tit. originale | Philadelphia |
regia | Jonathan Demme |
soggetto e sceneggiatura | Ron Nyswaner |
fotografia | Tak Fujimoto |
musica | Howard Shore, Bruce Springsteen ed altri |
interpr. e pers. | Tom Hanks Andrew Beckett Denzel Washington Joe Miller Antonio Banderas Miguel Alvarez Jason Robards Chartes Wheeler Mary Steenburgen Belinda Conine Joanne Woodward Sarah Beckett |
origine | Usa, 1993 |
durata | 122' |
genere | Drammatico |
qualità tematica
erotismo
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Andrew Beckett è un avvocato rampante che lavora per il più
prestigioso studio legale di Philadelphia.
In ufficio nessuno sa che da anni vive felicemente con Miguel e,
meno che mai, che ha contratto l'Aids. Una ferita sulla
fronte, causata dall'incipiente malattia, attira però
l'attenzione di un collega. Pochi giorni dopo viene
licenziato con la scusa di scarsa efficienza.
Andrew, convinto che sia la malattia la vera causa del suo
benservito, si rivolge a molti avvocati per intentare causa
contro chi lo ha ingiustamente e illegalmente discriminato.
L'unico a dargli retta è Joe Milier, un avvocato di colore, che
pure inizialmente stenta molto ad accettare l'incarico perché è
fondamentalmente prevenuto verso gli omosessuali e gli dà
fastidio avere contatti con un malato.
Andrew, sempre più roso dalla malattia, presenzia alla causa in
tribunale; la parte avversa giustifica fittiziamente il proprio
comportamento negando la conoscenza della malattia e addebitando
il licenziamento alla sua inaffidabilità professionale.
Dal canto suo Joe, diventato amico di Andrew, impara ad
apprezzarlo sia dal punto di vista umano che morale.
La sua difesa coraggiosa e volitiva influenza positivamente la
giuria: il verdetto è favorevole a Andrew, ma non c'è che il
tempo di comunicargli l'esito, perché egli muore di lì a poco.
IL PRIMO FILM SULL'AIDS PRODOTTO DA UNA major
hollywoodiana e perciò Demme ha dovuto fare i conti con le
inderogabili esigenze del cinema commerciale, scendendo a patti
su alcuni punti: banalizzando le scene d'amore tra Hanks e
Banderas (che per tutto il film non si toccano che una sola
volta, nella scena del ballo mascherato) e non mostrando mai con
reale crudezza la malattia, deducibile più che altro dal
progressivo, visibile deterioramento fisico di Hanks.
Ma tutto sommato Philadelphia è riuscito nel difficile compito
di contentare tutti: il pubblico e la critica gli hanno decretato
un grande successo, ha vinto due Oscar (Toni Hanks e la
bellissima canzone di Bruce Springsteen) ed è stato
sostanzialmente ben accolto dalle comunità gay americane (già
ostili a Demme per Il silenzio degli innocenti, accusato
di sfruttare biecamente gli stereotipi anti-omosessuali).
In effetti il film ha innegabili qualità e riesce a catturare
emotivamente lo spettatore grazie ad una sceneggiatura fluida e
ben giostrata e a scene dal ricco pathos, come quella in cui
Hanks vive intensamente, davanti a Washington, un brano
dell'Andrea Chenier, cantato da Maria Callas.
Basato su una storia vera, Philadelphia sfrutta intelligentemente
due filoni di sicuro successo del cinema americano: quello
giudiziario, che si sviluppa attraverso i dibattiti in tribunale
e che vede alfine la vittoria dell'innocente (qui vanificata
dalla morte, purtroppo attesa ed irrimediabile), e quello della
malattia.
Il film trova il suo punto di forza nel capitale personaggio
dell'avvocato in cui il pubblico medio omofobo può
identificarsi, un personaggio sicuramente positivo nel suo
abbandono dell'iniziale, aspra diffidenza nei confronti
dell'omosessualità e della malattia fino ad un'umana
comprensione. E convince nel suo assunto di fondo: da una
parte nello smascherare l'intolleranza e la discriminazione verso
il malato di Aids, almeno finché non colpisce qualcuno a noi
caro, e dall'altra nell'invito ad una maggiore umanità e alla
giustizia.
Il tutto non a caso a Philadelphia, "la città dell'amore
fraterno", dove fu sancita la dichiarazione d'indipendenza
americana, che afferma solennemente che tutti gli uomini sono
uguali.
Dello stesso regista:
Il silenzio degli innocenti, 1991, Columbia Tristar Home
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