiastico i rapporti con i miei amici. Trascorsero quasi due settimane in quel modo, quando successe l'imprevedibile. Una mattina mentre stavo ancora dormendo fui svegliato dal rumore di una forte frenata seguita da un rumore sordo. Corsi immediatamente fuori percorrendo di corsa il lungo viale che collegava la mia casa alla strada più vicina costeggiato da una fitta siepe, quando vidi sdraiata sul ciglio della strada Ivana, con alcune persone intorno. Immediatamente riconobbi l'auto della frenata e mi accorsi che l'aveva investita. Fortunatamente arrivò immediatamente l'ambulanza che la portò via. Andai anch'io in ospedale dove seppi che non si era fatta quasi nulla a parte alcune escoriazioni e la rottura del femore, cosa che l'avrebbe costretta a letto per più di un mese. Naturalmente dopo le analisi che le fecero mi volle vedere. Mi disse che l'agenzia per cui lavorava era già stata avvisata di quello che era successo, e che l'unica cosa che dovevo fare era richiamarli per avere una sostituta. Mentre tornavo a casa riflettei sul fatto che l'avvocato era partito alcuni giorni prima per le vacanze e che non sarebbe tornato prima di settembre inoltrato, così mi venne in mente un'idea. Questa idea naturalmente piacque enormemente a Viviana a cui l'istitutrice non era mai stata troppo simpatica e così quando la sera telefonò l'avvocato per chiedere come andava, io gli raccontai l'accaduto, aggiungendo però il particolare che la sostituta sarebbe arrivata l'indomani. Quella sera dormimmo ognuno nella propria stanza. Ci svegliamo praticamente insieme ci ritrovammo nella cucina. Ad un certo punto Viviana salì sul tavolo e si strappò la maglietta urlando che eravamo liberi e potevamo fare quello che più ci andava, dopo di che si tolse anche gli slip. Allora anche io preso dall'euforia mi spogliai completamente. Per un attimo lei osservò il mio pene semi eretto incuriosita, probabilmente era il primo che vedeva, poi però distolse lo sguardo e disse che mi avrebbe preparato la colazione e che da quel momento eravamo noi i padroni di casa e dopo un attimo di silenzio aggiunse come marito e moglie. In quel momento mi resi conto che era lei la ragazza con cui avrei voluto vivere e mi chiesi se davvero c'era qualcuno che poteva dire quale fosse il confine tra amore fraterno e quello tra uomo e donna. Mi dissi che nessuno poteva giudicare ciò che stavamo facendo, nessuno poteva capire. Presi anche la decisione che era giunto il momento sia per me che per mia sorella di perdere la verginità.

Torna alla Home Racconti

1