tit. originale | Les nuits fauves |
regia | Cyril Collard |
soggetto | C. Collard, dal suo romanzo omonimo |
sceneggiatura | C. Collard, Jacques Fieschi |
fotografia | Manuel Teran, Jimmy Glasberg |
musica | René-Marc Bini, C. Collard, Corine Blue |
interpr. e pers. | C. Collard Jean Romane Bohringer Laura Carlos Lopez Samy Maria Schneider Noria |
origine | Francia, 1992 |
durata | 126' |
genere | Drammatico |
video RCS, Panarecord
Jean, trentenne, è un cineoperatore. Al ritorno a
Parigi, dopo un viaggio in Marocco alla ricerca di nuove
amicizie, scopre di essere sieropositivo.
Durante un provino conosce la giovane Laura. I due si innamorano
ma quando fanno l'amore Jean non usa il preservativo e non le
dice niente sulla sua sieropositività. Quando in seguito
lo rivela, dapprima Laura l'aggredisce e cade in crisi ma poi per
amore accetta di continuare il rapporto.
L'amore della ragazza diventa in breve sempre più possessivo,
mentre Jean inizia una relazione con un prestante rugbista di
origine spagnola, Samy, di cui si è innamorato. Inoltre
continua a cercare il sesso sotto i ponti della Senna.
Diviso sempre più tra Laura e Samy accetta che il ragazzo si
trasferisca da lui. Laura inizia a tempestarlo di
telefonate sempre più isteriche, urlandogli il suo folle amore e
la sua totale dedizione. Una sua crisi più forte costringe
sua madre a farla ricoverare in una clinica. Quando ne
uscirà apparirà cambiata e non più interessata a Jean.
Nel frattempo Samy entra in un gruppo di ragazzi neofascisti.
Jean va in Portogallo; solo allora capisce l'importanza di Laura
nella sua vita. Ma è tardi. La malattia incalza e
non si può tornare indietro. Conviene spendere fino
all'ultimo le proprie forze.
IL PRIMO FILM SULL'AIDS GIRATO DA UN REGISTA colpito dalla
malattia. Cyril Collard è morto non molto tempo dopo
l'uscita, che ottenne un clamoroso successo di critica e di
pubblico; così la sua opera prima (in precedenza aveva girato
solo qualche mediometraggio, tra cui il riuscito Alger la
blanche) è divenuto il suo testamento artistico. Collard
lo sapeva. Per questo ha girato un film fortemente
autobiografico che per quanto non privo di difetti sa essere
autentico e riesce a coinvolgere emozionalmente con forza lo
spettatore.
Notti selvagge emoziona perché è duro, a volte persino
sgradevole, nel narrare la corsa di Jean verso l'autodistruzione.
È crudo e freddo quando tratta con distacco e persino tatto
l'Aids; è fastidioso nel descrivere le crisi isteriche che
attanagliano Laura; è cinico nella scena del primo rapporto con
Laura (ma bisogna ricordare che il film è ambientato alla metà
degli anni Ottanta, quando l'Aids faceva meno paura di
ora). Ma sa essere anche poetico, a volte perfino retorico,
nel suo urlare l'assurdità del male e nello stesso tempo il
desiderio di vivere intensamente la vita fino all'ultimo, come
Jean dice alla fine: «Sono vivo. Forse morirò di Aids, ma
ora sono dentro la vita».
In realtà non è solo Jean/Cyril, ma tutto il film a grondare di
una debordante vitalità (anche se questo non significa che sia
naif, come pure può sembrare ad una visione superficiale):
appare fatto in corsa, quasi ansimando, da chi ha fretta ed è
ingordo della vita in ogni sua forma, e del cinema stesso come
mezzo per trasmettere questa vorace energia.
La stessa cinepresa, usata a volte quasi con aggressività,
appare scossa da un flusso frenetico: si muove senza posa, come
quando racconta (senza dare giudizi ma limitandosi ad osservare)
il sesso sui lungosenna, scivolando sui corpi con un sottofondo
di fremiti e mormorii.
D'altra parte è proprio il sesso a scandire ritmicamente i
momenti cardine della storia: in Marocco, con Laura, col possente
Samy e sui lungosenna, dove raggiunge i suoi momenti più hard e
disperati, e dove sembra essere l'unica forza di quei corpi senza
identità.
Dello stesso regista:
Alger la blanche, 1985