DIMENTICARE VENEZIA

regia  Franco Brusati
soggetto e sceneggiatura F. Brusati, Jaja Fiastri
fotografia  Romano Albani
musica  Benedetto Ghiglia
interpr. e pers. Erland Josephsson Nicky - Mariangela Melato Anna - Hella Petri zia Marta - David Pontremoli Picchio - Eleonora Giorgi Claudia - Nerina Montagnani Caterina
origine  Italia, 1979
durata  1 1 0'
genere  Drammatico

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Nicky vive a Milano con Picchio, a cui è legato sentimentalmente da tre anni.  Va a trovare sua sorella Marta, un'affascinante e carismatica donna, già famosa cantante lirica ora appartata e malata.
Marta vive in una villa in campagna nel Veneto, con la vecchia governante Caterina e con Anna, una sua lontana parente, e Claudia, queste ultime legate da un forte rapporto sentimentale e fisico.
Li Nicky, a contatto con gli oggetti della sua infanzia, rivede sé fanciullo e le sue prime esperienze erotiche e di amicizia. L'arrivo di Nicky e Picchio crea in tutti entusiasmo e voglia di vivere.  Si va in trattoria, dove Marta si esibisce come cantante, e si progetta di andare a Venezia, una città dal magico incanto che rappresenta per tutti un brandello del proprio passato.  Ma proprio quando si deve partire Marta ha un infarto e muore.
All'improvviso l'atmosfera si rompe: ciascuno si sente sperduto, defraudato di un punto di riferimento, e reagisce a suo modo.  Ad entrare in crisi più di tutti sono però Anna (che si offre senza fortuna a Picchio) e Nicky.
Le due ragazze decidono alfine di andarsene da quella casa dove non hanno più ragione di restare e vanno a Milano con Picchio, mentre Nicky decide di restare lì in attesa, forse, di tornare a Milano.

CANDIDATO ALL'OSCAR, IL FILM EBBE UNO SPLENDIDO successo di critica e di pubblico, nonostante si proponga denso di simboli.  Elegante e raffinato, è pervaso da echi viscontiani e bergmaniani oltre che letterari, affini al decadentismo di Mann e Proust.
L'efficace titolo rimanda a Venezia, città cristallizzata nella storia e luogo mitico per eccellenza.  Essa è il banco di prova ideale per i quattro protagonisti per verificare la validità dei propri valori ancestrali e quindi del proprio io, ancora pienamente intessuto di essi.  La rinuncia al viaggio per Venezia, così come la morte di Marta, significa la rottura definitiva dei ponti con il passato, alla ricerca finalmente, ammesso sia possibile trovarla, di una realtà sradicata dalle seduzioni dell'infanzia e della giovinezza, dal sapore ad un tempo dolce e ingannevole.
In questa frattura, che dà il coraggio di nuovi orizzonti a Nicky, Anna e Claudia, non pochi hanno visto il preludio all'abbandono dell'omosessualità, in questo caso intesa evidentemente come un rifiuto di crescere.
In realtà la presenza di due coppie, peraltro così diverse (il maturo Nicky con l'esuberante e bel Picchio, l'estroversa Anna con la remissiva Claudia) ha creato in molti critici un evidente imbarazzo.  Per costoro l'omosessualità è stata perciò il capro espiatorio di una storia che invece non è altro che la cronaca di un taglio netto, che costringe i personaggi a prendere atto del fatto che qualcosa è cambiato.
Nicky ed Anna, più legati a Marta e alla villa, sono i personaggi fulcro, coloro che rivivono in cinque flashback le seduzioni di quella casa dove furono fanciulli e dove Nicky rimarrà solo.  Vi resta però non per rifiutare la sua omosessualità ma perché accetta compiutamente la propria senilità, come si vede nella scena della sfera di cristallo (quella con cui suo padre fingeva di leggere uno splendido futuro nelle festicciole di loro bambini) che si rompe definitivamente.
L'omosessualità, pur evidente e declamata, si inserisce nell'atmosfera affascinante e soffusa del film e non offre momenti di voluttà, a parte il nudo dell'atletico Picchio.  Ciò nonostante essa è un dato fondamentale per lo sviluppo della storia.

Dello stesso regista:
Pane e cioccolata, 1973
Il buon soldato, 1982


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