tit. originale | Faustrecht der Freiheit |
regia | Rainer Werner Fassbinder |
sceneggiatura | R. W. Fassbinder, Christian Hohoff |
fotografia | Michael Ballhaus |
musica | Peer Raben |
interpr. e pers. | R. W. Fassbinder Franz Bíberkopf, detto Fox -
Peter Chatel Eugen Thiess - Karl-Heinz Böhm Max
- Adrian Hoven Thiess - Kurt Raab Wodka-Peter |
origine | Repubblica Federale Tedesca, 1974 |
durata | 123' |
genere | Drammatico |
video General Vídeo
Franz Biberkopf è un giovane, grossolano omosessuale che
lavora a Monaco alla meno peggio in un baraccone di un luna park
come "Fox, la testa parlante". Quando il
proprietario viene arrestato e condannato a due anni di prigione,
Franz rimane senza lavoro. Per fortuna vince una grossa
somma di danaro, 500.000 marchi, alla lotteria. Diventato
improvvisamente ricco, riesce ad entrare in un giro d'alta
borghesia. Si innamora di Eugen, figlio di un piccolo
industriale che, all'inizio realmente interessato a lui, cerca di
cambiarne modi e mentalità per adeguarlo alla sua nuova
condizione sociale. Al contrario Fox è riluttante e, non
accettando quei nuovi comportamenti, vuole restare così com'è.
Intanto il suo patrimonio inizia ad assottigliarsi grazie a spese
decisamente eccessive: un lussuoso appartamento arredato con
mobili antichi, una macchina sportiva, un viaggio in
Marocco. Come se non bastasse, Eugen lo convince ad
investire 100.000 marchi nella traballante fabbrica dei padre.
Poco alla volta il rapporto fra i due si guasta, fino alla
rottura completa. Eugen caccia Fox, il quale scopre che un
contratto da lui firmato fa si che il suo danaro vada tutto
all'amante. Umiliato e disperato, Fox si suicida ingerendo
Valium nella metropolitana. Alcuni ragazzini gli rubano i
pochi spiccioli rimasti nelle tasche.
UN FILM PARTICOLARMENTE IMPORTANTE NELLA storia del cinema
gay. Quando uscì (in Italia apparve, con deplorevole
ritardo, solo nel 1981) colpì molto per il ruolo primario che vi
riveste l'omosessualità, come di rado si era visto. Il
pubblico gay si spaccò in due: mentre alcuni videro nella storia
di Fox un amarissimo condensato di ciò che spesso accade nella
realtà, altri la criticarono, stupiti del fatto che un tale
attacco provenisse proprio da un regista che non aveva mai
nascosto i propri gusti (il film è peraltro dedicato a «Armin e
tutti gli altri», ossia a Armin Meier, il suo amante morto
suicida).
Fassbinder, per difendersi, sottolineò come la storia non fosse
strutturata sull'omosessualità del protagonista. Ad onta
di ciò, è evidente che essa vi giochi un peso non indifferente:
il fallimento di Fox acquista maggiore forza proprio per la
natura del suo legame con Eugen, forse perché in alcuni rapporti
omosessuali è più facile che vi siano risvolti di danaro o
perché chi è omosessuale si butta con maggior abnegazione fra
le braccia di chi ama.
Il film è comunque, innanzitutto, una denuncia amara sul cinismo
della classe borghese, contrapposta all'ingenuità delle classi
più basse. Tutta la storia risponde alla logica, purtroppo
implacabile, della legge del più forte: quando Eugen comprende
che Fox potrà essere una preda appetibile per le sue mire, non
avrà nessuna pietà verso di lui. Nel suo ruolo di più
forte, sia come persona amata e quindi in grado di ricattare
l'altro sia perché oggettivamente più scaltro, Eugen approfitta
dell'amante, diventando responsabile di fatto della sua
morte. Una visione certamente populista e decisamente
manichea, in cui tutti i ricchi sono avidi e senza cuore e i
poveri sprovveduti ed incapaci di gestirsi, il cui rassegnato
fatalismo fa riflettere e lascia aperto il dibattito sull'opera.
Questa ha però una sua innegabile validità ed un'autenticità
di linguaggio che ne accresce l'amarezza: lo spettatore rimane
annichilito di fronte all'ineluttabilità del destino di Fox,
impersonato dallo stesso regista, che dichiarò di essersi
identificato nel personaggio totalmente strozzato dalle ciniche
spire della società.