Direzione Centrale per gli Affari Giuridici
e per il Contenzioso Tributario
Servizio III - Divisioni 5^ e 6^
Prot. n. 5-591/97 e n. 6-402/97
Direzione Centrale per gli Affari Amministrativi
Servizio I - Divisione 2^
Prot. n. I/2/190/97
ALLE DIREZIONI REGIONALI
DELLE ENTRATE
LORO SEDI
Oggetto: Risposte ai quesiti in materia di imposte sui redditi,
I.V.A., imposta di registro, I.C.I.
In relazione ai quesiti nelle materie indicate in oggetto, formulati
da organi di stampa specializzati e dagli uffici delle entrate,
questo Ministero ha fornito le risposte che, per opportuna conoscenza,
sono di seguito riportate.
IMPOSTE SUI REDDITI
I.R.P.E.F.
1. REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE
1.1 Fringe benefits: prestazioni sostitutive
1.2 Fringe benefits: autovetture
2. ONERI PER I QUALI SPETTA LA DETRAZIONE
2.1 Spese sanitarie
2.2 Interessi passivi per mutui ipotecari
2.3 Contributi volontari versati all'estero e premi di assicurazione versati a compagnie estere
2.4 Spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione e restauro delle cose vincolate
3. DETRAZIONI D'IMPOSTA
3.1 Detrazioni d'imposta in vigore per il 1997
3.2 Detrazioni per redditi di lavoro dipendente e assimilati
3.3 Detrazioni per figli a carico
4. ONERI DEDUCIBILI
4.1 Spese sanitarie per portatori di handicap
4.2 Contributi agricoli unificati
5. CONTRIBUTO AL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
6. LAVORATORI FRONTALIERI CON LA REPUBBLICA DI SAN MARINO
7. LAVORO AUTONOMO - COMPENSI AI FAMILIARI
8. REDDITI DIVERSI
8.1 Capital gain
8.2 Obblighi di fare, non fare e permettere
9. CONTRIBUTO STRAORDINARIO PER L'EUROPA
10. RICHIESTA DI RIMBORSO DELL'IMPOSTA IN CASO DI ONERI NON RIPORTATI NELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI
11. SANATORIA DEI COMPENSI IN NATURA E DEI RIMBORSI SPESE
REDDITO D'IMPRESA
12. SOCIETA' DI COMODO
12.1 Le immobilizzazioni da prendere a base per il calcolo
12.2 Scioglimento agevolato delle società non operative. Imposta sostitutiva.
12.3 Trattamento fiscale delle somme attribuite al socio in caso di liquidazione agevolata
12.4 Casi di esclusione dalla disciplina delle società di comodo
12.5 Scioglimento agevolato e mancato adeguamento al reddito minimo
12.6 Potere di accertamento
12.7 Delibera di scioglimento adottata successivamente al 15 settembre 1996
12.8 Scioglimento agevolato per le società non operative già' poste in liquidazione alla data del 15 settembre 1996
12.9 Esclusione dal computo dei ricavi minimi dei crediti aventi natura commerciale
12.10 Risultanze medie e di beni posseduti nell'esercizio
12.11 Adeguamento al reddito imponibile minimo
12.12 Redditi fondiari
12.13 Società immobiliari
12.14 Compilazione del prospetto della verifica della operatività e determinazione del reddito imponibile minimo
12.15 Immobilizzazioni immateriali: l'avviamento
12.16 Interessi per ritardato rimborso
12.17 Ammissione alla quotazione
13. DETASSAZIONE REDDITO DI IMPRESA REINVESTITO
13.1 Cambio da adottare per il "de minimis"
13.2 Recupero dell'agevolazione e determinazione della sopravvenienza attiva per i veicoli di cui all'art. 67, comma 10, secondo periodo, del TUIR
13.3 Determinazione della media degli investimenti nel caso di immobili strumentali per natura non utilizzati direttamente dall'impresa
14. IMPOSTA PATRIMONIALE
14.1 Aumento del capitale sociale parzialmente versato
14.2 Conversione di obbligazioni
14.3 Aumento del capitale sociale con recesso di alcuni soci nello stesso esercizio
14.4 Aumento del capitale sociale e distribuzione delle riserve di utili nello stesso esercizio
14.5 Aumento dell'investimento in partecipazioni nel caso di conferimento in denaro da parte di soci
14.6 Soggetti costituitisi dopo il 15 settembre 1996
15. REDDITO D'IMPRESA: VARIE
15.1 Tributi deducibili
15.2 Predisposizione del prospetto attività e passività da parte delle società' di persone
15.3 Trasformazione di società
15.4 Donazione di azienda "pro-indiviso" ad una pluralità' di familiari
15.5. Scioglimento dell'azienda donata a più di un familiare e assegnazione ad uno solo di essi
15.6 Trasferimenti per causa di morte o per atto gratuito
15.7 Attività di funghicoltura
15.8 Produzione agricola con serre
15.9 Accantonamento ad apposito fondo di ripristino o di sostituzione
15.10 Svalutazione di crediti impliciti
15.11 Prodotti petroliferi
15.12 Trattamento dell'IVA indetraibile
16. AUTOVETTURE
16.1 Trattamento fiscale delle plusvalenze e delle minusvalenze delle autovetture destinate ad uso promiscuo
16.2 Spese di impiego delle autovetture
17. CESSIONI DI CREDITI D'IMPOSTA
17.1 Cessioni di crediti d'imposta infragruppo
18. DEPOSITI IN GARANZIA
19. REGIMI CONTABILI
19.1 Ammissione al regime di contabilità semplificata per le S.N.C. e le S.A.S.
20. IMPOSTA COMUNALE SUGLI IMMOBILI
20.1 FABBRICATI INAGIBILI
21. INVIM
21.1. Regolarizzazione delle società' di fatto
22. IMPOSTA DI SUCCESSIONE E DONAZIONE
22.1. Tassazione dei valori correnti e dell'avviamento
23. I.V.A.
23.1 Conferimento di ramo di azienda gestito con contabilità separata
23.2 Elenchi riepilogativi Intrastat. Scambi di beni soggetti al regime del margine 46
D. Il limite giornaliero di non imponibilità
di lire 10.000 previsto per i buoni pasto si applica anche alle
somministrazioni di alimenti e bevande in pubblici esercizi a
beneficio di lavoratori dipendenti ?
R. Le somministrazioni di alimenti e bevande in pubblici
esercizi effettuate a favore di lavoratori dipendenti sulla base
di convenzioni stipulate direttamente dal datore di lavoro, in
assenza dell'utilizzazione di buoni pasto e di una mensa aziendale,
devono considerarsi alla stregua delle prestazioni sostitutive
di somministrazioni in mense aziendali. Tali somministrazioni,
pertanto, non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente
fino all'importo complessivo giornaliero di lire 10.000.
D. Il costo relativo al servizio di messa a disposizione per
uso personale del veicolo addebitato al dipendente va considerato
al netto o al lordo dell'IVA?
R. Ai sensi dell'art. 3, comma 3, lett. b), della legge n. 662 del 1996, dal compenso forfetario determinato ai fini del calcolo del reddito in natura devono essere sottratte le somme eventualmente trattenute al dipendente o comunque dallo stesso corrisposte al datore di lavoro per l'uso del veicolo. Tali somme, risultanti da regolare fattura, devono essere computate al lordo dell'IVA.
Ad esempio, se dalle tabelle ACI risulta che il costo complessivo chilometrico di esercizio relativo ad una determinata autovettura è di £. 1.225,%), il calcolo da eseguire per ottenere il reddito in natura è il seguente:
- costo complessivo totale (£. 1.225,59 x Km 15.000) = £.18.383.850;
- reddito assunto su base annua (30% di £. 18.383.850) = £. 5.515.155.
Qualora al dipendente sia stata trattenuta la somma di £
1.190.000 (compresa l'IVA del 19% sull'addebito di £. 1.000.000
per l'uso del veicolo), il reddito in natura è pari a £.4.325.155
(£. 5.515.155-1.190.000).
D. Tra le spese per i mezzi necessari alla deambulazione,
alla locomozione e al sollevamento di portatori di menomazioni
funzionali permanenti, rientrano quelle relative alla costruzione
di rampe per l'eliminazione di barriere architettoniche esterne
ed interne alle abitazioni ?
R. Tra le spese per i mezzi necessari alla deambulazione,
alla locomozione e al sollevamento di portatori di menomazioni
funzionali permanenti, rientrano anche quelle relative alla costruzione
di rampe per l'eliminazione di barriere architettoniche esterne
ed interne alle abitazioni.
R. L'art. 13-bis, comma 1, lettera b), del Tuir, stabilisce che la detrazione di imposta relativamente agli interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione, pagati in dipendenza di mutui ipotecari contratti per l'acquisto di unità immobiliari, spetta a condizione che il mutuo sia stipulato nei sei mesi successivi o antecedenti l'acquisto dell'unità immobiliare e che l'immobile sia adibito ad abitazione principale entro sei mesi dall'acquisto stesso. Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente dimora abitualmente.
La stessa disposizione stabilisce che il diritto alla detrazione viene meno a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui è variata la dimora abituale, con esclusione delle variazioni dipendenti da trasferimenti per motivi di lavoro.
Pertanto, nel caso di specie, poiché il trasferimento della dimora abituale non è avvenuto per motivi di lavoro, a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui l'immobile non è più utilizzato come abitazione principale, il contribuente, costretto a lasciare l'immobile, non ha più diritto ad alcuna detrazione.
Resta fermo che il coniuge che continua ad adibire ad abitazione
principale l'immobile in questione, ha diritto ad usufruire della
detrazione per la propria quota di interessi nel limite dell'importo
massimo di lire 3.500.000.
2.2.2 D. E' possibile usufruire della detrazione d'imposta
del 22 per cento sugli interessi passivi pagati in dipendenza
di un mutuo contratto per l'acquisto dell'unità immobiliare
che per motivi di lavoro non può essere adibita ad abitazione
principale nel termine di sei mesi dall'acquisto ?
R. Come precisato nella risposta al quesito precedente, l'art. 13-bis, comma 1, lettera b), del Tuir, stabilisce che la detrazione di imposta relativamente agli interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione, pagati in dipendenza di mutui ipotecari contratti per l'acquisto di unità immobiliari, spetta a condizione che il mutuo sia stipulato nei sei mesi successivi o antecedenti l'acquisto dell'unità immobiliare e che l'immobile sia adibito ad abitazione principale entro sei mesi dall'acquisto stesso.
La medesima disposizione stabilisce che il diritto alla detrazione viene meno a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui è variata la dimora abituale, con esclusione delle variazioni dipendenti da trasferimenti per motivi di lavoro.
Considerato il tenore letterale della disposizione, si deve ritenere
che il diritto alla detrazione non venga meno nell'ipotesi in
cui al momento della stipula del contratto di mutuo sussistono
le condizioni sopraricordate per fruire delle agevolazioni contemplate
nella norma in esame e successivamente alla stipula del contratto
di mutuo il contribuente, trasferito per motivi di lavoro, non
ha stabilito la propria dimora abituale nell'immobile in questione
nei sei mesi successivi all'acquisto.
2.3.1 D. Possono essere detratti i contributi previdenziali
non obbligatori per legge versati all'estero da un cittadino straniero
fiscalmente residente in Italia e i premi per assicurazione sulla
vita e contro gli infortuni versati da un cittadino italiano a
compagnie di assicurazione non residenti in Italia?
R. L'art. 13-bis del Tuir consente di detrarre dall'imposta
lorda un importo pari al 22 per cento di taluni oneri sostenuti
dal contribuente, se non deducibili nella determinazione dei singoli
redditi che concorrono a formare il reddito complessivo. In particolare,
con riferimento ai contributi previdenziali non obbligatori per
legge e ai premi di assicurazione, il comma 1, lett. f) del citato
art. 13-bis del Tuir stabilisce che, relativamente ad essi, il
contribuente ha diritto ad una detrazione d'imposta calcolata
su un importo complessivo massimo di detti contributi e premi
non superiore a lire due milioni e cinquecentomila. La stessa
lettera f), stabilisce che la detrazione relativa ai premi di
assicurazione sulla vita è ammessa a condizione che il
contratto abbia durata non inferiore a cinque anni e non consenta
la concessione di prestiti nel periodo di durata minima. Pertanto
tali oneri possono essere portati in detrazione, anche se versati
all'estero o a compagnie estere, purché ricorrano le condizioni
sopra descritte.
2.4.1 D. Il contribuente che sostiene delle spese per
la manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate, può
fruire della detrazione d'imposta spettante per tali oneri nell'anno
in cui gli stessi sono stati sostenuti anche qualora la soprintendenza
del Ministero per i beni culturali e ambientali e l'ufficio del
territorio del Ministero delle Finanze non avessero completato
il rilascio della certificazione attestante la necessità
e/o la congruità di tali spese?
R. La lettera g) dell'art. 13-bis del Tuir, prevede una detrazione dall'imposta per le spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089 e del D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409, nella misura effettivamente rimasta a carico.
La necessità delle spese, quando non siano obbligatorie per legge, deve risultare da apposita certificazione rilasciata dalla competente Soprintendenza del Ministero per i beni culturali e ambientali, previo accertamento della loro congruità effettuato d'intesa con il competente Ufficio del territorio del Ministero delle finanze.
In proposito, con circolare della soppressa Direzione Generale delle Imposte Dirette n. 27 del 25 maggio 1979, è stato precisato che per i suddetti oneri la detrazione spetta nel periodo d'imposta in cui sono stati sostenuti, a condizione che la necessaria certificazione sia stata rilasciata entro la data di presentazione della relativa dichiarazione dei redditi; se tale condizione non si verifica, la detrazione spetta nell'anno d'imposta in cui è stato completato il rilascio della certificazione da parte degli uffici competenti.
Al riguardo, si ritiene che non sussistono nuovi elementi tali
da far ritenere superata la richiamata circolare che, pertanto,
viene confermata.
D. Quali sono gli importi delle detrazioni d'imposta e
dei limiti di reddito previsti dagli articoli 12 e 13 del Tuir
per il 1997?
R. Per l'anno 1997 gli importi delle detrazioni d'imposta e dei limiti di reddito contenuti negli articoli 12 e 13 del Tuir sono i seguenti:
a) detrazione per il coniuge a carico:
£. 1.057.552, se il reddito imponibile non supera £ 30.000.000;
£. 961.552, se il reddito imponibile è superiore a £.30.000.000 ma non a £. 60.000.000;
£. 889.552, se il reddito imponibile è superiore a £ 60.000.000 ma non a £.100.000.000;
£. 817.552, se il reddito imponibile è superiore
a £. 100.000.000;
b) detrazione per i figli :
per un figlio | £. 94.437 |
per due figli | £. 188.874 |
per tre figli | £. 283.311 |
per quattro figli. | £. 377.748 |
per cinque figli | £. 472.185 |
per sei figli | £. 566.622 |
per sette figli | £. 661.059 |
per otto figli | £. 755.496 |
per ogni altro figlio | £. 94.437 |
c) detrazione per altri familiari a carico: £. 130.592;
d) limite di reddito per essere considerati fiscalmente a carico: £. 5.500.000;
e) detrazione per i redditi di lavoro dipendente : £. 784.634;
f) l'ulteriore detrazione per redditi di lavoro dipendente:
£. 312.000, se il reddito di lavoro dipendente non supera £. 9.000.000;
£. 275.000, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a £. 9.000.000 ma non a £. 9.100.000;
£. 244.996, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a £. 9.100.000 ma non a £. 15.000.000;
£. 207.309, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a £. 15.000.000 ma non a £. 15.100.000;
£. 131.904, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a £.15.100.000 ma non a £. 15.200.000;
£. 47.085, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a £. 15.200.000 ma non a £. 15.300.000.
g) per i redditi di lavoro autonomo e di impresa:
£. 213.570, se l'ammontare complessivo del reddito di lavoro autonomo e di impresa non supera £. 8.600.000;
£. 169.500, se il reddito di lavoro autonomo e d'impresa è superiore a £. 8.600.000 ma non a £. 8.700.000;
£. 81.360, se il reddito di lavoro autonomo e d'impresa
è superiore a £. 8.700.000 ma non a £. 8.900.000.
3.1 D. Come devono essere calcolati i giorni di spettanza
delle detrazioni riferite alla indennità di disoccupazione
speciale in agricoltura?
R. Per le indennità o somme erogate direttamente dall'Inps o da altri Enti, come ad esempio, l'indennità di disoccupazione speciale in agricoltura, il contribuente ha diritto a fruire delle detrazioni per spese di produzione del reddito nell'anno in cui sono stati percepiti tali redditi. Ai fini della determinazione del numero di giorni per i quali si ha diritto a tale detrazione, il contribuente deve tener conto di quelli che hanno dato diritto a tale indennità, anche se riferibili ad anni precedenti, purché tali giorni trovino capienza nel limite massimo di 365 giorni (o 366 se l'anno è bisestile). In pratica, la detrazione spetta per il numero di giorni che la suddetta indennità ha retribuito ossia il numero di giorni per i quali il contribuente è rimasto disoccupato (e non quelli che devono essere obbligatoriamente lavorati per conseguire il diritto alla predetta indennità).
Se il contribuente ha avuto nel corso del 1996 un rapporto di
lavoro continuativo per il quale ha usufruito delle detrazioni
d'imposta per lavoro dipendente per l'intero anno, non può
recuperare i ratei di detrazione di cui avrebbe potuto beneficiare
sulle indennità relative ad anni precedenti percepite nel
medesimo anno 1996, in quanto nel periodo d'imposta il contribuente
non può usufruire delle detrazioni in misura superiore
a quella annuale.
3.3.1 D. I genitori di un militare di leva di età
compresa tra i 18 ed i 26 anni, hanno diritto alla detrazione
d'imposta per carichi di famiglia? In quale misura?
R. Ai sensi dell'art. 12, comma 1, lettera c), la detrazione per figlio a carico spetta anche per il figlio di età non superiore a ventisei anni, a condizione che egli sia dedito agli studi o a tirocinio gratuito. Considerato che la condizione di "dedito agli studi" si sostanzia con la semplice iscrizione all'Università, non essendo mai stato richiesto un numero minimo di esami sostenuti (anche se non superati) né la prova di aver effettivamente frequentato le lezioni universitarie, si deve ritenere che, se ricorrono le predette condizioni, tale detrazione spetta anche per il figlio che presti il servizio militare.
Qualora il figlio che presta il servizio militare non sia dedito
agli studi, a norma del citato art. 12, comma 1, lettera c), spetta
la detrazione per "Altro familiare a carico", sussistendo
in capo ai genitori l'obbligo, ai sensi dell'art. 147 del codice
civile, di mantenere, istruire ed educare la prole. Tale obbligo,
infatti, permane in ogni caso in capo ai genitori. Pertanto qualora
si verifichi il menzionato mantenimento, concetto più ampio
rispetto a quello di assegno alimentare, la detrazione spettante
come "altro familiare" va ripartita fra i genitori.
3.3.2 D. In quale misura spetta ai genitori separati
la detrazione per un figlio ultraventiseienne, disoccupato, che
vive con la madre e percepisce dal padre assegni alimentari non
risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria?
R. Considerato che, nel caso di specie, il figlio convive
con uno dei genitori e che l'altro corrisponde gli assegni di
mantenimento, la detrazione per "altro familiare" a
carico deve essere ripartita tra i due genitori.
3.3.3 D. Un contribuente legalmente ed effettivamente
separato, non risposato, nel caso in cui non riceva dall'ex coniuge
alcuna somma per il mantenimento dei figli, può fruire
della detrazione d'imposta per il primo figlio nella misura prevista
per il coniuge a carico e della detrazione in misura doppia per
gli altri figli?
R. Il diritto alla detrazione per il primo figlio nella misura prevista per il coniuge a carico e per gli altri figli nella misura doppia, spetta soltanto nei seguenti casi:
1. l'altro genitore manca (perché, ad esempio, è deceduto) e il contribuente non si è risposato o, se risposato, si è legalmente ed effettivamente separato;
2. figli naturali riconosciuti da entrambi i genitori, esclusivamente a carico del contribuente se questi non è coniugato o, se coniugato (con persona diversa dall'altro genitore), si è poi legalmente ed effettivamente separato;
3. l'altro genitore non ha riconosciuto i figli naturali e il contribuente che li ha riconosciuti non è coniugato o è legalmente ed effettivamente separato;
4. figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non è coniugato o è legalmente ed effettivamente separato.
Pertanto, non rientrando il caso di specie nelle suddette ipotesi, il contribuente non ha diritto per il primo figlio alla detrazione per il coniuge e per gli altri figli in misura doppia.
Tuttavia, la detrazione per figli a carico spetta in misura doppia
qualora i figli, nei casi di divorzio, annullamento o scioglimento
del matrimonio e di separazione legale ed effettiva, siano rimasti
esclusivamente a carico del genitore contribuente e ciò
risulti dalla sentenza.
D. Possono essere considerate spese di assistenza specifica
quelle sostenute da soggetti portatori di handicap per terapie
psicomotorie?
R. Per quanto riguarda le spese sostenute per terapie psicomotorie da soggetti portatori di handicap, si ricorda che con circolare n. 25/E del 6 febbraio 1997 è stato precisato che ai fini dell'inquadramento in una delle spese sanitarie comprese nell'art. 13-bis, comma 1, lettera c), del Tuir, occorre fare riferimento ai provvedimenti del Ministero della Sanità, contenenti l'elenco delle specialità farmaceutiche, delle prestazioni specialistiche, delle protesi, ecc..
Ovviamente, analogo comportamento si deve assumere per le spese
mediche e di assistenza specifica deducibili di cui all'art. 10,
comma 1, lettera b), del Tuir.
4.2.1 D. I contributi agricoli unificati, versati al
fine di costituire una propria posizione previdenziale, sono deducibili
dal reddito complessivo?
R. L'articolo 10, comma 1, lettera a), del Tuir, stabilisce
che costituiscono oneri deducibili dal reddito complessivo "i
canoni, livelli, censi ed altri oneri gravanti sui redditi degli
immobili che concorrono a formare il reddito complessivo, compresi
i contributi ai consorzi obbligatori per legge o in dipendenza
di provvedimenti della pubblica amministrazione" e che "sono
in ogni caso esclusi i contributi agricoli unificati". Considerata
la collocazione dell'esclusione della deducibilità di tali
oneri nella predetta lettera a) anziché nella lettera e)
del medesimo articolo - in base al quale sono deducibili "i
contributi previdenziali e assistenziali versati in ottemperanza
a disposizioni di legge" - si ritiene, conformemente al parere
dell'Avvocatura Generale dello Stato n. 63/91-195 dell'8 maggio
1991, che i contributi versati all'Inps-Gestione ex SCAU per costituire
la propria posizione previdenziale e assistenziale siano deducibili,
mentre resta confermata in ogni caso l'indeducibilità della
parte dei contributi che si riferisce ai lavoratori dipendenti.
4.2.2 D. I soggetti concedenti di colonia parziaria
sono tenuti al versamento dei contributi agricoli ed in caso affermativo
devono compilare il quadro R del modello 740/97?
R. I concedenti di colonia parziaria devono versare i contributi
agricoli per conto dei coloni e sono tenuti all'indicazione degli
stessi nella sezione III del quadro R del modello 740/97.
5.1 D. Un soggetto non mutuato, in quanto non iscritto
ad alcuna forma di previdenza obbligatoria, può essere
considerato previdenzialmente a carico di altro soggetto anch'esso
non mutuato ed in caso affermativo deve essere considerato previdenzialmente
a carico il soggetto con reddito meno elevato ovvero è
possibile scegliere liberamente il coniuge da porre a carico dell'altro?
R. Un soggetto non mutuato può essere considerato
previdenzialmente a carico di altro soggetto anch'esso non mutuato
qualora si verifichino le condizioni per il riconoscimento di
familiare previdenzialmente a carico indicate nella tabella H
del modello 740/97. Il contribuente, inoltre, può scegliere
liberamente il coniuge da porre previdenzialmente a carico dell'altro.
5.2 D. Un contribuente esonerato dall'obbligo di presentazione
della dichiarazione dei redditi e che tuttavia la presenti facoltativamente
(ad esempio, per far valere oneri) è soggetto al contributo
al Servizio Sanitario Nazionale ?
R. Il contribuente che presenta facoltativamente la dichiarazione
dei redditi non è tenuto al pagamento del contributo al
Servizio Sanitario Nazionale.
6.1 D. Sono tassabili in Italia i redditi di lavoro
dipendente corrisposti a soggetti residenti in Italia da parte
di datori di lavoro della Repubblica di San Marino stante il disposto
dell'art. 3, comma 3, lett. c), del Tuir e quale credito di imposta
riconoscere, eventualmente, a detti lavoratori?
R. Come già chiarito con la circolare n. 108/E del 3 maggio 1996, nell'ambito applicativo dell'art. 3, comma 3, lettera c), del Tuir, non sono ricompresi i redditi di lavoro dipendente prodotti dai lavoratori frontalieri.
Con riferimento al caso in cui il lavoratore residente in Italia
produca reddito di lavoro dipendente nella Repubblica di San Marino,
si precisa che non esiste alcun trattato per evitare le doppie
imposizioni che disciplini la potestà impositiva dei due
Stati in presenza di un reddito trasnazionale. Ne consegue che
i redditi dei lavoratori residenti in Italia possono essere tassati,
in base a norme fiscali sammarinesi, anche nella Repubblica di
San Marino, ma la tassazione definitiva avviene in Italia, paese
di residenza del lavoratore, che potrà detrarre, ai sensi
dell'art. 15 del Tuir, dall'imposta italiana le imposte pagate
all'estero.
7.1 D.. L'indeducibilità dei compensi pagati dal lavoratore autonomo al coniuge, agli ascendenti ed ai figli minori si estende anche ai contributi versati agli enti previdenziali per l'ipotesi in cui i compensi derivino da un rapporto di lavoro dipendente?
Nel caso in cui il familiare sia un lavoratore dipendente è possibile evitare di effettuare le ritenute d'acconto che saranno poi rimborsate?
L'indeducibilità dei compensi di cui al punto 1)
è prevista con riferimento al lavoro prestato ed all'opera
svolta dal familiare. Con tali espressioni si è forse inteso
far riferimento anche alle prestazioni rese dai predetti familiari
nell'ambito dell'esercizio dell'arte o della professione da essi
autonomamente svolta?
R. L'indeducibilità sancita dall'art. 50, comma 6-bis, del TUIR va riferita esclusivamente alla determinazione del reddito di lavoro autonomo da assoggettare ad imposizione ai fini dell'IRPEF e quindi non può avere anche una valenza di carattere civilistico.
Conseguentemente, se il familiare presta il proprio lavoro nell'ambito di un rapporto di lavoro dipendente, l'unico effetto che si produce è quello di recuperare a tassazione nei confronti del datore di lavoro i soli compensi, per tali dovendosi intendere le somme, depurate dei contributi obbligatori spettanti agli enti previdenziali e assicurativi, corrisposte al familiare dell'esercente arte o professione.
Questa impostazione lascia chiaramente intravedere anche gli effetti che derivano da una siffatta disciplina, che sono così riassumibili in relazione ai trascritti quesiti:
D. Nel caso in cui vengano cedute partecipazioni di cui si possieda la piena proprietà per effetto del consolidamento dell'usufrutto a causa del decesso dell'usufruttuario, si applica l'art. 81, comma 1, lett. c-bis), del TUIR, trattandosi di partecipazioni ricevute i successione?
Le cessioni di partecipazioni in società estere rientrano
sempre nella previsione dell'art. 81, comma 1, lett. c-bis, del
TUIR, indipendentemente dalla percentuale delle partecipazioni
cedute?
R. Per quanto concerne la prima domanda si fa presente che, in tema di plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società ed enti, il decesso del titolare dell'usufrutto non comporta un acquisto da parte del nudo proprietario, atteso che tale evento implica una mera riespansione del diritto di proprietà del quale è già titolare il nudo proprietario. Conseguentemente, in caso di cessione a titolo oneroso di partecipazioni "qualificate" non opera l'ipotesi di esclusione dall'applicazione del regime analitico collegata alle cessioni di partecipazioni acquisite per successione se oggetto della cessione siano partecipazioni relativamente alle quali il cedente, già nudo proprietario, ha acquisito la piena proprietà per effetto del decesso dell'usufruttuario.
Per quanto concerne poi il secondo quesito si osserva che l'art.
1, comma 1, della legge n. 102 del 1991, recante disposizioni
relative all'assoggettamento di talune plusvalenze all'imposta
sostitutiva delle imposte sui redditi, individua specificamente
tra le cessioni suscettibili di produrre plusvalenza imponibile
le partecipazioni in società, associazioni, enti ed altri
organismi nazionali ed esteri. L'art. 81, comma 1, lett. c), del
TUIR individua tra le partecipazioni "qualificate" anche
quelle ammesse alla borsa o al mercato ristretto, fissando la
percentuale oltre la quale la cessione deve essere assoggettata
al regime analitico. Pertanto, se oggetto della cessione sono
partecipazioni in società ed enti esteri, negoziate nei
mercati regolamentati italiani, in misura superiore alla percentuale
stabilita dalla disposizione da ultimo citata, il regime fiscale
non può essere che quello proprio delle cessioni di cui
alla lettera c) dell'art. 81 del TUIR.
D. Alcuni Comuni, nell'ambito degli interventi per il diritto allo studio ed in particolare per garantire la sicurezza davanti alle scuole, hanno istituito con apposita deliberazione della Giunta la figura del "nonno vigile".
Agli anziani partecipanti a tale iniziativa è riconosciuto un contributo di £. 300.000 mensili, erogato direttamente da Associazioni di volontariato che ricevono le somme in parola dal Comune.
Detto contributo costituisce materia imponibile ? Ed in caso
affermativo, a quale categoria reddituale appartiene?
R. Il compenso percepito dai soggetti in questione per
l'attività di vigilanza e protezione degli alunni, costituisce
reddito imponibile ai fini dell'Irpef ed è qualificabile
come reddito derivante dall'assunzione di obblighi di fare ai
sensi dell'art. 81, comma 1, lettera l), del Tuir.
9.1 D. Il contributo straordinario per l'Europa, istituito
dall'art. 3, commi da 194 a 203, della legge 23 dicembre 1996,
n. 662, calcolato sui redditi di lavoro dipendente ed alcuni assimilati
e trattenuto direttamente dai datori di lavoro sulle retribuzioni
corrisposte nei periodi di paga da marzo a novembre, può
essere trattenuto in unica soluzione qualora ciascuna rata risulti
di importo minimo?
R. Relativamente ai redditi di lavoro dipendente ed ai redditi assimilati di cui all'articolo 47, comma 1, lettere a) e d) del Tuir, il comma 199 dell'art. 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, stabilisce che il contributo straordinario per l'Europa è trattenuto, in rate di uguale importo, dai soggetti di cui agli articoli 23 e 29 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sulle retribuzioni e sui compensi corrisposti nei periodi di paga compresi tra marzo e novembre 1997 ed è versato con le modalità previste per le ritenute sui redditi di lavoro dipendente. Qualora per motivi di ordine pratico non risulti conveniente suddividere l'importo dovuto nei singoli periodi di paga compresi nel predetto periodo, ad esempio nel caso in cui la somma da trattenere sia di minimo ammontare, il datore di lavoro può, previo assenso del lavoratore dipendente, effettuare in via anticipata le trattenute in una unica o più soluzioni.
Anche in questo caso le trattenute effettuate devono essere comunque
versate con le modalità previste per le ritenute sui redditi
di lavoro dipendente cui la retribuzione o il compenso si riferiscono.
9.2 D. Un soggetto esonerato dall'obbligo di presentare
la dichiarazione dei redditi, ma tenuto al pagamento del contributo
straordinario per l'Europa, deve in ogni caso presentare detta
dichiarazione qualora nel 1997 non abbia un sostituto d'imposta
che trattiene il contributo dovuto?
R. Nell'ipotesi prospettata il contribuente deve pagare
il contributo straordinario per l'Europa nelle due rate di maggio
e novembre e non ha l'obbligo di presentare la dichiarazione dei
redditi al solo fine di esporre i dati relativi a tale contributo
straordinario.
D. E' possibile chiedere, ai sensi dell'art. 38 del
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, il rimborso di imposta nel caso
di mancata indicazione nella dichiarazione dei redditi, per dimenticanza,
di oneri per i quali spetta la detrazione d'imposta, ad esempio
per mutui ipotecari contratti per l'acquisto dell'immobile da
adibire ad abitazione principale? In caso di risposta affermativa
detta istanza è ammissibile anche se il contribuente ha
presentato il mod. 730 e l'Ufficio non è pertanto in possesso
della copia cartacea del modello?
R. Per quanto riguarda la possibilità di presentare un'istanza di rimborso per recuperare oneri che il contribuente ha omesso di indicare nella dichiarazione dei redditi, occorre tener presente che l'Amministrazione finanziaria ha sempre sostenuto che per far valere gli oneri, il contribuente deve espressamente indicarli nella dichiarazione dei redditi e che l'eventuale omessa indicazione fa perdere il diritto di farli valere successivamente. Tuttavia, va tenuto conto della recente sentenza della Corte di Cassazione del 9 aprile 1997, n. 3080, la quale - disattendendo la precedente sentenza n. 2855 del 2 aprile 1997 - dopo aver ricordato che l'art. 38 consente il rimborso di versamenti diretti effettuati in base alla dichiarazione dei redditi o nel caso in cui vi sia stato errore materiale, duplicazione di imposta o inesistenza totale o parziale dell'obbligo di pagamento, ha affermato che "il rimborso di quanto versato sulla scorta della dichiarazione dei redditi può validamente fondarsi sulla deduzione di un errore di fatto non percepibile dalla lettura della sola dichiarazione dei redditi, ma dimostrabile mediante la prospettazione di circostanze ulteriori e diverse da quelle indicate a suo tempo nella dichiarazione medesima".
Si ritiene, pertanto, di dover aderire all'orientamento da ultimo formulato dalla Suprema Corte di Cassazione.
Tali conclusioni valgono anche nel caso in cui il contribuente
abbia presentato la dichiarazione dei redditi utilizzando il modello
730.
D. La sanatoria prevista dall'articolo 3, commi da 9 a
11, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per il mancato versamento
delle ritenute sui compensi in natura e rimborsi spese corrisposti
fino al 30 settembre 1996, ha effetto anche sul sostituito ?
R. Considerato che la norma in questione, che rende applicabile
le disposizioni di cui all'articolo 3, commi da 98 a 101, della
legge 28 dicembre 1995, n. 549, ripete la formulazione dell'articolo
63, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, in base al
quale "per le ritenute indicate nelle dichiarazioni integrative
non può essere esercitata la rivalsa sui percettori delle
somme o dei valori non assoggettati a ritenute", si deve
ritenere che - alla stregua di quanto previsto per le agevolazioni
delle situazioni e pendenze tributarie contenute nella citata
legge n. 413 del 1991 - gli effetti della sanatoria in argomento
di cui si avvalgono i sostituti di imposta si estendano anche
ai sostituiti i quali pertanto sono esonerati da ogni adempimento
ed esclusi da qualsiasi pretesa da parte dell'Amministrazione
finanziaria.
D. Per l'individuazione della operatività di
una società è previsto dall'art. 3, comma 37, della
legge n. 662 del 1996, il riferimento alle "immobilizzazioni".
Con il termine "immobilizzazioni" devono intendersi
i beni identificati dall'art. 2424 del cod. civ., comprese, quindi,
le immobilizzazioni immateriali e finanziarie?
R. L'art. 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n 724, come modificato dall'art. 3, comma 37, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, considera non operativi quei soggetti che hanno conseguito ricavi, incrementi di rimanenze e proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, in misura inferiore alla somma dei seguenti importi:
a) l'l per cento applicato al valore dei beni indicati nell'articolo 53, comma 1, lettera c), del TUIR, anche se costituiscono immobilizzazioni finanziarie, aumentato del valore dei crediti;
b) i1 4 per cento applicato al valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni indicati nell'articolo 8-bis, comma l, lettera a), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, anche in locazione finanziaria;
c) il 15 per cento applicato al valore delle altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria".
Tenuto conto che la normativa fiscale che disciplina la determinazione del reddito di impresa non prevede alcuna definizione delle "immobilizzazioni", le poste da considerare ai fini di cui trattasi, per i soggetti tenuti alla redazione del bilancio, sono le immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie, assunte secondo la disciplina civilistica.
Va precisato al riguardo che le azioni, le quote di partecipazione in società ed enti indicati nelle lettere a), b) e d) del comma 1 dell'art. 87 del Tuir, comprese quelle non rappresentate da titoli, nonché le obbligazioni e gli altri titoli in serie o di massa, sono in ogni caso comprese tra i beni cui si applica la percentuale dell'1 per cento, mentre le altre attività finanziarie sono comprese tra quelle cui si applica la percentuale del 15 per cento, sempreché costituiscano immobilizzazioni.
Relativamente alle immobilizzazioni, sia materiali che immateriali,
si precisa altresì che vanno comunque escluse quelle "in
corso" in quanto tali immobilizzazione si trovano in una
fase non idonea a produrre alcun tipo di provento, nonché
gli "acconti".
D. Nel caso di scioglimento agevolato le società
di persone sono soggette all'imposta sostitutiva del 25 per cento
sul reddito d'impresa anche quando sussitono le condizioni per
poter usufruire delle deduzioni di cui all'art. 120 del TUIR?
R. L'art. 3, comma 39, della legge n. 662 del 1996 ha previsto, in caso di scioglimento agevolato, l'applicazione di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, nella misura del 25 per cento, sul reddito di impresa del periodo compreso tra l'inizio e la chiusura della liquidazione.
Considerato che l'imposta sostitutiva si applica sul reddito
d'impresa determinato ai sensi dell'art. 124 del Tuir, la base
imponibile non può che essere quella rilevante ai fini
dell'imposta personale e, pertanto, le indicate deduzioni di cui
all'art. 120 del Tuir non assumono alcuna rilevanza.
D. In caso di liquidazione agevolata, nei confronti della società si applica l'imposta sostitutiva del 25 per cento.
Si chiede di precisare qual' è il trattamento fiscale
nei confronti del socio delle somme che sono state assoggettate
alla predetta imposta sostitutiva.
R. L'art. 3, comma 40, della legge n. 662 del 1996, che disciplina il trattamento fiscale delle somme attribuite ai soci a seguito dello scioglimento agevolato delle società non operative, stabilisce che ai fini dell'applicazione dell'articolo 44, comma 3, del Tuir "le somme o il valore normale dei beni assegnati ai soci sono diminuiti degli importi assoggettati all'imposta sostitutiva di cui al comma 39 da parte della società, al netto dell'imposta sostitutiva stessa. Detti importi non costituiscono redditi per i soci."
Ciò posto, ai fini del trattamento fiscale da riservare
ai soci, le somme attribuite agli stessi devono essere diminuite
degli importi assoggettati ad imposta sostitutiva nei confronti
della società, al netto dell'imposta sostitutiva medesima.
Così, ad esempio:
Reddito assoggettato ad imposta sostitutiva..........................L.1.500
di cui:
comma 7, lett. c), del TUIR.........L. 500
-imposta sostitutiva 25% di L.1000.........................(250)
-imposta sostitutiva 10% di L. 500........................
( 50)
Tot. imposta sostitutiva................L.. 300
Reddito al netto dell'imposta sostitutiva................................ L.1.200
Reddito da assoggettare ad imposizione
nei confronti del socio........L.1.500 (L.2.700 - L.1.200)
D. I casi di esclusione previsti al terzo periodo del comma
1 del nuovo art. 30 della legge n. 724 del 1994 sono da ritenersi
di tipo assoluto, nel senso che il loro verificarsi esclude l'applicazione
della disciplina prevista per le società non operative?
R. L'art. 30, comma 1, terzo periodo, della legge n. 724 del 1994, come sostituito dall'art. 3, comma 37, della legge n. 662 del 1996 individua i casi in cui non si rende applicabile la disciplina prevista per i soggetti considerati non operativi.
Pertanto, il verificarsi di tali casi di esclusione comporta
la non applicazione della normativa senza necessità di
fornire la prova contraria prevista dal secondo periodo del citato
comma 1. Resta fermo, in ogni caso, il potere dell'Amministrazione
finanziaria di verificare le singole cause di esclusione.
D. Quali sono le conseguenze che derivano nel caso in cui una
società, considerata non operativa ai sensi del nuovo art.
30 della legge n. 724 del 1994, si avvalga della disciplina concernente
lo scioglimento agevolato, ancorché non si sia adeguata
al reddito minimo previsto dal comma 3 dello stesso art. 30?
R. La norma relativa alla disciplina dello scioglimento agevolato trova applicazione, ricorrendo i presupposti ivi previsti, indipendentemente dalla circostanza che la società si sia adeguata al reddito minimo.
Resta fermo, tuttavia, il recupero della minore imposta versata
secondo la procedura di cui all'art. 41 bis del D.P.R. n. 600
del 1973.
D: L'attività di accertamento dell'Amministrazione
finanziaria può comportare la rettifica dei dati contabili
presi a base dalla società per calcolare i ricavi presunti
e il reddito minimo?
R: Tenuto conto che la base di commisurazione dei ricavi minimi
relativi alle immobilizzazioni come pure del reddito minimo ad
esse riferentesi è costituita dal valore delle stesse come
definite ai fini civilistici, deve ritenersi che il potere di
accertamento dell'ufficio possa comportare sia la rettifica di
tale classificazione sia quella dei valori che rilevano secondo
i criteri dell'art. 76, comma 1, del TUIR.
D: Quali conseguenze deriverebbero nel caso in cui si
procedesse allo scioglimento, deliberato successivamente alla
data del 15 settembre 1996, di una società, con esercizio
coincidente con l'anno solare, considerata non operativa nel
periodo d'imposta in corso alla medesima data del 15 settembre?
R: Il comma 38 dell'art. 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dispone che "le società considerate non operative nel periodo di imposta in corso alla data del 15 settembre 1996 nonché quelle che a tale data si trovano nel primo periodo di imposta, che deliberano lo scioglimento entro il 31 maggio 1997 e richiedono la cancellazione dal registro delle imprese a norma dell'art. 2456 del codice civile entro un anno dalla delibera di scioglimento, sono assoggettate alla disciplina prevista dai commi da 39 a 45, a condizione che tutti i soci siano persone fisiche e che risultino iscritti nel libro dei soci, ove previsto, alla data del 30 settembre 1996 ovvero che vengano iscritti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in forza di titolo di trasferimento avente data anteriore al 1° ottobre 1996.".
Ciò posto, si ritiene che l'eventuale delibera di scioglimento adottata da una società "non operativa" successivamente alla data del 15 settembre 1996 consenta l'applicazione, in presenza delle ulteriori condizioni richieste dal citato comma 38, delle disposizioni agevolative contenute nel successivo comma 39 e, pertanto, sul reddito di impresa del periodo compreso tra l'inizio e la chiusura della liquidazione, determinato ai sensi dell'art. 124 del Tuir, si applica l'imposta sostituiva dell'imposta sui redditi con l'aliquota del 25%.
Resta inteso che il periodo che precede quello in cui ha avuto
inizio la liquidazione è considerato "normale"
anche se di durata inferiore a quella prevista ordinariamente
e soggiace, quindi, alle disposizioni relative alle società
di comodo
D. Lo scioglimento agevolato spetta anche alle società
non operative già poste in liquidazione alla data del 15
settembre 1996?
R. La disposizione contenuta nel terzo periodo del comma 1 dell'art. 30 della legge n. 724 del 1994, come modificato dal comma 37 della legge n. 662 del 1996 conferma che sono esclusi dalla disciplina delle società non operative i soggetti che non si trovano in un periodo di normale svolgimento dell'attività.
Al riguardo, nella circolare n. 140/E del 15 maggio 1995 è stato precisato che non si considera periodo di normale svolgimento dell'attività quello "da cui decorre la messa in liquidazione ovvero l'inizio delle procedure di liquidazione coatta amministrativa o fallimento", ciò in quanto l'attività svolta in tali periodi è finalizzata alla definizione dei rapporti della società con i terzi.
Lo scioglimento agevolato, ai sensi dell'art. 3, comma 38, della legge n. 662 del 1996, si applica :
- alle società considerate non operative nel periodo d'imposta in corso alla data del 15 settembre 1996;
- a quelle che a tale data si trovano nel primo periodo d'imposta,
a condizione che lo scioglimento venga deliberato entro il 31 maggio 1997 e che richiedono la cancellazione dal registro delle imprese entro un anno dalla delibera di scioglimento.
Pertanto, se la società di cui trattasi si trovava già in fase di liquidazione nel periodo d'imposta in corso alla predetta data del 15 settembre 1996, la disciplina prevista per lo scioglimento agevolato delle società non operative non può trovare applicazione
.
D.: Nella base di computo per la determinazione dei ricavi minimi, il comma 37 dell'art. 3 della legge n. 662 del 1996, prevede anche i crediti.
Devono ritenersi esclusi da tale computo i crediti di natura
commerciale in quanto collegati all'attività ordinaria?
R.: Con riguardo alla determinazione dei ricavi minimi,
di cui all'art. 3, comma 37, della legge n. 662 del 1996, si ritiene
che rientrano nella base di computo i crediti da finanziamento
in quanto suscettibili di generare componenti positivi del reddito.
Pertanto, devono escludersi da detta base i crediti aventi natura
commerciale.
D.: Cosa si intende esattamente con i termini risultanze
medie e beni posseduti nell'esercizio?
R.: Il comma 2 dell'art. 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, come riformulato dall'art. 3, comma 37, della legge n. 662 del 1996, stabilisce che "Ai fini dell'applicazione del comma 1, i ricavi e i proventi nonché i valori dei beni e delle immobilizzazioni vanno assunti in base alle risultanze medie dell'esercizio e dei due precedenti".
Pertanto, ai fini del computo di detta media, il valore dei beni e delle immobilizzazioni acquistate o cedute nel corso di ciascun esercizio dovrà essere ragguagliato al periodo di possesso espresso in giorni su base annuale.
Al riguardo, si fa presente che nel caso in cui l'esercizio abbia durata inferiore o superiore all'anno il risultato ottenuto dovrà essere operato il ragguaglio all'anno espresso in giorni.
A tal fine si riportano i seguenti esempi riferiti all'anno 1996.
Esempio n. 1
Periodo d'imposta di 12 mesi.
Bene di valore pari a 100, posseduto per 120 giorni.
L. 100 x 120
---------------- = 32,786 (valore da prendere a base per la determinazione
366 dei ricavi presunti)
Esempio. N. 2
Periodo d'imposta di 6 mesi.
Bene di valore pari a 100, posseduto per 120 giorni.
Ragguaglio per il periodo di possesso:
L. 100 x 120
--------------- = 65,93
182
Ragguaglio all'anno
65,93 x 182
-------------- = 32,786 (valore da prendere a base per la determinazione
366 dei ricavi presunti)
Esempio. N. 3
Periodo d'imposta di 18 mesi
Bene di valore pari a 100, posseduto per 120 giorni.
Ragguaglio al periodo di possesso:
L. 100 x 120
--------------- = 21,89
548
Ragguaglio all'anno
21,89 x 548
---------------- = 32,786 (valore da prendere a base per la determinazione
366 dei ricavi presunti)
D.: In caso di attività esenti, in presenza di
perdite o di redditi non adeguati, non dovrebbe essere operato
alcun adeguamento. E' corretto?
R.: Come già affermato nelle istruzioni per la compilazione dei modelli di dichiarazione dei redditi relativi al 1996, la disciplina normativa riguardante la determinazione del reddito imponibile minimo delle società non operative non implica il venir meno delle agevolazioni fiscali previste da specifiche disposizioni di legge.
Pertanto, i soggetti interessati dovranno procedere al raffronto tra il reddito imponibile minimo - riportato nel Prospetto per la determinazione del reddito imponibile minimo delle società non operative - e il reddito imponibile - indicato nel modello 760/M - aumentato degli importi che non concorrono a formare il reddito imponibile per effetto di specifiche disposizioni agevolative, tra le quali vi rientra anche il reddito esente ai fini Irpeg.
Se tra i due termini posti a raffronto il primo risulta superiore al secondo, l'adeguamento al reddito imponibile minimo si rende necessario e può essere operato, integrando il reddito imponibile di cui al modello 760/M di un importo pari alla differenza dei due predetti termini.
Pertanto, si ritiene di dover fornire una risposta negativa al
quesito formulato.
D.: Le società in nome collettivo e in accomandita
semplice proprietarie di terreni agricoli affittati che determinano,
con riferimento a tali beni, il reddito sulla base delle risultanze
catastali, ma che nel conto economico rilevano il canone di affitto,
sono assoggettate alla disciplina delle società non operative
di cui all'art. 30 della legge n. 724 del 1994, come modificato
dall'art. 3, comma 37, della legge n. 662 del 1996?
R. : Le società in nome collettivo e in accomandita semplice che affittano i terreni agricoli di proprietà rientrano nell'ambito applicativo dell'art. 30 della legge n. 724 del 1994, come modificato dall'art. 3, comma 37, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
Ai fini della verifica della operatività, occorre porre
a raffronto il canone risultante dal conto economico ovvero, per
i soggetti non tenuti alla redazione del bilancio a quello risultante
dalla contabilità tenuta ai sensi dell'art. 18 del D.P.R.
n. 600 del 1973, con i ricavi presunti determinati mediante l'applicazione
delle percentuali stabilite dal predetto art. 30. .
D. Le società immobiliari, che si caratterizzano per
la proprietà di immobili tassabili in base alla rendita
catastale ovvero, se superiore, in base al canone di locazione
ridotto del 15 o del 25 per cento rientrano nell'ambito applicativo
della disciplina prevista per le società non operative
avendo già un reddito determinato in misura forfetaria?
R. Le disposizioni di cui all'art. 30 della legge n. 724 del 1994, come modificato dall'art. 3, comma 37, della legge n. 662 del 1996, si rendono applicabili indipendentemente dalle modalità di determinazione del reddito.
Pertanto, deve ritenersi che rientrano nell'ambito applicativo della norma in commento anche le società immobiliari.
D. Si chiede se una società, considerata "non operativa",
sulla base dei criteri fissati dal nuovo art. 30 della legge
n. 724 del 1994, possa procedere alla compilazione solo della
seconda parte del prospetto relativo alla determinazione del reddito
imponibile minimo (col. 4 e 5), evitando in tal modo di procedere
al calcolo relativo alla determinazione dei valori medi dei due
esercizi precedenti (col. 1, 2 e 3).
R. Al fine di semplificare la procedura relativa alla compilazione
del prospetto della verifica della operatività contenuto
nei modelli di dichiarazione dei redditi, si ritiene che se la
società è "non operativa" la stessa può
non compilare la prima parte del prospetto (vale a dire le colonne
1, 2 e 3) e procedere alla compilazione solo della seconda parte
del prospetto relativa alla determinazione del reddito imponibile
minimo (colonne 4 e 5).
D. Si chiede di conoscere se, fra le voci delle spese pluriennali,
iscrivibili nell'ambito delle immobilizzazioni immateriali, ai
fini della individuazione delle società non operative debba
ricomprendersi anche l'avviamento?
R Nelle istruzioni per la compilazione dei modelli di
dichiarazione dei redditi, relative al periodo d'imposta 1996,
è stato precisato che, relativamente alle immobilizzazioni
immateriali, ai fini in questione, devono ritenersi suscettibili
di produrre ricavi o proventi, sia quelle rappresentate da veri
e propri beni (diritti di brevetto, concessioni, licenze, ecc.)
sia quelle rappresentate da costi ad utilità pluriennali,
(quali ad esempio, avviamento, costi di impianto e ampliamento,
spese di pubblicità ecc).
D. Gli interessi dovuti dallo Stato per ritardato rimborso
dei crediti d'imposta, contabilizzati per competenza, si assumono
ai fini del computo dei ricavi effettivi per la verifica delle
condizioni del soggetto interessato?
R. Tenuto conto che i crediti per rimborsi di imposte non si considerano
tra gli elementi patrimoniali rilevanti agli effetti del calcolo
dei ricavi presunti, in quanto non derivanti da operazioni di
finanziamento, si ritiene che i correlativi interessi che maturano
per tali crediti devono essere esclusi dai proventi rilevanti
per il calcolo dei ricavi effettivi.
D. Ai fini dell'esclusione dall'applicazione delle disciplina
delle società non operative delle società i cui
titoli sono negoziati nei mercati regolamentati italiani è
sufficiente che entro la fine del periodo di imposta sia stata
inoltrata la richiesta di ammissione alla quotazione?
R. Ai sensi del comma 1 dell'art. 30 della legge n. 724 del 1994 così come modificato dall'art. 3, comma 37, della legge n. 662 del 1996, la disciplina relativa alle società non operative non si applica, tra l'altro, anche alle società ed enti i cui titoli, sia azionari che obbligazionari, sono negoziati nei mercati regolamentati italiani.
La condizione della negoziazione nei mercati regolamentati italiani
si considera soddisfatta se entro la chiusura del periodo di imposta
sia intervenuta la delibera con la quale la Consob ha disposto
l'ammissione dei titoli stessi nei mercati regolamentati nazionali.
D. Quale è il cambio da adottare per il "de minimis"
ai fini della agevolazione prevista dall'art. 3, comma 85, della
legge n. 549 del 1995?
R. Ai fini della verifica del plafond disponibile relativo all'agevolazione
prevista dall'art. 3, comma 85, della legge n. 549 del 1995, per
la quale si è scelto di fruire del regime del "de
minimis", il tasso di conversione ECU da adottare è
quello fissato alla data di chiusura del periodo d'imposta agevolato.
D. Nelle istruzioni ai modelli di dichiarazione dei redditi ( paragrafo 14 dell'Appendice relativo al "Recupero dell'agevolazione in caso di cessione dei beni oggetto di investimento") viene precisato che "l'investimento consistente nell'acquisto dei veicoli cui si applica il regime di deducibilità limitata di cui all'art. 67, comma 10, del Tuir, concorre a formare il volume degli investimenti agevolabili per un ammontare pari al 50 per cento del costo sostenuto. Corrispondentemente, nel caso di cessione dei beni in esame occorrerà tener conto, ai fini della decurtazione degli investimenti, del 50 per cento del corrispettivo realizzato".
Si chiede se tale precisazione riguarda anche le cessioni
dei suddetti veicoli per i quali nel 1995 si è fruito dell'
agevolazione Tremonti nella misura del 100 per cento ovvero si
riferisce alle cessioni, effettuate successivamente al periodo
d'imposta 1996, relativamente ai predetti autoveicoli che hanno
fruito della agevolazione ai sensi dell'art. 3, comma 85, della
legge n. 549 del 1995?
R. L'art. 3 comma 89, della L. n. 549 del 1995, ha introdotto una disciplina di carattere antielusivo per effetto della quale si procede al recupero dell'agevolazione nel caso in cui i beni oggetto di investimento siano ceduti entro il secondo periodo di imposta successivo a quello di realizzazione degli investimenti stessi.
In particolare, la norma prevede che il reddito escluso dall'imposizione si ridetermina diminuendo il volume degli investimenti del periodo di imposta agevolato di un ammontare pari alla differenza tra i corrispettivi derivanti dalle cessioni dei beni oggetto di agevolazione e i costi sostenuti nello stesso periodo di imposta in cui si procede alle cessioni, per la realizzazione di investimenti delle stesse tipologie previste dall'art. 3 del D.L. n. 357 del 1994 e dal comma 87 dell'art. 3 della L. n. 549 del 1995 (con esclusione, in ogni caso, degli investimenti in immobili strumentali per natura non utilizzati esclusivamente per l'esercizio dell'impresa da parte del possessore).
Ciò posto, considerato che per l'investimento realizzato nel 1995, (consistente nell'acquisto dei veicoli cui si applica, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1996, il limite di deducibilità del 50 per cento), la società, ai fini della determinazione dell'agevolazione di cui all'art. 3 del D.L. n. 357 del 1994, ha assunto l'investimento agevolato al 100 per cento, si ritiene che per la determinazione della sopravvenienza attiva derivante dal recupero dell'agevolazione, prevista dal citato art. 3, comma 89, il corrispettivo relativo alla cessione dei predetti beni deve essere considerato per l'intero importo.
Pertanto, la precisazione contenuta nelle istruzioni per la compilazione
dei modelli di dichiarazione dei redditi si riferisce alla cessione
dei veicoli, di cui all'art. 67, comma 10, secondo periodo, del
TUIR, per i quali si è fruito dell'agevolazione prevista
dall'art. 3, comma 85, della legge n. 549 del 1995.
D. Ai fini dell'applicazione dell'agevolazione di cui all'art.
3, commi 85 e 88, della legge n. 549 del 1995, si chiede se nella
media vi rientrano anche gli immobili strumentali per natura non
utilizzati direttamente dall'impresa?
R. Considerato che per il confronto fra investimenti agevolati e media degli esercizi precedenti occorre prendere a base "investimenti omogenei", si ritiene che nella determinazione della media degli esercizi precedenti devono essere esclusi gli investimenti consistenti in immobili strumentali per natura non utilizzati direttamente dall'impresa.
Si fa presente, tuttavia, che per l'immobile strumentale per
natura, in fase di costruzione nel corso del quinquennio precedente
a quello agevolato, i costi relativi all'investimento realizzato
in tali periodi d'imposta vanno inclusi nella determinazione della
media degli investimenti allorché, entro il termine di
presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo
d'imposta 1996, l'immobile ultimato venga anche direttamente
utilizzato dall'impresa.
D. L'esclusione dalla tassazione dell'incremento del capitale
sociale, prevista dall'art. 3, comma 111, della legge 28 dicembre
1995, n. 549, riguarda l'intero aumento del capitale sociale deliberato
e sottoscritto dai soci ovvero la quota effettivamente versata?
R. Considerato che la norma stabilisce che per i soggetti di cui
all'art. 87, comma 1, lett. a) e b) del TUIR "non si tiene
conto dell'incremento del capitale sociale e delle riserve o fondi
aventi natura di capitale ....., se conferiti in denaro,"
è da ritenersi che l'aumento del capitale sociale deliberato
e sottoscritto, ma non ancora versato dai soci, non possa essere
considerato escluso dalla base imponibile dell'imposta patrimoniale
prevista dall'art. 3, comma 111, della legge n. 549 del 1995 in
quanto la condizione relativa al conferimento "in denaro",
nel caso prospettato, non viene soddisfatta. Tuttavia, se il restante
versamento avviene entro il termine di presentazione della dichiarazione
dei redditi relativa al periodo d'imposta 1996, tale importo si
considera escluso dalla base imponibile del patrimonio netto relativa
al suddetto periodo d'imposta.
D. L' aumento di capitale derivante dalla conversione di obbligazioni
convertibili - anche emesse in esercizi precedenti - è
escluso dalla base imponibile dell'imposta patrimoniale prevista
dall'art. 3, comma 111, della legge 28 dicembre 1995, n. 549?
R. L'art. 3, comma 111, della legge n. 549 del 1995 prevede l'esclusione
dalla tassazione degli incrementi del capitale sociale e delle
riserve aventi natura di capitale derivanti da conferimenti in
denaro. Al riguardo, si precisa che l'incremento di capitale sociale
derivante dalla conversione in azioni di obbligazioni convertibili
rientra nell'ambito applicativo del citato comma 111, in quanto
inquadrabile come conferimento in denaro.
D. Viene aumentato il capitale sociale ma nello stesso esercizio
viene attuata una operazione straordinaria che riconosce ai soci
il diritto di recesso. L'esclusione dalla base imponibile, prevista
dall'art. 3, comma 111, della legge n. 549 del 1995, è
costituita dall'aumento del capitale sociale o dalla somma algebrica
fra le due operazioni?
R. La disposizione contenuta nell'art. 3, comma 111, della legge n. 549 del 1995 esclude dal computo della base imponibile dell'imposta patrimoniale, dei soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lett. a) e b) del TUIR, l'incremento del capitale sociale e delle riserve aventi natura di capitale di cui all'art. 44, comma 1, del TUIR, se conferiti in denaro, rispetto alle corrispondenti voci risultanti dal bilancio relativo all'esercizio in corso al 30 settembre 1995. In sostanza, ai fini della determinazione dell'incremento da escludere dalla base imponibile, occorre porre a raffronto l'importo complessivo relativo al capitale sociale e alle riserve aventi natura di capitale, con l'ammontare complessivo di dette voci riportate nel bilancio dell'esercizio in corso al 30 settembre 1995.
Nel caso in esame, per determinare l'importo da escludere dalla base imponibile dell'imposta patrimoniale ai sensi dell'art. 3, comma 111, della legge n. 549 del 1995 occorrerà porre a confronto l'importo complessivo relativo al capitale sociale risultante in bilancio (costituito dal saldo delle due operazioni: aumento del capitale sociale e riduzione dello stesso per recesso del socio) con l'ammontare del capitale sociale risultante dal bilancio relativo all'esercizio in corso al 30 settembre 1995.
Pertanto, sempreché l'aumento del capitale sociale sia
stato effettuato in denaro, l'importo "detassato" sarà
costituito dall'incremento del capitale sociale rispetto a quello
riportato nel bilancio dell'esercizio in corso al 30 settembre
1995.
D. L'esclusione della base imponibile dell'imposta patrimoniale
prevista dall'art. 3, comma 111, della legge 28 dicembre 1995,
n. 549, riguarda l'intero aumento del capitale sociale ovvero
la somma algebrica fra l'incremento e la riduzione del patrimonio
netto?
R. L'art. 3, comma 111, della legge n. 549 del 1995 stabilisce che nel computo del patrimonio netto delle imprese su cui si applica l'imposta prorogata ai sensi del comma 110, dello stesso art. 3, non si tiene conto dell'incremento del capitale sociale e delle riserve e fondi aventi natura di capitale, di cui all'art. 44, comma 1, del T.U.I.R. se conferiti in denaro, rispetto alle corrispondenti voci risultanti in bilancio relativo all'esercizio in corso al 30 settembre 1995.
Pertanto, come tra l'altro chiarito nelle istruzioni per la compilazione dei modelli di dichiarazione dei redditi (mod. 760/97) relative al periodo d'imposta 1996, ai fini della determinazione dell'incremento da escludere dalla base imponibile occorrerà confrontare l'importo complessivo delle voci sopracitate con quelle risultanti nel bilancio relativo all'esercizio in corso al 30 settembre 1995.
In sostanza, nel caso in cui nello stesso periodo d'imposta viene
deliberata, ad esempio, la distribuzione di una riserva di utili
ed l'aumento di capitale sociale (conferito in denaro), l'esclusione
della base imponibile, ai sensi del predetto comma 111, spetta
per l'intero importo relativo all'incremento del capitale sociale.
D. Gli investimenti in partecipazioni sono, in base a prefissate
regole, degli elementi sottrattivi del patrimonio netto contabile.
Si chiede, pertanto, se a tal fine, il costo di iscrizione delle
partecipazioni deve essere confrontato con la relativa quota del
patrimonio netto della società partecipata assunta al lordo
o al netto degli eventuali incrementi oggetto di detassazione
in capo allo stesso soggetto partecipato?
R. La disposizione agevolativa di cui all'art. 3, comma 111, della legge n. 549 del 1995 (relativa all'esclusione dalla base imponibile dell'imposta patrimoniale dell'incremento del capitale sociale e delle riserve aventi natura di capitale) e quella prevista dall'art. 1, comma 4, del D.L. 30 settembre 1992, n. 394, convertito dalla legge 26 novembre 1992, n. 461 (riguardante l'esclusione dalla base imponibile dell'imposta patrimoniale del valore contabile delle azioni o, se minore, di un valore pari alla frazione del patrimonio netto della società partecipata) sono da ritenersi due distinte discipline.
Pertanto, ai fini della determinazione del valore da attribuire
alla partecipazione, ai fini della diminuzione della base imponibile,
di cui all'art. 1, comma 4, del D.L. n. 394 del 1992, occorre
far riferimento al minor importo tra il valore contabile delle
partecipazioni e quello corrispondente alla percentuale di possesso
diretto o indiretto, applicata al patrimonio netto della società
o ente partecipato, direttamente o indirettamente, risultante
dall'ultimo bilancio approvato, senza considerare, quindi, la
detassazione della base imponibile del patrimonio netto prevista
dall'art. 3, comma 111, della legge n. 549 del 1995
D. Considerato che l'ultimo periodo dell'art. 3, comma 111,
della legge n. 549 del 1995 dispone che l'esclusione dalla base
imponibile dell'imposta patrimoniale prevista dallo stesso comma
111 non si applica ai soggetti che si sono costituiti dopo il
15 settembre 1995. Si chiede se per le società deve farsi
riferimento alla data di costituzione ovvero alla data di omologazione
da parte del tribunale?
R. Analogamente a quanto affermato con circolare n. 108/E del 3 maggio 1996, risposta n. 6.1.10, con riguardo alla individuazione dei soggetti ammessi all'agevolazione di cui all'art. 3, comma 85, legge n. 549 del 1995, si ritiene che sono esclusi dall'ambito oggettivo della disposizione contenuta nel comma 111 in esame, le società costituite dopo il 15 settembre 1995, anche se a tale data non sia intervenuto il provvedimento di omologazione.
Relativamente alle imprese individuali, ai fini dell'esclusione
dalla base imponibile dell'imposta patrimoniale, è sufficiente
che dalla dichiarazione di inizio attività presentata ai
fini IVA risulti che l'impresa era esistente alla data del 15
settembre 1995.
D. Tra le altre imposte deducibili nell'esercizio in cui avviene
il pagamento ai sensi dell'art. 64 del TUIR devono intendersi
comprese anche le tasse (ad esempio, tassa di concessione governativa)?
R. L'art. 64, comma 1 del TUIR prevede che "le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa anche facoltativa non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell'esercizio in cui avviene il pagamento."
Al riguardo, nel confermare l'orientamento già espresso,
si ritiene che fra le "altre imposte" vi rientrino anche
le tasse, quali, ad esempio, quelle di concessione governativa;
per cui quest'ultime sono deducibili nell'esercizio in cui avviene
il pagamento.
D. Le società' di persone operanti in agricoltura
che optano per il regime di contabilità' ordinaria, devono
predisporre il prospetto delle attività' e delle passività'?
R. In ossequio alle modifiche introdotte dall'art. 3, comma 4, lettera b), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 1996, anche alle società in nome collettivo ed alle società in accomandita semplice si rende applicabile la disciplina di cui all'art. 51, comma 2, lett. c), del TUIR che ricomprende nel reddito d'impresa anche quello derivante dalle attività agricole esercitate nei limiti del reddito agrario.
A tal fine le predette società di persone dovranno predisporre la situazione patrimoniale di partenza denominata "prospetto delle attività e delle passività" che, ai sensi del quinto comma dell'art. 10 del D.L. 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, nella legge 27 aprile 1989, n. 154, dovrà essere vidimato entro il termine della presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta precedente (30 giugno 1997).
I criteri per la valutazione delle attività e delle passività
esistenti alla data di inizio del periodo d'imposta sono fissati
nel D.P.R. 23 dicembre 1974, n. 689. Nelle ipotesi di mancanza
dei dati necessari per procedere alla valutazione secondo i criteri
del menzionato decreto presidenziale, i soggetti interessati dovranno
adeguarsi alle norme generali sulle valutazioni fissate nell'art.
76 del TUIR.
D. A seguito del mutato regime fiscale in materia di
imposte dirette per le S.n.c. e le S.a.s. operanti in agricoltura,
si può' presentare l'ipotesi che la società' proceda
alla trasformazione in società semplice. Tale operazione,
ai fini fiscali, comporta realizzo di plusvalenza anche se i beni
rimangono nel patrimonio della società' trasformata e
quindi non vengono assegnati ai soci?.
R.: La trasformazione è un'operazione neutra, ai sensi dell'art. 122 del TUIR, in quei casi in cui entrambi i soggetti che partecipano alla detta operazione svolgono attività d'impresa.
Nel caso invece di trasformazione da società di persone
in società semplice e quindi di passaggio da un soggetto
esercente attività d'impresa ad un altro che non svolge
tale attività, la trasformazione comporta il realizzo di
plusvalenze ai sensi dell'art. 54, comma 1, lett. d), del TUIR.
D. In caso di donazione dell'azienda pro-indiviso ad una pluralità
di familiari è applicabile l'art. 54, comma 5, secondo
periodo del Tuir?
R. L'art. 54, comma 5, secondo periodo, aggiunto dall'art. 3, comma 25, lett. a) della legge n. 662 del 1996, dispone che "il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito a familiari non costituisce realizzo di plusvalenza dell'azienda stessa; l'azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa".
Ciò posto, nel precisare che la norma agevolativa in esame si applica, per quanto riguarda i trasferimenti di azienda a familiari, esclusivamente all'ipotesi di donazione e non di successione, si ritiene che, fermo restando in quest'ultimo caso la neutralità fiscale anche qualora il trasferimento di azienda avvenga a favore di soggetti diversi dai familiari di cui all'art. 5, ultimo comma, del TUIR, la norma in argomento non ponga alcuna limitazione in riferimento al numero dei beneficiari che nel proseguire l'attività del donante danno vita, tra loro, ad una società di fatto. Pertanto, nella fattispecie prospettata si rende applicabile il richiamato secondo periodo del comma 5 dell'art. 54 del Tuir.
Inoltre, è opportuno precisare che qualora i donatari
intendano regolarizzare la società di fatto tra essi costituitasi,
avente per oggetto l'attività commerciale, in una delle
società tipiche regolate dal codice civile, si renderà
applicabile la disposizione prevista dall'art. 122 del Tuir.
D.: In caso di donazione dell'azienda pro-indiviso a più di un familiare non imprenditore, e ove si ipotizzi che successivamente i donatari intendano sciogliere la società di fatto tra loro realizzatasi mediante l'assegnazione ad uno solo di essi per proseguire l'attività commerciale, si applica comunque l'art. 54, comma 5, terzo periodo, del Tuir?
R La disposizione contenuta nell'art. 3, comma 25, lett. a), della legge n. 662 del 1996, che ha modificato l'art. 54, comma 5, del Tuir, prevede la neutralità fiscale delle plusvalenze dell'azienda trasferita mortis causa o inter vivos a familiari. Il terzo periodo del comma 5 dell'art. 54 del Tuir, prevede la neutralità anche qualora, a seguito dello scioglimento entro cinque anni dall'apertura della successione della società esistente tra gli eredi, la predetta azienda resti acquisita da uno solo di essi.
Poiché il requisito essenziale richiesto dalla norma
da ultimo citata è che si tratti di trasferimento mortis
causa, la stessa non può trovare applicazione nei casi
di donazione come quello ipotizzato.
D. L'art. 3, comma 25, lett. a), della legge n. 662 del 1996
individua con il termine "familiari" i soggetti destinatari
delle nuove norme concernenti i trasferimenti, per causa di morte
o per atto gratuito, di aziende. Come va interpretato il termine
"familiari"?
R. L'art. 54, comma 5, del TUIR, riguardante le plusvalenze relative alla cessione di aziende, come modificato dall'art. 3, comma 25, lett. a), della legge n.662 del 1996, dispone che "Il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito a familiari non costituisce realizzo di plusvalenze dell'azienda stessa; l'azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa. I criteri di cui al periodo precedente si applicano anche qualora, a seguito dello scioglimento, entro cinque anni dall'apertura della successione, della società esistente tra gli eredi, la predetta azienda resti acquisita da uno solo di essi.".
In merito si osserva che la disposizione citata disciplina il
trasferimento, mortis causa o per atto gratuito a familiari, ai
fini delle imposte sui redditi. Pertanto, per l'individuazione
dei soggetti destinatari della norma, occorre fare riferimento
all'art. 5, comma 5, del TUIR, il quale prevede che "Si intendono
per familiari, ai fini delle imposte sui redditi, il coniuge,
i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.".
D. Tenuto conto delle recenti modifiche apportate all'art.
29 del TUIR, l'attività di funghicoltura va considerata
attività agricola?
R. Ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, è stata eliminata dalla elencazione delle attività considerate agricole quella relativa alla funghicoltura. Tale esclusione peraltro, va riferita esclusivamente alla elencazione contenuta nella lettera a) del comma 2 del citato articolo.
Pertanto, detta attività resta attività agricola
a condizione che vengano rispettati i limiti previsti nelle successive
lettere b) e c) del predetto comma 2.
D. : Nel caso di produzioni agricole in serre, come
deve essere calcolata la superficie di produzione ai fini della
determinazione catastale del reddito ?
R. : Ai sensi dell'art. 29, comma 2, lett. B), del TUIR sono considerate agricole le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insite.
Pertanto, dalla letterale formulazione della norma deve desumersi
che per verificare la condizione posta dalla legge occorre fare
riferimento alla superficie sulla quale insiste la produzione
(ripiani o bancali) e non già quella coperta dalla struttura.
D. L'art. 73, comma 2, del Tuir, come sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. d) n. 1), del D.L. n. 669 del 1996, convertito dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, stabilisce che, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1996, "per le imprese concessionarie della costruzione e dell'esercizio di opere pubbliche e le imprese sub-concessionarie di queste sono deducibili gli accantonamenti iscritti in apposito fondo del passivo a fronte delle spese di ripristino o di sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili allo scadere della concessione e delle altre spese di cui al comma 7 dell'art. 67. La deduzione è ammessa, per ciascun bene, nel limite massimo del cinque per cento del costo e non è più ammessa quando il fondo ha raggiunto l'ammontare complessivo delle spese relative al bene medesimo sostenute negli ultimi due esercizi.".
Si chiede di conoscere se, nel caso in cui la società concessionaria opti per l'ammortamento finanziario, ai sensi dell' art. 69, comma 1, del Tuir, la stessa possa effettuare l'accantonamento del 5 per cento previsto dalla citata disposizione di cui all'art. 73 del Tuir.
Si chiede, inoltre, se le spese di manutenzione sostenute
nel 1996 devono essere dedotte dall'accantonamento effettuato
al 31 dicembre 1996.
R. L'accantonamento ad apposito fondo delle spese di ripristino e sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili e delle altre spese di cui al comma 7 dell'art. 67, previsto dall'art. 73, comma 2, del Tuir, è ammesso in deduzione, per ciascun bene, nel limite massimo del 5 per cento del costo e fino a quando il fondo non abbia raggiunto l'ammontare complessivo delle spese relative al bene medesimo sostenute negli ultimi due esercizi, indipendentemente dall'applicazione dell'ammortamento finanziario.
Per le imprese che optano nel 1996 per l'ammortamento finanziario,
in mancanza di un fondo ai sensi dell'art. 73, comma 2, del Tuir,
l'ammontare delle spese di manutenzione sostenute in tale periodo
d'imposta è deducibile nell'esercizio stesso e nei successivi
ma non oltre il quinto (non meno di due esercizi), come previsto
dal penultimo periodo di detta disposizione, fermo restando la
possibilità di effettuare nello stesso periodo d'imposta
l'accantonamento secondo la disciplina prevista dallo stesso comma
2 dell'art. 73.
D. Si chiede di sapere se le svalutazioni dei crediti
impliciti operate dagli enti creditizi e finanziari, relativi
a contratti di locazione finanziaria, effettuate attraverso rettifiche
di valore delle immobilizzazioni materiali oggetto dei contratti
stessi siano equiparate alle svalutazioni dei crediti previste
dal comma 3 dell'art. 71 del TUIR?
R.Per gli enti creditizi e finanziari, le svalutazioni
dei crediti impliciti relativi a contratti di locazione finanziaria,
operate attraverso rettifiche di valore delle immobilizzazioni
materiali oggetto dei contratti stessi, sono equiparate alle svalutazioni
dei crediti previste dal comma 3 dell'art. 71 del TUIR, a condizione
che le immobilizzazioni materiali oggetto della svalutazione rientrino
fra quelle ammortizzate con il metodo finanziario di cui all'art.
67, comma 8, dello stesso TUIR. Ciò in quanto, anche se
nelle voci dello stato patrimoniale delle società di locazione
finanziaria è indicato il valore del bene dato in leasing,
tuttavia esso è considerato un credito implicito ai sensi
dell'art. 71, comma 4, del TUIR.
D. : Riguardo ai prodotti petroliferi soggetti ad accisa,
si chiede conferma che tale imposta, anche ai fini della valutazione
delle rimanenze, debba essere considerata onere accessorio al
costo di produzione o acquisizione dei beni cui accede.
R. : La scrivente ritiene che l'accisa va imputata al costo dei beni cui si riferisce quale onere accessorio degli stessi in ossequio alla previsione dell'art. 76, comma 1, lett.b), del TUIR.
Tale soluzione, del resto, è coerente con le conclusioni
cui questo Ministero è già pervenuto nella risoluzione
9/271 del 2 ottobre 1978 in ordine all'imposta di registro e all'imposta
ipotecaria relativa ad un mutuo contratto per l'acquisizione di
un bene strumentale.
D. Si chiede di conoscere se nell'ipotesi di indeducibilità
parziale del'IVA per effetto dell'applicazione dell'art. 19, comma
3, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, l'importo non deducibile
possa ritenersi imputabile al costo dell'unico acquisto effettuato
nel corso del periodo d'imposta.
R. Con la risoluzione n. 9/869 del 19 gennaio 1980 il Ministero delle finanze ha precisato che, agli effetti della determinazione del reddito d'impresa, l'IVA indetraibile, ai sensi del comma 3 dell'art. 19 del D.P.R. 633/72, in misura corrispondente al rapporto tra l'ammontare delle operazioni esenti e il volume d'affari, assume natura di costo generale e, in quanto tale, deducibile in base alla regola prevista, attualmente, dal comma 5 dell'art. 75 del TUIR.
Ciò ricordato, si ritiene, tuttavia, che tale impostazione
di principio possa essere superata nella fattispecie prospettata.
Infatti, tenendo presente che, ai sensi dell'art. 76, comma 1,
lettera b), del TUIR, si comprendono nel costo gli oneri accessori
di diretta imputazione, deve ritenersi che, qualora in sede contabile
sia possibile imputare direttamente l'IVA indetraibile ad uno
specifico bene patrimoniale, tale impostazione non possa non assumere
rilevanza anche agli effetti fiscali.
D.: Come si calcola l'ammontare delle plusvalenze e
delle minusvalenze rilevante ai fini fiscali che deriva dalla
cessione di un veicolo ad uso promiscuo?
R.: Il veicolo ad uso promiscuo, il cui ammortamento è deducibile al 50 per cento è da considerarsi relativo all'impresa nella medesima misura. Pertanto, anche la plusvalenza o la minusvalenza derivante dalla cessione del veicolo, rileva ai fini fiscali al 50 per cento.
Qualora il veicolo sia ad uso promiscuo solo in alcuni dei periodi di tempo in cui è posseduto, la plusvalenza o la minusvalenza rileva ai fini fiscali in misura proporzionale al rapporto tra l'ammortamento dedotto e quello complessivamente effettuato.
Ad esempio, nel caso in cui la plusvalenza realizzata sia di
1200, l'ammortamento complessivo di 10.000, di cui 7.500 già
dedotto, la quota di plusvalenza rilevante ai fini fiscali sarà
pari a 1200 x 7.500: 10.000 = 900.
D. Cosa si intende per "spese di impiego" di veicoli
ai sensi dell'articolo 67 comma 10 testo unico delle imposte sui
redditi?
R. La normativa fiscale non contiene una definizione delle "spese di impiego" e, pertanto, per esse, occorre far riferimento al significato del termine nella sua comune accezione, intendendosi cioè tutte quelle spese necessarie per l'utilizzo del bene.
Rientrano quindi nelle spese di impiego, ad esempio, le spese
per il carburante e lubrificanti che, conseguentemente, sono deducibili
al 50% ai sensi dell'art. 67, comma 10, del Tuir, come integrato
dall'art. 3, comma 33, lettera b), della legge n. 662 del 23 dicembre
1996, mentre sono deducibili nella misura del 100% le spese di
manutenzione, riparazione e custodia, nonché le altre spese
relative all'uso dell'autoveicolo (es. assicurazione, R.C. auto,
tassa di possesso e di immatricolazione).
D. Si chiede di sapere se una società facente
parte di un gruppo, cessionaria di un credito d'imposta, che abbia
utilizzato parzialmente il credito acquisito, possa ricederlo
ad altra società - sempre del gruppo - o, anche, solamente
alla originaria cedente.
R. Come è stato precisato già nelle istruzioni
per la compilazione dei modelli di dichiarazione dei redditi relativi
al 1995 si conferma il principio secondo cui l'eccedenza ricevuta
può essere utilizzata dal cessionario per i versamenti,
anche in acconto dell'IRPEG e/o dell'ILOR, i cui termini scadono
contestualmente o successivamente alla data in cui il cedente
ha presentato la dichiarazione da cui emergono le eccedenze stesse
(indipendentemente dalla data in cui scade il termine per detta
presentazione) e che, la parte non utilizzata, può essere
computata in diminuzione dell'ILOR e dell'IRPEG dei successivi
periodi di imposta ovvero essere chiesta a rimborso in sede di
dichiarazione dei redditi. Nessun altro utilizzo può' essere
effettuato di detta eccedenza.
18.1 D.: Il prelievo del 20% sui depositi in garanzia non e' applicabile ai proventi corrisposti ai non residenti con stabile organizzazione in Italia.
Sono esonerati, pertanto, dall'applicazione del suddetto prelievo,
anche i proventi sui depositi a garanzia - che non essendo di
pertinenza della stabile organizzazione in Italia - non concorrono
a formare il suo reddito?
R.: L'articolo 7, comma 1, del decreto legge 20 giugno 1996, n. 323, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1996, n. 425, stabilisce, per quanto riguarda l'ambito soggettivo, che la disciplina ivi prevista si applica anche ai soggetti non residenti non aventi una stabile organizzazione nel territorio dello Stato.
In proposito, con circolare n. 269/E del 5 novembre 1996 è stato precisato che per tali soggetti la norma si applica ai proventi derivanti da depositi di denaro, di valori mobiliari e di altri titoli diversi dalle azioni e da titoli similari che si considerano prodotti nel territorio dello Stato ai sensi delle disposizioni nazionali e ferme restando le disposizioni derivanti dai trattati contro le doppie imposizioni ove applicabili.
Pertanto, si ritiene che al quesito possa essere data risposta
positiva.
D. Le S.N.C. e le S.A.S. che esercitano esclusivamente
attività agricole, sono comunque ammesse, a partire dal
1° gennaio 1997, al regime di contabilità semplificata,
salvo opzione, indipendentemente dal volume d'affari conseguito
nel 1996?
R. Le S.n.c. e le S.a.s. che svolgono attività agricola di cui all'art. 29 del TUIR, dal primo gennaio 1997 devono determinare il reddito su base analitica e sono ammesse al regime di contabilità semplificata indipendentemente dal volume di affari realizzato nell'anno 1996. Qualora le predette società intendano adottare il regime della contabilità ordinaria, dovranno esercitare la relativa opzione nella prossima dichiarazione IVA.
D.: Si conferma che la dichiarazione sostitutiva dell'atto
notorio sullo stato di inagibilità sostituisce l'attestazione
comunale - e non la perizia che è di supporto al rilascio
dell'attestazione comunale - sullo stato di inagibilità?
R.: La dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà,
resa dal contribuente ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n.
15, agli effetti della riduzione della metà dell'ICI, in
ordine allo stato di inagibilità o inabitabilità
del fabbricato, ha una portata esaustiva. Essa, quindi, sostituisce
anche la perizia dell'ufficio tecnico comunale. Ovviamente il
comune può attivarsi per verificare se la dichiarazione
è mendace, con i conseguenti riflessi sul piano penale.
D.: Si chiede se sia dovuta l'INVIM, in presenza di
regolarizzazione di società di fatto, qualora vengano conferiti
beni immobili di proprietà del socio, già utilizzati
dalla società. Ove, come sembra, tale imposta sia compresa
nell'imposta sostitutiva, dovrà essere considerata assolta
e quindi non più dovuta all'atto del successivo trasferimento?
R.: L'imposta sostitutiva di cui all'articolo 3, comma 70, lettera b), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dovuta in sede di regolarizzazione delle società di fatto, ricomprende anche l'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili di proprietà del socio, già utilizzati dalla società stessa.
Poiché il conferimento avviene successivamente al 31 dicembre
1992, nell'eventuale trasferimento successivo al predetto conferimento
non ci potrà essere alcun incremento soggetto ad INVIM.
D.: Posto che i valori fiscali nei confronti degli eredi
o donatari sono quelli contabili, perché non è stata
modificata la norma dell'imposta di successione o donazione, che
continua a tassare i valori correnti e l'avviamento?
R.: L'art. 3, comma 25, della legge n. 662 del 1996 ha introdotto una disposizione aggiuntiva all'art. 54, comma 5, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di imposte sui redditi.
La nuova norma stabilisce che ai fini della imposizione diretta, le fattispecie riconducibili alla causa di morte o alla disposizione gratuita non determinano l'insorgenza di plusvalenze, quando l'azienda viene rilevata dai familiari. In questa ipotesi l'azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti in capo al dante causa.
La disposizione non contiene alcun espresso richiamo alla vigente disciplina in materia di imposte sulle successioni e donazioni, pertanto la stessa deve intendersi limitata alla sola imposizione diretta.
Infatti l'art. 15, del D. Lgs. n. 346, del 1990, prevede tuttora
che la base imponibile delle aziende comprese nell'attivo ereditario
sia determinata "assumendo il valore complessivo, alla data
di apertura della successione, dei beni e dei diritti che le compongono,
compreso l'avviamento".
D.: Modalità di indicazione in dichiarazione
annuale IVA del credito d'imposta dell'anno precedente.
R.: Come più volte precisato, nell'ipotesi di conferimento (o anche di scissione) di un ramo di azienda gestito con contabilità separata agli effetti dell'IVA, si verifica una continuità tra i soggetti relativamente al ramo d'azienda conferito, in quanto la società conferitaria subentra in tutti i rapporti giuridici e deve, quindi, comprendere nella propria dichiarazione annuale anche le operazioni effettuate dalla conferente nella frazione d'anno antecedente al conferimento, compresi i dati delle liquidazioni periodiche eseguite per il ramo di azienda conferito.
Conseguentemente, qualora dalla dichiarazione IVA dell'anno precedente (presentata dalla conferente) risulti un credito d'IVA riportato in detrazione all'anno successivo, la società conferente deve fornire alla conferitaria anche i dati delle liquidazioni periodiche riguardanti il ramo di azienda conferito, compreso l'ammontare del credito IVA riportato dall'anno precedente utilizzato (in tutto o in parte) nelle liquidazioni periodiche eseguite per la prima frazione d'anno antecedente alla data del conferimento, ed imputabile al ramo di azienda trasferito.
Pertanto la società conferitaria deve comprendere nella dichiarazione annuale anche il credito trasferito (in tutto o in parte) dalla conferente, indicando il relativo importo nel cod. L12 della propria dichiarazione, mentre la conferente deve indicare la parte di credito imputato alla restante attività.
Peraltro, poiché nella fattispecie sopra esposta si verificano
delle incongruenze nella quadratura dei dati nel modello di dichiarazione
annuale (in particolare, relativamente all'esposizione del predetto
credito riportato dall'anno precedente), le società interessate
dovranno fornire ai competenti uffici i necessari chiarimenti
al fine di prevenire eventuali segnalazioni di irregolarità
delle dichiarazioni presentate.
D. La circolare ministeriale n.177/E del 22 giugno 1995, al paragrafo 5, ha precisato che in relazione agli scambi di beni soggetti al regime del margine effettuati tra soggetti passivi d'imposta residenti in diversi Paesi membri UE , scambi che non costituiscono operazioni intracomunitarie, sussiste tuttavia l'obbligo di presentazione, ai soli fini statistici, degli elenchi riepilogativi INTRASTAT previsti dall'art.50 del decreto-legge 30 agosto 1993, n.331, convertito nella legge 29 ottobre 1993, n.427.
Poiché la detta circolare sembra riferire l'obbligo
di presentazione dei modelli INTRASTAT a tutti i contribuenti
che effettuino cessioni o acquisti soggetti al regime del margine
nel quadro di rapporti commerciali intercorsi con soggetti passivi
residenti in altri Stati membri UE, mentre il D.M. 21 ottobre
1992 prescrive la compilazione delle colonne aventi valore statistico
ai soli contribuenti vincolati alla periodicità mensile
degli elenchi (cioè quelli che nell'anno solare precedente
hanno realizzato cessioni o acquisti intracomunitari per un ammontare
superiore ai 150 milioni i lire) si prega di chiarire se l'istruzione
contenuta nella circolare n.177/E debba considerarsi derogativa
rispetto alla regola generale contenuta nel citato D.M. del 21
ottobre 1992.
R. L'obbligo cui fa cenno la circolare n.177/E del 1995, di presentazione degli elenchi riepilogativi INTRASTAT in relazione agli scambi di beni, assoggettati al regime del margine, effettuati con soggetti d'imposta residenti in altri Stati membri della UE trova fondamento in esigenze collegate al sistema comunitario di rilevazione di dati statistici concernenti il traffico di merci. Poiché nel quadro di tale sistema le informazioni di carattere statistico sono richieste solo agli operatori economici che effettuano un volume significativo di cessioni o di acquisti nei confronti o presso soggetti d'imposta residenti in altri Paesi UE, ne consegue logicamente che anche per le transazioni assoggettate al regime del margine intercorse tra soggetti d'imposta residenti in diversi Stati UE l'acquisizione dei dati statistici si rende necessaria solo in presenza di flussi rilevanti di rapporti di scambio con partners comunitari.
Per le suesposte ragioni l'obbligo cui fa riferimento la richiamata
circolare n.177/E del 1995 riguarda solo i soggetti d'imposta
tenuti, ai sensi delle disposizioni contenute nel decreto del
Ministro delle Finanze del 21 ottobre 1992, alla compilazione
delle colonne relative ai dati di carattere statistico, cioè
quelli che abbiano effettuato nell'anno solare precedente o, in
caso di inizio attività, presumano di realizzare nell'anno
in corso, cessioni o acquisti, in rapporti commerciali con soggetti
di altri Stati membri UE, per un ammontare superiore ai 150 milioni.
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Si pregano gli uffici in indirizzo di dare la massima diffusione al contenuto della presente circolare
IL DIRETTORE GENERALE