Probabilmente ti sei chiesto
perche' lo shortcut di questo sito si chiami Orione e Diana. Non ce n'e'
motivo reale, pero' la leggenda di Orione e Diana merita di essere raccontata
Racconto approssimativo della leggenda di Orione e Diana
Prologo
Fra le selve, in quei tempi, ma anche oggi a guardare bene, non si trovavano solo bestie di ogni specie. Qualche ninfa affacciava il bellissimo volto fra le foglie di quercia, cantando canzoncine in tre accordi e quattro tempi e ridendo della vita. Fra le ninfe, sin dalla piu' tenera giovinezza, la piu' bella era Diana. Ed in virtu' della predominante bellezza, fra le ninfe era regina. Fin dal suo incoronamento, avvenuto ai piedi di una ninfa gigante, Diana dedico' parecchie attenzioni alle varie bestie. Quando libera dall'amministrazione del suo potere, e cioe' molto frequentemente, si attardava in conversazioni con i piu' disparati animali della foresta. E per lei un trauma fu scoprire la presenza di un cacciatore proprio nella sua selva. Diana, immersa nelle fredde acque dello stagno Imeno, si godeva il gelo delle prime luci di una giornata primaverile. Ora, le ninfe non sono vere e proprie dee, ma delle divinita' godono di qualche particolare privilegio. Per cui un'immersione in uno stagno non si risolveva mai semplicemente in una abluzione, in un lavarsi e rinfrescarsi il corpo ed il cuore. A Diana era concesso trasmutarsi nello stagno stesso, e divenire tutt'uno con le acque, fluire, ondeggiare nell'immobilita' apparente, agitare di moto browniano ogni particella. Orione, concentratissimo nel suo mimetismo, emanava forza ad ogni respiro. Si decise a catturare un'orso durante una battuta di pesca. E cosi' si immerse pure lui nello stagno Imeno, ne saggio' le acque, e ben presto ne divenne tutt'uno. Non poteva egli pero' riconoscere la presenza della ninfa, nonostante il turbamento di lei agito' talmente le solide acque dello stagno, che l'orso se ne insospetti' e accenno' quasi una fuga. In questo modo, piu' divino che umano, si congiunsero Orione e Diana per la primissima volta. Sorse in lei l'amore. Immediato. Definitivo. Per lui le cose erano un po' diverse: egli non possedeva infatti la consapevolezza di essere innamorato, non conosceva l'oggetto del suo desiderio. E come mai avrebbe potuto allora identificare quella sensazione, quella strana mancanza che gli attanagliava il petto. Si, qualcosa era successo, irripetibile forse, sicuramente impronunciabile. Orione si dimentico' dell'orso, e della caccia pure. Per settimane non dormi', non mangio'. Si limito' ad investigare il passato nella speranza di trovare la chiave del suo sentimento, il tassello che, ricomponendo il quadro degli avvenimenti, avrebbe potuto dare un nome alla sua pena.
A
questo punto, lettore, ti starai gia' annoiando. Ma che storia e' questa,
piena di luoghi comuni, frasi fatte e sentimentalismo tardoromantico? E
che stile poi, pieno di assurdita' del tipo ne saggio' le acque,
o peggio ancora si attardava in conversazioni. Mi ritengo fortunato
nell'averti fin qui conquistato, ma ti prometto un repentino cambio di
registro. O meglio, ti fornisco una chiave di lettura che forse ti fara'
cambiare opinione sulle nefandezze che finora hai letto. Immagina allora
che Orione e Diana non siano Orione ne' Diana, ma la parafrasi di una coppia
moderna che, pur di sfuggire agli ostacoli del proprio tempo, fanno del
loro amore un racconto. Ecco, Orione e Diana sono la classica coppia scoppiata
di fine millennio che non puo' piegarsi alla realta' del proprio tempo,
alla banalita' del proprio amore, e per sfuggirne si inventa una versione
remoto-mistico-bucolica. E se leggi veramente bene ti accorgerai che entrambi
contribuiscono al racconto; senza peraltro seguire lo schema Orione parla
di Orione e Diana di Diana. No, fanno gli originali, si mescolano e mescolano
le loro parole come mescolano le membra nei loro amplessi (ahime' sempre
piu' rari, verdomme). Gia' rileggendo vedrai la mano maschile e
quella femminile in questo racconto. Neanche troppo pronunciata, neanche
troppo sicura, ma questo e' purtroppo un dato di fatto: Orione-scrittore
e Diana-scrittrice sono due pessimi scrittori.
Orione e Diana - L'incompatibilita'
I giorni le ore ed i minuti passarono con la solita irregolarita' senza riuscire ad assopire i sensi di Diana. Cos'era successo di cosi' basilarmente definitivo da non lasciarela sua vita selvatica svolgersi nel suo modo naturale? Diana non lo sapeva, e nemmeno se lo chiedeva. Il suo amore smisurato non le permetteva di riconoscersi preda di un cacciatore, non riconosceva a quell'uomo sacrilego la violazione del suo regno, di quella selva vergine dove la vita si lasciava scandire dai rintocchi della pioggia autunnale e dalle bonacce d'agosto. Orione aveva da tempo abbandonato i suoi rimuginamenti; l'uomo d'azione non pote' fermare la sua indole a ripensare a quell'episodio cosi' strano, a quel turbamento cosi' innaturale e distante da non poter essere classificato, riconosciuto fra le esperienze passate o perlomeno confrontato con parole conosciute. Orione si contento' di ipotizzare che qualche Dio spiritoso avesse disciolto un po' di sale d'olimpo nello stagno in modo da procurargli quel viaggio cosi' mistico, quella perdita' di se'; aveva intuito di aver toccato qualcosa, meglio qualcuno, in un modo unico, di aver oltrepassato il confine della solitudine, assolutamente, completamente; nulla di paragonabile al suo mimetismo mistico, alle sue meditazioni culinarie; ma ne aveva concluso, in assenza di ulteriori evidenze, che quella comunicazione, di cui non afferrava il messaggio, non fosse riuscita bene, fosse incompleta; un dio minore, dunque, o un defunto in cerca di contatti dagli inferi piu' profondi. Qualcosa che si sarebbe sicuramente ripetuto in maniera piu' efficace, o non si sarebbe ripetuto mai piu', vinto e convinto il cospargitore di sale d'olimpo dalla sua stessa scarsita' di mezzi. E poi Orione era sempre e comunque un cacciatore. E che cazzo! Guarda che alce meravigliosa, veloce, potente, astuta e diffidente. La preda delle prede. E gia' la mente di Orione partiva alla ricerca della strategia migliore, elaborava le sue tattiche mimetiche, considerava le armi da scegliere e quelle da scartare. L'arco avrebbe portato con se', strumento mortale quanto leggero e veloce, silenzioso e di facile trasporto. E l'avvicinamento sarebbe stata opera lunghissima. Non si trattava di essere semplicemente sotto-vento, pratica elementare del cacciatore selvatico. Il problema consisteva nell'avvicinarsi dall'alto, dalla cima della collina, che spoglia e brulla com'era non avrebbe offerto nascondiglio nemmeno ad un filo d'erba. Un bel rompicapo, alla quale difficolta' si aggiungeva l'irregolarita' dei venti e la luna piena. Orione lo risolse con un lunghissimo viaggio.
To be continued