regia | Federico Fellini |
soggetto | liberamente tratto dal Satyricon di Petronio Arbitro |
sceneggiatura | F. Fellini, Bernardino Zapponi |
fotografia | Giuseppe Rotunno |
scenografia e costumi | Danilo Donati, Luigi Scaccianoce |
musica | Nino Rota, Tod Dockstader, Iihan Mimarogiu, Andrew Rudin |
interpr. e pers. | Martin Potter Encolpio - Hiram Keller Ascilto - Max Born Gitone - Salvo Randone Eumolpo - Mario Romagnoli Trimalcione - Magali Noél Fortunata - Alain Cuny Lica - Lucia Bosé la patrizia suicida - Fanfulla Vernacchio |
origine | Italia, 1969 |
durata | 138' |
genere | Storico |
video Ricordi Video, RCS
Encolpio ed Ascilto sono due amici che, nella Roma imperiale,
vivono alla giornata con i più vari espedienti. I due si
contendono le grazie di un efebo, Gitone, che, dopo esser passato
dalle mani dell'uno e dell'altro, opta alfine per Ascilto.
Rimasto solo, Encolpio passa di avventura in avventura.
Scampato a un terremoto, è invitato dal poeta Eumolpo al
sontuoso e volgare banchetto di Trimalcione, un liberto
arricchito: qui vengono narrati racconti al variopinto stuolo di
convitati che gozzovigliano grassamente. Infine Trimalcione
porta tutti a vedere la propria tomba.
Encolpio è poi fatto schiavo sulla nave di Lica, un pirata al
servizio dell'imperatore, dove incontra nuovamente Ascilto e
Gitone. Battuto in duello, è costretto ad unirsi in
matrimonio con Lica, ma poi questi viene ucciso da alcuni
ribelli.
Encolpio e Ascilto finiscono allora in casa di due coniugi
aristocratici che si sono appena suicidati. Rapiscono poi
un ermafrodita dalle capacità divinatorie che però muore
durante la fuga. Encolpio, catturato dai soldati, viene
sconfitto in una lotta col Minotauro e si dimostra poi impotente
con Arianna. Viene guarito dalla maga Enotea. La
morte di Ascilto dopo una colluttazione lo getta nello sconforto.
Si imbarca poi sulla nave di Eumolpo, morto lasciando eredi
coloro che mangeranno il suo cadavere. Encolpio rifiuta, ma
parte lo stesso.
CONCEPITO INIZIALMENTE IN LATINO, CHE RIMANE curiosamente in
qualche occasione, il film si rifà solo pretestuosamente al
capolavoro di Petronio: è, come ha detto lo stesso regista,
«fantascienza del passato». In effetti, la Roma
felliniana è una visione onirica, in cui trovano posto tutte le
costanti del suo cinema. Una reinvenzione così
assolutamente personale che, se manda in sollucchero gli amanti
del regista romagnolo, può lasciare perplesso chi invece è
infastidito da un cinema volutamente filmico, che non fa niente
per nascondere la propria artificiosità, e spesso oscuramente
simbolico.
Però è innegabile che questa Roma, pur fantasiosa, esprima
convincentemente la sfatta decadenza della bassa romanità, in
cui si avverte tangibilmente un disagio di tutti i personaggi,
affannati da un incombente senso di umana caducità. Un
momento di evidente crisi di valori in cui domina la grossolana
volgarità di una nuova classe sociale, in genere ex schiavi, che
vive crapulosarnente e ostenta se stessa e le sue conquiste, fino
a mostrarsi più forte di un potere centrale labile e
irraggiungibile. Così la cosa più riuscita del film è lo
sterminato campionario di volti allucinati, ispirati a steli
romane, in cui si avverte quel senso di mistero che aleggia
rendendo incerto ogni limite.
La trama gioca attorno a Encolpio e Ascilto; anzi la si può
leggere come un'iniziazione rituale di Encolpio. I due si muovono
in un mondo pullulante di lenoni, efebi, schiavi, ermafroditi,
maghe, mostri, pirati, matrone, barbari, miserabili, trovando
ogni volta le misure per uscisse col minore dei danni.
Il loro rapporto erotico appare naturale e intenso sia quando
sono divisi per le grazie dell'efebico Gitone sia quando fanno
assieme l'amore con un'altra donna.
Comunque sia, il sesso è vissuto sì come orgia e stupro, come
piacere consumato velocemente nella suburra, ma anche come
sentimento (come nella splendida storia della vedova): un sesso
aperto ad ogni soluzione (si pensi al matrimonio con Lica) e su
cui non pesa nessun giudizio morale da parte del regista, che
sospende poeticamente tutto in uno spazio ai confini
dell'inconscio.
Dello stesso regista:
I vitelloni, 1953, Domovideo
La dolce vita, 1959, Domovideo, Nuova Eri
Il Casanova di Federico Fellini, 1976, Mondadori Video