Il ricordo - Per quanto cerchi di allontanarlo perche'
vorrei essere comunque un uomo proiettato verso il futuro, il
ricordo sembra sempre la parte piu' debole di un uomo perche' e'
un ripiegarsi e chi vive troppo di ricordi si dice che non abbia
grandi speranze, una grande proiezione verso il nuovo. Pero' poi
il ricordo e' come il brigante di strada, e' sempre li' dietro
l'angolo, e purtroppo anche quando e' piacevole ha qualcosa di
doloroso, se non proprio molto doloroso perche' e' qualcosa che
non c'e' piu'. Infatti io penso che se all'uomo fosse possibile
non ricordare forse non soffrirebbe mai. Certo, il ricordo e'
anche rimpianto, e' qualcosa che non e' piu', anche quando ci
ridi e' qualcosa che e' partito. Io spesso confondo il rimpianto
con il rimorso, non so mai da che parte schierarmi. Rimpianti ne
ho tanti, tendo un po' a colpevolizzarmi, per cui vivo piu' di
rimorsi, quelli per esempio nei confronti delle persone che ho
incontrato.
A un certo punto non si riesce piu' a vivere con tutti, non puoi
portarti appresso gli amici, parlare con loro, riuscire a
scambiare mezza parola. Non c'e' tempo, forse non c'e' piu' quel
linguaggio in comune, non c'e' dialogo. E questo e' un grosso
senso di colpa.
Amore - A differenza dell'amicizia, l'amore e' un rapporto che in linea di massima e' quasi sempre asimmetrico. E forse vive proprio di questo, cioe' questo strano elastico che si crea tra due persone, una che tenta di raggiungere l'altra, quando magari l'altra tende un pochino a scappare. Credo che non si viva mai in maniera esattamente parallela o quasi mai. E l'elastico e' sempre in tirare. L'amore e' molto probabilmente anche una dilatazione dell'Io, quindi in qualche maniera amiamo nello stesso momento in cui sappiamo anche volerci bene in quella storia. Il primo amore? Mi ricordo gia' una piccola passione sui banchi dell'asilo, ma lei non lo seppe mai.
Il carattere - Vorrei essere un po' piu' sereno nella vita, certe volte mi scopro con delle inquietudini che non riesco a curare, anche con dei momenti di depressione, con dei cambi di umore che cerco tra l'altro di non far pesare eccessivamente. Ma gente che mi conosce me li legge in faccia. Chissa' mai quando questa inquietudine mi si sara' formata. Vorrei a volte essere sereno, sorridere un po' di piu'. La mattina mi sveglio presto, magari stanco morto, anche un po' afono. E mi dico: "Adesso prenderei la macchina e andrei chissa' dove senza far sapere." Pero' poi non vedi l'ora invece che arrivino le nove, le nove e un quarto quando devi cominciare a cantare. E' un bell'impegno.
Figlio - Come mi e' capitato di dire in qualche altra occasione e' forse il soggetto piu' complesso che ci affianca in una vita. Perche' e' come se una parte di noi si staccasse, cominciasse a camminarci accanto. Anche se - e questo e' anche dentro una canzone - ho sempre avuto la sensazione che i figli siano in prestito, cioe' che la vita te li da' per un certo periodo e poi in qualche maniera conducono una loro vita, mentre l'illusione di un genitore sarebbe quella di essere genitore per tutta l'esistenza, di essergli piu' o meno accanto nella stessa maniera in cui lo e' stato nell'anno zero, uno... Pero' e' l'unica certa speranza della nostra esistenza e in qualche maniera un modo per diventare eterni, che poi e' il grande sogno dell'uomo e forse anche per perdere un po' del proprio egoismo; con un figlio arriva il vero momento del sacrificio.
Amicizia - Credo che sia l'unico rapporto che prevede una simmetria. Cioe' uno non puo' essere amico da solo, anche l'altro deve essere in qualche maniera sempre presente, sempre in grado di ridarti quello che tu pensi di dare. E' sicuramente uno dei passi considerevoli della nostra esistenza, pero' in certe occasioni ha minore intensita', ha meno fuoco di altri rapporti, come potrebbe essere quello amoroso...
Il debutto - Il mio debutto fu un gioco. Mi ricordo il
mio primo affacciarmi su un palcoscenico, quando avevo quindici
anni, un piccolo concorso di voci nuove nel quartiere di
Centocelle per la festa del santo patrono, San Felice da
Cantalice. Forse io non sono mai andato all'altro grande concorso
italiano, Sanremo, per non tradire il mio primo santo. Arrivai
secondo o terzo, ma ero un ragazzotto, cantando una canzone che
era stata presentata a Sanremo da Paul Anka: "Ogni
volta". Dopo un po' mi scatto' l'ansia dell'affermazione,
tant'e' che io, sempre con un certo pudore, ho chiesto a mio
padre e a mia madre, se anche da bambino avessi questi
atteggiamenti. Loro mi hanno raccontato che quando eravamo in
compagnia, andavo da mio padre e tirandogli i pantaloni gli
chiedevo di annunciarmi, perche' io dovevo cantare. E questa cosa
mi ha dato fastidio perche' l'idea di essere esibizionista non mi
piace.
Non penso che riusciro' mai ad abituarmi all'idea che cantare sia
un vero e proprio lavoro, con la sua disciplina, i suoi tempi, i
suoi luoghi.
I dischi - Non possiedo giradischi in casa e non sono un ascoltatore di dischi e mi riduco a sentire cassette o compact in macchina. Non mi voglio portare la smania, la maledizione, ma mia fortuna allo stesso tempo, a casa. E' come il calzolaio con le scarpe rotte. Che ascolto? E' un ascolto frammentato, la radio, quello che in quel momento va di piu'. Mi e' piaciuto il penultimo di De Andre'. Poi ascolto gli "evergreen": Celentano, Battisti, i miei colleghi cantautori. Ho una buona opinione sulle cose che fanno gli altri, poi ci sono cose che piacciono piu' o meno. Amo piu' i dischi brutti che non mi convincono, dei dischi che ho gia' sentito. Preferisco un disco che quasi mi dia fastidio, ma che penso col tempo possa piacere, piuttosto che un disco precotto, gia' sentito, che non mi stimola assolutamente.
Gratitudine - Io ritengo di essere grato anche se non riesco a dimostrarlo. Nel momento del dire mi sento in imbarazzo, tant'e' che uso sistemi alternativi e preferisco scrivere canzoni per far capire a qualcun altro quello che volevo dire.
Soddisfazione - La prima soddisfazione e' quella di essere contemporaneo. E l'altra e' quotidiana, quella che si misura ogni sera. Lo spettacolo dal vivo e' la parte piu' bella del mio mestiere. Si', i dischi, ma ci sono anche molti momenti di frustrazione in queste camere asettiche dove si lavora sempre di piu' con il concetto di catena di montaggio. Dovremo tornare invece a fare i dischi come si facevano i dischi jazz un tempo. La soddisfazione di ogni sera e' sapere che, oltre alla quantita' del consenso che e' stata enorme, con cifre inattese, c'e' stata la qualita' del consenso che e' la cosa piu' importante. Quantita' e qualita' messe insieme, ogni sera, sono linfa vitale.
I libri - Soffro perche' ultimamente non ho quasi piu' letto niente. Io sono cresciuto da solo, come figlio unico, e ho forte bisogno di stare da solo, in solitudine, di pensare, per cui il rapporto con un libro e' importante. A volte ho sacrificato persone vicine a me proprio per la lettura maniacale e ossessiva di libri, che erano poi di diversi generi. Mi sono innamorato di libri di poesia, che forse sono quelli che ho letto maggiormente, da Prévert a Garcia Lorca. Ma durante le tournée mi capita un po' meno e mi capita meno quando sono iperimpegnato. Mi auguro un giorno di partire con una valigia piena di libri mai letti e ne ho tanti da parte.
Periodi bui - Trascorsi un periodo abbastanza difficile intorno al 1980, perche' dentro di me cominciavano a cambiare un po' di cose, intorno ai trenta anni. Questi scatti di decenni, anche se uno non ci fa caso, sembra che debbano cambiare un po' la nostra maniera di vivere. Avevo la sensazione di scrivere qualcosa di appena differente rispetto a quello che avevo scritto prima; stavo preparando "Strada Facendo", che e' un album decisamente diverso, un punto di rottura rispetto al passato, anche se non ritengo che ci siano rivoluzioni spaventose in tutto quello che uno scrittore o un regista fa. Penso che un regista faccia sempre lo stesso film: e' vero che cambiano i protagonisti, la fotografia, gli attori pero' c'e' sempre una ricerva verso una direzione, come un ideale di purezza, di sublime, a cui non si arriva mai. Il contenuto forte, di base e' quello. Si', li' qualcosa cambio'. Era sicuramente anche un disco diretto, immediato, senza tanti fronzoli poetici. Una specie di passaggio. Attraversi un fiume ma sei nel mezzo, hai lasciato una riva, ma all'altra ancora non ci sei arrivato. Un periodo simile e' stato due anni e mezzo fa, per quel parto lungo che e' stato l'ultimo album che ho fatto, quando andai contro tutte le regole del business discografico e rimasi da solo e senza possibilita' di comunicare al pubblico che poi e' il mio direttore d'ufficio. Stavo nella mia stanzetta con la luce accesa durante la notte a riscrivere, a cercare di acchiappare parole che fossero autenticamente le mie. I rapporti con i discografici non erano buoni e del resto mai lo saranno. Le logiche sono differenti. C'e' una logica di mercato che non corrisponde sempre ad una logica artistica. C'e' molta pigrizia ormai da parte di coloro che dovrebbero essere come i vecchi editori. Dovrebbero proporre uno stile artistico, uno stile di musica. Invece vanno qua e la' con molta confusione, con le solite cose, la solita promozione. Il rapporto non sara' mai buonissimo...
Se... - Non avrei mai pensato che sarebbe successo cio' che e' accaduto e anche mia madre mi diceva che non ero convinto di fare il cantante, forse perche' da ragazzino ero molto piu' serio di adesso. Avevo i miei occhialetti, ero timorato, serissimo, non dicevo neanche tante parolacce e quando salutavo la gente guardavo per terra. Se dovevo chiedere un bicchiere d'acqua dovevo passare attraverso mia madre. L'idea di esibirmi mi sembrava poco seria. Avrei studiato. Avrei avuto un lavoro. Le ultime canzoni le ho scritte come una sorta di testamento, di lascito a tutti coloro che non mi avevano capito. All'inizio degli anni Settanta avevo rinunciato alla carriera musicale. Lo dissi chiaramente. Ritornai all'universita'. Mi ero gia' riscritto ai corsi di architettura. Poi arrivo tra capo e collo il successo con "Questo piccolo grande amore". Mi e' arrivato quando non lo chiedevo piu' o quando non ci speravo piu' e sara' forse un po' per questo che ogni tanto faccio delle cose che sembrano delle sfide titaniche, vedi "Assolo". Qualcuno ha scritto che quando c'e' da fare qualcosa, Baglioni sceglie sempre la via piu' difficile. Sara' perche' forse il successo mi e' arrivato cosi': io continuo a vivere la mia vita nella speranza di meritarmelo. Di meritarmi questi privilegi, il fatto di aver guadagnato dei soldi, dei vantaggi enormi rispetto a un lavoro tradizionale.
Sogni - I sogni sono innanzi tutto una voglia,
che e' quella di non avere pause troppo lunghe, tra una mia
presenza e quella prossima, perche' poi sono sempre momenti
difficili. A me piacerebbe continuare quello che ho fatto in
tournée, incontrare altri musicisti, conservatorio o scuole di
musica... Vorrei riuscire a ritagliare una musica popolare
moderna, magari recuperando certe sonorita' piu' acustiche, l'uso
di alcuni strumenti veri, reali, abbandonando un po' la
tecnologia degli strumenti elettronici che forse ha fatto un po'
il suo corso. Mi piacerebbe uno spettacolo che possa essere
ancora di piu' multimediale, dove ci sia una concorrenza di
diversi fattori, quello musicale, quello scenografico, quello
coreografico, persino quello impalpabile. Questo e' il sogno.
Penso che alla fine sia proprio questo il pungolo, perche' il
successo, una volta raggiunto, il fatto di vendere dischi o di
entrare nelle classifiche, diventa una quotidianeita' necessaria.
Invece sapere che li' dietro, c'e' ancora qualcosa che ti puo'
sorprendere, questo puo' essere il di piu', o a volte soltanto il
diverso. Non so, si spera sempre sia il di piu'.
Dio - Che senso ha Dio per me? Ne ha, ne ha. Ho un rapporto asimmetrico, un po' come l'amore. Non sono lontani amore e Dio. Ne ha avuto tanto in un'eta' in cui ero giovanissimo e sono stato come tanti ragazzini all'oratorio e persino catechista. Un giorno mi sembro' addirittura che la vita del frate, o del prete, fosse una vita da scegliere, poi, durante una settimana santa fui scosso da quei paramenti neri e da Gesu' che moriva: una sensazione di grande tristezza. Quasi macabra, e pensai di fuggire. Per tre o quattro anni ho avuto un distacco notevolissimo, quasi senza avere un sentimento religioso. Invece, poi ho recuperato e specialmente negli ultimi due o tre anni, se non un senso religioso vero e proprio, ho riacquistato un senso mistico. La domanda chiave, al di la' delle tante domande sulla vita e' proprio quella, con tanti dubbi. Ma non c'e' niente? Chissa'. E' una grande illusione e un grande bisogno. Ma se fosse davvero solo una grande illusione comunque sarebbe valida perche' comunque placa tante domande.
Il tempo - Il tempo e' sicuramente il vincitore
supremo delle nostre storie, delle nostre esistenze. Come ho
scritto anche in una canzone e' una sensazione abbastanza che sia
proprio il tempo a muoversi, ad andare avanti e indietro, a
portarci lui le storie, gli incontri, figli, persone, luoghi,
ricordi. Che dire? Il tempo passa, ma per chi fa il cantante c'e'
lo strano destino - non sempre piacevole - che comunque rimanga
piu' adolescente rispetto ai suoi coetanei. Ho questa sensazione:
di essere piu' giovane rispetto anche ai miei amici, quelli con
cui ho condiviso l'infanzia, l'adolescenza. Ecco, il fatto di
trovarsi la sera con un pubblico che, pur prevedendo la presenza
di coetanei o gente piu' adulta, e' incredibilmente composta per
gran parte da quindicenni, sedicenni, ventenni... Questo ti fa
sentire piu' li' che non la'. Ho detto incredibilmente perche'
ogni volta mi sorprendo. Mi viene da pensare: adesso mi presento
dopo cinque anni, chi verra'? E il fatto di vedere questi ragazzi
forse al loro primo concerto, almeno con me (perche' cinque anni
prima avrebbero avuto dieci, nove anni), beh, sono sorprese
positive e ti lasciano perplesso, fanno pensare. E non capisci
attraverso quale schema, quale meccanismo avviene questo travaso
generazionale.
Secondo me il successo vero per un artista e' - al di la' della
bellezza, della bruttezza, delle cose che scrive - essere
contemporaneo, cioe' l'idea che non si e' ammuffiti con le
proprie mode e le proprie parole e non si racconta qualcosa che
non esiste piu'.
Genitori - Il mio rapporto con i genitori mi sembra buono, pur essendo figlio unico, quindi senza scampo sul piano dell'attenzione. In passato la loro presenza agli spettacoli mi metteva in imbarazzo, mi sembrava di leggere le vecchie cronache delle miss accompagnate dalle mamme. Mi sembrava un atteggiamento superato. Mi dicevano ancora: "Mettiti la maglietta". Ma adesso no, anche se e' sempre sulla punta della lingua questa cosa e da un momento all'altro potrebbe anche venir fuori. Adesso sono piu' vicino a loro perche' piu' cresci e meno distanze ci sono, ci si assomiglia sempre di piu'. Non c'e' la differenza abissale di quando tu sei un nanetto e loro sembrano giganti. E gia' vecchi per altro, quando nasci.
La delusione - Nel lavoro ho provato qualche delusione. Con qualche collega o con qualcuno che faccio quello che faccio anche io, nasce magari una collaborazione, si parla anche nello stesso linguaggio. Ma poi si scopre che e' difficile essere amici. Quando mi si chiede se ho amicizia con i miei colleghi, rispondo che non ho un'amicizia lunga e autentica con nessuno. Pero' ho avuto momenti molto serrati di amicizia.
Paure - Questo secolo e' stato diviso tra amore e paure, quindi... le paure sono tante. La paura piu' grande e' proprio la paura. Paura della gente, il panico, che si vada avanti cosi' senza un preciso indirizzo, senza qualcosa di consistente, senza una dignita', senza amore verso la propria nazione, per la patria... Ma patria sembra diventato un vocabolo brutto anche perche' forse era connotato con tempi che vogliamo dimenticare. La paura e' un po' questa. Oggi c'e' una sensazione di smarrimento generale. Quello che si legge su chi ti dirige, su chi dovrebbe pensare a te, sui nostri amministratori, e' avvilente. C'e' una mancanza di bellezza, un involgarimento dell'esistenza, un non rispetto per la gente che non trova un ospedale, e cosi' via. E' qui lo smarrimento. E la politica, che dovrebbe essere un'arte molto alta, importantissima e' gestita da persone che alla fine sono diventate intermediatori di affari. Leggo sui giornali che in questo paese le dimissioni si minacciano e non si danno. Quando io ho sempre saputo che si danno e basta. Eppoi quell':"io non c'ero, la colpa e' di altri o comunque un po' di tutti".
I giornalisti - Non ho mai frequentato nessuna delle persone che scrivono di musica o cronaca o critica. Il fatto di frequentarsi potrebbe sembrare strumentale eppoi si', ci sono stati momenti in cui il rapporto non e' stato buono. Mi e' stato detto che sono sembrato ad alcuni chiuso, ad altri persino presuntuoso. E a me dispiace aver dato questa impressione perche' non ho mai, a differenza di quello che si dice, disprezzato il lavoro del giornalista. Anzi lo ritengo assolutamente importante. La critica a un concerto molti dicono che non seva a nulla e se e' negativa poco importa, invece, anche se ci sono cinque-dieci-ventimila persone che ti hanno visto, le assenti leggeranno sul giornale la critica; e se non e' corretta si faranno un'idea distorta. Ora, comunque, il rapporto con i giornalisti e' migliorato.
L'autografo - L'autografo e' un episodio abbastanza bizzarro perche' l'idea di mettere il proprio nome su di un foglio o su una foto, a pensarci bene, e' comunque strano. Non riusciro' mai a considerarlo un atto normale. Pero' allo stesso tempo capisco che per chi lo chiede sia comunque un pezzetto che uno si porta via. Ed e' sicuro che c'e' stato quella volta, di aver partecipato a qualche cosa, di aver incontrato anche il cosidetto capocomitiva, che io rappresento. Una cosa e' certa: ho imparato come mi chiamo a forza di scrivere il mio nome. Non so se imparero' bene a sapere chi sono, a capire chi sono.
Sport - Lo sport mi piace. Anche quello che faccio richiede un impegno fisico notevole. Come calciatore sono sempre stato negato, anche da ragazzo. Essendo meno capace sul piano fisico, credevo di essere piu' evoluto sul piano strategico, allora facevo il centrocampista metodista. E tra l'altro pensavo di avere precorso il gioco a zona, ma in questo senso: se la palla non capitava a me, io non la prendevo mai e l'unica occasione per calciare il pallone era quando pretendevo di tirare le punizioni. Portavo gli occhiali, li spaccai per due volte giocando, mio padre si arrabbio e non mi ci mando' piu'. In seguito ho fatto nuoto agonistico, intorno ai diciotto, venti anni, forse diciassette. Ho giocato a pallavolo. Le cose piu' strambe le ho fatte ultimamente. Faccio sempre preparazione fisica prima della tournée e, per un anno e mezzo, ho fatto allenamento di pugilato senza fare nessun combattimento, ma solo simulati con l'istruttore. E ho scoperto anche un mondo. Perche' entrare in una palestra dove c'erano ragazzi di periferia che evadevano altri problemi e' stata un'esperienza umana incredibile. Mi ha insegnato a crescere, a star meno a crogiolarmi su troppe stupidaggini meno importanti.
Tournée - La tournée per uno che fa il mio mestiere, e' cio' che di piu' eccitante ma anche sconsiderato puo' capitare, almeno se la si vuol vivere a pieni polmoni e se il progetto e' aperto e anche un po' ambizioso. E che cos'e'? E' credo sicuramente un viaggio perche' lo e' in senso fisico, pero' lo e' anche in un senso intelletuale, perche' significa spostarsi con molta freneticita', cambiando spesso luogo, cambiando incontri, con la sensazione che l'incontro non sia comunque sempre lo stesso anche se in parte c'e' un rituale. Rituale che tra l'altro io comincio anche ad amare nel senso che mi da' come una sicurezza, mi da' la sensazione che corrisponda quasi a un valore dell'incontro, ecco il rituale. Che non sia un solo appiattimento di regole che si riprongono allo stesso modo. A un certo punto c'e' questo cantare insieme, c'e' un'accensione di fiammiferi, c'e' un atteggiamento un po' particolare: all'inizio la cosa mi dava un po' il senso della liturgia, pero' ho scoperto che e' comunque un valore dell'incontro. Si spera che sia un arricchimento interiore, si dice che il viaggio sia anche un po' abrutente, quando si comincia a viaggiare poi si smette anche di pensare, di riflettere quindi di considerare quello che si sta facendo. Pero' un arricchimento c'e' e significa immagazzinare di nuovo sensazioni, colori, facce, anche i pensieri si rimettono in movimento. Certe sere quando si fa tardi e si mangia dopo il concerto, vivendo sempre con la stessa comitiva dopo un po' si puo' pensare che manchino gli argomenti, invece si riesce a tornare indietro e ogni posto ti ricorda il fatto che ci sei stato tre anni prima, quindi un particolare anedotto, una storia. E' come riguardare il magazzino della memoria, come riaprire certi cassetti. Pero' non con un senso nostalgico o piagnucoloso, ma con un senso divertito e energico.
Donne - Il rapporto con una donna e cosi' misterioso e forse per questo eccitante che non se ne puo' fare a meno. Ho sempre pensato e scritto canzoni sulle donne. Le ho conosciute, le ho cantate... E non ne ho un concetto chiaro. Infatti l'ultima canzone che ho scritto sulle donne, contenuta in "Oltre", qualcuno ha scambiato per una canzone misogina e invece e' una canzone sulla sconfitta dei maschi. L'ideale di donna lo si forma con qualcosa di reale, si configura con qualcosa che e' esistente. Ma non e' mai la stessa cosa, per fortuna. Se una storia dovesse finire io non adrei piu' a cercare la persona lasciata in quella nuova. Cercherei una persona differente, se non altro per non fare confusione, per non pensare, per abolire l'identificazione. Se potessi tracciare un minimo identikit, una cosa che mi piace delle donne e' la capacita' di una donna di essere allegra e anche umorista. Perche' poi tutto il resto, l'attrazione fisica, la bellezza estetica, e' scontato, passa. Invece la capacita' di scherzare, di ridere, non sempre c'e'.
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