tit. originale | Edward II |
regia | Derek Jarman |
soggetto | dal dramma omonimo di Christopher Marlowe (1592) |
sceneggiatura | D. Jarman, Stephen McBride, Ken Butier |
fotografia | Ian Wilson |
musica | Simon Fisher Turner |
scenografia | Christopher Hobbs |
costumi | Sandy Powell |
interpr. e pers. | Steven Waddington Edoardo II Andrew Tiernan Piers Gaveston Tilda Swinton la regina Isabella Nigel Terry Mortimer, capo dell'esercito Kevin Collins Lightborn, il carceriere Jerome Flynn Kent, fratello del re John Lynch Spencer |
origine | Gran Bretagna, 1991 |
durata | 90' |
genere | Drammatico |
video Pentavideo
Inghilterra, 1327. in carcere, Edoardo II ripensa al suo
fatale amore con Gaveston.
Un lungo fiashback rievoca la storia, a partire dall'arrivo di
Gaveston col fedele Spencer a corte, il giorno della morte del
re. Sin dall'inizio i molti titoli nobiliari conferitigli
da Edoardo, l'anticonformismo degli atteggiamenti pubblici dei
due ed il forte rapporto che li lega creano attrito con i nobili,
spalleggiati dalla Chiesa. in breve la regina Isabella si
coalizza con Mortimer e Kent. Insieme fanno firmare ai
nobili il decreto di espulsione di Gaveston, che si distacca con
dolore dall'amante. Ma poi Isabella, pentitasi, convince
Mortimer a richiamarlo.
Non appena Gaveston rientra a corte rinascono però i
dissidi. Questa volta si fa sul serio: Gaveston viene
ucciso mentre tenta di fuggire. Poi la volta di Spencer.
La rabbia del popolo, che spalleggia il re manifestando per lui,
viene sedata dai militari. Alfine la regina e Mortimer,
diventati amanti, assumono il potere in nome dei giovane figlio
di Isabella e di Edoardo. Imprigionano il re, dopo avere
ucciso suo fratello Kent, accusato di averlo aiutato.
In carcere Edoardo soffre e pensa alla morte. Morirà
impalato brutalmente da Lightborn, il suo carceriere. Ma a
corte il futuro Edoardo III ha già capovolto la situazione,
sbeffeggiando la madre e Mortimer rinchiusi in gabbia.
TRATTO DAL CELEBRE DRAMMA DI MARLOWE (il drammaturgo
omosessuale dalla vita turbolenta, morto assassinato a 29 anni)
raramente portato sulle scene perché rievoca abbastanza
fedelmente l'amore scandaloso tra il re Edoardo Il Plantageneto e
il bel Gaveston.
Jarman ne ripropone intatta tutta la forza dirompente, capace
però di trovare anche momenti di grande suggestione e
poeticità, soprattutto grazie alla fotografia (che ha scene di
grande bellezza formale dominate da una luce radente e fredda che
esalta le forme, isolandole) e alle eccellenti interpretazioni
degli attori, tra i quali l'ultimo compagno del regista, lo
splendido Kevin Collins.
Tutta la storia è vista come il delirio profondo e sofferto di
un uomo in prigione, condannato per la sua passione trasgressiva
e al di sopra di tutto, che la ragion di stato non può certo
accettare. Una passione che vede momenti tragici
contrapposti ad altri di delicata intimità e che esalta il
sesso, mostrato sin dall'inizio senza veli, in una scena di forte
effetto tra due giovani che fanno l'amore voluttuosamente.
Così come in Caravaggio il regista inglese attualizza alcune
scene, dando alla storia d'amore di Edoardo e Gaveston un
significato che travalica quel contesto storico: i personaggi
vestono abiti moderni, la corte è vista come il consiglio
d'amministrazione di una ditta, Annie Lennox canta in scena una
splendida canzone di Cole Porter e spuntano radio, microfoni,
telecamere, racchette da tennis e Coca Cola. Così le
manifestazioni di piazza sono viste come marce dell'orgoglio gay
e proteste contro l'introduzione della famigerata politica
repressiva sessuale thatcheriana. E dietro la perfida
figura di Isabella si intravede la stessa Thatcher.
Tutto ciò aggiunge contenuto alla vicenda, assolutizzandone la
portata, senza però estraniarla dal suo contesto naturale: valga
per tutto l'efferata crudeltà, propria dell'epoca, a cui non
sono estranei gli stessi Edoardo e Gaveston (in molti frangenti
non certo accattivanti) e che termina con l'impalamento col ferro
rovente del re, punito simbolicamente per la sua colpa.