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Parabita
 
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Parabita è un importante centro di circa 10.000 abitanti, situato alle falde della collinetta di Sant'Eleuterio. La sua economia è basata soprattutto sulla produzione vinicola, olearia ed ortofrutticola. Piccole industrie vanno a poco a poco ingrandendosi specialmente nei settori del legno e dei materiali da costruzione. Ha origini antichissime, nel secondo secolo a.C. era già una fiorente cittadina. Cadde sotto il dominio dei Romani che la tennero fino al 470. Negli anni successivi seguì la sorte di tutti i paesi limitrofi, assoggettati ora dai Bizantini, ora dai Saraceni, ora dai Turchi. Feudatari furono prima i Sanseverino, poi, i De Caro, gli Orsini Del Balzo, i Castriota ed i Ferrari. Molto bella è la chiesa in stile romanico-gotico dedicata alla Madonna della Coltura, che custodisce bellissimi affreschi bizantineggianti. Notevole il castello del XVI secolo appartenuto ai Castriota e ricostruito nella sua forma originale. Protettrice di Parabita è la Madonna della Coltura che viene festeggiata l'ultima domenica di maggio. Il suo protettorato ebbe origine in un epoca non ancora ben stabilita ma le cui vicende legate ad un evento fantastico e prodigioso sono state tramandate oralmente fino ai nostri giorni sfidando il corso del tempo. Un contadino, mentre arava il campo notò che il suo aratro non avanzava più come se ci fosse un grosso ostacolo a fermarlo. Aiutandosi con le mani smosse la terra e scorse una grande pietra sulla quale era dipinta l'immagine della Madonna con il Bambino. Quando gli abitanti del paese furono informati, decisero di portare la pietra nella chiesa parrocchiale. Il giorno successivo al trasporto, con grande stupore non trovarono più la pietra nella chiesa; si effettuarono le dovute ricerche e rintracciarono il masso nello stesso punto dove era stata ritrovata. Quello era il segno che la Vergine voleva stare nel posto dove era rimasta per tanto tempo. Fu innalzata, allora, una chiesetta e alla Vergine fu dato il nome di Madonna della Coltura. I parabitani sono detti "ventri janeti" per indicare che sono gente simile agli asini, animali dal ventre bianco. Soprannome appioppato loro dai vicini abitanti di Matino, con i quali non è mai corso buon sangue.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Palazzo Castriota, rinascimentale dimora dei Signori di Parabita sino al 1678, celebra la gloria di Pirro, primo feudatario della nobile stirpe nel 1535, quando alta morte di Gaspare de Leo, morto senza eredi legittimi, acquistò la baronia della terra di S. Eleuterio, complice il viceré D. Pietro di Toledo. Figlio naturale di Giovanni Castriota, duca di Ferrandina e conte di Copertino, nipote prediletto di Alfonso, marchese di Atripalda, Pirro fu il migliore feudatario del borgo, che elesse sua patria ad onore e cui consacrò tutto il genio e l'umanità di uomo del Cinquecento. Il suo volto, assieme a quello dello zio Alfonso, affiora sul prospetto principale dell'edificio, e fra i diciotto tratteggiati sul portale del Castello di Copertino. Palazzo Castriota si caratterizza per la ricca e vivace arte decorativa del portale, affine nella trama alte decorazioni catalano-durazzesche riscontrabili nel Castello, commissionate dallo stesso Alfonso Castriota. L'edificazione dell'aristocratica abitazione s'inserì in un più vasto progetto artistico e culturale che il nobile Pirro realizzò per la sua beneamata patria. Da perfetto umanista e "illuminato" dai rivoluzionari della ragione, il barone Castriota fu un abile interprete della "nouvelle vague" rinascimentale cui fece beneficiare Parabita, prodigandosi benessere materiale e spirituale Promosse e sostenne la cultura, l'arte, la religione, finanziando grandi opere di restauro, iniziative letterarie e partecipando attivamente alla diffusione della fede e della carità tra i suoi concittadini. Lasciò inoltre un segno tangibile. nell'amministrazione della sua terra, risanandone le finanze, gravemente dissestate dall'epoca delle traversie di Francesco del Balzo, e rafforzò le mura di cinta dell'abitato. Sposò Geroloma Baccone, da cui ebbe tre figli: Giovanni Fabio, Alfonso e Gaspare. Pirro Castriota morì nell'aprile del 1561; gli successe il primogenito che governò per sette anni. Il feudo passò, poi, a Pirro junior, nato dalle nozze di Giovanni Fabio con Dianora d'Alagno, il quale fece erigere nella chiesa parrocchiale la cappella di S. Francesco di Paola (attuale cappella del SS. Sacramento) e nella chiesa di Santa Maria dell'Umiltà l'altare gentilizio dei Castriota, sormontato dallo stemma del casato. Il barone Domenico Castriota, pronipote di Pirro Il, fu l'ultimo feudatario della dinastia. Parabita sarà messa in vendita fin dal 678 e acquistata "sub asta" da Domenico Ferrari nei 1699 per la somma di 98.675 ducati; la famiglia Castriota usciva di scena dal feudo, ma la sua grandezza resta immortale perla fortunata cittadella salentina e per altri territori di Terra d'Otranto, così come ricorda, attraverso l'epopea cantata nella lettera "A Pirro" della nobile stirpe, l'illustre letterato salentino Antonio de Ferraris, detto il Galateo. I Castriota lasciavano inoltre, tra gli altri "Beni della Corte", in terra di Parabita: il Castello; il Giardino Grande, denominato della Corte; sei trappeti; La "Chiusura della Corte", oliveto con 672 alberi; l'oliveto denominato "Ingina" con la cappella di D. Pirro; l'oliveto "La Gazzola", con la cappella dell'Annunziata; il giardino de "La Gazzola", contiguo all'oliveto; l'oliveto "Monte", nella masseria D. Pirro; la Masseria La Corte, fuori l'abitato, sulla strada per Gallipoli; la masseria D. Pirro, fuori dell'abitato. Ultimi feudatari di Parabita furono i signori Ella che ebbero il feudo in donazione nel 853.
      

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Vincenzo Marzano
emarzano@hotmail.com
Date Last Modified: 18/09/98
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