La fine del Necromandio

di Efira

Nel 167 a.C. il Senato romano ordinò la rappresaglia contro l'Epiro per l'appoggio che aveva concesso a Perseo, re di Macedonia, nemico dei Romani nella 3.a guerra macedone (171 ÷ 168 a.C.): 70 circondari furono messi a sacco, 150.000 abitanti ridotti in schiavitù, il bottino portato a Roma fu così grande che l'imposta diretta da cui erano gravati i cittadini fu per molto tempo abolita.

In quelle drammatiche circostanze il Necromandio di Efira fu circondato e, a giudicare dai ritrovamenti, furono usate macchine d'assedio per averne ragione. Le fiamme, appiccate al piano superiore, alimentate dal materiale incendiario contenuto all'interno, distrussero i solai in legno e le macerie ricoprirono il piano inferiore.

Da allora l'oracolo, seppure sopravvisse, perse ogni importanza.

Circa un secolo dopo la distruzione, un insediamento romano impegnò parte dell'area dell'oracolo, come testimoniano le tegole ritrovate, alcune delle quali recano incise alcune lettere latine.
Il lago Acherusio, in epoca romana, prese il nome di "Aornos".

Anche la conformazione orografica della zona in parte mutò: la baia di Ammudia si restrinse per l'apporto dei depositi alluvionali dell'Acheronte, il fiume stesso mutò in parte il suo corso, l'ampio lago paludoso alle pendici del Necromandio di Efira, il lago Acherusio, progressivamente si ritirò, sino a scomparire del tutto, con la bonifica del 1951; al suo posto c'è ora un'ampia e rigogliosa pianura.

L'Acheronte, come appare oggi, in prossimità della foce, nella baia di Ammudia.


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