design
practice and theory
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limiti dell’applicazione dell’ergonomia al design |
design dell'interfaccia |
il linguaggio del prodotto |
geometric relations in the human body
(per ora soltanto in inglese) |
limiti
dell’applicazione dell’ergonomia al design I limiti dell’ergonomia sono stati da tempo denunciati nel contesto dell’organizzazione del posto di lavoro, ma erano evidenti anche nella sua applicazione agli oggetti per l’uso quotidiano. L’applicazione da parte dei designer dei dati ergonomici riguardanti la relazione uomo – posto di lavoro ad altri ambienti ha costituito un passo importante nella storia del paesaggio artificiale. Questo passo comporta l’estensione dei criteri dell’efficienza produttiva alle altre attività umane. In molte situazioni sono evidenti le ragioni oggetive di queste estensione. Pensiamo per esempio all’automobile, che possiede caratteristiche simili a quelle del posto di lavoro nella fabbrica, che presenta periccoli per l’operatore e per gli altri, che necessita di reazioni rapide ed esige quindi di essere progettata in modo da evitare inutili sforzi e da facilitare l’elaborazione delle informazioni; o alla cucina, che è un posto di lavoro ugualmente complesso, oppure allo studio di casa che può essere assimilato al posto di lavoro in ufficio. Si può affermare che tramite l’intervento ergonomico questi luoghi siano stati concepiti come fossero dei posti di produzione e calibrati così sul corrente standard del rapporto uomo-macchina. In questo percorso si è inserito un nuovo termine: il comfort. Mentre nella vita privata il comfort è generalmente avvertito come una esigenza, questo non è sempre vero sul posto di lavoro. Il comfort può, entro certi limiti, essere descritto come il contrario della fatica di lavoro e dello stress ambientale, oppure come un’area fisiologica preferenziale che, per gli esseri umani, è compresa in una stretta fascia di valori fisici, altrimenti ostili. Una tale definizione risulta però insufficiente se superiamo l’ipotesi ottocentesca dell’uomo-macchina e consideriamo i dati della vita storica, psicologica e sociale. La ricerca ergonomica sul comfort non può non tenere in considerazione la condizione del soggetto indagato. La fatica generale, cioè la diminuzione della capacità di continuare un’attività, per esempio, sarà valutata differentemente a seconda che il soggetto svolga lavoro volontario o pagato; il caso di uno scalatore di montagne, che sfida se stesso per sport, sarà diverso da quello di un operaio addetto agli altiforni che lavora per motivi di sopravivvenza – pure, entrambi spendono la stessa quantità energetica, da 10 a 12 kca/min. L’estremo opposto alla fatica è la monotonia o noia, che supera anche la nozione di comfort come benessere e che si ha nella assenza di stimoli esterni o interni. Le motivazioni, come per esempio la ricerca della soddisfazione dei bisogni o del piacere, risultano in quel caso assenti o frustate, creando una tensione che si presenta come un vuoto. Sembra paradossale ma l’ergonomia teorica e quella applicata, che mirano al superamento della fatica e al comfort dell’operatore, sembrano in fondo indirizzate verso la prospettiva tanto reale quanto indesiderata della noia. Un destino questo che si può forse estendere alla ricerca del benessere nelle società opulente. E’ sorprendente che la noia, a differenza di altri stati affettivi quali l’ansia e la depressione, sia rimasta ai margini sia della riflessione psicopatologica che quella della stessa ergonomia. Si intravede dunque qui un territorio di ricerca molto ampliato non soltanto per la ergonomia ma per ogni discorso sulle funzioni che prende l’avvio di una negazione: il “furto dello scopo” o alienazione di cui parla Sartre. Si presume che la funzione corrisponde a una esigenza o valore che può essere reale, immaginata o indotta. Ma che implica simultaneamente un complemento negativo tramite a attraverso l’esclusione di tutto quello che essa non è o non sembra essere. Questi valori o oggetti assenti concorrono alla significazione che poggia su una più generalizzata ermeneutica del senso che il soggetto applica ai rapporti intersoggettivi e alle interfacce con le cose. L’introduzione del concetto di valore di un’assenza ci consente di superare eventualmente gli design dell'interfaccia Tutti gli organismi viventi utilizzano la loro esperienza per sopravvivere, significativo nell'essere umano con la creazione di strumenti o protesi che consentano il suo accomodamento e adattamento in rispetto al proprio contesto. La tricotomia uomo - protesi - ambiente è essenzialmente fondata sulla nozione di 'interfaccia'. L'interfaccia è il locus dell'interazione dei termini triadici. In questa prospettiva, linguaggio e signaggio sono strumenti tipici del management delle interfacce. Da sempre l'uomo ha trasformato il suo ambiente; egli vi ha operato come correttore per adeguarlo a presupposti bisogni umani; egli ha introdotto modifiche artificiali nel contesto consone alle esigenze degli esseri umani, tramite prodotti come automobili, computers o case e componenti di prodooti o organi come pulsanti, monitors, allarmi: tutto l'equipaggiamento della nostra società tecnologica. Si può dunque affermare che ogni design è un progetto ergonomico con lo scopo di agevolare la relazione uomo-ambiente. Tutto questo non è assente da una speculare trasformazione della mente umana stessa. La mente si accomoda a quest'ambiente trasformato oppure, più precisamente, esso scriva l'informazione tecnologico o "memi" riguardante il contesto ricostruito nella propria memoria. L'artificiale, in questo processo, viene sempre più percepito come naturale. Guidiamo macchine e adoperiamo computers con naturalità, automaticamente: i loro segni sono diventati parti di noi stessi. Quest'alienazione è un passo verso la robotizzazione degli uomini. L'ergonomia, che si occupa delle interfacce uomo- oggetto o uomo - macchina, agisce entro questi limiti. Essa tende a trattare gli uomini come estensioni della macchina che ragionano e agiscono come meccanismi. Per ottenere questo il progettista utilizza segnali e codici. Ci fermiamo ai semafori rossi, premiamo i pulsanti delle consoles dei computer per memorizzare, elaborare, calcolare o comunicare. Il marketing analizza questo comportamento umano e elabora delle strategie di produzione, distribuzione e vendita di questi protesi più con lo scopo del profitto, cioè per motivi giustificati anche se distanti dai bisogni reali. Mentre, per quanto concernano le relazioni funzionale tra persone e oggetti o prodotti, l'ottimizzazione dell'interfaccia è probabilmente entro la portata dei designers, le cose diventano più complicate in rispetto alle relazioni tra gruppi e il contesto globale. Un buon design consente tuttavia all'utente di interagire in modo soddisfacente con suo ambiente ma purtroppo lo stesso non offre garanzie di una relazione funzionale su una scala socio-economica. (Naturalmente questi rapporti sono spesso anche inadeguati al livello personale). Possiamo prendere ad esempio strumenti elettronici come i computers o i televisori, che rimangano difficili da programmare. La ragione sta nel fatto che gli ingegneri lavorano con algoritmi che non corrispondano a quelli del cervello umano. Noi semplicemente non ragioniamo su di una base digitale. Preferiamo talvolta ordinare alla macchina una azione in modo spontaneo, approssimativamente in una determinata direzione, utilizzando la "fuzzy logic". Ma c'è di più:, l'interfaccia e il suo signaggio, per essere completamente soddisfacenti, e per evitare possibili malintesi, non possono limitarsi, come vedremo, ad una edizione meramente funzionale o razionale dei suoi enunciati. Propongo dunque di osservare meglio le strutture e i meccanismi, la forma ed i contenuti dei messaggi che vengono scambiati al livello di questi interfacci. In questo ambito infatti il significato di un messaggio non si esaurisce con l'espressione della sua intenzionale proposizione funzionale ma contiene e trasmette informazione su se stesso, sul suo peculiare modo espressivo. La parola "estetica" è una dei pretendenti per il nome dell'area epistemologica che si occupa di questa problematica, altre possono essere "metafisica" o "antropologia". Tutti questi trattano della variabile interpretazione dell'interfaccia e il suo signaggio. L'intero arsenale della retorica e della mitologia con il loro concetti di analogia, similarità, ossimori, enigmi, metafore, simboli, etc. è attivo in questo contesto. Forma e funzione interagiscono sul livello dell'interfaccia e non possono essere separati in modo artificiale, come l'approccio ingegneristico al progetto pretende di decretare, senza perdere la comprensione della componente umana del flusso informativo. il linguaggio del prodotto Le forma di un prodotto può essere determinato esclusivamente dalle funzioni di un prodotto? La risposta è apparentemente affermativa ma persino in quel caso avviene una traduzione locale della funzione in una forma. Questo è particolarmente evidente nella nostra società post industriale dove praticamente una funzione qualsiasi può essere espressa in un infinito numero di forme diverse, tutte totalmente efficienti. Lo sviluppo della tecnologia dei materiali e dei processi produttivi consente una crescente libertà di espressione con il risultato che il design o anche il metadesign di un linguaggio di design diventa piuttosto una questione di limiti o di regole auto imposte. Possiamo, per esempio, limitare l'espressione formale nei suoi termini minimali come nel caso di un frigorifero da incasso che viene concepito come un componente modulare della parete di contenitori della cucina. Questo prodotto perderà la sua identità e assume le caratteristiche formali del suo ambiente come il mimetismo di un insetto nella natura che adotta la significanza comprensivo del suo ambiente. Possiamo anche ridurre le forme ad una semplicità geometrica e ottenere l'effetto opposto della evidenziazione del prodotto come nella sedia rosso e blu di Rietveld. La sua morfologia e il significato semantico implicito mirano in questo caso ad un bilanciamento degli opposti come orizzontale - verticale, uomo - donna, limite - continuità e simbolizzano la armonia universale. Rietveld diceva infatti che questa non pretendeva di essere una sedia ma piuttosto un manifesto del linguaggio neoplastico. Possiamo anche introdurre forme morfologiche in prodotto meccanici, come per esempio nel caso della Porsche, a prima vista sembra il risultato di dettami aerodinamici. Il significato di questo tipo operazione è che il prodotto, assumendo alcune caratteristiche formali di un animale, è meno alieno o persino amico della nostra natura vitale. Tale espressioni formali, che si possono estendere a qualsiasi design, rivelano convinzioni e ansie profondi e il loro effetto sugli utenti non dovrebbero essere sottovalutati: essi sono sintomi di dinamiche sociali e del conseguente sviluppo della varietà dei stili di vita, essi influiscono l'attrazione dei prodotti e, in modo più sottile, lo sviluppo di paradigmi del pensiero e delle convinzioni, esattamente come la filosofia. Siccome queste espressioni non sono parlati o scritti, e quindi non aperti per un'analisi logica frontale, ma composti da segni visivi essi possono essere visti come simboli o passwords che rispecchiano degli significati collocati nello subconscio. Dove altrove possiamo cercare la sorgente della energia creativa? Questi significati sono specchi dell'utopia e mirano a dare senso alla nostra vita, ad trasformare l’azione razionale in un gesto rituale, in fondo all opposto della noia. Sono convinto che da queste parti, in questa regione "borderline", la strategia per la nostra sopravvivenza sarà eventualmente formulata. Lo scopo proposto dello "summum bonnum" del design è: eliminare o ridurre il conflitto tra uomo e natura tramite adattamento e accomodamento. Questo sforzo è evidenziato mentalmente e fisicamente nello signaggio dell'interfaccia che progettiamo con la introiezione di segni tecnologici sia nell'ambiente che nell'uomo stesso, di segni antropici nell'ambiente e, simmetricamente, con l'incorporamento di segni ambientali negli uomini. Le relazioni funzionali e formali tra uomo e prodotto con l'inerente distinzione animato e artificiale, tendono dunque alla complementare integrazione e sostituzione. La tecnologia rivela qui il suo ruolo Darwinista nella lotta per la sopravivenza della specie umana. Questa affermazione non intende suggerire una nuova ideologia verde: è soltanto un tentativo per comprendere cosa sta succedendo nel campo del design e più in generale nella società e in quale direzione sembra stiamo muovendo. Sempre più tecnologia sarà insieme fisicamente e mentalmente trapiantata negli esseri umani, sempre più caratteristiche antropici e naturali saranno incorporate nei nostri prodotti e ambienti artificiali. Il fine verso cui aspiriamo è la simbiosi tra l'uomo e il suo ambiente. Questo per se stesso non è né un bene né un male: l'esito nel caso migliore sarà un miglioramento della qualità della vita, altrimenti, nel caso peggiore una perdita di competenza umana e una graduale degradazione della specie.
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site about modularity:
http://www.cssh.qc.ca/projets/carnetsma/mathematiques_renaissance/nombre_or.html
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