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Salvatore Giuliano nella Valle d'Agrò
Sarebbe stato un pastore liminese il primo nella Val d'Agrò ad ospitare Turi Giuliano. Il
bandito sarebbe arrivato a piedi in un podere nel Comune di Antillo, in Contrada Cubo,
nelle zone di Contrada Girasia. Lì, avrebbe incontrato Francesco Saglimbeni, conosciuto
come Cicco 'Ntantè, indicatogli da alcuni pastori che risiedevano più a valle, e gli
avrebbe chiesto ospitalità. Il buon uomo, ignaro di chi aveva di fronte, offrì un pagliaio,
in quel periodo vuoto, sulla collinetta di fronte. Nel pagliaio, alloggiarono cinque o sei persone, armate, con
un bimbo di circa 10-12 anni, che piangeva, non mangiava e leggeva sempre.
A raccontarlo, oggi, a cinquantatre anni di distanza, è il figlio di quel pastore. Il protagonista del racconto si
chiama Giovanni Saglimbeni, 'Ntantè per i liminesi, ed oggi fa l'edicolante. Giovanni Saglimbeni dice di avere avuto
riferito dal padre e dal fratello l'intera vicenda, con dovizia di particolari.
"Giuliano giunse nel pagliaio di mio padre nel 1945 - racconta Saglimbeni -. Mio padre non sapeva di chi si trattava:
lo seppe solo molto dopo, da alcuni amici di Antillo. Pensava a degli avventori, ma non certo al bandito. Al mattino, mio
fratello Pietro, portava loro la ricotta fresca, mentre quando era ora di pranzare, quelli mandavano qualcuno a portare ai
miei carne ed altri viveri. Mio padre, ad un certo punto, capì che si trattava di persone "strane", soprattutto perché li
vedeva armati, ma non si preoccupò molto, perché si comportavano bene e non infastidivano nessuno.
Mia madre, invece, era ansiosa per il legame che questi avevano con mio fratello e diceva sempre a mio padre che un
giorno o l'altro "chisti a Petru su portunu!". In quel periodo, vennero anche a Limina, in paese. Questo particolare
l'ho appreso dalla gente.
Un giorno, Giuliano fu invitato da una persona che gli portava i viveri ad una festa privata, organizzata da un suo
amico. Giuliano vi prese parte con Gaspare Picciotta. La cosa si è saputa perché in paese circolava un aneddoto: pare che
Giuliano ed il cugino Gaspare Picciotta fossero stati invitati a prendere il caffè da un "potente" di Limina -continua a
narrare Saglimbeni- nel bar "Pisciareddu", allora in piazza Marconi. E si racconta che quando Giuliano mise i soldi sul
bancone per pagare, il barista glieli restituì dicendogli che "qui gli amici degli amici non pagano". In quel momento, fuori
passarono due carabinieri, Pisciotta trasalì e Giuliano gli fermò il braccio sul bancone per calmarlo e poi uscirono,
tutti e due, assieme il potente di Limina.
Nel pagliaio di mio padre rimasero per circa un mese, poi il loro "soggiorno" a Cubo finì in modo brusco. Una notte,
mio padre raccontava di avere sentito dei colpi di fucile provenire da quelle zone. Al mattino seguente, i
banditi non c'erano più e quel pagliaio era colmo di carabinieri. Trovarono anche un corpo di uno di loro;
si disse che uno di loro aveva tradito Giuliano: se n'erano accorti, lo uccisero e partirono.
Per qualche tempo finì lì. Mio fratello trovò anche dei soldi, tanto che si comprò; un orologio ed un vestito.
Poi, si disse che si erano trasferiti nelle campagne di Antillo ed allora, mio padre, tramite un amico, seppe che
si trattava di Salvatore Giuliano."
Va detto subito che su questa testimonianza abbiamo trovato due riscontri. Nel 1967, un certo Domenico Lo Conti
(uno che tenne per qualche tempo i rapporti tra Maddalena Lo Giudice e Giuliano) disse in un'intervista ad una rivista
nazionale che se non il bandito, ma di certo i suoi uomini, nel 1945 giunsero nella Valle d'Agrò. "Nel luglio-agosto del
1945 - disse, per l'esattezza, Lo Conti - ho visto in un pagliaio di ginestra a Girasia, una riunione di quattro o cinque separatisti, tutti armati, e presumibilmente collegati alla banda di Giuliano, che cercavano aiuto in paese." Inoltre, è certo che nello stesso anno, ma ad ottobre, la banda Giuliano rapì una persona, un certo Antonio Culicchia, ma sulla vittima del rapimento non si conosce altro, né se possa corrispondere alla descrizione (bambino di 10/12 anni, colto perché leggeva spesso) fatta a 'Ntantè dal fratello. Vicende e testimonianze sempre contrastanti, sulle quali non è stato rinvenuto, ancora alcun dato certo. Da sempre, infatti, la vita e la permanenza di Salvatore Giuliano, ad Antillo, sono avvolte da un impenetrabile velo di mistero.
Filippo Brianni, La Sicilia, 30 Luglio 1998
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