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stanze
 
 
1. stanze
giorni
come
giorni
giorni
come
giorni
da tenere
o forse
in qualche modo
spesi
senza forza
giorni
come stanze
stanze
e non c'è niente fuori
non c'è niente fuori
credimi
non c'è niente fuori
tranne i colori che già conosci
 
 
  
2. insetti 
seduti sul bordo della vasca da bagno
osservo piccoli animaletti
muovono le loro antenne tra capelli morti
e peli di cazzo
sembrano provarci gusto
poi il loro vagare alla ricerca
di non so che mi ricorda
qualcosa
di già visto,
qualcosa di ridicolo
e deprimente
è a questo punto che tronco
la loro esistenza con un getto
d'acqua bollente
trascinati dalla corrente
tornano in quello stesso
buco da dove erano usciti
temerari
sfidando
l'ira
di dio
  
3. un sapore, tutto qui
un sapore,tutto qui
qualcosa appiccicato
sulle pareti della gola
che ti fa aprire
e chiudere la bocca
in continuazione.
un'onda nera
bordata di blu lucente
in cui annegano
i miei sogni senza forma.
la notte la sento arrivare
attraverso i muri della stanza
i pensieri si rintanano
negli angoli
scuri
della mente
 
4. sfogliando "l'amore é un cane che viene dall'inferno"
strumentale
 
5. ronald, tomas e io
roffe ha un buco sulla testa. una cicatrice 10 centimetri sopra l'occhio destro sembra che se cada e batta in quel punto muoia sul colpo. così mi disse tomas e così è andata. ma questo è successo tempo dopo. io ormai non abitavo più lì e nemmeno tomas. ma lo ricordo bene roffe e quel suo sfintere sopra l'occhio destro - caccia fuori i pensieri come fossero scorregge - diceva Tomas e scoppiavamo a ridere ubriachi. ci chiedeva sempre qualche moneta e quando ne avevamo gli allungavamo un paio di birre. alcool. questo era il suo problema. questo è diventato il problema di tomas. io, c'ho sempre girato intorno. vivevamo nel quartiere iraniano. tomas si svegliava alle sei con un incubo di otto ore che lo attendeva al di là della tangenziale. io prendevo il primo autobus diretto in centro per una birra analcolica nel ristorante dei grandi magazzini. Poi percorrevo il tratto di strada ghiacciata fino alla biblioteca comunale per i risultati di calcio sul corriere della sera della settimana precedente. evitavo alcuni posti ne frequentavo altri per non dover giustificare un anno passato sulle spalle di mia madre a collezionare caballero e a guardare programmi per ragazzi tutto il santo pomeriggio. di tanta gente non ne so più niente. la settimana scorsa mi ha telefonato mia madre. mi ha detto - senti mimì non è ora che torni a casa e ti trovi un lavoro serio. dico io - lei non lo sa che nel portafogli porto ancora un vecchio calendario. sopra c'è segnata una data. 26 dicembre 1986. quel giorno ho fatto un patto. un giuramento con me stesso. non sarei mai più tornato a casa. tutto qui.
 
6. vedute dallo spazio a Jim Carroll
Le città viste dall'alto
mi ricordano i viaggi nello spazio.
l'attimo in cui
le macchine
i palazzi
le nostre giustificazioni
cessano di essere
quello che sono
e diventano macchie
e poi punti
e poi niente
assolutamente niente
viste a quella distanza
dove la gravità è solo
un ricordo.
la gravità che trattiene
le mie urla
la gravità che vince
le mie ragioni.
Le città viste dall'alto
mi ricordano i viaggi nello
spazio.
è lì che vorrei essere.
 
7. ororo
avrei potuto prevedere quando sarebbe caduta la pioggia e quando sarebbe durata avrei potuto fare miei i suoi tuoni e i suoi lampi avrei potuto calmarla e placarla ora non posso guardare ora non posso più guardare non sapevo come l'adesione è fuoco quello che vedo è un sole che scende e diventa sangue tu nella kadett verde di vittoria con tutta la mia collezione di dischi cacciata dietro aspetti me che immergo le mani fino ai polsi nel fango per ripartire diretti non so dove.
 
8. alessandro
alessandro tiene un diario. ci scrive i punteggi delle partite che fa al computer il pomeriggio al bar. i record che trova sul libro del guinnes dei primati. i risultati della squadra locale di basket. i canestri. giocatore per giocatore. scrive dopo l'ora di ginnastica. i ragazzi dell'autobus hanno visto in tv un vecchio film di fantascienza. ora lo chiamano il trifide per il suo modo di camminare. scrive della giornata in piscina insieme agli altri ragazzi del centro civico. scrive i nomi di tutti quelli che c'erano: annalisa roberto mirko becivenni cappa giovanni, giovanni va a scuola con lui. imparano un lavoro come mettere scatole in certi scaffali o mettere etichette sopra barattoli di latta o rispondere al telefono e passare la comunicazione spingendo un pulsante. scrive del colore della cuffia di ogni ragazzo. scrive di come è riuscito a parare un rigore buttandosi a sinistra appena un attimo prima che cappa tirasse. ma ci sono pensieri che non riesce a trattenere ci sono pensieri che lo fanno sentire come se andasse a tutta velocità in un tunnel, in equilibrio sopra un'asse di legno che corre su due rotaie. lo fanno restare senza fiato. allora cerca di ricordare. le marche di gelato disponibili nel chiosco all'entata della piscina. una dopo l'altra. cerca di ricordare la distanza in chilometri tra la piscina e il paese. poi trasforma i chilometri in metri. cerca di ricordare il numero che aveva dietro il sedile sull'autobus all'andata. quello che aveva al ritorno. da qualche parte nel mondo c'è un uomo che riesce a sollevare altri quattro uomini per un totale di 340 chili mntre pedala su una bicicletta ad una sola ruota. alessandro lo sa. è successo nell'89. in aprile. ma quali erano le condizioni meteorologiche? e il numero degli spettatori? era una piazza o aperta campagna? e quali sono state le prime parole che ha pronunciato l'atleta dopo aver stabilito il nuovo record?
 
9. 15 agosto
è una tradizione nell'hotel in cui lavoro il 15 di agosto con i clienti già seduti a tavola per la cena si spengono improvvisamente le luci in sala ...
 
10. stanze vuote
chiudiamo dentro scatole pezzi di vita andate. restano stanze vuote
 
11. in nome di dio
lei torna a casa. ogni sera. lui é seduto sul divano. forse guarda la televisione. lei si toglie le scarpe. va in bagno. fa - oggi ho avuto ancora il turno con quella stronza di maria. odio le tracce di eye-liner che si dà sugli occhi. sembra una troia. in nome di dio vi perdono e vi condanno. alla televisione danno "in nome di dio" un vecchio western di john ford.lei si siede, ci prova. ma proprio non ce la fa a seguire la storia di tre avanzi di galera alle prese con un neonato. allora comincia a pensare. comincia a pensare al modo in cui a volte le cose vanno. a come tutto possa esplodere all'improvviso e non resta altro che guardare i disegni sulle mattonelle del pavimento. - ti ricordi l'estate scorsa? tutto quel caldo. le strade deserte - lui la guarda. fa - vorrei un paio di stivali proprio come quelli di john wayne.
 
12. tarzan
cambiare il corso delle cose é una regola che bisognerebbe darsi. non importa trovare qualcosa di meglio, basta qualcosa di differente. mettere la freccia. prendere una direzione. un'uscita qualsiasi. penso a quella puntata in cui il cacciatore di frodo cade nelle sabbie mobili inseguito da tarzan. lui crede di essere proprio in un film di avventura poi gli appigli a cui tenta di aggrapparsi cominciano a venire meno. in bocca comincia a sentire il sapore del fango. é a questo punto che spera di non avero distanziato più di tanto. io so che in certi casi é meglio non fare troppi movimenti perché si va a fondo più lentamente.
 
12. cinque strade il testo é tratto da 5 strade di faust'o
quante notti ritornano accanto a me vorrei prendere un volo e andarmene via e sai che vorrei quante volte ho pensato alle mie follie giochi di ombra su altari di luce viva per giungere a casa primavere inchiodate, spazzate via e questa voce su un disco che gira e gira e non é neanche mia quanti giorni passati a fissare il cielo avrei potuto ammazzarti con una mano avessi avuto un motivo questi rami che crescono senza un dio e questa voce su di un disco che gira e gira e non é neanche mia.
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